Sistemi di bonifica con bioreattori

AutoreEnrico Brugnoli - Carmine Massarelli - Vito Felice Uricchio - Giovanni Zurlini
Pagine207-241
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Generalità
In questo capitolo saranno argomentati aspetti riguardanti i sistemi di trattamento del
suolo in fase semisolida (slurry phase) e delle acque in quanto rappresentano, nel panorama
della biorimediazione, le tecniche a cui spesso ci si rivolge per la rimozione di inquinanti recal-
citranti proprio perché è possibile un controllo molto rigoroso sull’andamento delle reazioni.
In base alla matrice trattata, dunque, parliamo di slurry o aqueous bioreactor. Trattasi
di tecnologie con implementazione ex situ che rendono possibile trattare suolo, sedimenti,
fanghi reflui e acqua grazie a sistemi di contenimento ingegnerizzati che creano ambienti
confinati-controllati idonei per la biodegradazione. Il loro principale vantaggio consiste nella
possibilità di raggiungere elevati livelli di decontaminazione di inquinanti organici (in parti-
colar modo quelli fortemente adsorbiti al suolo) attraverso la coesistenza delle tre fasi (solida,
liquida, gassosa) che formano il mix all’interno del reattore.
Per quanto riguarda i suoli, se siamo di fronte ad un caso di elevata contaminazione od in
presenza di composti recalcitranti (IPA, PCB e solventi clorurati), il trattamento della matrice in
bioreattori è da preferirsi a quello in situ (bioventing, phytoremediation) e on site in fase solida
(landfarming e biopile) perché più efficace e controllato.
Il trattamento in bioreattori richiede l’estrazione della matrice dalla sua sede originaria ed il
successivo trasferimento in appositi impianti, i bioreattori, per il trattamento biologico (Figura 1).
Figura 1 – Visione d’insieme delle principali fasi del biorisanamento con bioreattori [1]
Capitolo 8
SISTEMI DI BONIFICA CON BIOREATTORI
Tecnologie di bonica dei siti contaminati
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Nonostante la loro efficienza, sia per interventi su matrice suolo che acque, a volte, si ren-
dono necessari pretrattamenti per evitare lo strippaggio dei contaminanti, pretrattamenti che
devono essere effettuati ancor prima di trattare la matrice nei bioreattori o nelle vasche di
lagunaggio come vedremo in seguito [1].
Principio di funzionamento
I sistemi di trattamento in bioreattori negli ultimi anni si sono mostrati molto flessibili ed
efficaci su vari composti tossici tra cui IPA, PCB, solventi clorurati, esplosivi, creosoti, pesticidi,
diesel e altri prodotti petroliferi anche ad alto peso molecolare.
L’abbattimento dei contaminanti avviene in condizioni fortemente controllate e per que-
sta ragione si potrebbe far ricorso, visto il grado di confidenza, anche all’utilizzo di ceppi bat-
terici geneticamente modificati.
Il principio di funzionamento di questa tecnologia è sempre basato su quello biologico in
cui la biodegradazione risulta più efficace grazie al controllo totale delle condizioni operative
per i batteri, al continuo mescolamento-omogeneizzazione che si crea all’interno del bioreat-
tore, operazione che vedremo può avvenire con vari stratagemmi, ed anche grazie all’immis-
sione di vari nutrienti e gas (Figura 2): mantenere la matrice da trattare in continua agitazione
garantisce l’omogeneizzazione utile alla biodegradazione e favorisce maggiori superfici di
contatto tra il contaminante e la biomassa microbica.
Figura 2 – Schematizzazione del processo di bonifica con bioreattore [2]
Come vedremo in seguito, ci sono diverse tipologie di bioreattori per i suoli e per le acque
(ad agitatori, ad aria, a letto fluidizzato, a membrana, vasche di lagunaggio, ecc.). Le ope-
razioni di bonifica possono essere eseguite in modalità batch o discontinua, o in modalità
continua [3].
Il trattamento può avvenire sia instaurando un ambiente aerobico che anaerobico, o en-
trambi, a seconda delle necessità. In Tabella 1 si mostra una comparazione, a carattere rias-
suntivo, delle performance di bonifica nei due differenti ambienti.
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Cap. 8 – Sistemi di bonica con bioreattori
Tabella 1 – Comparazione tra i differenti tipi di trattamenti aerobico ed anaerobico [4]
Caratteristiche Aerobico Anaerobico
Efficienza rimozioni organici Alta Alta
Qualità effluente Eccellente Medio-bassa
Carico organico Moderato Alto
Produzione fanghi Alta Bassa
Aggiunta nutrienti Alta Bassa
Consumo energetico Alto Medio-Basso
Sensibilità alla T° Bassa Alta
Start up time 2–4 settimane 2–4 mesi
Produzione odori molesti Bassa Alta
Produzione di energia No Si
In linea di massima entrambe le tipologie di trattamento sono in grado di raggiungere un’alta ef-
ficienza di rimozione anche se si ritiene opportuno intervenire aerobicamente in caso di COD<1.000
mg/L, mentre anaerobicamente in caso di COD>4.000 mg/L [4]. Altre considerazioni che si possono
fare in caso di elevate concentrazioni di contaminazione riguardano i processi anaerobici che in ge-
nerale richiedono meno energia rispetto a quelli aerobici; quest’ultimi, d’altro canto, risultano più
efficienti nella rimozione dei contaminanti producendo un effluente ad elevata qualità [4].
Descrizione del trattamento
Le fasi di applicazione di questa tecnologia biologica di trattamento partono ovviamente
dall’escavazione del suolo o estrazione dell’acqua contaminata. Nel caso del suolo prima di tutto
è necessaria una frantumazione e vagliatura per eliminare la frazione più grossolana (>5 mm)
che si preferisce avviare al trattamento in landfarming o biopile; in seguito si possono eseguire
operazioni di vaglio e sottovaglio necessarie per concentrare la contaminazione adsorbita alla
frazione più fine del suolo (che può essere anche del 90%). Le fasi di suolo vanno separate proprio
per evitare di doverle trattare contemporaneamente il ché richiederebbe più energia per man-
tenerle entrambe in sospensione nei reattori; successivamente vanno miscelate con acqua per
ottenere la percentuale voluta dei solidi in peso a seconda dell’opzione scelta di bioreattore (in
genere intervallo 5-40%), mentre, in caso di vasche di lagunaggio non maggiore del 20% per
evitare eccessive sedimentazioni sul fondo [5]. Quindi segue il trattamento vero e proprio e le
ultime fasi del processo, ossia, sedimentazione e disidratazione dei solidi per un conferimento in
discarica, anche se sono da preferirsi tecniche che incentivino un loro riutilizzo.
Oltre alla vagliatura del terreno, ed allo scopo di uniformare le dimensioni delle particelle
da trattare, possono essere aggiunti tensioattivi per favorire il desorbimento dei contaminanti,
correttori di pH usando regolatori alcalini come NaOH o acidi come H2SO4 (il range consentito per
non inibire l’attività microbica è 4,5-8,8, ma meglio lavorare tra 6,75-7,25), si possono aggiunge-
re nutrienti come NH4Cl, KH2PO4, Na2HPO4, e culture batteriche; inoltre si deve controllare che la

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