Il settore economico ed il suo studio

AutoreAmedeo Maizza
Occupazione dell'autoreProfessore Ordinario di Economia e Gestione delle Imprese
Pagine91-132
CAPITOLO 3
IL SETTORE ECONOMICO ED IL SUO STUDIO
Sommario: 1. Il contesto di riferimento dell’impresa – 2. L’individuazione del
settore – 3. Convergenza e diversificazione settoriale – 4. Gli studi di settore
dell’IST AT: l’AT ECO 2007 – 5. Il livello di concentrazione settoriale – 6. L’A-
nalisi PEST.
1. Il contesto di riferimento dell’impresa
Come visto nel capitolo precedente, la complessità dell’ambiente di
riferimento dell’impresa impone ad essa l’individuazione e l’analisi dei
fenomeni esogeni al fine di conoscere i diversi vincoli e le opportunità
presenti. In tal modo, il management potrà cercare di stabilire finalità
coerenti con l’obiettivo supremo della sopravvivenza. Si tratta, dunque,
di studiare le diverse entità con cui l’impresa entra in relazione ed i re-
ciproci condizionamenti derivanti da detti rapporti. La vastità del con-
testo in cui opera l’impresa non è soltanto di carattere spaziale (per gli
effetti della globalizzazione) ma anche e soprattutto relazionale. Men-
tre, infatti, fino a pochi decenni fa le imprese dialogavano con specifici
interlocutori, con i quali instauravano tipologie relazionali ben definite
e difficilmente mutevoli, oggi le opportunità relazionali sono innume-
revoli, come appaiono altrettanto numerosi i possibili mutamenti del
rapporto relazionale (si pensi ad esempio al fornitore che diventa part-
ner e al tempo stesso concorrente).
Il management deve quindi cercare di individuare il contesto opera-
tivo dell’impresa e degli altri suoi interlocutori in modo da conoscere
la loro evoluzione. Tradizionalmente le categorie concettuali impie-
gate per tale scopo sono rappresentate dal mercato e dal settore. Con
il primo, gli studi economici individuano il macro-ambito all’interno
92 Management d’impresa e strategie competitive
del quale si cerca di raggiungere condizioni di equilibrio tra le diverse
entità che realizzano scambi economici. L’adozione di un approccio
manageriale consente di separare detto concetto in due parti: quella
generale, caratterizzata dalla presenza di entità (quali lo Stato, le ban-
che, il mercato del lavoro, il mercato della fornitura) che pongono vin-
coli ed opportunità, e quella specifica (clienti, fornitori, distributori),
composta da strutture con cui l’impresa è in contatto più diretto poiché
instaura, allo stesso tempo, relazioni competitive e collaborative1. Con
entrambe le parti del mercato l’impresa deve riuscire ad instaurare
formule relazionali utili al perseguimento dei propri obiettivi. Per la
definizione dei rapporti impresa-ambiente diventa necessario indivi-
duare le entità sistemiche di ordine superiore, ovvero quelle dotate di
rilevanza nei confronti del sistema focalizzato (si consideri ad esem-
pio il rapporto Stato-Impresa). Affinché l’impresa possa raggiungere
le proprie finalità è necessario che il suo organo di governo individui
e interpreti i sovra-sistemi rilevanti in modo da poter conoscere le loro
caratteristiche strutturali e comportamentali, assumendo così decisioni
coerenti con i vincoli. L’impresa, per sopravvivere, deve essere, quin-
di, capace di contemperare i propri obiettivi con le influenze prove-
nienti dai sovra-sistemi e con le attese degli stakeholder.
Per limitare il macro-ambito “mercato” è possibile identificare una
sua parte – il “settore” appunto – individuando taluni elementi di omo-
geneità tra le imprese. Il settore è, dunque, un’astrazione concettuale
utile per esigenze conoscitive volte ad individuare le principali regole
comportamentali di un gruppo di operatori. Dette regole appaiono par-
ticolarmente rilevanti poiché si basano sulla competitività che caratte-
rizza le entità rientranti in detto concetto. Il settore, infatti, viene tra-
dizionalmente definito come l’ambito di mercato in cui si sviluppano
le dinamiche competitive tra imprese aventi elementi di comunanza,
generalmente individuati con i loro prodotti, che vengono percepiti in
modo omogeneo dal consumatore.
Per cercare, dunque, di identificare detto spazio, l’organo di gover-
no del sistema impresa dovrà rispondere a questi interrogativi: cosa
intendo produrre e cosa acquistare? A quali clienti potrà servire il
nostro prodotto? Quali sono le imprese che fanno altrettanto?
La formulazione delle risposte a queste domande implica un’at-
tività di conoscenza che risulta fondamentale per la ricerca della so-
pravvivenza.
1 Panati G., Golinelli G., Tecnica economica industriale e commerciale, ed. NIS, 1997, Vol. 1,
p.115.
Cap. 3 – Il settore economico ed il suo studio 93
Lo studio del settore economico costituisce, dunque, un’attività
fondamentale sia per le implicazioni conoscitive tout court sia per
gli importanti effetti che da esse discendono in termini decisiona-
li. Un tale approccio di analisi ha caratterizzato da sempre gli studi
economici; agli inizi del ventesimo secolo, Marshall sottolineò l’im-
portanza dell’identificazione degli spazi economici, ponendosi il
problema di determinare non l’equilibrio generale ma quello caratte-
rizzante i diversi specifici settori. Chamberlin e Robinson con i loro
lavori contribuirono ad approfondire il concetto di settore (intenden-
do come tale l’insieme di imprese che realizzano medesimi prodotti
con analoghi input) assumendo l’importanza della sostituibilità dal
lato dell’offerta. Successivamente, gli studi di economia industriale2
si sono dedicati all’analisi dei vari settori economici, adottando un
approccio quantitativo volto ad identificare le peculiarità dei diversi
sistemi produttivi.
L’individuazione dei confini settoriali consente di studiare le rela-
zioni competitive esistenti tra le imprese, la sostituibilità dell’offerta
e della domanda nonché la dimensione spaziale del mercato. Tutte le
imprese con elementi di omogeneità costituiscono un insieme osserva-
bile, l’unione di più insiemi omogenei individua il confine del settore.
Questa prospettiva d’indagine, propria dell’economia manageriale,
prevede alcuni postulati di base quali3:
la necessità di considerare contestualmente le variabili interne ed
esterne ai diversi sistemi d’impresa;
l’importanza della conoscenza empirica del mercato e delle impre-
se che lo compongono;
la concezione sistemica dell’impresa e del suo ambiente di riferi-
mento (quanto meno di alcune sue parti), per la quale ogni azione
genera una reazione talvolta imprevedibile.
Naturalmente, da tali postulati emerge come in questa metodologia
non si possa prescindere dall’utilizzo di modelli di ricerca qualitativa,
ciò per una connaturata necessità di astrazione che qualsiasi percorso
scientifico richiede quando si intende osservare criticamente un feno-
meno particolarmente complesso. Si rende opportuno, dunque, omo-
geneizzare taluni comportamenti delle imprese, in modo da pervenire
ad asserzioni che possano avere il carattere della scientificità.
2 Momigliano F., Economia industriale e teoria dell’impresa, ed. Il Mulino, 1975, p. 191 e segg.
3 Rullani E., “La teoria dell’impresa”, in Rispoli M., L’impresa industriale: economia e mana-
gement, ed. Il Mulino, 1984, p. 116.

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