Servizi pubblici e qualifiche soggettive nei reati contro la P.A.

AutoreFrancesco Prete
Pagine501-510

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@1. Premessa

L'evoluzione storica della nozione di pubblica amministrazione comporta un costante sforzo di adeguamento di vari istituti giuridici in diversi settori dell'ordinamento.

Le riforme che hanno di recente interessato il diritto amministrativo continuano a generare molteplici questioni interpretative, alla cui base vi è l'esigenza, avvertita in più ambiti della giurisdizione, di conciliare le nuove figure dell'amministrazione, sempre più orientate verso modelli privatistici, con un più o meno persistente controllo pubblicistico.

È costante la tendenza a utilizzare le categorie del diritto privato per la gestione della cosa pubblica, secondo una linea guida che ormai vuole una pubblica amministrazione leggera e dinamica. Leggerezza e dinamismo, però, si scontrano con il bisogno di mantenere il controllo pubblicistico sulla gestione della cosa pubblica, posto che i rimedi approntati dal diritto civile sono inidonei rispetto alla natura degli interessi in campo.

Chi riteneva che, adottando le forme del diritto civile, si sarebbe di conseguenza attribuita al giudice civile la giurisdizione sulle controversie relative all'affidamento e alla gestione dei servizi pubblici, deve fare i conti con una serie di interventi che vanno nella direzione opposta, radicando la giurisdizione amministrativa, contabile, penale.

Posta la complessità del problema, è fuor di luogo pensare di poterlo affrontare nella sua interezza, per cui ci si limiterà a valutare le interferenze tra le problematiche che si agitano in altri ambiti della giurisdizione e quelle, più familiari al giudice penale, relative alle qualifiche soggettive nei reati contro la pubblica amministrazione.

Se le norme degli articoli 357-359 c.p. impongono un rinvio ad altri settori dell'ordinamento, a maggior ragione bisogna attingere ad altri rami del diritto per tentare di inquadrare la nozione di incaricato di pubblico servizio, sia perché la norma dell'articolo 358 c.p. è, per forza di cose, tautologica, sia perché la nozione stessa è ontologicamente fluida.

A tale conclusione induce la giurisprudenza penale la quale è oggi ferma nel ritenere che la qualifica soggettiva di un dipendente di un ente che gestisce servizi pubblici va valutata considerando l'attività svolta nella sua oggettività - criterio oggettivo/funzionale - indipendentemente dalla forma organizzativa assunta dal soggetto erogatore. L'assunto, pur nella sua utilità pratica, non esimecerto l'interprete dal difficile compito di individuare quando un'attività può dirsi di natura oggettivamente pubblica. Da qui la necessità per il giudice penale di ricercare la soluzione altrove, andando ad invadere terreni altrui, ossia attingendo al diritto comunitario, a quello amministrativo, a quello contabile.

@2. L'organismo di diritto pubblico. Cenni alla giurisprudenza comunitaria

Per impostare il problema conviene prendere le mosse proprio dal diritto comunitario perché è il legislatore comunitario che avverte l'esigenza di realizzare un modello di economia sociale di mercato, se del caso sacrificando le regole del mercato, in favore delle regole per il mercato. In vista di una migliore soddisfazione e protezione degli utenti si introducono una serie di regole che disciplinano la scelta del soggetto chiamato a rendere il servizio in favore della collettività, i rapporti con l'utenza e con l'organo istitutivo, le forme di controllo e così via.

La dottrina 1 non ha mancato di rilevare che il legislatore comunitario è più volte intervenuto per tutelare il libero mercato in un settore - quale quello dei servizi pubblici - che ritiene strategico e quindi, anche per evitare discriminazioni tra imprese di diversa provenienza nazionale, ha imposto il modello concorsuale di scelta del contraente oltre l'ambito della pubblica amministrazione in senso stretto.

E proprio quindi dalla materia degli appalti che si sviluppa la tematica dell'organismo di diritto pubblico, ossia dell'ente che, pur avendo forma di società privata, gestisce un'attività che travalica la sfera privatistica e si rivolge ad un pubblico indifferenziato di utenti.

Un importante intervento del legislatore comunitario si registra con la direttiva 92/50 che, appunto in tema di affidamento di appalti pubblici di servizi, detta le definizioni di amministrazioni aggiudicatrici, e di organismo di diritto pubblico, poi riprese da altre direttive, tra cui la 2004/17.

Per amministrazioni aggiudicatrici si intendono lo Stato, gli enti pubblici territoriali, gli organismi di diritto pubblico e le associazioni da questi costituite.

Per organismo di diritto pubblico si intende qualsiasi organismo: a) istituito per soddisfare specificamente bisogni di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale; b) dotato di personalità giuridica; c) la cui attività sia finanziata in modo maggioritario dallo Stato, da enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico, Page 502 oppure la cui gestione è soggetta al controllo di questi ultimi, oppure il cui organo d'amministrazione, di direzione di vigilanza è costituito da membri dei quali più della metà è designata dallo Stato, da Enti pubblici territoriali o da altri Organismi di diritto pubblico.

La direttiva 2004/17 CE contiene inoltre la definizione di impresa pubblica che è quella su cui le amministrazioni aggiudicatrici possono esercitare, direttamente o indirettamente un'influenza dominante perché ne sono proprietarie, vi hanno una partecipazione finanziaria, o in virtù di norme che disciplinano le imprese in questione.

Tralasciando, per esigenze di sintesi, le questioni connesse al finanziamento e al controllo di tali enti, è noto che i maggiori problemi interpretativi che la nozione di organismo di diritto pubblico presenta si incentrano sul requisito della lettera a), ossia sull'esercizio di un'attività tesa al soddisfacimento di bisogni di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale. Sul punto, notevole è il dibattito in corso che ha portato ad alcuni significativi approdi della giurisprudenza comunitaria, amministrativa e contabile, oltre quelli della Corte di Cassazione in occasione dei ricorsi sul riparto di giurisdizione.

Prima di passare in breve rassegna gli orientamenti di tali organi di giustizia, si può provare a focalizzare le premesse condivise nel dibattito, ferma restando la difficoltà di risolvere i casi concreti alla luce dei parametri generali.

È piuttosto consolidato l'orientamento secondo cui l'organismo di diritto pubblico è compatibile con la qualità soggettiva di impresa privata e che il tratto distintivo di un organismo va ricercato con una proiezione finalistica dell'interesse pubblico, eventualmente perseguito dall'ente in questione.

L'interesse generale non avente carattere industriale o commerciale va rapportato al bisogno e non all'attività in senso oggettivo. Quest'ultima può costituire un dato neutro, se sganciato da una ricerca volta a stabilire a chi essa si rivolga e per che scopi. Tra i possibili criteri di valutazione del requisito del bisogno, ha finito per prevalere quello funzionale, incentrato sulla ricerca dei fini perseguiti dall'ente.

Si qualifica, quindi, come organismo di diritto pubblico quell'ente che, pur operando con una struttura oggettivamente imprenditoriale, addirittura con scopo di lucro, svolga un'attività funzionalmente collegata alla realizzazione di bisogni generali di rilievo pubblicistico. Sono tali quelli collegati ad interessi collettivi, a diritti fondamentali, a beni primari.

Ciò che contraddistingue un servizio pubblico è la necessità che le attività espletate dall'ente siano «riconducibili ad un ordinamento di settore, sottoposte cioè a controllo, vigilanza o mera autorizzazione da parte di un'amministrazione pubblica»2. È necessario inoltre che l'attività sia espletata nel rispetto del principio di imparzialità e nella doverosa osservanza di una serie di obblighi, tra cui quello di svolgere l'attività con carattere di continuità e regolarità, di non operare alcuna forma di favoritismo. o discriminazione, ammettendo alle prestazioni erogate dall'esercente tutti coloro che vi hanno titolo, nel rispetto del principio di uguaglianza dei diritti dell'utente.

Ciò implica la sottoposizione del gestore ad una serie di obblighi - tra cui quello di offrire il servizio in base a tariffari - volti nel loro insieme a conformare l'attività a criteri - di continuità, regolarità, capacità e qualità - per loro natura estranei ad una comune attività economica 3.

I principi appena formulati si rinvengono negli oramai numerosi precedenti della Corte di Giustizia europea 4, la quale ha potuto affermare che:

- i tre requisiti previsti dal legislatore per l'identificazione dell'Organismo di diritto pubblico hanno carattere cumulativo ed autonoma rilevanza;

- la condizione negativa della non industrialità e commercialità va riferita al bisogno e non all'attivita 5;

- tali interessi possono essere soddisfatti anche tramite un'attività organizzata in forma imprenditoriale;

- l'attività volta al soddisfacimento di bisogni appartenenti a tutta la comunità non deve essere esercitata in modo esclusivo, né deve rivestire carattere preminente. Detto in altri termini non tutta l'attività svolta dall'ente deve essere pubblicistica, potendo residuare una sfera d'attività che l'ente svolge non nell'interesse generale, ma per scopi di carattere privato. Può così realizzarsi una parziale sovrapposizione tra la nozione di impresa pubblica e organismo di diritto pubblico e nei limiti in cui la prima persegue scopi di utilità e interesse generale, è tenuta al rispetto della normativa sugli appalti, lavori, servizi e forniture 6.

In alcune sentenze la Corte ha sottolineato alcuni indicatori utili a individuare l'organismo di diritto pubblico, quali le circostanze socio-economiche che hanno portato alla creazione dell'organismo e soprattutto le condizioni a questo eventualmente imposte per l'esercizio...

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