Sequestro preventivo in funzione della confisca tributaria: garanzia e adempimento del terzo

AutoreDomenico Potetti
Pagine12-18
304
dott
4/2016 Rivista penale
DOTTRINA
SEQUESTRO PREVENTIVO
IN FUNZIONE DELLA CONFISCA
TRIBUTARIA: GARANZIA
E ADEMPIMENTO DEL TERZO
di Domenico Potetti
SOMMARIO
1. Introduzione. 2. Il sequestro preventivo come strumento
(non indispensabile) della conf‌isca tributaria. 3. La natura
della conf‌isca tributaria. 4. La f‌ideiussione. 5. Il pignoramen-
to presso terzi.
1. Introduzione
Attualmente la conf‌isca tributaria è prevista dall’art.
12 bis, primo comma, del D.L.vo n. 74 del 2000 (introdotto
dall’art. 10, comma 1, del D.L.vo 24 settembre 2015, n. 158),
il quale prevede che nel caso di condanna o di applicazione
della pena su richiesta delle parti a norma dell’art. 444
c.p.p. per uno dei delitti previsti dal decreto stesso, è sem-
pre ordinata la conf‌isca (in via principale) dei beni che ne
costituiscono il prof‌itto o il prezzo, salvo che appartengano
a persona estranea al reato (conf‌isca diretta).
Solo in via subordinata (“quando essa non è possibile”),
deve essere ordinata (trattasi comunque di conf‌isca obbli-
gatoria) la conf‌isca di beni, di cui il reo ha la disponibilità,
per un valore corrispondente a tale prezzo o prof‌itto.
Peraltro, l’art. 12 bis, comma 1, cit. ha poco o nulla di
innovativo.
Con esso, infatti, è stato sostituito l’approssimativo
comma 143 dell’art. 1 della L. n. 244 del 2007 (abrogato,
infatti, dall’art. 14, comma 1, lettera b), del D.L.vo n. 158
del 2015).
Com’è noto, il comma 143 cit. prevedeva che nei casi di
cui agli articoli 2, 3, 4, 5, 8, 10 bis, 10 ter, 10 quater e 11 del
D.L.vo n. 74 del 2000 si osservavano, in quanto applicabili,
le disposizioni di cui all’art. 322 ter c.p.
Ebbene, il comma primo dell’art. 12 bis cit. è quasi in-
teramente copiato dal primo comma dell’art. 322 ter c.p.,
a riprova di una funzione quasi interamente ordinatoria
(sul punto) della novella.
È comunque degno di nota che la conf‌isca viene ora
riferita a tutti i “delitti previsti dal presente decreto”
(mentre il comma 143 cit. enunciava un elenco limitato;
ne rimaneva fuori, in particolare, l’art. 10).
Ben poco pertinente è poi il riferimento (unitamente
al prof‌itto) al prezzo del reato, diff‌icilmente immaginabile
nei reati tributari (1).
Inoltre, nel limitare la copiatura al comma primo
dell’art. 322 ter c.p. il legislatore ha “perso” il riferimento
al suo comma terzo. Tuttavia, questo mancato richiamo
non dovrebbe avere effetti di rilievo, poiché (nell’applica-
zione della conf‌isca) la stessa esigenza di una statuizione
completa nei suoi elementi essenziali comporta che il
giudice determini le somme di denaro o individui i beni
assoggettati a conf‌isca in quanto costituenti il prof‌itto (o
il prezzo) del reato, ovvero in quanto di valore corrispon-
dente al prof‌itto (o al prezzo) del reato.
2. Il sequestro preventivo come strumento (non indi-
spensabile) della conf‌isca tributaria
Proprio l’accenno all’opportunità (ovvia) che la statui-
zione del giudice in tema di conf‌isca possa avere ad og-
getto beni già suff‌icientemente determinati e identif‌icati
agli atti del procedimento, introduce l’esigenza del previo
sequestro preventivo in funzione servente rispetto alla
successiva conf‌isca stessa.
Trattasi di quella particolare forma di sequestro pre-
ventivo (diversa da quella realmente preventiva di cui al
comma primo) prevista dal secondo comma dell’art. 321
c.p.p., secondo il quale il giudice “può” altresì disporre il
sequestro delle cose di cui è consentita la conf‌isca.
Quindi, ad una conf‌isca obbligatoria corrisponde un se-
questro preventivo che, a rigore letterale, è discrezionale.
In effetti, il sequestro preventivo f‌inalizzato alla conf‌i-
sca non è obbligatorio né per i reati tributari, né per i reati
diversi da quelli previsti dal Capo I, Titolo II del Libro II
del c.p. (artt. da 314 c.p. a 335 bis c.p.).
Lo si desume proprio dall’art. 321 c.p.p., comma 2
(“Il giudice può…”), soprattutto se lo si confronti con il
comma 2 bis successivo, il quale invece prevede che, per
i delitti dei pubblici uff‌iciali contro la P.A. (quelli sopra
indicati), “…il giudice dispone il sequestro dei beni di cui
è consentita la conf‌isca”.
Le due opposte dizioni legislative (da un lato “può …
disporre”, dall’altro “dispone”), utilizzate nei due commi
signif‌icativamente contigui, rende evidente la natura non
obbligatoria del sequestro preventivo de quo.
Se dunque il sequestro preventivo nel caso di specie
è aff‌idato alla discrezionalità del giudice, non si vedono
parametri diversi per la sua emissione che quelli enuncia-
ti anche dalla dottrina processualistica tradizionale per
i provvedimenti cautelari in genere, e cioè il fumus boni
iuris e il periculum in mora (2).
Tuttavia, quando si passi dal piano teorico a quello pra-
tico, è facile avvedersi che ben diff‌icilmente si potrà fare a
meno di questo tipo di sequestro preventivo (funzionale ri-
spetto alla conf‌isca tributaria), quantomeno per due ragioni.
Da un punto di vista pratico, come si diceva prima, il
giudice si troverà innanzi all’esigenza (o almeno all’op-
portunità) di inserire nel suo dispositivo (nella parte in
cui dispone la conf‌isca) dei beni chiaramente individuati,
aff‌inché la conf‌isca possa essere più facilmente eseguita;
e quella individuazione dipenderà in genere dalla cura con
la quale il pubblico ministero e la polizia giudiziaria avran-
no cercato, individuato e sequestrato i beni destinati alla
conf‌isca (ferma restando, ovviamente, la necessità che sia
il giudice a disporre il sequestro preventivo) (3).

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