Sentenza Nº 56672 della Corte Suprema di Cassazione, 19-12-2017

Presiding JudgeDIOTALLEVI GIOVANNI
ECLIECLI:IT:CASS:2017:56672PEN
Date19 Dicembre 2017
Judgement Number56672
CourtSeconda Sezione (Corte Suprema di Cassazione di Italia)
Subject MatterPENALE
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
VIGLIANISI GIUSEPPE N. IL 13/11/1970
avverso la sentenza n. 64/2012 CORTE APPELLO di CATANIA, del
24/02/2016
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li atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 13/09/2017 la relazione fatta dal
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Penale Sent. Sez. 2 Num. 56672 Anno 2017
Presidente: DIOTALLEVI GIOVANNI
Relatore: IMPERIALI LUCIANO
Data Udienza: 13/09/2017
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
RITENUTO IN FATTO
1.
Con sentenza del 20/5/2011 il Tribunale di Catania riconosceva la penale responsabilità
di Giuseppe Viglianisi in ordine alla ricettazione di 16 spezzoni di "mezzi casseri" in metallo,
qualificando il fatto ai sensi dell'art. 648 comma 2 cod. pen., e lo condannava alla pena
ritenuta di giustizia, con la sospensione condizionale della pena, ed al risarcimento del danno
in favore della costituita parte civile.
2.
Decidendo sugli appelli proposti dal Procuratore Generale e dall'imputato, la Corte di
appello di Catania, in parziale riforma della sentenza impugnata, ha riconosciuto l'ipotesi di cui
al primo comma dell'art. 648 cod. pen., rideterminando conseguentemente la pena nella
misura ritenuta congrua e revocando la sospensione della sola pena pecuniaria.
3.
Propone ricorso per cassazione il Viglianisi e deduce cinque motivi di impugnazione:
3.1. Con il primo motivo viene dedotto il vizio di motivazione sull'elemento soggettivo del
reato, per avere la Corte territoriale riconosciuto la consapevolezza dell'illecita provenienza del
materiale acquistato sulla base della mancanza di bolle di accompagnamento, ritenuta
ingiustificata in relazione ad una rilevante partita di materiale ferroso lavorato e quindi di
valore, sulla base delle dichiarazioni della persona offesa e delle fotografie in atti, pur
indicando in altra parte della sentenza, nel rigettare l'impugnativa avverso l'esclusione
dell'aggravante di cui all'art. 61 n. 7 cod. pen., che non era stato determinato l'esatto
ammontare del materiale ferroso, circostanza ad avviso del ricorrente riferita alla tipologia del
ferro ed al peso dello stesso, e come tale, a suo avviso, incompatibile con la consapevolezza,
da parte del Vigliani, dell'illecita provenienza del materiale.
3.2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce il travisamento della prova con riferimento
all'assunto secondo cui, pur non avendo il Viglianisi partecipato all'acquisto, la prospettata
divisione dei ruoli all'interno della ditta del ricorrente, dedotta dal testimone suo dipendente,
non sarebbe credibile alla luce delle modeste dimensioni della stessa. Assume il ricorrente al
riguardo che la produzione documentale ammessa in dibattimento per dimostrare il volume di
affare della ditta e la sentenza prodotta per dimostrarne le dimensioni smentirebbero l'assunto
della Corte.
3.3. Con il terzo motivo di impugnazione il Viglianisi deduce la contraddittorietà e
manifesta illogicità della motivazione con riferimento all'applicabilità del primo comma dell'art.
648 cod. pen., essendosi questa fondata su un calcolo del valore minimo al chilo della merce
all'epoca dei fatti, poi però riconoscendosi che "non essendo stato comunque determinato
l'esatto ammontare del materiale ferroso e dovendo prevalere, in tal senso, una valutazione
favorevole al reo", non poteva riconoscersi l'aggravante di cui all'art. 61 n.7 cod. pen.
3.4. Con il quarto motivo di ricorso viene dedotta la mancata assunzione di una prova
decisiva, ovvero la perizia invocata dal ricorrente proprio per pesare il ferro oggetto della
ricettazione contestata e quantificarne così l'esatto valore.
3.5. Con l'ultimo motivo viene dedotta la mancanza di motivazione in ordine alla
negazione delle attenuanti generiche.
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CONSIDERATO IN DIRITTO
4. Il ricorso è inammissibile in quanto si discosta dai parametri dell'impugnazione di
legittimità stabiliti dall'art. 606 commalcod. proc. pen.
4.1. I primi due motivi di ricorso sono inammissibili in quanto al giudice di legittimità è
preclusa - in sede di controllo della motivazione - la rilettura degli elementi di fatto posti a
fondamento della decisione o l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione
e valutazione dei fatti e del relativo compendio probatorio, preferiti a quelli adottati dal giudice
del merito perché ritenuti maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa
(Sez. Un., 30/4-2/7/1997, n. 6402, riv. 207944; Sez. 4, n. 4842 del 02/12/2003, Rv.
229369). Tale modo di procedere trasformerebbe, infatti, la Corte nell'ennesimo giudice del
fatto, mentre questa Corte Suprema, anche nel quadro della nuova disciplina introdotta dalla
legge 20 febbraio 2006 n. 46, è - e resta - giudice della motivazione.
In sostanza, in tema di motivi di ricorso per cassazione, non sono deducibili censure
attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicità,
dalla sua contraddittorietà (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o
affermato quando mancante), su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del
processo; per cui sono inammissibili tutte le doglianze che "attaccano" la persuasività,
l'inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non
manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati
probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a
conclusioni differenti sui punti dell'attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza
probatoria del singolo elemento (Sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015, Rv. 262965).
La Corte territoriale ha, invece, adeguatamente argomentato laddove ha riconosciuto la
consapevolezza, da parte del Viglianisi, dell'illecita provenienza del materiale acquistato sulla
base della mancanza di bolle di accompagnamento, senza incorrere in vizi logici ritenuta
ingiustificata in relazione ad una rilevante partita di materiale ferroso lavorato e, pertanto, di
valore, alla luce delle dichiarazioni della persona offesa delle quali la Corte ha comunque
vagliato l'attendibilità, oltre che delle fotografie in atti, pur indicando in altra parte della
sentenza, nel rigettare l'impugnativa avverso l'esclusione dell'aggravante di cui all'art. 61 n. 7
cod. pen., che non era stato determinato l'esatto ammontare del materiale ferroso: si tratta,
infatti, di circostanza in alcun modo incompatibile con la riconosciuta consapevolezza, da parte
del Viglianisi, dell'illecita provenienza del materiale, desunta dalla consistenza dell'acquisto,
dalla mancanza di bolle di accompagnamento e dalle modeste dimensioni dell'impresa; né può
riconoscersi alcun travisamento della prova con riferimento all'assunto secondo cui, pur non
avendo il Viglianisi partecipato all'acquisto, la prospettata divisione dei ruoli all'interno della
ditta del ricorrente, riferita dal testimone suo dipendente, non sarebbe credibile alla luce delle
modeste dimensioni della stessa, trattandosi di assunto in alcun modo incompatibile con la
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produzione documentale ammessa in dibattimento, volta a dimostrare il volume di affare della
ditta. Non si tratta, infatti, di prove decisive, ma soltanto di una prova testimoniale,
adeguatamente valutata, e di documenti riferiti ad uno scarico frequente di ferro vecchio,
di
per sé non determinante ai fini della dimostrazione delle dimensioni della ditta.
La novella codicistica, introdotta con la L. del 20 febbraio 2006, n. 46, che ha riconosciuto
la possibilità di deduzione del vizio di motivazione anche con il riferimento ad atti processuali
specificamente indicati nei motivi di impugnazione, invece, non ha mutato la natura del
giudizio di cassazione, che rimane pur sempre un giudizio di legittimità, sicchè gli atti
eventualmente indicati, che devono essere specificamente allegati per soddisfare il requisito di
autosufficienza del ricorso, devono contenere elementi processualmente acquisiti, di natura
certa ed obiettivamente incontrovertibili, che possano essere considerati decisivi in rapporto
esclusivo alla motivazione del provvedimento impugnato e nell'ambito di una valutazione
unitaria, e devono pertanto essere tali da inficiare la struttura logica del provvedimento stesso.
Resta, comunque, esclusa la possibilità di una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da
contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito, attraverso una diversa lettura, sia pure
anch'essa logica, dei dati processuali o una diversa ricostruzione storica dei fatti o un diverso
giudizio di rilevanza o attendibilità delle fonti di prova, sicché non è consentito alla Cassazione
di sovrapporre la propria valutazione a quella già effettuata dai giudici di merito, mentre la
rispondenza delle dette valutazioni alle acquisizioni processuali può essere dedotta nella specie
del cosiddetto travisamento della prova, a condizione che siano indicati in maniera specifica e
puntuale gli atti rilevanti purché, però, la contraddittorietà della motivazione rispetto ad essi
sia percepibile "ictu oculi", dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato ai
rilievi di macroscopica evidenza, insussistenti nel caso in esame, senza che siano apprezzabili
le minime o soltanto apparenti incongruenze. (Sez. 4, n. 20245 del 28/04/2006, Rv. 234099).
4.2. Manifestamente infondato, oltre che anch'esso inerente soprattutto al merito della
decisione impugnata, è anche il terzo motivo di impugnazione, atteso che nessuna illogicità o
contraddittorietà può riconoscersi laddove la Corte territoriale ha ritenuto che la mancanza di
una quantificazione dell'esatto valore della merce non consente di riconoscere l'aggravante del
danno di rilevante entità, ma che, trattandosi di beni di valore non inferiore ad almeno 4000
euro, è comunque sufficiente ad escludere ipotesi lieve di cui all'art. 648 comma 2 cod. pen.
4.3. Anche il quarto motivo di ricorso è inammissibile, in quanto, secondo la consolidata e
condivisibile giurisprudenza di questa Corte di legittimità, la perizia non rientra nella categoria
della "prova decisiva" ed il relativo provvedimento di diniego non è sanzionabile ai sensi
dell'art. 606, comma primo, lett. d), cod. proc. pen., giacché costituisce il risultato di un
giudizio di fatto che, se sorretto da adeguata motivazione, come nel caso di specie, è
insindacabile in cassazione (sez. 4, n. 4981 del 05/12/2003, Rv. 229665; sez. 6, n. 43526 del
03/10/2012, Rv. 253707; sez. 4, n. 7444 del 17/01/2013, Rv. 255152).
4.4. Anche la la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche è giustificata
da motivazione esente da manifesta illogicità, in quanto fondata sul rilievo che non sono
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eriali
Dott.
anni Diotallevi
emersi elementi idonei a giustificarle, del resto non dedotti nemmeno nel ricorso e, pertanto, è
insindacabile in cassazione (Cass., Sez. 6, n. 42688 del 24/9/2008, Rv. 242419).
5. Ai sensi dell'articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara
inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al
pagamento delle spese del procedimento e della somma di € 1.500,00 in favore della Cassa
delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di € 1.500 a favore dellla Cassa delle Ammende.
Così deciso il 13 settembre 2017
Il Consigliere estensore
residente
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