Sentenza Nº 55028 della Corte Suprema di Cassazione, 10-12-2018

Presiding JudgeDI NICOLA VITO
ECLIECLI:IT:CASS:2018:55028PEN
Judgement Number55028
Date10 Dicembre 2018
CourtTerza Sezione (Corte Suprema di Cassazione di Italia)
Subject MatterPENALE
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
BERTOLAMI SALVATORE nato a NOVARA DI SICILIA il 24/05/1979
avverso l'ordinanza del 17/04/2018 del TRIBUNALE di BARCELLONA POZZO DI GOTTO
udita la relazione svolta dal Consigliere LUCA RAMACCI;
lette/se>te le conclusioni del PG
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udito il diyre
Penale Sent. Sez. 3 Num. 55028 Anno 2018
Presidente: DI NICOLA VITO
Relatore: RAMACCI LUCA
Data Udienza: 09/11/2018
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
RITENUTO IN FATTO
1.
Il Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, quale giudice dell'esecuzione, con
ordinanza del 17 aprile 2018 ha rigettato l'istanza, presentata nell'interesse di
Salvatore BERTOLAMI,
finalizzata ad ottenere la revoca ovvero la sospensione
dell'ordine di demolizione di opere abusive disposto con la sentenza numero
251/2009 del medesimo Tribunale, irrevocabile il 17 gennaio 2013.
2.
Con un
unico motivo di ricorso
deduce la violazione di legge, rilevando che la
richiesta formulata al giudice dell'esecuzione aveva, quale presupposto, un
provvedimento amministrativo che, mediante silenzio assenso, a seguito della
procedura di cui all'articolo 20, comma 5 della legge regionale n. 4/2003, avrebbe
mutato la precedente situazione giuridica delle opere oggetto dell'ordine
demolitorio, rendendola incompatibile con l'esecuzione della sentenza.
Osserva, a tale proposito, che il giudice dell'esecuzione avrebbe adottato un
provvedimento esorbitante dalle proprie attribuzioni, avendo egli sostanzialmente
sindacato nel merito i presupposti e la legittimità del provvedimento di
regolarizzazione ai sensi dell'articolo 20, comma 5 della richiamata legge regionale
con riferimento alle caratteristiche costruttive, alle dimensioni ed alla precarietà
strutturale, esercitando conseguentemente una potestà riservata dalla legge ad
organi amministrativi ed incorrendo, quindi, nella dedotta violazione di legge.
Aggiunge che, peraltro, il giudice non avrebbe affatto indicato le ragioni per le
quali le opere in questione non avrebbero posseduto la necessaria caratteristica
della precarietà così come prevista dalla disciplina regionale.
Insiste, pertanto, per raccoglimento del ricorso.
Il Procuratore Generale, nella sua requisitoria scritta, ha concluso per
l'inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.
Il ricorso è inammissibile.
2.
Va preliminarmente ricordato come la giurisprudenza di questa Corte sia
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unanime nel riconoscere al giudice dell'esecuzione, in presenza di una domanda di
sanatoria, un ampio potere-dovere di controllo sulla legittimità dell'atto concessorio
sotto il duplice profilo della sussistenza dei presupposti per la sua emanazione e dei
requisiti di forma e di sostanza richiesti dalla legge per il corretto esercizio del
potere di rilascio (Sez. 3, n. 47402 del 21/10/2014, Chisci e altro, Rv. 260972; Sez. 3,
n. 42164 del 9/7/2013 , Brasiello, Rv. 256679; Sez. 3, n. 40475 del 28/9/2010,
Ventrici, Rv. 249306; Sez. 3, n. 17066 del 4/4/2006, Spillantini, Rv. 234321; Sez. 3, n.
46831 del 16/11/2005, Vuocolo, Rv. 232642).
Si è anche attribuita al giudice dell'esecuzione, con rifermento alla mera
pendenza di una richiesta di sanatoria, la verifica dei possibili esiti e dei tempi di
definizione della procedura (in tema di condono edilizio v., ad es., Sez. 3, n. 35201
del 3/5/2016, Citarella e altro, Rv. 268032; Sez. 3, n. 47263 del 25/9/2014, Russo, Rv.
261212; Sez. 3, n. 16686 del 5/3/2009, Marano, Rv. 243463; Sez. 3, n. 42978 del
17/10/2007, Parisi, Rv. 238145; Sez. 3, n. 38997 del 26/9/2007, Di Somma, Rv.
237816; Sez. 3, n. 23702 del 27/4/2007, Agostini e altro, Rv. 237062; Sez. 3, n. 3992
del 12/12/2003 (dep.2004), Russetti, Rv. 227558).
3.
Nel caso di specie, il giudice dell'esecuzione, correttamente uniformandosi ai
richiamati principi, ha posto in evidenza la insussistenza di elementi di fatto che
consentissero di ritenere sanato l'intervento edilizio abusivo.
Nel fare ciò, oltre ad adeguarsi correttamente ai richiamati principi, ha
correttamente analizzato l'ambito di operatività della disciplina regionale la cui
applicazione era stata invocata dal condannato, il quale attribuisce validità alla
procedura di "regolarizzazione" delle opere abusive avviata ai sensi dell'art. 20 legge
regionale 4/2003 e conclusasi mediante un provvedimento definito di "silenzio
assenso", il quale nel ricorso viene individuato sulla base dell'apposizione, in calce
alla relativa istanza, della dicitura
"OK salvo diritti dei terzi 14-5-2012"
seguita da una
sigla (attribuita all'allora responsabile dell'ufficio tecnico comunale) e dell'ulteriore
annotazione
"Atti",
a penna.
4.
Va a tale proposito ricordato, come puntualmente osservato nel
provvedimento impugnato, che questa Corte si è ripetutamene occupata dei rapporti
tra la summenzionata disciplina regionale e la normativa statale contenuta nel d.P.R.
380\01.
Si è così avuto modo di chiarire che, in ogni caso, le disposizioni introdotte da
2
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leggi regionali devono rispettare i principi generali fissati dalla legislazione nazionale
e, conseguentemente, devono essere interpretate in modo da non collidere con i
detti principi (Sez. 3, n. 30657 del 20/12/2016 (dep. 2017), Calabro e altro, Rv.
270210; Sez. 3, n. 28560 del 26/3/2014, Alonzo, Rv. 259938; Sez. 3, n. 2017 del
25/10/2007 (dep. 2008), Giangrasso, Rv. 238555; Sez. 3, n. 33039 del 15/6/2006,
PM. in proc. Moltisanti, Rv. 234935. Conf., ma con riferimento ad altre disposizioni
normative della Regione siciliana, Sez. 3, n. 4861 del 9/12/2004 (dep. 2005), Garufi,
Rv. 230914; Sez. 3, n. 6814 del 11/1/2002, Castiglia V, Rv. 221427).
Con specifico riferimento alla individuazione in via di eccezione, ad opera della
Legge regionale 4\2003, di opere precarie non soggette a permesso di costruire, si è
osservato che il legislatore regionale ha privilegiato il
"criterio strutturale",
considerando la circostanza che le parti di cui la costruzione si compone siano
facilmente rimovibili, in luogo di quello
"funzionale",
relativo all'uso realmente
precario e temporaneo cui la costruzione è destinata e che dette disposizioni non
possono trovare applicazione al di fuori dei casi in esse espressamente previsti
(Sez. 3, n. 48005 del 17/9/2014, Gulizzi e altro, Rv. 261156; Sez. 3, n. 16492 del
16/3/2010, Pennisi, Rv. 246771; Sez. 3, n. 35011 del 26/4/2007, Camarda, Rv.
237533).
Si è infine specificato, come pure ricordato in ricorso, che la legislazione
regionale in disamina è applicabile con riferimento alla sola disciplina urbanistica,
restando quindi sottratta quella relativa alla disciplina edilizia antisismica e quella
per le costruzioni in conglomerato cementizio armato, le quali attengono alla
sicurezza statica degli edifici, rientrante nella competenza esclusiva dello Stato ai
sensi dell'articolo 117, comma secondo, Cost., con la conseguenza che dette opere
continuano ad essere soggette ai controlli preventivi previsti dalla legislazione
nazionale (Sez. 3, n. 37375 del 20/6/2013, PM. in proc. Serpicelli, Rv. 257594; Sez. 3,
n. 16182 del 28/2/2013, Crisafulli ed altro, Rv. 255254; Sez. 3, n. 38405 del
9/7/2008, Di Benedetto e altro, Rv. 241287).
5. Come correttamente ricordato dal Procuratore Generale nella sua
requisitoria, si è pervenuti a conclusioni non dissimili anche con riferimento alla
"speciale" sanatoria prevista, per taluni interventi, dall'art. 18, comma quarto, della L.
Reg. Sicilia 16 aprile 2003, n. 4 , ritenendola inidonea a produrre l'effetto estintivo del
reato edilizio, in quanto questo, ai sensi del combinato disposto degli artt. 36 e 45
del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, consegue unicamente al rilascio della concessione
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o permesso di costruire in sanatoria (Sez. 3, n. 5482 del 12/12/2013 (dep. 2014),
Cunsolo, Rv. 258931; Sez. 3, n. 11132 del 15/2/2008, Zappala', Rv. 239072).
6.
Tanto premesso, appare evidente che, in linea generale, considerati i
richiamati principi, non possono essere riconosciuti effetti estintivi del reato
urbanistico alla procedura di mera regolarizzazione delle opere già realizzate
consentita dall'art. 20, comma 5 della legge regionale 4/2003, aventi le
caratteristiche di quelle descritte nei commi precedenti del medesimo articolo,
poiché una tale lettura della richiamata disposizione si porrebbe in stridente
contrasto con i principi generali fissati dalla legislazione nazionale e, segnatamente,
con quanto stabilito dai già richiamati articoli 36 e 45 del Testo Unico dell'edilizia.
Lordinanza impugnata risulta pertanto, sul punto, del tutto immune da censure.
Il giudice dell'esecuzione, inoltre, ha correttamente valutato la effettiva
consistenza degli interventi da demolire, escludendo, ancora una volta in perfetta
consonanza con la richiamata giurisprudenza, che gli stessi fossero comunque
riconducibili tra quelli descritti dall'art. 20 della legge regionale 4/2003.
7.
In definitiva, occorre ribadire che
il giudice dell'esecuzione, in presenza di una
domanda di sanatoria, non deve limitarsi a prenderne atto ai fini della sospensione o
revoca dell'ordine di demolizione impartito con la sentenza di condanna, ma deve
esercitare il potere-dovere di verifica della validità ed efficacia del titolo abilitativo,
valutando la sussistenza dei presupposti per l'emanazione dello stesso e dei requisiti
di forma e di sostanza richiesti dalla legge per il corretto esercizio del potere di
rilascio oltre, ovviamente, alla rispondenza di quanto autorizzato con le opere
destinate alla demolizione, con l'ulteriore precisazione che il rispetto dei principi
generali fissati dalla legislazione nazionale richiesto per le disposizioni introdotte
dalle leggi regionali riguarda anche eventuali procedure di sanatoria.
8.
Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile e alla
declaratoria di inammissibilità consegue l'onere delle spese del procedimento,
nonché quello del versamento, in favore della Cassa delle ammende, della somma,
equitativamente fissata, di euro 2.000,00
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P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese del procedimento e della somma di euro 2.000,00 (duemila) in favore della
Cassa delle ammende.
Così deciso in data 9/11/2018
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