Sentenza Nº 52657 della Corte Suprema di Cassazione, 18-12-2014

Presiding JudgeFOTI GIACOMO
ECLIECLI:IT:CASS:2014:52657PEN
Date18 Dicembre 2014
Judgement Number52657
CourtQuarta Sezione (Corte Suprema di Cassazione di Italia)
Subject MatterPENALE
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
VIRDO' FRANCESCO N. IL 25/04/1983
avverso la sentenza n. 1267/2013 CORTE APPELLO di
CATANZARO, del 14/10/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 15/10/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ROCCO MARCO BLAIOTTA
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Penale Sent. Sez. 4 Num. 52657 Anno 2014
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: BLAIOTTA ROCCO MARCO
Data Udienza: 15/10/2014
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
11 Virdò
Motivi della decisione
1.
A seguito di giudizio abbreviato, il Tribunale di Vibo Valentia ha affermato la
responsabilità dell'imputato in epigrafe in ordine al reato di cui all'art. 73 del d.p.r. n.
309 del 1990. La pronunzia è stata confermata dalla Corte d'appello di Catanzaro.
L'imputazione attiene alla coltivazione di una piantagione di canapa indiana composta
da 391 piante in rigoglioso stato di vegetazione. Fatto commesso nel settembre 2010.
2.
Ricorre per cassazione l'imputato.
2.1 Si lamenta che l'affermazione di responsabilità è stata ritenuta pur in
assenza di prova piena in ordine al coinvolgimento nella coltivazione. Gli agenti
operanti hanno riferito di aver visto l'imputato insieme al presunto correo indirizzarsi
all'appezzamento di terreno e prendersi cura delle piante. Tuttavia l' affermazione che
il ricorrente sia proprietario del terreno è oggetto di discordi enunciazioni delle
pronunzie di merito. Inoltre non vi è traccia del rinvenimento degli utensili utilizzati
/
per la coltivazione, cui pure si fa riferimento negli atti di polizia. I rilievi fotografici
riguardano la piantagione, i tubi di gomma per l'acqua ma non il loro uso da parte
degli imputati. Nessuna fotografia coglie gli stessi imputati nell'atto della coltivazione.
2.2 Si deduce altresì che la pronunzia viola il quinto comma del richiamato
articolo 73, essendosi limitata a dare rilievo al solo dato quantitativo, senza dare
altresì conto di altre particolarità del fatto.
2.3 Si censura infine l'equiparazione sul piano sanzionatorio degli illeciti
afferenti a diverse sostanze stupefacenti e se ne denunzia la incostituzionalità.
3.
Il ricorso è infondato per ciò che attiene all'affermazione di responsabilità. La
pronunzia d'appello considera che le impugnazioni ripropongono acriticamente
deduzioni già ampiamente censurate nella prima sentenza. La materialità del fatto
storico non può essere minimamente posta in discussione posto che l'imputato,
insieme al complice, è stato sorpreso dagli agenti di polizia mentre era intento alla
irrigazione ed al taglio delle piante; ed essendo stato rinvenuto sul terreno un
impianto di irrigazione unitamente ad attrezzi da taglio. Le circostanze risultano
accertate anche alla stregua del materiale fotografico e del verbale di arresto scaturiti
dal preventivo appostamento degli agenti, che avevano visto due giovani recarsi sul
terreno con dei bidoni d'acqua ed avvicinarsi alle piante, iniziando a poterne alcune
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
per tagliare le altre. L'imputato ha d'altra parte ammesso in interrogatorio di convalida
dell'arresto di essere proprietario del terreno.
Tale apprezzamento non è per nulla censurabile. La pronunzia indica dettagli
che risultano provati con certezza e dimostrano il coinvolgimento dell'imputato nella
illecita attività di coltivazione della piantagione. Del resto i rilievi fotografici riguardano
lo stato delle piante e l'impianto di irrigazione e corroborano quanto enunciato. La
circostanza che non vi sia un reperto fotografico afferente agli strumenti da taglio
usati per la potatura ed alla materiale attività descritta è, in tale conclamato contesto
di prova, del tutto irrilevante. Pure irrilevante la circostanza posta in dubbio ma non
confutata dalla difesa, afferente alla proprietà del terreno. Ove pure si ritenesse (in
ipotesi) che imputato non rivestisse la qualità di proprietario, nulla muterebbe in
ordine alla responsabilità alla stregua del documentato coinvolgimento nell'attività di
coltivazione.
2.2 La Corte di merito esclude pure di poter concedere la invocata applicazione
del ridetto quinto comma dell'articolo 73 in considerazione della notevole estensione
della piantagione, dell'elevato numero di piante, del loro avanzato sviluppo e del
quantitativo allarmante di principio drogante. Si aggiunge che l'entità della sostanza è
decisiva quando, come nel caso in esame
i
raggiunge livelli di indiscutibile
significatività.
Pure tale apprezzamento non è censurabile posto che si è in presenza di fatto
di indubbia gravità, per il macroscopico rilievo dell'entità della piantagione e per la
assidua attività di coltivazione che la situazione richiedeva.
2.3 Fondato invece è il rilievo afferente ai profili costituzionali della disciplina.
Sul tema è intervenuta la sentenza n. 32 del 2014 della Corte costituzionale che ha
dichiarato l'illegittimità costituzionale degli artt. 4-bis e 4-vicies ter del decreto-legge
30 dicembre 2005, n. 272 convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della
legge 21 febbraio 2006, n. 49. In estrema sintesi, la Corte ha ritenuto che le norme
impugnate, introdotte in sede di conversione del decreto legge, difettino
manifestamente di ogni connessione logico-funzionale con le originarie disposizioni del
decreto legge, e debbano per tale assorbente ragione ritenersi adottate in carenza dei
presupposti per il legittimo esercizio del potere legislativo di conversione ai sensi
dell'art. 77, secondo comma, Cost.
Rileva, in particolare, che l'art. 4 bis aveva riscritto l'art. 73 del d.P.R. n. 309
del 1990, eliminando la distinzione sul piano sanzionatorio, prevista dalla disciplina
previgente, tra le sostanze stupefacenti incluse in differenti tabelle; ed introducendo
un trattamento punitivo unitario che si è risolto nella diminuzione delle sanzioni
previste per le cosiddette droghe "pesanti" e nell'incremento di quelle previste per le
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cosiddette droghe "leggere". La caducazione della norma in questione comporta che,
come espressamente enunciato dalla Corte costituzionale, tornino a ricevere
applicazione l'art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990 e le relative tabelle, in quanto mai
validamente abrogati, nella formulazione precedente le modifiche apportate con le
disposizioni caducate. La conseguenza è, per quel che qui interessa, che rivive
l'apparato sanzionatorio precedentemente previsto per l'hashish, più lieve di quello in
vigore all'epoca del fatto. La questione attiene alla legalità della pena, coinvolge
l'applicazione dell'art. 2 cod. pen. e va rilevata anche d'ufficio. La sentenza va quindi
sotto tale riguardo annullata con rinvio alla Corte d'appello ai fini della
rideterminazione della pena.
Il ricorsbva per il resto rigettato.
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Annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio, con rinvio
sul punto ad altra Sezione della Corte d'appello di Catanzaro.
Rigetta nel resto il ricorso.
Visto l'art. 624 cod. proc. pen. dichiara l'irrevocabilità dell'affermazione di
responsabilità.
Roma 15 ottobre 2014
IL CONSIGLIERE ESTENSORE
(Rocco Marco Blaiotta)
SORTE SUPREMA DI CASSAZIGI
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IV Sezione Penale
Corte di Cassazione - copia non ufficiale

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