Sentenza Nº 52645 della Corte Suprema di Cassazione, 18-12-2014

Presiding JudgeESPOSITO ANTONIO
ECLIECLI:IT:CASS:2014:52645PEN
Judgement Number52645
Date18 Dicembre 2014
CourtSeconda Sezione (Corte Suprema di Cassazione di Italia)
Subject MatterPENALE
SENTENZA
Sui ricorsi proposti da:
1)
Montalbano Giuseppe nato a Santa Margherita di Belice 20/9/1935
2)
Amorelli Luigi nato a Caltanissetta il 18/11/1935
avverso la sentenza del 11/4/2013 della Corte d'appello di Palermo;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed i ricorsi;
udita la relazione svolta dal consigliere Roberto Maria Carrelli Palombi di
Montrone;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale,
dott. Giulio Romano, che ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi;
uditi per l'imputato Montalbano Giuseppe gli avvocati Marcello Consiglio e
Franco Coppi e per l'imputato Amorelli Luigi l'avv. Giovanni Di Benedetto, che
hanno concluso per l'accoglimento dei rispettivi ricorsi;
RITENUTO IN FATTO
1.
Con sentenza in data 11/4/2013, la Corte di appello di Palermo
confermava la sentenza del Tribunale di Palermo del 20/12/2010 con la quale
Montalbano Giuseppe e Amorelli Luigi erano stati condannati alla pena di anni
sette di reclusione ed € 7000,00 di multa ciascuno per i reati loro
rispettivamente ascritti, il Montalbano di cui agli artt. 81 commi 1 e cpv., 648 bis
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Penale Sent. Sez. 2 Num. 52645 Anno 2014
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: CARRELLI PALOMBI DI MONTRONE ROBERTO MARIA
Data Udienza: 20/11/2014
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
e 648 ter cod. pen., 7 legge n. 203 del 1991, per avere, in concorso tra loro,
con più atti esecutivi di un medesimo disegno criminoso e singolarmente
integranti distinte violazioni della legge penale, Montalbano Giuseppe e Vassallo
Andrea (per il quale si è proceduto separatamente) intestandosi fittiziamente le
quote della società Arezzo Costruzioni s.r.I., in liquidazione dal 6/3/1995,
l'Amorelli, nella qualità di amministratore giudiziario delle quote in sequestro
della Arezzo Costruzioni, e successivamente al dissequestro continuando a
gestire esclusivamente per loro conto, realizzato, quali fittizi proprietari,
l'acquisto, la definizione e la vendita di un edificio per civili abitazioni composto
da 54 unità immobiliari ed altri locali ad uso commerciale sito in via Alcide De
Gasperi 53, nonché la costruzione, definizione e vendita alla Ariete Costruzioni
s.r.I., società dei fratelli Cangialosi, di un capannone industriale con uffici annessi
sito in via Ugo La Malfa, immobili in realtà di proprietà di appartenenti a Cosa
Nostra di primario rilievo, quali Riina Salvatore, Gambini Giuseppe Giacomo,
Brusca Bernardo, Provenzano Bernardo, Lipari Giuseppe ed altri, così
impiegando, in un'unica complessiva operazione commerciale apparentemente
lecita, denaro e beni di provenienza illecita e di pertinenza delle suddette
persone, comunque ostacolando attraverso la loro interposizione fittizia la
riconducibilità dei beni e dell'operazione stessa agli esponenti mafiosi di cui
sopra. Reato commesso in Palermo, per Montalbano dal 15/4/1981 al 6/3/1995 e
per Amorelli dalla data di nomina come amministratore della società al 6/3/1995.
1.1. La Corte territoriale respingeva le censure mosse con gli atti d'appello
proposti dagli imputati ed in particolare quello proposto dal Montalbano in ordine
alla sussistenza del vincolo del
ne bis in idem
in relazione al procedimento
definito dal Tribunale di Sciacca all'esito del quale il Montalbano era stato
riconosciuto responsabile del delitto di concorso esterno in associazione mafiosa;
in ordine all'operatività della clausola di riserva di cui all'art. 648 bis cod. pen.; in
ordine alla sussistenza del delitto di riciclaggio ed alla rinnovazione dell'istruttoria
dibattimentale per procedere a perizia onde valutare il valore dell'immobile di via
Ugo La Malfa; in ordine alla configurabilità della circostanza aggravante di cui
all'art. 7 legge n. 203 del 1991; in ordine alla vigenza dell'art. 648 bis cod. pen.
all'epoca del fatto ascritto all'imputato; in ordine al difetto di correlazione fra
l'accusa contestata ed il fatto ritenuto in sentenza; infine, in via subordinata, in
ordine al trattamento sanzionatorio ed in particolare alla concessione delle
attenuanti generiche ed alla determinazione della pena nel minimo edittale.
Venivano, altresì, respinte le censure promosse avverso la medesima sentenza
dall'Amorelli, segnatamente, in punto di estraneità dello stesso dall'impiego del
denaro investito nella società; in punto di mancanza di condotte ascrivibili
all'imputato successive al 1990, data di introduzione dell'art. 648 ter cod. pen. e
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di assenza di condotte protrattesi sino al 1995; di assenza dell'elemento
soggettivo del reato; in punto di configurabilità del reato contestato e
dell'aggravante di cui all'art. 7 legge n. 203 del 1991; in punto di difetto di
correlazione fra l'accusa contestata ed il fatto ritenuto in sentenza; infine, in via
subordinata, in punto di trattamento sanzionatorio con riferimento alla
concessione delle attenuanti generiche ed alla determinazione della pena nel
minimo edittale
2. Avverso tale sentenza propongono separati ricorsi gli imputati per mezzo
dei rispettivi difensori di fiducia, sollevando i seguenti motivi di gravame:
Montalbano Giuseppe
2.1. inosservanza della legge penale e processuale e difetto di motivazione,
ai sensi dell'art. 606 comma
1
lett. b) ed e) cod. proc. pen., per non essere stata
dichiarata l'impromovibilità dell'azione penale in ipotesi di litispendenza non
riconducibile nell'ambito dei conflitti di competenza di cui all'art. 28 cod. proc.
pen. Ci si vuole riferire alla contemporanea pendenza nei confronti del
ricorrente, dinanzi alla Corte d'Appello di Palermo, al momento in cui veniva
sollevata l'eccezione, di un altro procedimento avente ad oggetto il reato di
concorso esterno in associazione mafiosa comprensivo della condotta di
riciclaggio di cui al presente procedimento; segnatamente si evidenzia come la
condotta contestata in quel procedimento atteneva al reinvestimento di profitti
illeciti derivanti dalla partecipazione al sodalizio criminale in attività
imprenditoriali in campo edile ed alberghiero con particolare riferimento alle
vicende della Arezzo Costruzioni s.r.l. In sostanza si assume che, all'esito
dell'esame delle prove vagliate dal Tribunale di Sciacca, la condotta di riciclaggio
contestata nel procedimento di cui al presente ricorso sarebbe perfettamente
sovrapponibile a quella contestata e ritenuta nella sentenza emessa dal Tribunale
di Sciacca; a ciò consegue, ad avviso del ricorrente, la nullità della sentenza
impugnata per violazione del principio del divieto del ne bis in idem.
2.2. inosservanza della legge penale e processuale e difetto di motivazione,
ai sensi dell'art. 606 comma 1 lett. b) ed e) cod. proc. pen. in relazione all'art.
649 cod. proc. pen. all'art. 4 protocollo n. 7 Cedu ed all'art. 117 Cost., in ordine
alla ritenuta insussistenza del
ne bis in idem
con riguardo ad una sentenza
definitiva. Si evidenzia, al riguardo, che la sentenza del Tribunale di Sciacca è
divenuta definitiva e che il fatto giudicato è identico a quello oggetto del
presente ricorso con la conseguenza che il ricorrente è stato processato due
volte per la medesima condotta di riciclaggio. Richiama in proposito la
giurisprudenza della Corte EDU che ha ritenuto condizione essenziale e
sufficiente per l'applicazione del principio del
ne bis in idem
quella che i fatti
siano gli stessi o sostanzialmente gli stessi, essendo irrilevante la diversa
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