Sentenza Nº 52126 della Corte Suprema di Cassazione, 16-12-2014

Presiding JudgeGENTILE MARIO
ECLIECLI:IT:CASS:2014:52126PEN
Date16 Dicembre 2014
Judgement Number52126
CourtSeconda Sezione (Corte Suprema di Cassazione di Italia)
Subject MatterPENALE
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
TUCCI IRMA MARIA ALTOMARE N. IL 21/01/1953
avverso l'ordinanza n. 171/2014 TRIB. LIBERTA' di MILANO, del
11/06/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIOVANNA VERGA;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.
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Penale Sent. Sez. 2 Num. 52126 Anno 2014
Presidente: MARIOGENTILE
Relatore: VERGA GIOVANNA
Data Udienza: 19/11/2014
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
MOTIVI DELLA DECISIONE
Ricorre per cassazione TUCCI Irma Maria Altomare avverso il provvedimento del Tribunale del
Riesame di Milano che ha confermato il decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca
ex articolo 321 codice di procedura penale, articoli 640 quater in relazione all'articolo 322 ter
codice penale emesso dal giudice per le indagini preliminari del locale tribunale con riguardo
alla quota del 50% degli immobili siti in Gessate intestati alla ricorrente quale equivalente
dell'importo dell'ingiusto profitto di euro 83.672,00.
Deduce la ricorrente che il provvedimento impugnato è incorso in violazione ed errata
applicazione degli articoli 324,321 e 125 codice procedura penale, 640 comma due codice
penale ed articoli 48,476, 61 numero 2 omessa motivazione in relazione al
fumus commissi
delicti.
Lamenta che il Tribunale del riesame ha confermato il provvedimento del Gip di Milano
ritenendo integrato il fumus delicti
di truffa aggravata ai danni dell'INPS e falso omettendo
qualsiasi esame con riguardo alle argomentazioni della difesa in ordine alla mancanza di atti
simulati, configuranti raggiro ed artificio di cui all'articolo 640 codice penale e all'effettività e
non fittizietà dello stato di cecità dell'indagata con conseguente insussistenza del falso
contestato al capo B. In particolare il provvedimento impugnato non ha tenuto conto e valutato
la relazione tecnica della difesa e non ha considerato che la stessa ha un'immediata ricaduta
sull'astratta ipotizzabilità dei reati per cui si procede. Sostiene che la ricorrente rientra nella
categoria dei ciechi assoluti lamentando danni sia in punto di acutezza visiva che di campo
visivo. Viene contestato inoltre che il provvedimento impugnato non dice in alcun modo quale
sarebbe stata la condotta simulata dell'indagata idonea a trarre in errore la Commissione
sanitaria, non costituendo elemento sufficiente a configurare il
fumus
dei reati ipotizzati,
neppure in astratto, il fatto che la polizia giudiziaria ha effettuato due appostamenti dai quali
ha ritenuto di osservare comportamenti che ha interpretato come asseritamente incompatibili
con lo stato di cecità
Il ricorso è manifestamente infondato alla stregua delle seguenti considerazioni.
La Corte costituzionale con la sentenza n. 48/1994 in tema di misure cautelari reali aveva già
affermato che "il controllo che il giudice è chiamato a operare è tutt'altro che burocratico,
dovendosi invece incentrare sulla verifica della integralità dei presupposti che legittimano la
misura", precisando che "neppure è però a dirsi che il controllo del giudice non possa in alcun
modo spingersi all'esame del fatto per il quale si procede".
Sulla scia di queste importanti affermazioni, le Sezioni unite di questa Corte hanno meglio
definito il potere del giudice in tema di sequestro probatorio o preventivo, affermando che il
giudice, nel compiere il controllo di legalità che gli spetta, non deve limitarsi a "prendere atto"
della tesi accusatoria, ma, senza spingersi sino a una verifica in concreto della sua fondatezza,
deve valutare se gli elementi di fatto rappresentati consentono di sussumere l'ipotesi formulata
in quella tipica, "tenendo nel debito conto le contestazioni difensive sull'esistenza della
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fattispecie dedotta ed esaminando l'integralità dei presupposti che legittimano il sequestro"
(Sez. Un. n. 23 del 20.11.1996, dep. 29.1.1997, Bassi, rv. 206657).
E' stato così affermato che l'unica differenza che corre tra giudice cautelare e giudice del
merito è che il primo non ha poteri di istruzione e di valutazione probatoria, che sono
incompatibili con la natura cautelare del giudizio, ma che tuttavia conserva in pieno il potere di
valutare in punto di diritto se sulla base delle prospettazioni hic et inde dedotte ricorra il reato
contestato. Si tratta di una valutazione provvisoria dettata dalla urgenza, che dovrà essere
approfondita dal giudice di merito dopo il compimento della istruzione probatoria, ma che deve
essere reale, al fine di evitare che il controllo di garanzia del giudice sia vanificato, lasciando
così al solo Pubblico Ministero il potere di espropriare unilateralmente, sia pure non a tempo
indeterminato, diritti patrimoniali garantiti dalla Costituzione.
Nel caso di specie il giudice del riesame ha fatto corretta applicazione del principi espressi
dando atto di avere esaminato e valutato gli elementi accusatori e quelli prospettati dalla
difesa e all'esito di essere pervenuto alla affermazioni di sussistenza del fumus di cui ha dato
conto nel provvedimento in questa sede censurato
Deve rilevarsi che le censure mosse all'impugnato provvedimento, sotto l'apparente deduzione
di vizi attinenti alla violazione di legge, prospettano una inammissibile richiesta di rivalutazione
del merito laddove inammissibile in questa sede dove deve essere apprezzata solo la presenza
di seri indizi della sussistenza di queste condizioni, delle quali la piena prova è riservata al
merito.
Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile
Ai sensi dell'articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibile il
ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese
del procedimento, nonché - ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità - al pagamento a favore della cassa delle ammende della somma di mille euro,
così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali
e al versamento della somma di 1.000,00 euro in favore della Cassa delle ammende
Così deliberato in Roma il 19.11.2014
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