Sentenza Nº 51669 della Corte Suprema di Cassazione, 11-12-2014

Presiding JudgeAGRO' ANTONIO
ECLIECLI:IT:CASS:2014:51669PEN
Judgement Number51669
Date11 Dicembre 2014
CourtSesta Sezione (Corte Suprema di Cassazione di Italia)
Subject MatterPENALE
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
ZAVATTARO FRANCESCO NICOLA
PALETTI GIOACCHINO
SIL VERI GIANCARLO
D'AMARI° CLAUDIO
nei confronti di:
TROZZI VINCENZO N. IL 28/06/1967
PACE GIOVANNI N. IL 18/11/1933
inoltre:
TROZZI VINCENZO N. IL 28/06/1967
PACE GIOVANNI N. IL 18/11/1933
avverso la sentenza n. 871/2012 CORTE APPELLO di L'AQUILA, del
01/07/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 26/11/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. CARLO CITTERIO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Ri'eht
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che ha concluso per
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Penale Sent. Sez. 6 Num. 51669 Anno 2014
Presidente: ANTONIOAGRO
Relatore:
Data Udienza:
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
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1
CONSIDERATO IN FATTO
1.
Giovanni Pace era sino al maggio 2005 presidente della Regione Abruzzo;
Vincenzo Trozzi era vicepresidente del Fi.R.A. spa (società partecipata al 51% dalla
Regione Abruzzo con compiti, tra l'altro e in particolare, di 'gestione e monitoraggio
finanziario delle somme del Fondo sanitario regionale'). Trozzi era stato genero del
Pace, prima dei fatti per cui è processo, proseguendo anche dopo la separazione
personale nell'attività lavorativa del comune studio professionale.
Entrambi erano originariamente imputati dei reati di:
. partecipazione ad associazione a delinquere (finalizzata a deviare e
condizionare illegalmente l'attività amministrativa e negoziale della Regione in
materia di sanità e della ASL, in particolare nei rapporti con le case di cura private:
capo 1);
. concorso in abuso d'ufficio aggravato dal numero delle persone (in relazione
ad una prima cartolarizzazione, cd Cartesio, approvata con delibera di Giunta del
14.12.2004 e relativa a crediti (cd
non performing,
in quanto non documentati e
riferiti a specialità non accreditate e quantità extra budget) inesistenti e per i quali
neppure esistevano le relative fatture, autocertificati dalle case di cura private
facenti capo al gruppo Villa Pina ed al suo dominus Vincenzo Maria Angelini, per un
importo di quasi 22 milioni di euro, bonificati il 11.4.2005: capo 3);
. concorso in concussione aggravata, consumata per 100.000 euro e tentata
per altrettanti (dopo la delibera di cui al capo 3, con abuso delle rispettive qualità il
già coimputato patteggiante Giancarlo Masciarelli, amministratore delegato, legale
rappresentante e dominus della Fi.R.A. aveva richiesto insistentemente all'Angelini
la somma di 200.000 euro destinata alla campagna elettorale di Pace delle
imminente elezioni regionali, "facendogli capire che la somma doveva essere
versata perché 'se vincono" sei morto", ottenendo la somma di 100.000 euro
consegnata al Trozzi presso la sede di Fi.R.A. spa:
capo 20).
Per questo ultimo
capo di imputazione, l'epoca di consumazione era indicata dal marzo 2005
(consegna dei 100.000 euro) al mese di ottobre 2006 (richieste degli ulteriori
100.000 euro).
1.1
In esito a giudizio abbreviato, in data 13.6.2011 il GUP di Pescara ha
assolto entrambi gli imputati dai tre reati, per non aver commesso i fatti quanto ai
capi 1) e 3), perché il fatto non sussiste quanto al capo 20).
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2
In parziale accoglimento dell'appello del procuratore della Repubblica di
Pescara (proposto per le assoluzioni di entrambi quanto a tutti i capi di
imputazione), la Corte d'appello dell'Aquila con sentenza del 1-10.7.2013 ha
dichiarato non doversi procedere nei confronti del solo Pace in ordine al reato di cui
al capo 3), perché estinto per prescrizione, ed ha affermato la responsabilità dei
due imputati per il delitto di cui al capo 20, riqualificando il fatto ai sensi dell'art.
319-quater c.p. e condannando Pace e Trozzi alle pene, principali ed accessorie, di
giustizia, oltre che al risarcimento dei danni in favore della sola parte civile Regione
Abruzzo, liquidati contestualmente in euro 100.000. Ha invece confermato le
assoluzioni dei due imputati per il delitto associativo e quella di Trozzi per l'abuso
d'ufficio del capo 3), rigettando le richieste risarcitorie delle altre parti civili.
La sentenza d'appello è ora impugnata dai due imputati, con autonomi atti di
ricorso, nonché dalle parti civili ASL n. 2 e n. 4 (avv. Gamberini), ASL n. 1 e n. 3
(avv. Valentini).
1.2
Quanto al capo 3) ed al capo 20)
il GUP di Pescara
argomentava
specificamente queste conclusioni: che la delibera 1281/04 era del tutto arbitraria e
tutt'altro che vantaggiosa, trattandosi di transazioni su crediti
non performing
(p.
16-19), e finalizzata a recar vantaggio ingiusto a Villa Pini ed all'Angelini dietro
pagamento di illeciti compensi; che nel complessivo contesto, gestito da Domenici
(designato dal presidente Pace assessore alla sanità su proposta di Aracu,
coordinatore regionale del partito che maggiormente aveva contribuito all'elezione),
Conga (responsabile della ASL di Chieti che quei crediti inesistenti aveva
riconosciuto), Masciarelli (dominus della Fi.R.A., che aveva definito con
patteggiamento la propria posizione), analizzati gli effettivi contenuti e le specifiche
dinamiche anche temporali dei rapporti tra Pace e Trozzi, Trozzi e Angelini, Pace
con Domenici, doveva escludersi che Pace avesse avuto un ruolo determinante e
discrezionale nella scelta degli uomini e che Trozzi o Pace avessero richiesto in
precedenza ad Angelini denaro, alla cui corresponsione fosse anche solo
implicitamente condizionato il compimento di atto alcuno; che, in particolare, non vi
era stato alcun rapporto tra la delibera e la somma di 200.000 euro che Masciarelli
aveva chiesto nel febbraio-marzo 2005 ad Angelini (oggetto dell'imputazione di
concussione) asseritamente per sostenere la campagna elettorale di Pace anche
nell'interesse dello stesso Angelini di evitare cambi di maggioranza politico-
amministrativa. In ordine alla richiesta della somma, pertanto, mancavano gli
elementi strutturali e costitutivi della concussione: la stessa prospettazione con cui
Masciarelli aveva accompagnato la richiesta non costituiva in sé alcuno strumento
di compulsione perché il richiedente aveva fatto presente all'Angelini non un male
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direttamente o indirettamente dipendente da Pace "se," (così nel testo della
sentenza, p. 25) "a tutto concedere, si volesse ritenere che il Masciarelli stesse
operando effettivamente su disposizioni del presidente della giunta uscente", bensì
prospettò svantaggi nel caso di vittoria dell'opposta coalizione, così la sua
risultando mera sollecitazione a contribuire per mantenere la continuità politica del
governo regionale favorevole ai suoi interessi. Il (parziale) pagamento di Angelini si
sarebbe oltretutto inserito in una serie di pagamenti da questi fatti alle forze
politiche. In definitiva, meri sospetti, non indizi gravi precisi e concordanti, di
condotte dei due sia di voluta inerzia in violazione dei propri doveri d'ufficio che di
comportamenti compulsivi.
1.3 La Corte d'appello
ha convenuto col GUP sulla mancanza di prova che
Pace fosse partecipe delle iniziative del gruppo Aracu, Masciarelli, Domenici e degli
illeciti loro rapporti con Angelini (da qui la conferma dell'assoluzione per il delitto
associativo).
Ha invece giudicato che Pace si sia prestato a favorire la delibera 1281/04,
abbia concorso ad approvarla ed abbia sfruttato tale situazione per chiedere denaro
ad Angelini. Il GUP in realtà non avrebbe motivato l'assoluzione per l'abuso
d'ufficio, impropriamente sovrapponendovi implicitamente le ragioni dell'assoluzione
per il delitto di partecipazione associativa. Poiché si era invece trattato di un abuso
eclatante, in spregio delle più elementari norme di contabilità pubblica,
autorizzando esborsi privi di alcun sostegno documentale idoneo, relativo ad
un'operazione di rilevanti dimensioni finanziarie e prima operata nella regione,
appariva risibile la tesi dell'inconsapevole partecipazione di Pace, pure esperto
commercialista, all'approvazione di tale delibera. Sussisteva prova del dolo
intenzionale, in relazione all"eclatanza' del comportamento antigiuridico, alla
specifica competenza professionale, ai rapporti di stretta relazione e dipendenza
con l'artefice politico principale della vicenda intera (Aracu). Da qui il giudizio di
responsabilità per il delitto sub 3), tuttavia prescritto. Per tale reato come detto la
Corte abruzzese ha confermato l'assoluzione di Trozzi.
Quanto al capo 20), la Corte d'appello: richiamava le dichiarazioni di Angelini,
accertati prelievi di denaro, dichiarazioni e appunti di Masciarelli sulla propria
attivazione per la campagna elettorale di Pace (in particolare uno nel quale
ricostruiva il fatto quale solo finanziamento in forme illecite); argomentava poi
specificamente che doveva giudicarsi del tutto credibile che Masciarelli avesse
chiesto i soldi ad Angelini per conto di Pace, riscontro di ciò essendo la narrazione
dello stesso Angelini di aver dato i soldi a Trozzi (che, vero esser egli separato dalla
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anni dalla figlia di Pace, tuttavia era ancora suo collega di studio), il che escludeva
alcuna millanteria di Masciarelli.
Giudicata provata la dazione a Trozzi della somma chiesta da Masciarelli nella
consapevolezza di Pace, la Corte osservava l'erroneità del giudizio di irrilevanza
penale della condotta perché, condiviso "l'apprezzamento
(del GUP)
circa la
mancanza di forza coattiva nella richiesta rivolta all'Angelini" (p.11 sent. app.),
questa costituiva quanto meno violazione della disciplina del finanziamento dei
partiti.
Osservava poi la Corte doversi convenire con il GUP che certamente Angelini
non poteva considerarsi un 'concusso"per costrizione', coazione 'che non poteva
subire', essendo significativamente lui stesso coimputato del reato associativo e
traendo dalle condotte altrui enormi vantaggi. Tuttavia, la prospettazione
dell'interesse di Angelini a sostenere la sua campagna elettorale con la dazione
della somma richiesta (in ragione del contesto per lui favorevole che aveva
caratterizzato l'amministrazione uscente, anche con atti arbitrari come la
deliberazione relativa alla prima cartolarizzazione e che avrebbe potuto
interrompersi con una diversa amministrazione) doveva essere inserita appunto nel
clima generale di già procurati e ottenuti arbitrari favori, clima del quale Pace (per
la propria posizione determinante) aveva approfittato con una richiesta che in realtà
costituiva pressione per la dazione di quella contingente somma, al di fuori di un
rapporto corruttivo paritario. La Corte d'appello precisava che la diversa decisione
non era determinata dalla mera rilettura del materiale probatorio, ma dalla
"valorizzazione di circostanze di elementi fattuali del tutto obliterati dal primo
giudice, quali la effettiva portata della richiesta rivolta all'Angelini ed il suo
contenuto specifico, il contesto di malaffare in cui si collocava, la pregressa attività
illecita del Pace in favore del predetto".
1.3.1
Quanto alle statuizioni civili, la Corte aquilana evidenziava come la
modifica della assoluzione per il reato di abuso (dichiarato prescritto previa
motivazione di responsabilità, come visto) non poteva fondare alcuna condanna
risarcitoria, perché le parti civili non avevano impugnato tale assoluzione ex art.
576 c.p., l'assoluzione in primo grado rendendo inapplicabile al caso l'art. 578
c. p. p..
Solo per il capo 20 poteva provvedersi positivamente, ma la condanna di Pace
e Trozzi dovendo essere disposta nei confronti della sola Regione Abruzzo, unico
soggetto pubblico che da quel reato di induzione aveva subito danno diretto. I
Giudici d'appello quantificavano in 100.000 euro la somma liquidata in via
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equitativa per i danni morali, spiegando che nessun concreto pregiudizio economico
era stato ricavato da quella specifica condotta.
2.
Hanno proposto ricorso gli imputati Pace e Trozzi, nonché le parti civili ASL
n.2 e ASL n.4 (con l'avv. A. Gamberini), ASL n.1 e ASL n. 3 (con l'avv. M.R. Russo
Valentini).
2.1 Pace
enuncia cinque motivi:
- 1.
Violazione dell'art. 319-quater c.p., perché la ricostruzione del fatto
operata dalla stessa sentenza d'appello non ne consentirebbe la sussunzione in tale
fattispecie: la richiesta di Masciarelli ad Angelini del contributo di 200.000 euro (con
la concreta ricezione della metà della somma) per la campagna elettorale di Pace
mancherebbe di alcuna forza coattiva e andrebbe spiegata con l'interesse ad
ingraziarsi i possibili nuovi rappresentanti regionali, senza alcun collegamento sia
con la già approvata delibera del 14.12.2004, sia con le funzioni e la qualità di
presidente uscente della giunta regionale; la stessa Corte d'appello aveva
riconosciuto che Angelini non era soggetto che potesse essere concusso e che dalle
dazioni di denaro regionale riceveva sistematico e grave vantaggio illecito. In
definitiva, si sarebbe trattato di richiesta di contributo elettorale illecito, in funzione
di possibili vantaggi futuri, non spontaneo ma neppure esito di alcun genere di
costrizione; pertanto non sarebbe configurabile alcuna concussione anche solo per
induzione, avendo Angelini aderito alla richiesta in assenza di alcun metus o
prospettazione di danno ingiusto o abuso di qualità (tutti aspetti irrilevanti rispetto
alla prospettazione del possibile esito elettorale, non dipendente da chi chiedeva il
contributo), ma solo per una libera valutazione di opportunità;
- 2.
Manifesta illogicità della motivazione e travisamento 'del fatto', perché il
Giudice di primo grado avrebbe escluso la prova di alcuna richiesta da Pace ad
Angelini, anche in relazione alla delibera del 14.12.2004, e che Masciarelli fosse
stato tramite di Pace; il collegamento della vicenda al 'contesto di malaffare',
operato dalla Corte distrettuale, avrebbe dovuto condurre alla riqualificazione della
vicenda in termini di corruzione susseguente, se ritenuto il collegamento della
richiesta con la delibera, o, nel caso di ritenuto rapporto continuativo, di messa a
disposizione della funzione (318 c.p.), ovvero solo di finanziamento illecito;
- 3.
Errore di diritto e motivazione apparente in ordine al delitto di abuso
d'ufficio: poiché l'atto di appello avrebbe collegato la prova del dolo alla
partecipazione associativa, la cui esclusione è stata invece confermata in appello;
quindi la ritenuta responsabilità sarebbe esito di inosservanza del principio
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devolutivo e comunque mancherebbe motivazione sul dolo, tenuto conto che la
delibera trattava anche altri articolati provvedimenti nella complessa materia;
-
4. Omessa risposta alle censure sul diniego delle attenuanti generiche;
-
5. Quanto infine alle statuizioni civili, violazione degli artt. 17 comma 30-ter
legge 102/09 e 538 cpv. c.p.p. per l'incompetenza del giudice penale alla
liquidazione e omessa motivazione sulla quantificazione del danno (irrilevante il
mero richiamo all'equità).
2.1.1
Con motivo aggiunto e memoria del 4.11.2014 la difesa argomenta che
la motivazione della
sentenza S.U. n.12228/2014
suffragherebbe le proprie
argomentazioni in diritto, confermando la necessità di una prevaricazione anche per
la configurabilità dell'art. 319-quater, qui assente.
E' poi eccepita la inammissibilità dei ricorsi delle parti civili, perché tardivi,
manifestamente infondati nella pretesa della sussistenza di un loro danno di alcun
genere, proposti da soggetti non legittimati in relazione alla mancata impugnazione
autonoma della sentenza assolutoria.
2.2
Anche
Trozzi
enuncia cinque motivi:
-
1. Violazione e falsa applicazione dell'art. 319-quater c.p. e motivazione
omessa, 'insufficiente', 'illogica': ricordata la conferma in appello delle assoluzioni
per il reato associativo e per il concorso nell'abuso d'ufficio, il ricorrente, richiamate
pure le dichiarazioni di Masciarelli sul proprio ruolo egemone in Fi.Ra. spa e dedotto
che il GUP avrebbe escluso ogni richiesta di denaro sua o di Pace ad Angelini,
lamenta che la Corte d'appello non avrebbe adempiuto al peculiare obbligo di
motivazione richiesto per la sentenza d'appello che per prima affermi la
responsabilità penale dell'imputato, con travisamento del punto della richiesta di
denaro da parte di Pace e della valenza probatoria dell'appunto manoscritto
sequestrato a Masciarelli (che inquadrava il fatto in un finanziamento illecito alla
campagna elettorale di Pace, in realtà proveniente da privato e quindi penalmente
irrilevante) e per la riconosciuta assenza di coazione o intimidazione (per la
mancanza di danno derivante dal rifiuto a provvedere alla corresponsione richiesta
da Masciarelli), comunque già ritenuta impossibile in danno di Angelini;
-
2. Violazione e falsa applicazione degli artt. 110 c.p. e 192.2 c.p.p., omessa
motivazione sul dolo di concorso di Trozzi, essendo meramente indiziario il suo
ruolo di ricezione materiale della somma, in sé provata solo dalle dichiarazioni di
Angelini, che sulle modalità della dazione avrebbe reso tre diverse versioni (p. 11
ric.);
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- 3.
Violazione e falsa applicazione degli artt. 318, 319 e 320 c.p. perché ove
collegata alla delibera di dicembre 2014 la richiesta all'Angelini avrebbe dovuto
essere inquadrata come vicenda di corruzione, in una delle sue alternative tipologie,
allo stato tutte prescritte, risultando essersi svolta tra Masciarelli e Angelini una
vera e propria trattativa (con la richiesta di 200.000 euro e la dazione della metà di
tale somma);
- 4.
Violazione e falsa applicazione degli artt. 17 legge n. 102/09, 538 e 539
c.p.p., perché l'esercizio dell'azione risarcitoria per il danno di immagine sarebbe
riservata al p.m. contabile, l'Amministrazione interessata potendo solo intervenire
ad adiuvandum in quella procedura, sicchè il giudice penale potrebbe solo
deliberare condanna generica;
5. Violazione e falsa applicazione degli artt. 185 c.p., 1226, 2056, 2059 cc. e
omessa motivazione sulla quantificazione del danno.
2.2.1
Anche Trozzi ha depositato il 6.11.2014 'memoria' con la quale
eccepisce: la tardività dei ricorsi delle parti civili; la loro inammissibilità in relazione
all'abuso d'ufficio per mancata impugnazione dell'assoluzione in primo grado; la
loro infondatezza in relazione all'art. 319-quater c.p., per inconfigurabilità di un loro
danno patrimoniale immediato e diretto dalla condotta induttiva (impregiudicata la
non liquidabilità del danno all'immagine già eccepita con i motivi originari).
2.3 Le ASL n. 1, 2, 3
e
4,
con due autonomi atti dall'identico contenuto
enunciano motivo di vizi alternativi della motivazione. Lamentano che la Corte
d'appello non avrebbe argomentato le ragioni della ritenuta assenza del loro danno
diretto in relazione al reato di cui al capo 20. E ciò anche contraddittoriamente
avendo invece collocato quella specifica richiesta all'interno dell'argomentato
sistema generale di malaffare, che coinvolgeva i momenti deliberativi e gestionali
del settore della sanità regionale, confermando e rinnovando il condizionamento
arbitrario delle scelte a vantaggi privati con costi, e danni, pubblici, pertanto con il
conseguente danno (anche economico oltre che morale) pure per tutti gli enti
territoriali della struttura sanitaria, in particolare per le ASL 1, 2 e 3, principali
referenti territoriali delle cliniche del gruppo privato.
RAGIONI DELLA DECISIONE
3.
Il ricorso di Pace è infondato, ai limiti dell'inammissibilità, in ordine al reato
di cui al capo 3.
I ricorsi di Pace e Trozzi sono fondati in relazione al capo 20, nei termini che
seguono. Risultano pertanto assorbiti i ricorsi delle parti civili.
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4.
Come prima si è dato conto, la Corte d'appello ha motivato in modo
specifico ed articolato la ritenuta sussistenza del concorso di Pace nel delitto di
abuso d'ufficio, di cui al capo 3. Ciò, a fronte di un'obiettiva mancanza di
motivazione dell'assoluzione in primo grado: il GUP su tale reato è sostanzialmente
ricorso ad una sorta di motivazione implicita, estendendo di fatto (ma senza
neppure esplicitare una consapevole intenzione conforme) le ragioni assolutorie dei
diversi reati associativo e di concussione. Come tuttavia la Corte d'appello ha
evidenziato, lo specifico reato di abuso ha una sua autonomia, rispetto sia al
delineato contesto associativo (caratterizzato anche dalla diretta svendita della
funzione esercitata in cambio pure di personali benefici economici) che alla richiesta
di denaro all'Angelini in concomitanza con la campagna elettorale. Sicchè, allo stato
del processo, non vi è motivazione per l'assoluzione e vi è articolata motivazione
per l'affermazione di responsabilità.
Questo risulta determinante per il rigetto del ricorso. In un contesto nel quale
la Corte d'appello ha preso atto dell'intervenuta prescrizione (che, come tale,
o
assorbe -~ tipo di eventuale vizio della motivazione, senza che una effettiva
motivazione diversa del primo grado possa condurre a privilegiare quest'ultima), il
motivo di ricorso avrebbe dovuto dedurre specificamente le ragioni di evidenza
dell'insussistenza del reato o della sua attribuibilità a Pace, ai sensi dell'art. 129
c.p.p., e quindi (secondo il recente insegnamento di
S.U. sent. 35490/2009,
Tettamanti)
spiegare perché nella fattispecie ci si dovesse limitare a "constatare",
senza necessità di alcun "apprezzamento ulteriore", la manifestazione di una "verità
processuale così chiara ed obiettiva da rendere superflua ogni dimostrazione oltre la
correlazione ad un accertamento immediato".
Il terzo motivo del ricorso in favore di Pace,/ invece, prima incorre in un errore
di diritto (laddove vorrebbe vincolare la cognizione del giudice d'appello all'ambito
dell'argomentazione del motivo di impugnazione, mentre nel giudizio d'appello la
cognizione è delimitata dal punto della decisione 'attaccato' dall'atto di
impugnazione e non dalle contingenti argomentazioni dell'appellante), poi censura
l'apprezzamento della Corte distrettuale sulla sussistenza del dolo di abuso, sorretto
da motivazione tutt'altro che apparente, con censura di stretto merito.
Relativamente a questo capo il ricorso di Pace deve essere rigettato.
5.
Quanto al capo 20 è opportuno muovere dalla constatazione proposta in
discussione da una delle difese. Il processo di primo grado si svolge nella vigenza
del precedente testo dell'art. 317 c.p., la sentenza d'appello 'legge' il fatto dopo la
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'gemmazione' dell'originaria condotta di concussione per costrizione o induzione in
quelle di concussione per costrizione (nuovo art. 317 c.p.) e induzione indebita a
dare o promettere utilità, determinata dalla legge 190/2012. Si aggiunga che la
sentenza d'appello è stata deliberata e motivata prima della sentenza delle Sezioni
unite di questa Corte n. 12228/14 (ud. 24.10.2013 - dep.14.3.2014).
Orbene, la condotta concretamente accertata, oggetto dell'imputazione e
ricostruita concordemente dai due Giudici del merito è l'avere Masciarelli richiesto
ad Angelini la somma di 200.000 euro indicando la ragione della necessità di
contribuire alla rielezione di Pace, ed alla vittoria della sua coalizione,
accompagnando la richiesta con frase del tipo "sta attento che se questi, gli altri,
vincono tu puoi essere morto".
Secondo il GUP (che ha deliberato nella vigenza del precedente testo dell'art.
317 c.p.) sarebbe mancato ogni comportamento compulsivo, da parte di Pace e
Trozzi, e la prospettazione di Masciarelli indicava comunque solo una conseguenza
pregiudizievole del tutto indipendente dalla volontà dei due, risolvendosi in
sollecitazione ad assicurare continuità politica, favorevole allo stesso Angelini.
La Corte d'appello (che effettivamente ha mosso il proprio argomentare da un
assunto incidentale non corrispondente alla realtà, quello secondo cui il GUP
avrebbe dato per accertata la richiesta di Pace ad Angelini, mentre il primo Giudice
ha svolto le proprie considerazioni espressamente prescindendo dal tema se fosse o
meno provata tale richiesta diretta o indiretta di Pace, p. 25 ultimo periodo sent.
primo grado; ma poi ha argomentato in modo autonomo ed articolato il proprio
convincimento sul fatto che Masciarelli avesse agito nella consapevolezza di Pace e
Trozzi, p. 11 della motivazione d'appello) ha condiviso l'apprezzamento di
mancanza di forza coattiva della richiesta ad Angelini, ha affermato che
quantomeno la stessa integrava il delitto di finanziamento illecito, ha poi
argomentato che sussisteva un abuso della posizione/qualità perché Pace era 'forte'
del proprio intervento fattivo nella delibera di cartolarizzazione e che l'induzione si
era caratterizzata nella prospettazione dei vantaggi che Angelini avrebbe potuto
avere se vi fosse stata continuità politica, in un contesto nel quale era stato 'agitato
il bastone' ma era stata 'tesa pure la carota'; in definitiva, approfittando del "clima
generale in cui si innesta la vicenda", della propria posizione e di quanto già
accaduto in favore di Angelini, con iniziativa autonoma e non in esito a trattativa
sulla dazione (non sulla quantificazione di questa) Pace, nella consapevolezza di
Trozzi e tramite Masciarelli, "faceva pressioni sull'Angelini affinché desse denaro ...
al fine evidente di assicurarsi ulteriori appoggi e coperture ... prospettando il rischio
della fine di tutto ciò".
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Orbene, osserva la Corte che i Giudici d'appello hanno essi pure ricostruito il
fatto
non
nei termini di una minaccia che, qualora avessero loro vinto, se Angelini
non avesse dato ora quella somma avrebbe subito delle conseguenze negative nella
prosecuzione della sua attività, anche illecita, dipendente dai confermati
amministratori;
bensì
e comunque nei termini di una richiesta di denaro che
aiutando la migliore e più efficace campagna elettorale del presidente uscente e del
suo partito avrebbe evitato il rischio che, mutata la maggioranza del governo
regionale, la situazione di favore per Angelini potesse oggettivamente venir meno.
Risulta quindi evidente che in tale seconda prospettiva, che è quella comunque
confermata dalla Corte d'appello, il rischio che Angelini correva, e che Masciarelli gli
aveva rappresentato, in nessun modo era 'governabile' da parte di Pace e
Masciarelli.
Così ricostruito il fatto, esso non può essere sussunto nella fattispecie dell'art.
319-quater, mancandone gli elementi costitutivi. Le Sezioni unite di questa Corte
hanno chiarito che, dovendosi escludere le condotte di minaccia, «la tipicità della
fattispecie induttiva è integrata dall'abuso prevaricatore del pubblico agente e dal
fine determinante di un vantaggio indebito dell'extraneus>> (paragrafo 14.5), in un
contesto di «logica negoziale asimmetrica» (par. 19.1). L'abuso della propria
qualità «non può essere desunto dalla particolare qualifica dell'agente, ma deve
concretarsi nella strumentalizzazione da parte del soggetto pubblico di una qualità
effettivamente sussistente per il perseguimento di un fine immediatamente
illecito»; «l'abuso è indicativo dell'esistenza in capo all'agente pubblico di un
diritto all'uso della qualità (o dei poteri), che viene però deviato dalla sua funzione
tipica e si atteggia come contrapposto logico dell'uso così come positivamente
delineato e, in quanto tale, inclusivo di imprescindibili limiti», essendo
componente essenziale e primario della condotta tipica, anche del reato ex art.
319-quater c.p. (par. 10, e 10.1). L'abuso della qualità, infine, oltre a doversi
concretizzare in un Ifacere' deve avere «efficacia psicologicamente motivante per
il soggetto privato» che deve comunque «avvertire la possibile estrinsecazione
dei poteri del pubblico agente, con conseguenze per sé pregiudizievoli o anche
ingiustamente favorevoli» decidendo di aderire per scongiurare le prime o
assicurarsi le seconde.
Proprio la commentata 'non governabilità' della sorte del 'rischio', come in
concreto e solo prospettato da Masciarelli ad Angelini quale ragione ispiratrice della
sua disponibilità a contribuire alla campagna elettorale, da parte di chi quei soldi
chiedeva senza contestualmente minacciare 'rappresaglie' nel caso di propria
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21579/14 RG
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vittoria, finisce allora con l'escludere, strutturalmente, l'invece indispensabile
rapporto indefettibile
A
abuso della qualità strumentalizzata er vantaggio indebito.
Nel processo risulta accertato da entrambi i Giudici del merito ed in definitiva
non contrastato dai ricorsi degli imputati che la dazione della somma di 100.000
euro e la richiesta, inevasa, di ulteriori 100.000 sia avvenuta e in relazione alla
campagna elettorale. Risulta pertanto configurato un fatto di finanziamento a
candidato concretizzato con modalità in violazione alla pertinente disciplina. Non
rileva approfondire il tema della riconducibilità della condotta ad Angelini come
legale rappresentante di società, e quindi dal patrimonio di queste (art. 7.3 legge
195/1974) o come singolo, e quindi dal patrimonio individuale (art.4.7 legge
659/1981), trattandosi di fattispecie entrambe prescritte.
La sentenza impugnata deve pertanto essere annullata senza rinvio
limitatamente al capo 20 (per entrambi gli imputati) perché, riqualificato il fatto nei
termini di cui al dispositivo, il reato è estinto per intervenuta prescrizione.
La riqualificazione comporta anche il venir meno del risarcimento deliberato in
grado di appello in favore della Regione Abruzzo. Risulta assorbente, rispetto al
concorrente profilo della sussistenza di un suo autonomo danno risarcibile per la
violazione delle norme sul finanziamento illecito, la constatazione che l'affermazione
incidentale di responsabilità è stata deliberata quando il reato era già prescritto:
viene quindi meno il presupposto invece indispensabile per l'applicazione dell'art.
578 c.p.p. in questo giudizio di legittimità.
6.
I ricorsi delle parti civili (che sono tempestivi perché inviati per posta nei
termini di legge) risultano assorbiti dalla decisione di riqualificazione giuridica dei
fatti, atteso che nulla potrebbero aver a pretendere le amministrazioni pubbliche del
settore sanitario regionale rispetto alla violazione delle norme per il finanziamento
di partiti e candidati, in relazione a condotte cui esse sono concretamente estranee.
P.Q.M.
Qualificato il fatto di cui al capo 20 come reato di finanziamento illecito a
partito politico, annulla senza rinvio la sentenza impugnata rispetto a questo capo
perché il reato è estinto per prescrizione. Rigetta nel resto il ricorso del Pace.
Rigetta i ricorsi delle parti civili, che condanna al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso in Roma, il 26.11.2014
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