Sentenza Nº 51486 della Corte Suprema di Cassazione, 20-12-2019

Presiding JudgeDI TOMASSI MARIASTEFANIA
ECLIECLI:IT:CASS:2019:51486PEN
Date20 Dicembre 2019
Judgement Number51486
CourtPrima Sezione (Corte Suprema di Cassazione di Italia)
Subject MatterPENALE
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D'APPELLO DI BARI
nel procedimento a carico di:
CAPODIFERRO GAETANO nato a BARI il 11/11/1983
VALENTINI NICOLA nato a BARI il 08/06/1984
avverso la sentenza del 20/06/2018 della CORTE ASSISE APPELLO di BARI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere ANTONIO CAIRO;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore STEFANO TOCCI
che ha concluso chiedendo
A questo punto alle ore 14.25 l'udienza pubblica viene sospesa per completare le
decisioni dei ricorsi di camera di consiglio.
Alle ore15.35 l'udienza pubblica riprende.
udito il difensore
Penale Sent. Sez. 1 Num. 51486 Anno 2019
Presidente: DI TOMASSI MARIASTEFANIA
Relatore: CAIRO ANTONIO
Data Udienza: 09/07/2019
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
RITENUTO IN FATTO
1. Il Giudice per l'udienza preliminare ,del Tribunale di Bari, con sentenza in
data 5/5/2017, dichiarava Capodiferro Gaetano e Valentini Nicola colpevoli
dell'omicidio di Petrone Giuseppe e dei connessi reati di porto e detenzione di
arma da fuoco e li condannava alla pena di anni venti di reclusione ciascuno,
previa unificazione dei fatti ex art. 81 cpv. cod. pen. e riconosciuta la diminuente
del rito abbreviato. La Corte d'assise d'appello di Bari con sentenza in data
20/6/2018, in riforma della decisione anzidetta, assolveva entrambi gli imputati
con formula del non aver commesso il fatto.
1.1. Alle 18:15 del 25/1/2012 giungeva una telefonata presso la sala
operativa della Questura di Bari che segnalava la presenza di un uomo in via
Cozzoli, quartiere San Paolo, attinto da colpi d'arma da fuoco. Si trattava di tale
Petrone Giuseppe che era stato colpito in tre parti del corpo, volgendo le spalle
allo sparatore. Portato presso il locale nosocomio, l'uomo vi giungeva cadavere.
Al delitto aveva assistito Frisari Annamaria, fidanzata della vittima che,
affacciata alla finestra, aveva scorto Petrone dirigersi, come di solito faceva, a
piedi, verso l'abitazione della donna.
Egli, raccontava la teste oculare, era seguito da una persona della sua stessa
altezza (1,90 mt). Accortosi di tanto, si era girato e aveva ripreso il cammino,
allorquando la donna affermava di aver notato che il fidanzato, improvvisamente,
si era accasciato a terra e colui che lo seguiva, si era allontanato.
L'esecutore indossava un cappellino; la Frisari non era in grado di fornire
altri particolari descrittivi.
Strippoli Giacomina, vicina di casa, che era in compagnia del figlio, aveva
udito degli spari e, scambiatone il rumore per quello dei petardi, non aveva dato
peso in immediato. Solo quando aveva avvertito urla provenire dalla strada si era
avveduta di ciò che era accaduto. La teste affermava che la strada era poco
illuminata.
La mancanza di elementi in immediato induceva all'archiviazione del
procedimento.
Impulso all'attività di indagini era stato offerto nell'anno 2013 dalle
dichiarazioni rese dal collaboratore Armenise Sebastiano, affiliato ai Campanale-
Lorusso che,
de relato,
chiamava in reità gli odierni imputati. Indicava il
Capodiferro come mandante e il Valentini come esecutore materiale. Affermava di
aver appreso i fatti da entrambi gli interessati.
La dichiarazione dell'Armenise era riscontrata, secondo il Giudice di merito di
primo grado, con riferimento all'indicazione del mandante e del movente,
attraverso quanto aveva riferito il Laraspata.
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Corte di Cassazione - copia non ufficiale

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