Sentenza Nº 50690 della Corte Suprema di Cassazione, 16-12-2019
Presiding Judge | TARDIO ANGELA |
ECLI | ECLI:IT:CASS:2019:50690PEN |
Date | 16 Dicembre 2019 |
Judgement Number | 50690 |
Court | Prima Sezione (Corte Suprema di Cassazione di Italia) |
Subject Matter | PENALE |
SENTENZA
Sul ricorso da:
1)
Lombardi Pasquale,
nato il 12/10/1956;
2)
Islami Renato,
nato il 10/04/1975;
3)
Memaj Enrik,
nato 1'08/06/1986;
Avverso l'ordinanza emessa il 21/06/2019 dal Tribunale del riesame di
Roma;
Sentita la relazione del Consigliere dott. Alessandro Centonze;
Sentite le conclusioni del Sostituto Procuratore generale dott. Sante Spinaci,
che ha chiesto il rigetto dei ricorsi;
Sentiti per i ricorrenti:
l'avv. Fabrizio Merluzzi, per Pasquale Lombardi, che ha chiesto
l'accoglimento del ricorso;
l'avv. Marco Cinquegrana, per Renato Islami, che ha chiesto l'accoglimento
del ricorso;
l'avv. Stefano Maranella, per Enrik Memaj, che ha chiesto l'accoglimento del
ricorso;
Penale Sent. Sez. 1 Num. 50690 Anno 2019
Presidente: TARDIO ANGELA
Relatore: CENTONZE ALESSANDRO
Data Udienza: 25/10/2019
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza emessa il 21/06/2019 il Tribunale del riesame di Roma
confermava l'ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Giudice per le
indagini preliminari del Tribunale di Roma 1'08/05/2019 nei confronti di Pasquale
Lombardi, Renato Islami ed Enrik Memaj.
Occorre premettere che il provvedimento cautelare genetico veniva adottato
dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma nel contesto di una
più ampia attività d'indagine, che riguardava la sfera di operatività e le attività
delittuose commesse dal clan Fragalà, capeggiato da Alessandro Fragalà,
nell'area di Roma e nei centri di Pomezia, Torvajanica, Ardea e Tor San Lorenzo,
a partire dal 2009.
Tali complesse indagini, che riguardavano un elevato numero di indagati,
consentivano di accertare che il clan Fragalà operava secondo il modello
prefigurato dall'art. 416-bis cod. pen. - essendo dimostrati il metodo mafioso, la
forza intimidatrice e il vincolo di omertà, attraverso cui il sodalizio si era imposto
sul territorio - e traeva origine da una precedente consorteria mafiosa, ormai
disciolta, attiva nella stessa area laziale dall'inizio degli anni Ottanta al 1995. Si
accertava, inoltre, che, fin dalla sua costituzione la consorteria mafiosa in esame
operava in stretto collegamento con il clan Santapaola-Ercolano di Catania, dal
cui ambito consortile proveniva Alessandro Fragalà.
In questa cornice, all'indagato Pasquale Lombardi si contestava il reato-fine
di cui al capo 3 della rubrica, oltre al capo 9 che qui non rileva; all'indagato
Renato Islami si contestavano i reati-fine di cui ai capi 22 e 23 della rubrica;
all'indagato Enrik Memaj si contestava il reato-fine di cui al capo 23.
Quanto, in particolare, alla posizione di Pasquale Lombardi, il Tribunale del
riesame di Roma riteneva sussistenti i gravi indizi di colpevolezza del reato
ascrittogli al capo 3 sulla base delle intercettazioni ambientali eseguite nel corso
delle indagini preliminari nei confronti di alcuni componenti del clan Fragalà. Da
tale compendio indiziario emergeva che il ricorrente gravitava nell'organizzazione
mafiosa in esame, nel cui contesto operava, d'intesa con i vertici consortili, nel
settore delle estorsioni.
Anche per la posizione di Renato Islami ed Enrik Memaj il Tribunale del
riesame di Roma riteneva sussistenti i gravi indizi di colpevolezza dei reati-fine
rispettivamente ascrittigli ai capi 22 e 23 quanto al primo e al capo 23 quanto al
secondo, sulla base delle intercettazioni ambientali eseguite nel corso delle
indagini preliminari nei confronti di alcuni componenti del clan Fragalà. Da tale
compendio indiziario emergeva che entrambi i ricorrenti gravitavano nel sodalizio
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Corte di Cassazione - copia non ufficiale
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