Sentenza Nº 49621 della Corte Suprema di Cassazione, 28-11-2014

Presiding JudgeFIALE ALDO
ECLIECLI:IT:CASS:2014:49621PEN
Date28 Novembre 2014
Judgement Number49621
CourtTerza Sezione (Corte Suprema di Cassazione di Italia)
Subject MatterPENALE
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D'APPELLO DI
BOLOGNA
nei confronti di:
BORGHETTI PIERO N. IL 01/05/1947
TURRONI FEDERICO N. IL 21/09/1943
ANTONIACCI EMANUELA N. IL 25/12/1955
UN ZHOULAN N. IL 01/01/1972
QIU ZHONGMIN N. IL 16/08/1972
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avverso la sentenza n. 924/2012 TRIB SEZ.DIST. di CESENA, del
11/04/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 24/09/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. LORENZO ORILIA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
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Penale Sent. Sez. 3 Num. 49621 Anno 2014
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: ORILIA LORENZO
Data Udienza: 24/09/2014
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
RITENUTO IN FATTO
1.
Il Tribunale di Forlì, sez. distaccata di Cesena, con sentenza 11.4.2013 ha
assolto Borghetti Piero, Turroni Federico, Lin Zhoulan e Qiu Zhongmin dal reato di cui
al capo A (concorso in esecuzione di opere edilizie confacenti un cambio di
destinazione d'uso, contestato ai primi quattro rispettivamente in qualità di
proprietario, committente formale e committenti di fatto: art. 44 lett. b DPR n.
380/2001) ed ha assolto l'architetto Antoniacci Emanuela dal reato di cui al capo B
(concorso nella medesima contravvenzione ex art. 40 cp) ad essa contestato in
qualità di dirigente del Settore Sviluppo Produttivo e Residenziale del Comune di
Cesena.
Secondo il Tribunale romagnolo, gli interventi realizzati nell'immobile sito in
Cesena alla via Emilia Levante 1665 - finalizzati ad adibirlo ad attività di ristorazione
- non richiedevano il permesso di costruire, trattandosi in parte di interventi di
ristrutturazione edilizia anche con modifica di destinazione d'uso, soggetti a DIA (in
base alla legislazione regionale richiamata dall'art. 10 del DPR n. 380/2010) e in
parte di interventi di edilizia libera soggetti a mera comunicazione di inizio lavori
(demolizione pareti, realizzazione di altre in cartongesso, impianti, pose di cavi e
tubazioni, controsoffittature, tamponamenti di porte e apertura di varco).
Il Tribunale ha ravvisato inoltre l'irrilevanza penale degli interventi riscontrati al
primo piano (pareti in cartongesso, presenza di mobili e arredi) richiamando al
riguardo l'art. 26 comma 6 della legge regionale n. 31/2002 secondo cui non
costituisce mutamento d'uso ed attuato liberamente il cambio dell'uso in atto
nell'unità immobiliare nel limite del 30 per cento della superficie utile dell'unità
stessa.
Sulla scorta di tali considerazioni, il Tribunale ha ritenuto esente da
responsabilità anche il funzionario del Comune di Cesena per avere correttamente
operato nell'ambito delle proprie competenze.
2.
Ricorre direttamente per cassazione il Pubblico Ministero rilevando che
secondo la giurisprudenza il mutamento di destinazione urbanistica eseguito
mediante esecuzione di opere è assoggettato a regime permissorio e richiama gli
artt. 10 e 3 del DPR n. 380/2001 di cui trascrive integralmente il contenuto.
Richiama poi gli artt. 8 e 12 della legge regionale n. 32 e rileva infine che l'art. 26
della citata legge regionale - citato in sentenza e di cui pure trascrive integralmente
il contenuto - non riguarda la fattispecie concreta perché il comma 6 consente la
libera attuazione del cambio dell'uso di un'unità immobiliare entro il limite del 30%
della superficie utile dell'unità, limite che nel caso di specie risulta ampiamente
travalicato.
3.
E' pervenuta una memoria difensiva nell'interesse dell'Antoniacci con allegata
documentazione amministrativa con cui si deduce la correttezza della decisione
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Corte di Cassazione - copia non ufficiale
impugnata in considerazione della liceità della condotta del funzionario, che ha
trovato conferma anche nel parere regionale allegato: si conclude pertanto per il
rigetto dell'impugnazione.
Anche il difensore del Turroni ha depositato una memoria difensiva con cui
insiste per il rigetto dell'impugnazione del Pubblico Ministero.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.
Il ricorso è inammissibile per difetto di specificità dei motivi (artt. 581 lett. c e
591 lett. c cpp).
Il D.P.R. n. 390 del 2001, art. 3, comma 1, lett. d), - così come modificato dal
d.lgs. 27 dicembre 2002, n. 301 - definisce interventi di ristrutturazione edilizia quelli
"rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere
che possono portare ad un organismo in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali
interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi
dell'edificio, l'eliminazione, la modifica e l'inserimento di nuovi elementi ed impianti".
Come già rilevato da questa Corte (cfr. Sez. 3, Sentenza n. 9894 del
20/01/2009 Cc. dep. 05/03/2009 Rv. 243100), la ristrutturazione edilizia non è
pertanto vincolata al rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell'edificio
esistente e differisce sia dalla manutenzione straordinaria (che non può comportare
aumento della superficie utile o del numero delle unità immobiliari, ne' modifica della
sagoma o mutamento della destinazione d'uso) sia dal restauro e risanamento
conservativo (che non può modificare in modo sostanziale l'assetto edilizio
preesistente e consente soltanto variazioni d'uso "compatibili" con l'edificio
conservato).
La stessa attività di ristrutturazione, del resto, può attuarsi attraverso una serie
di interventi che, singolarmente considerati, ben potrebbero ricondursi agli altri tipi
dianzi enunciati. L'elemento caratterizzante, però, è la connessione finalistica delle
opere eseguite, che non devono essere riguardate partitamente ma valutate nel loro
complesso al fine di individuare se esse siano o meno rivolte al recupero edilizio dello
spazio attraverso la realizzazione di un edificio in tutto o in parte nuovo.
Il D.P.R. n. 380 del 2001, art. 10, comma 1, lett. c), come modificato dal D.Lgs.
n. 301 del 2002, assoggetta a permesso di costruire quegli interventi di
ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte
diverso dal precedente, che comportino aumento di unità immobiliari, modifiche del
volume, della sagoma, dei prospetti o delle superfici, ovvero si connettano a
mutamenti di destinazione d'uso, limitatamente agli immobili compresi nelle zone
omogenee A.
Il D.P.R. n. 380 del 2001, art. 22, comma 3, lett. a), come modificato dal D.Lgs.
n. 301 del 2002, prevede, però, che - a scelta dell'interessato ed in alternativa al
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permesso di costruire - gli interventi di cui all'ad 10, comma 1, lett. c), possono
essere realizzati anche in base a semplice denunzia di inizio attività.
2.
Nel caso di specie, il giudice di merito ha accertato che gli interventi realizzati
(ed in narrativa riportati) integrano una mera ristrutturazione edilizia richiamando il
disposto dell'art. 3 comma 1 lett. d) del DPR n. 380/2001 e la normativa regionale
sulla sottoposizione dei suddetti interventi a semplice DIA
Orbene, il ricorso avrebbe dovuto indicare, nel rispetto del principio di specificità
dei motivi (art. 581 lett. c cpp) quali fossero i punti della sentenza inficiati da errori
di diritto e quali fossero detti errori mentre invece si è limitato ad una trascrizione
integrale dei capi di imputazione, della sentenza impugnata e di alcune disposizioni
normative nazionali e regionali per poi desumere
sic et simpliciter
che il tipo di
intervento posto in essere esigeva il permesso di costruire senza svolgere alcuna
critica ragionata alle argomentazioni che il Tribunale aveva utilizzato per pervenire a
conclusioni opposte.
Né è consentito al Collegio di procedere autonomamente alla ricerca degli errori
di diritto commessi dal Tribunale, perché, come dispone l'art. 609 comma 1 cpp, il
ricorso attribuisce alla Corte di Cassazione la cognizione del procedimento
limitatamente ai motivi proposti.
Inoltre, il ricorrente con riferimento all'art. 26 comma 6 della legge regionale n.
31/2002 - richiamato dal Tribunale per escludere il mutamento d'uso nel caso di
specie - ha dato per scontato che fosse stato travalicato il limite del 30% della
superficie utile o comunque di 30 mq (limite entro cui il legislatore regionale
consente liberamente il cambio dell'uso).
Le esposte considerazioni portano all'inammissibilità dell'impugnazione e
rendono superflua ogni considerazione sui temi sollevati con la memoria difensiva
dell'arch. Antonacci in ordine della conformità del proprio operato alla legislazione
statale e regionale.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso del Pubblico Ministero.
Così deciso in Roma il 24.9.2014.
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