Sentenza Nº 48705 della Corte Suprema di Cassazione, 24-11-2014

Presiding JudgeFERRUA GIULIANA
ECLIECLI:IT:CASS:2014:48705PEN
Judgement Number48705
Date24 Novembre 2014
CourtQuinta Sezione (Corte Suprema di Cassazione di Italia)
Subject MatterPENALE
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
FRANZONI GIANNINO N. IL 11/04/1942
avverso la sentenza n. 1983/2011 CORTE APPELLO di BOLOGNA,
del 23/04/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 24/09/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MARIA VESSICHELLI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per
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Udito, per la parte civile, l'Avv
Udit i difensor Avv.
Penale Sent. Sez. 5 Num. 48705 Anno 2014
Presidente: FERRUA GIULIANA
Relatore: VESSICHELLI MARIA
Data Udienza: 24/09/2014
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
Fatto e diritto
Propone ricorso per cassazione Franzoni Giannino, avverso la sentenza della Corte d'appello di
Bologna in data 23 aprile 2013, con la quale è stata confermata quella di primo grado, di
condanna in ordine al reato di bancarotta semplice, relativa al fallimento della S.r.l. S.A.G.
Società agricola generale, dichiarato il 22 maggio 2006.
L'imputato è stato ritenuto responsabile di aver omesso la tenuta, dal 31 dicembre 2002 alla
data del fallimento, delle scritture contabili prescritte dalla legge.
In ragione della ritenuta recidiva, specifica e infra quinquennale, il termine di prescrizione
relativo, pari a nove anni, è destinato a maturare non prima del maggio 2015.
L'imputato è stato condannato alla pena di sei mesi di reclusione oltre alle pene accessorie.
Deduce il vizio della motivazione, posto che l'incertezza del materiale probatorio avrebbe
dovuto indurre giudici dell'appello al proscioglimento quantomeno ai sensi dell'articolo 530
comma due c.p. p.
Sostiene, il difensore impugnante, che i giudici di secondo grado non avrebbero considerato le
reali dimensioni dell'impresa e la possibilità che l'imputato, divenuto amministratore della
società citata il 28 agosto 2001, fosse un piccolo imprenditore non soggetto all'obbligo delle
scritture.
In secondo luogo non era stato considerato che l'imputato era stato preceduto, nel ruolo di
amministratore, da altri soggetti i cui comportamenti colpevoli erano stati oggetto di un
separato accertamento fiscale, che aveva avuto riguardo anche alla tenuta delle scritture
contabili, ad opera della Guardia di Finanza di Mantova.
In terzo luogo si sarebbe dovuto considerare che dal 2003 l'attività della società era
probabilmente cessata e che, fino a tale data, era stata posta in essere un'attività di
commercio di animali.
Il ricorrente lamenta poi il mancato rispetto della giurisprudenza di legittimità (vedi sent.
cass.n. 17426 del 2007) che pretende la specificazione delle scritture cui si riferiscono gli
addebiti, unitamente alle ragioni della necessità della loro istituzione.
Infine il difensore rileva che bancarotta semplice persegue una condotta colposa riguardante la
tenuta delle scritture, limitatamente al triennio antecedente la dichiarazione di fallimento.
Il ricorso è infondato e deve essere rigettato .
Occorre rilevare in premessa, quanto alla iniziale critica che concerne la mancata
considerazione delle dimensioni dell'impresa e della eventuale qualità di piccolo imprenditore
dell'imputato, che si tratta di censure non proposte al giudice dell'appello e pertanto precluse
nel ricorso per cassazione.
Nel merito, è appena il caso di ricordare che, comunque, anche le Sezioni unite di questa Corte
hanno sottolineato come la qualità di imprenditore soggetto a fallimento, già accertata con
sentenza del Tribunale, non può essere posta in discussione nella sede penale, dal momento
che essa non costituisce una questione pregiudiziale soggetta ad accertamento incidentale ma
il presupposto di fatto del reato di bancarotta, devoluto all'accertamento del giudice civile e
soggetta alle sole impugnazioni, nella apposita sede, previste per la sentenza in questione
(Sez. U, Sentenza n. 19601 del 28/02/2008 Ud. (dep. 15/05/2008 ) Rv. 239398).
Per quanto concerne le ulteriori censure, va considerato che non se ne apprezza in concreto la
rilevanza dal momento che la sentenza di primo grado aveva già individuato chiaramente le
scritture non regolarmente tenute, indicandole, come ribadito dal giudice dell'appello, nel libro
degli inventari successivi al 31 dicembre 2001 e nei bilanci relativi al periodo 2002-2005 ( v.
terzultima pagina): archi temporali , come è evidente, compresi nel periodo di vigenza della
carica di amministratore in capo al ricorrente.
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Corte di Cassazione - copia non ufficiale
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
Così deciso in Roma il 24 settembre 2014
il Presidente
Ancora, con riferimento ai primi, è stato ribadito che si trattava di scritture non annotate,
esaminate dal curatore quando ancora si trovavano in sequestro, su disposizione della Guardia
di Finanza che procedeva per frodi fiscali: scritture che dovevano essere invece tenute, dal
momento che la società risulta aver operato per un tempo apprezzabile anche nella vigenza
della carica dell'imputato.
La sola doglianza condivisibile potrebbe essere piuttosto quella che riguarda la inadeguata
valorizzazione della rilevanza, agli effetti del reato di cui all'articolo 217 legge fallimentare, del
solo triennio antecedente la dichiarazione di fallimento e quindi della condotta da tenuta a
partire dal maggio 2003.
Si tratta tuttavia di critica priva di conseguenze concrete per l'imputato.
Invero, costituisce attestazione di fatto, contenuta nella sentenza, quella secondo cui la
società avrebbe cessato di operare nel 2004 e la contraria tesi dell'imputato, secondo cui tale
cessazione risalirebbe invece al 2003, è rappresentata nel ricorso come elemento storico e
come tale non è apprezzabile dalla Cassazione.
A ciò va aggiunto che, secondo la giurisprudenza di questa Corte (Sez. 5, Sentenza n. 20911
del 19/04/2011 Ud. (dep. 25/05/2011 ) Rv. 250407; conformi: N. 4727 del 2000 Rv. 215985,
N. 35168 del 2005 Rv. 232572, N. 15516 del 2011 Rv. 250086) il delitto di bancarotta
semplice è reato di pericolo presunto che, mirando ad evitare che sussistano ostacoli alla
attività di ricostruzione del patrimonio aziendale e dei movimenti che lo hanno costituito,
persegue la finalità di consentire ai creditori l'esatta conoscenza della consistenza patrimoniale,
sulla quale possano soddisfarsi. Pertanto, la fattispecie incriminatrice - consistendo nel mero
inadempimento di un precetto formale (il comportamento imposto all'imprenditore dall'art.
2214 cod. civ.) - integra un reato di mera condotta, che si realizza anche quando non si
verifichi, in concreto, danno per i creditori.
L'obbligo di tenere le scritture contabili non viene meno, d'altro canto, se l'azienda non abbia
formalmente cessato l'attività, anche se manchino passività insolute, ma viene meno solo
quando la cessazione dell'attività commerciale sia formalizzata con la cancellazione dal registro
delle imprese.
Ciò posto, anche riconoscendosi che la condotta penalmente contestabile e addebitabile ex art.
217 I. fall. è soltanto quella della omessa tenuta del libro degli inventari dal maggio 2003 al
fallimento e del ricordato mancato deposito dei bilanci, la valutazione di analogo
comportamento anche per i mesi antecedenti alla data indicata non incide negativamente sulla
configurabilità del reato ascritto mentre dispiega regolarmente i propri effetti ai fini della
valutazione della eventuale gravità della condotta e del trattamento sanzionatorio
PQM
I
Corte di Cassazione - copia non ufficiale

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