Sentenza Nº 48667 della Corte Suprema di Cassazione, 29-11-2019

Presiding JudgeIASILLO ADRIANO
ECLIECLI:IT:CASS:2019:48667PEN
Date29 Novembre 2019
Judgement Number48667
CourtPrima Sezione (Corte Suprema di Cassazione di Italia)
Subject MatterPENALE
SENTENZA
sul ricorso proposto da
D'Agostino Giuseppe, nato ad Ardore (RC)
il
3/4/1943,
Mancuso Giuseppe Salvatore, nato a Vibo Valentia in data 22/2/1989,
Gisana Valentino, nato a Siracusa
il
19/3/1973,
Romanello Angelo, nato a Siderno in data 12/1/1973,
Cavalletto Marco, nato a Candia Canavese
il
29/9/1976;
avverso la sentenza della Corte di assise
di
appello di Milano in data 13/7/2017;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Carlo Renoldi;
udito il Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale,
Giuseppina Casella, che ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi di D'Agostino,
Mancuso e Gisana e la declaratoria di inammissibilità dei ricorsi
di Romanello
e
Cavalletto;
udito, per Giuseppe D'Agostino, l'avv. Paolo Greco, per Valentino Gisana, l'avv.
Michele Apicella i quali
si
sono riportati
ai motivi
di ricorso; nonché, per Giuseppe
Salvatore Mancuso, l'avv. Valerio Spigarelli, per Angelo Romanello e Marco
Cavalletto, l'avv. Giuseppe lemma, che hanno concluso chiedendo l'accoglimento
dei rispettivi ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 29/6/2015, la Corte di assise di appello di Milano
si
pronunciò
in
parziale riforma delle due sentenze emesse in sede di giudizio
abbreviato in data 28/1/2014
(n.
6032/13 RGGIP e n. 12785/13 RGGIP) con cui
Penale Sent. Sez. 1 Num. 48667 Anno 2019
Presidente: IASILLO ADRIANO
Relatore: RENOLDI CARLO
Data Udienza: 29/05/2019
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
il Giudice dell'udienza preliminare del medesimo Tribunale aveva condannato, tra
gli altri, Giuseppe D'Agostino, Giuseppe Salvatore Mancuso, Valentino Gisana,
Angelo Romanello e Marco Cavalletto alle pene ritenute di giustizia, in relazione a
una serie di reati in materia di associazione per delinquere di stampo mafioso,
violazione della legge sulle armi, scambio elettorale politico-mafioso, corruzione
aggravata, tentata estorsione aggravata, sequestro di persona a scopo di
estorsione, estorsione aggravata, riciclaggio, falso di cui ai numerosi capi
d'imputazione, oltre al risarcimento dei danni derivanti da reato in favore delle
costituite parti civili. Con lo stesso provvedimento, la Corte milanese assolse
Giuseppe Salvatore Mancuso dal reato ascrittogli nel capo n. 13) dell'imputazione
(sequestro di persona a scopo di estorsione), per non aver commesso il fatto; e
rideterminò, in senso più favorevole a D'Aqostino, la pena allo stesso irrogata in
primo grado, dopo aver riqualificato la sua partecipazione all'associazione per
delinquere di cui al capo n. 1) in termini di semplice concorso esterno,
confermando, nel resto, le sentenze impugnate.
A seguito di ricorso per cassazione proposto dal Procuratore generale
territoriale, con sentenza in data 13/10/2016, la Quinta sezione della Suprema
Corte, in accoglimento dell'impugnazione, annullò la sentenza impugnata con
riferimento agli imputati D'Agostino e Mancuso, con rinvio, per nuovo esame, ad
altra sezione della Corte di assise di appello di Milano, nonché, in relazione agli
imputati Cavalletto, Romanello e Gisana, limitatamente al trattamento
sanzionatorío, con rinvio, per nuovo esame sul punto, alla stessa diversa sezione
della Corte di assise di appello di Milano, rigettando, nel resto, i relativi ricorsi.
2. All'esito del relativo giudizio rescissorio, con sentenza in data 13/7/2017,
la Corte di assise di appello di Milano confermò le due sentenze del Giudice
dell'udienza preliminare del Tribunale di Milano in data 29/1/2014.
2.1. In particolare, per quanto riguarda la posizione di Mancuso, la sua
responsabilità fu affermata in relazione al c.d. «sequestro lampo di persona»
consumato, per alcune ore, dalle 18,35 alle 21,44, del giorno 8/4/2011, in danno
di Mauro Galanti (e originariamente programmato anche in danno di Gioacchino
Albanese), per avere costoro trattato la vendita di diamanti sintetici spacciandoli
come autentici in uno dei negozi "Compro Oro" gestiti da Eugenio Costantino,
ignorando che il titolare era un mafioso del
clan
capeggiato da Sabatino Di Grillo.
Sequestro che, dunque, aveva uno scopo punitivo, di "ristoro" del danno
economico patito da Costantino, di ritorsione per l'onta subita "dai calabresi", di
"reclutamento" per il futuro dei due truffatori affinché il profitto delle loro frodi
confluisse nelle casse del gruppo criminale di riferimento; sequestro organizzato
per la sera del giorno precedente, il 7 aprile, e tuttavia non verificatosi perché,
inopinatamente, i due "spacciatori di falsi diamanti" non si erano presentati.
Sequestro che, si annota incidentalmente, era stato documentato, nelle sue varie
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