Sentenza Nº 48099 della Corte Suprema di Cassazione, 26-11-2019

Presiding JudgePETRUZZELLIS ANNA
ECLIECLI:IT:CASS:2019:48099PEN
Date26 Novembre 2019
Judgement Number48099
CourtSesta Sezione (Corte Suprema di Cassazione di Italia)
Subject MatterPENALE
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
1.
Buonerba Giuseppe, nato a Napoli il 02/09/1979
2.
Buonerba Maria, nata a Napoli il 01/01/1988
3.
Manna Andrea, nata a Napoli il 18/04/1977
4.
Rubino Vincenzo, nato a Napoli il 28/07/1993
5.
Sequino Salvatore, nato a Napoli il 14/02/1974
6.
Sibillo Emilia, nata a Napoli il 02/11/1978
avverso la sentenza del 29/03/2018 della Corte di Appello di Napoli
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Riccardo Amoroso;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Marco
Dall'Olio, che ha concluso chiedendo l'annullamento con rinvio per Buonerba
Maria ai fini della determinazione della pena, con declaratoria di irrevocabilità
della responsabilità ed inammissibilità nel resto anche per tutti gli altri ricorsi.
uditi l'avvocato Andrea Imperato, in difesa di Manna Andrea e Sequino
Penale Sent. Sez. 6 Num. 48099 Anno 2019
Presidente: PETRUZZELLIS ANNA
Relatore: AMOROSO RICCARDO
Data Udienza: 08/10/2019
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
Salvatore, che chiede l'accoglimento dei motivi di ricorso, e l'avvocato Daniele
Camerota, in difesa della parte civile S.O.S. Impresa Napoli, che conclude per
l'inammissibilità dei ricorsi e la condanna alle spese di costituzione e difesa
come da nota spese che deposita.
RITENUTO IN FATTO
1. Con il provvedimento in epigrafe, la Corte d'Appello di Napoli ha confermato
la sentenza del 28/10/2016 con la quale il Gup del Tribunale di Napoli ha
condannato i ricorrenti Buonerba Giuseppe, Manna Andrea, Rubino Vincenzo,
Sibili° Emilia e Sequino Salvatore alle pene ritenute di giustizia, per il reato di cui
all'art. 416-bis cod. pen, loro ascritto ai capi A e Al, nonché Sibillo Emilia anche
per il reato di porto e detenzione di un'arma da fuoco di cui al capo B2 correlato
all'omicidio di D'Alpino Salvatore ed al tentato omicidio di Caldarelli Sabatino del
30 luglio 2015, ascritto ad altri coimputati non ricorrenti, e Rubino Vincenzo per i
reati di tentato omicidio in danno di Memoli Giuseppe, derubricato nel reato di
lesioni, ascritto al capo C, e dei connessi reati di evasione e detenzione e porto di
armi da fuoco, ascrittigli ai capi Cl e C2, tutti commessi in data 9 agosto 2015,
e la ricorrente Buonerba Maria per il reato di detenzione di materiale esplosivo e
di detenzione a fine di spaccio di sostanza stupefacente del tipo hashish e
cocaina del 7/10/2015, ascrittile ai capi G e H.
Più precisamente, gli imputati Buonerba Giuseppe, Manna Andrea, Rubino
Vincenzo e Sibili° Emilia sono stati ritenuti responsabili, i primi due in qualità di
organizzatori e capi, gli altri di partecipi, di un'associazione per delinquere di
stampo camorristico, operante in Napoli, nelle zone di Forcella-Maddalena-
Tribunali, finalizzata al controllo delle attività criminali attraverso la
contrapposizione armata con altre organizzazioni criminose antagoniste,
attraverso omicidi, ferimenti ed azioni dimostrative con l'uso di armi, con
l'aggravante per tutti di essere l'associazione armata, in Napoli dal giugno 2015
con condotta perdurante.
Il ricorrente Sequino Salvatore è stato ritenuto responsabile del reato di
associazione per delinquere di stampo mafioso, previa derubricazione del reato
di concorso esterno di cui agli artt. 110,416-bis cod. pen. ascritto al capo Al,
con il ruolo di capo di un gruppo camorristico autonomo ma confederato con il
gruppo camorristico dei Buonerba, cui forniva appoggio logistico e militare.
Infine, i predetti ricorrenti, diversi da Buonerba Maria, previa conferma delle
statuizioni civili, sono stati altresì condannati al pagamento delle spese del grado
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di appello in favore delle parti civili costituite SOS Impresa Napoli, Associazione
Napoli Centro per la Legalità e Comune di Napoli.
2.
Nell'interesse di Buonerba Giuseppe, ha proposto ricorso, il suo difensore di
fiducia, l'avvocato Leopoldo Perrone, deducendo i motivi di censura di seguito
indicati.
Ha, altresì, proposto personalmente ricorso anche l'imputato con atto inoltrato
tramite la Casa di reclusione di Spoleto in data 29/10/2018, come tale
inammissibile dovendo il ricorso per cassazione necessariamente essere
sottoscritto da difensore iscritto nell'Albo speciale della corte ex art. 613 cod.
proc. pen. come modificato dall'art.1, comma 55, legge n. 103 del 2017.
- Ricorso dell'avv. Perrone -
2.1.
Violazione di legge e vizio della motivazione in relazione al reato di cui
all'art. 416-bis cod. pen., per avere la sentenza di appello aderito acriticamente
alla ricostruzione del fatto operata dalla sentenza di primo grado, nel ritenere
provato il ruolo attivo di capo svolto dal ricorrente mentre era detenuto in
carcere, attraverso la reggenza del clan affidata al fratello minore Buonerba
Gennaro e Manna Andrea, senza apprezzare il carattere millantatori° del ruolo
attribuito al Buonerba Giuseppe da parte del fratello, Gennaro Buonerba, per
accreditarsi un proprio ruolo al comando del gruppo a seguito dei contrasti
intercorsi con Manna Andrea.
Si rileva, al riguardo, che è stato confuso il carisma criminale del ricorrente
detenuto in carcere, con l'esercizio di un effettivo ed attuale potere di direzione
e controllo del gruppo, in difetto di sequestri di missive inviate dal carcere e di
colloqui con la moglie Sibillo Emilia che potessero riscontrare l'assunto
accusatorio, con il conseguente travisamento delle prove acquisite fondate sul
contenuto di intercettazioni che contraddicono la sottoposizione di Manna Andrea
alle decisioni di Buonerba Giuseppe e che renderebbero evidente come Buonerba
Gennaro avrebbe solo millantato l'intervento del fratello detenuto, considerato il
fondatore del gruppo, attraverso il riferimento ad una lettera scritta ed
indirizzata al predetto fratello di cui non vi è però alcuna traccia nelle risultanze
delle indagini.
Analogo travisamento viene poi ravvisato nella interpretazione del colloquio in
carcere intercorso tra altro affiliato detenuto a seguito del suo arresto per
estorsione, Criscuolo Salvatore, con il padre Luigi Criscuolo, in cui nuovamente
viene fatto riferimento ad una intenzione del predetto detenuto di scrivere a
Buonerba Giuseppe per lamentarsi per il mancato sostegno economico da parte
del suo gruppo, senza alcuna certezza che questa missiva sia stata mai scritta.
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