Sentenza Nº 47556 della Corte Suprema di Cassazione, 29-11-2013

Presiding JudgeMILO NICOLA
ECLIECLI:IT:CASS:2013:47556PEN
Date29 Novembre 2013
Judgement Number47556
CourtSesta Sezione (Corte Suprema di Cassazione di Italia)
Subject MatterPENALE
SENTENZA
sul
ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE DI APPELLO DI PALERMO
Nel procedimento a carico di AVANTI MARIA GIOVANNA N. 21/10/1956
avverso l'ordinanza n. 36/2013 del 10/7/2013 della CORTE DI APPELLO DI
PALERMO che accoglieva la richiesta di ricusazione del GUP Lorenzo Matassa
visti gli atti, l'ordinanza ed il ricorso
udita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERLUIGI DI STEFANO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. OSCAR CEDRANGOLO che
ha concluso chiedendo la trattazione del procedimento nelle forme di cui all'art.
611 cod. proc. pen..
Udito il difensore di Avanti Maria Giovanna avv. RAFFAELE BONSIGNORE che
ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.
La Corte di Appello di Palermo con ordinanza del 10 luglio 2013
accoglieva l'istanza di ricusazione proposta dall'imputata Avanti Maria Giovanna
nei confronti del gup del Tribunale di Palermo Lorenzo Matassa che, nel corso
dell'audizione di un teste, aveva manifestato indebitamente il proprio
convincimento sui fatti oggetto dell'imputazione interrompendo la audizione di
una testimone ritenendo la falsità delle dichiarazioni che costei stava rendendo,
non consentendo il controesame da parte della difesa.
2.
Secondo la Corte "... La
scelta del giudice di interrompere la disposta
audizione della teste Lopes è stata irrituale e lesiva dei principi del giusto
processo"
poiché le dichiarazioni indizianti che, ai sensi dell'art. 63 comma 1°
cod. proc. pen., consentono di interrompere la audizione del testimone sono
soltanto quelle rese
Penale Sent. Sez. 6 Num. 47556 Anno 2013
Presidente: MILO NICOLA
Relatore: DI STEFANO PIERLUIGI
Data Udienza: 16/10/2013
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
.
c
circostanze indicative della sua possibile responsabilità penale, non invece quelle
con le quali il soggetto realizzi il reato di calunnia od altri reati. Quindi il giudice
procedente nell'interrompere l'esame ritenendo configurabile la falsa
testimonianza, aveva anticipato una valutazione sul merito della res iudicanda
dando per scontato che le successive dichiarazioni della testimone avrebbero
costituito reato di falsa testimonianza. A sostegno di tale tesi richiama la
giurisprudenza della Corte Costituzionale che ha affermato che costituisce motivo
di indebita anticipazione del giudizio la trasmissione al pubblico ministero dei
verbali di dichiarazioni di testimoni ritenendole false prima della conclusione del
dibattimento.
3.
In conclusione, la regola affermata dalla Corte di Appello è che la
condotta di indebita interruzione dell'audizione del testimone disposta dal giudice
senza consentire il pieno contraddittorio e l'esercizio delle attività della difesa,
motivando tale interruzione sul presupposto che il teste possa subire la
incriminazione per falsa testimonianza, costituisce la causa di ricusazione di cui
all'articolo 37 primo comma lettera b) cod. proc. pen.
4.
Propone ricorso avverso tale ordinanza il procuratore generale presso
la Corte di Appello di Palermo osservando che, nel caso di specie, il giudice ha
semplicemente rimandato l'esame del teste ad altra udienza per riconoscergli le
garanzie difensive di cui all'articolo 63 cod. proc. pen. . Osserva, inoltre, che
comunque non ricorre l'ipotesi di indebita anticipazione del convincimento
sull'oggetto del processo non essendo tale una qualsiasi valutazione compiuta
nel corso del procedimento. La condizione che comporta la sussistenza di
ricusazione è il prendere posizione al di fuori della sede processuale ed al di fuori
A
dei compiti v'dei ruoli propri del giudice, in assenza, cioè, di qualsiasi necessità
funzionale e di collegamento con l'esercizio delle funzioni.
5.
Con propria memoria il difensore di Avanti svolge argomenti a
sostegno della infondatezza del ricorso e per la conferma il provvedimento
impugnato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
6.
Va valutata innanzitutto la richiesta del Procuratore Generale che,
rilevando la erroneità della trattazione del presente procedimento in forma di
udienza camerale partecipata, chiede il rinvio del procedimento per la trattazione
in forma scritta.
7.
Il procedimento, avente ad oggetto un ricorso avverso la decisione di
merito della Corte di Appello in materia di ricusazione, doveva essere
effettivamente trattato nelle forme ordinarie di cui all'articolo 611 cod. proc.
pen..
8.
Difatti, ai sensi dell'art. 41 1° comma cod. proc. pen.
"La corte di
cassazione decide in camera di consiglio a norma dell'articolo 611",
nel caso in
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cui la Corte di Appello abbia pronunciato la inammissibilità della richiesta di
ricusazione.
9.
Lo stesso art. 41 cod. proc. pen. prevede poi che, ritenuta ammissibile
la richiesta, la decisione in merito sulla ricusazione vada adottata dalla Corte di
Appello in udienza camerale a norma dell'articolo 127 cod. proc. pen.,; per tale
caso non vi è alcuna previsione specifica della modalità di svolgimento del
giudizio in cassazione che, pertanto, non può che essere svolto secondo la
disciplina ordinaria di cui all'art. 127 cod. proc. pen. per cui
"Il ricorso per
cassazione avverso il provvedimento che decide nel merito sulla ricusazione, va
trattato, in difetto di diversa previsione, con il rito camerale non partecipato
stabilito in via generale davanti alla Suprema Corte dall'art. 611 c.p.p. (Sez. 6,
n. 3853 del 24/11/1999 - dep. 20/12/1999, Papalia ed altri, Rv. 216836)."
10.
Essendo però stata disposta nel presente procedimento, ancorché
erroneamente, la trattazione in udienza con la partecipazione delle parti,
presenti all'odierna udienza, rileva il collegio che, non ricorrendo ragioni di nullità
ed in applicazione di un principio di economicità dei mezzi processuali,
correttamente si debba procedere a trattazione nella forma dell'udienza camerale
partecipata attesa la possibilità di utile decisione immediata.
11.
La premessa fondamentale è, anzitutto, che la funzione della
udienza non partecipata rispetto a quella partecipata non attiene a diritti delle
parti o loro interessi rilevanti ma è semplicemente legata ad esigenze di
snellezza della trattazione dei procedimenti. Unica funzione di un procedimento
non partecipato è una trattazione con minor dispendio di energie e più rapida;
sotto entrambi i profili, una volta fissata udienza camerale partecipata e giuntisi
in condizioni di regolare partecipazione delle parti all'udienza stessa, il rinvio per
la trattazione in diversa forma non corrisponderebbe al raggiungimento né
dell'una né dell'altra esigenza che giustificava la trattazione semplificata.
12.
Tale valutazione trova varie conferme:
13.
Innanzitutto è palese che non si è in presenza di alcuna delle
ragioni di nullità di cui all'articolo 178 cod. proc. pen..
13.1. Non ricorre alcuna ipotesi di nullità relativa e, comunque, anche in
tal caso soccorrerebbero le regole di cui all'articolo 182 cod. proc. pen. quanto
alla necessità di un
"interesse all'osservanza della disposizione violata".
Tale
interesse sicuramente manca poiché deve trattarsi di un interesse
"processuale"
e non relativo a diversi profili non rilevanti in tale sede processuale. Nel caso
della parte pubblica nel presente procedimento, tale interesse non può essere
relativo alla ripartizione degli affari all'interno dell'ufficio di Procura trattandosi di
questione non di immediato rilievo processuale mentre nessun limite trova il
regolare esercizio della funzione processuale della parte pubblica (anzi, esaltata
dalla oralità del procedimento che è ritenuta nel sist a processuale la forma più
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favorevole di trattazione per le parti, fermo restante il loro pieno diritto di
produrre comunque memorie equivalenti alla requisitoria scritta); né la lesione
può ritenersi nel fatto che la controparte abbia la possibilità di una più ampia
difesa orale.
14.
Va poi notato che in varie situazioni simili, in cui il procedimento
venga trattato in modo diverso rispetto alla specifica previsione normativa, non è
previsto, in evidente applicazione di un principio di economicità dei mezzi
processuali, una ripetizione della attività processuali laddove la forma di
trattazione sia stata di adeguata tutela del contraddittorio e dei diritti delle parti:
14.1. tale è la interpretazione per l' ipotesi in cui si proceda nella forma
del rinvio a giudizio a seguito da udienza preliminare anziché nella forma
(indubbiamente "semplificata") della citazione diretta a giudizio
(Non è abnorme
il provvedimento del g.i.p. con il quale, derubricata l'imputazione in una
fattispecie per la quale l'azione avrebbe dovuto esercitarsi mediante citazione
diretta a giudizio, è disposto il rinvio a giudizio in luogo dell'ordinanza di
trasmissione degli atti al P.M. ai sensi dell'art. 33 sexies cod. proc. pen. (Sez.
6, n. 2534 del 13/11/2003 - dep. 24/01/2004, P.M. in proc. Bukvic, Rv.
228280)). Non è nulla la sentenza pronunciata in procedimento nel quale l'azione
penale sia stata esercitata mediante richiesta di rinvio a giudizio, con successiva
celebrazione dell'udienza preliminare, in ordine a reato (nella specie: art. 624-bis
c.p.) per il quale avrebbe dovuto procedersi con citazione diretta a giudizio. (La
Corte ha anche escluso che il G.u.p. abbia l'obbligo di disporre la restituzione
degli atti al P.M., poiché in tal modo si determinerebbe una indebita regressione
del procedimento). (Sez. 4, n. 36881 del 22/05/2009 - dep. 22/09/2009,
Nasufi, Rv. 244983).
14.2. Una tale regola di salvezza degli atti compiuti vale non solo
laddove la trattazione sia stata effettuata nella forma più garantita della udienza
preliminare, ma anche laddove il giudice collegiale abbia trattato processi di
competenza del giudice monocratico; in tal senso è la interpretazione letterale
della disposizione di cui all'articolo 33 octies 2° comma cpp
L'inosservanza delle
disposizioni sull'attribuzione dei reati alla cognizione del tribunale, quando
consista nell'intervento del giudice collegiale in luogo di quello monocratico cui la
legge avrebbe attribuito la cognizione del giudizio, non legittima l'annullamento
della sentenza di primo grado, da parte della corte di appello, neppure se sia
stata tempestivamente eccepita e se l'eccezione risulti riproposta con i motivi di
impugnazione. Anche in questo caso, infatti, opera la regola posta al comma
secondo dell'art. 33-octies cod. proc. pen., secondo cui il giudice di appello
pronuncia nel merito quand'anche riconosca che il reato avrebbe dovuto essere
oggetto di cognizione da parte del giudice monocratico. (In motivazione la Corte
ha osservato che la legge consente alla
parte
interessata di far valere
<.>
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l'inosservanza, comunque, attraverso il ricorso immediato per cassazione ex art.
569 cod. proc. pen., cui può conseguire l'annullamento della sentenza del
tribunale a mente del comma primo dell'art. 33-octies del codice di rito). (Sez.
6, n. 7179 del 28/10/2003 - dep. 19/02/2004, Natale, Rv. 228230).
14.3. Inoltre, proprio in riferimento all'articolo 611 cod. proc. pen., si è
affermato, ancorché in situazione non del tutto simile, che non vi è ragione di
rinvio per trattazione in altra forma laddove sia possibile la trattazione
immediata nel rispetto dei legittimi interessi delle parti
(Allorquando in
cassazione, adottato erroneamente il rito camerale, venga poi rilevata una
differente ragione che giustifichi quella forma di trattazione, il principio di
economia processuale consente che si proceda in quella sede, senza che occorra
provvedere al rinvio alla pubblica udienza, ai sensi dell'art. 611, secondo comma
cod. proc. pen., sempre che sia salvaguardato il contraddittorio tra le parti
interessate. (Fattispecie nella quale il ricorso (suscettibile di trattazione camerale
per la sua manifesta infondatezza e non per la specialità del rito) era stato
proposto dal P. G. e il P. M. presso la S. C. ne aveva richiesto per iscritto il rigetto,
sicché l'interesse dell'imputato alla trattazione all'udienza pubblica era limitato
all'ipotesi di annullamento). (Sez. 5, n. 2046 del 22/09/1995 - dep.
12/10/1995, P.M. in proc. Bistoni, Rv. 202655).
15.
Passando al merito, il ricorso è infondato in quanto il PG
impugnante sviluppa i propri argomenti su una inesatta ricostruzione della
vicenda processua
le:
16.
Si legge nel ricorso
"Infatti, non risponde a vero - e in tal senso è
erroneo il richiamo operato dalla Corte di Appello alla giurisprudenza di Codesta
S. C. in tema di illegittima trasmissione al PM degli atti relativi al teste sospettato
di falsità prima della pronunzia della sentenza di merito - che il GUP non abbia
consentito il controesame alla difesa (e peraltro neanche al PM), laddove il GUP
ha solo rimandato l'esame del teste ad altra udienza, sentendo l'esigenza di
sentirlo con le garanzie difensive previste dalla legge all'art. 63 c.p.p . .
17.
....
Nel caso in esame, l'interruzione dell'esame del teste è
avvenuta solo a garanzia del medesimo teste per evitare che questi potesse
aggravare la propria posizione, avesse modo di consultarsi con un difensore ed
esercitare tutti i suoi diritti ivi compresa, in ultimo, la ritrattazione".
18.
Si afferma quindi che il giudice ricusato aveva semplicemente
isposto un rinvio della audizione del teste
"sentendo l'esigenza di sentirlo con le
garanzie difensive previste dalla legge all'art. 63 c.p.p".
19.
In realtà non è erronea la lettura che ha dato del verbale di
udienza la Corte d'Appello, bensì quella dell'ufficio impugnante:
20.
Si legge nel verbale di udienza che il giudicante interrompeva
l'audizione del teste verbalizzando come segue "-
Va bene. No, no, no, io la devo
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fermare, Pubblico Ministero, perché da questo momento in poi io la devo
informare che lei (la testimone ndr) potrebbe subire l' incriminazione per falsa
testimonianza davanti a un Giudice e quindi è mio dovere interrompere ogni tipo
di prosecuzione. A questo punto diamo atto che il Giudice interrompe l'audizione
del testimone e, signora, lei può accomodarsi." , e,
alla richiesta del difensore di
rivolgere le proprie domande alla teste, il giudicante rispondeva
"Non in questo
... Non più, mi dispiace Avvocato, non più, non posso, non posso, no, no, non
posso perché ogni cosa che dice da questo momento in poi, come nelle
sceneggiature americane, visto che volete il processo anglosassone, questo è il
processo anglosassone, può essere utilizzata contro di lei e un Giudice serio e
rispettoso delle norme sa che deve fermarsi qui".
21.
Nel corso della medesima udienza, il difensore insisteva nel
chiedere di poter effettuare il proprio controesame "....
Io ritengo che debba
tornare in aula il teste precedente per consentirmi di porre delle domande,
E chiedo anche di proseguire l'esame del testimone" ma
il giudicante rigettava la
richiesta in termini espliciti, come da ordinanza dettata in udienza "...
Quindi avrà
modo sicuramente di manifestare le sue perplessità con altri Giudici, ma non in
questo contesto. L'Avvocato fa presente la necessità di riportare in aula il
testimone Lopes Rosaria per continuare l'audizione. Il Giudice, ritenuto che ai
sensi dell'articolo 207 del Codice di Procedura Penale il testimone è stato
intimato e ammonito per possibile rilievo di falsità, rigetta la richiesta della
difesa.".
La parte essenziale dei motivi di ricorso è, quindi, non specifica rispetto
al tenore del provvedimento impugnato. Il provvedimento impugnato, difatti,
motivava sul presupposto che la prova fosse stata revocata perché il teste era
stato ritenuto, con valutazione ex ante, inattendibile, mentre il ricorso, in ogni
sua parte, è fondato sul presupposto che il giudice ricusato avesse solo
ammonito il teste e disposto di procedere
"con le garanzie difensive previste
dalla legge all'art. 63 c.p.p".".
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Roma così deciso il 16 ottobre 2013
Il Co
estensore
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