Sentenza Nº 46765 della Corte Suprema di Cassazione, 15-10-2018

Presiding JudgeGALLO DOMENICO
ECLIECLI:IT:CASS:2018:46765PEN
Date15 Ottobre 2018
Judgement Number46765
CourtSeconda Sezione (Corte Suprema di Cassazione di Italia)
Subject MatterPENALE
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
DI STEFANO ATTILIO nato a PALERMO il 06/11/1968
DONATO EUGENIO nato a PALERMO il 25/10/1980
ORITI MISTERIO PIERO nato a PALERMO il 05/08/1981
GIUDICE VINCENZO nato a PALERMO il 15/09/1978
avverso la sentenza del 19/05/2017 della CORTE APPELLO di PALERMO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere SANDRA RECCHIONE;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore MARCO
DALL'OLIO che ha concluso chiedendo l'inammissibilità di tutti i ricorsi.
L'avv. E. Barcellona difensore di fiducia e sostituto processuale del Comitato
Addio Pizzo di Caccamo e di deposita conclusioni e nota spese con richiesta di
distrazione.
L' avv. F. Falcone, nell'interesse del Di Stefano Attilio insiste per l'accoglimento del
ricorso; l'avv. S. Caputo nell'interesse di Oriti insiste per l'accoglimento del ricorso;
Penale Sent. Sez. 2 Num. 46765 Anno 2018
Presidente: GALLO DOMENICO
Relatore: RECCHIONE SANDRA
Data Udienza: 27/09/2018
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
l'avv. V. Giambruno nell'interesse del Donato insiste per raccoglimento del ricorso
nell'interesse del suo assistito.
RITENUTO IN FATTO
1.
La Corte di appello di Palermo, decidendo con le forme del giudizio abbreviato,
confermava la responsabilità dei ricorrenti per il reato di estorsione loro contestato
e li condannava alle pene di giustizia. Segnatamente: veniva confermata la
responsabilità dell'Oriti e del Di Stefano per l'estorsione di 2000 euro ai danni di
Giuseppe caccamo e del Donato e del Giudice per la successiva estorsione di
5000 euro, ai danni della stessa persona offesa.
2.
Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore del Di
Stefano che deduceva:
2.1. violazione di legge e vizio di motivazione: le fonti di prova raccolte sarebbero
inidonee a provare la condotta contestata; segnatamente: si deduceva che la
motivazione della sentenza impugnata non darebbe rilievo alla posizione, invero
marginale, del ricorrente accomunandola a quella dell'Oriti; inoltre non sarebbero
state adeguatamente valutate le emergenze processuali che indicavano
l'interessamento del Di Stefano per la posizione del Caccamo; in sintesi: si riteneva
che la sentenza impugnata non avesse dimostrato l'esistenza né dell'elemento
oggettivo, né di quello soggettivo del reato contestato; si rilevava inoltre che
non erano state considerate le emergenze che indicavano che il Di Stefano aveva
agito «in nome e per conto dell'Oriti» attivandosi, nell'interesse della persona
offesa per «cercare colui che avrebbe dovuto svolgere effettivamente l'attività di
intermediazione con coloro che avrebbero formulato e quantificato la richiesta
estorsiva» (pag. 8 del ricorso);
2.2. violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al riconoscimento
dell'aggravante prevista dall'art. 7 D.L. 152 del 1991: non sarebbe stato
considerato che non vi era prove della commissione di azioni intimidatorie riferibili
all'imputato, né elementi indicativi della sua partecipazione al consorzio criminale
al quale sarebbe riferibile la richiesta estorsiva;
2.3. violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al mancato
riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche: la reticenza dell'imputato
sarebbe giustificata dal timore per le conseguenze delle accuse, mentre il
precedente vantato non sarebbe indicativo di una particolare capacità criminale;
entrambe le circostanze non sarebbero dunque ostative alla concessione
dell'invocato beneficio sanzionatorio.
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Corte di Cassazione - copia non ufficiale

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