Sentenza Nº 45746 della Corte Suprema di Cassazione, 11-11-2019

Presiding JudgeBONI MONICA
ECLIECLI:IT:CASS:2019:45746PEN
Date11 Novembre 2019
Judgement Number45746
CourtPrima Sezione (Corte Suprema di Cassazione di Italia)
Subject MatterPENALE
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
DOBANK SPA
avverso l'ordinanza del 15/02/2019 del GIP TRIBUNALE dì NAPOLI
udita la relazione svolta dal Consigliere RAFFAELLO MAGI;
lette/sentite le conclusioni del PG
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Penale Sent. Sez. 1 Num. 45746 Anno 2019
Presidente: BONI MONICA
Relatore: MAGI RAFFAELLO
Data Udienza: 26/09/2019
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
IN FATTO E IN DIRITTO
1.
Con ordinanza resa - in sede esecutiva - il 15 febbraio 2019 il GIP del Tribunale
di Napoli ha respinto la domanda introdotta da UNICREDIT CREDIT MANAGEMENT
BANK s.p.a., tesa ad ottenere, in procedura approdata a confisca in danno di
Lavitola Valter, il riconoscimento del credito (garantito da ipoteca) erogato alla
IMMOBILIARE ITALIANA s.r.I in data 26 marzo 2010, con le conseguenze di legge.
1.1 Va premesso che il finanziamento del 2010 era destinato al «completamento di
un investimento immobiliare».
Gli immobili, gravati da ipoteca, sono stati oggetto di condono edilizio.
Nel procedimento penale in data 10 luglio 2012 i beni in questione sono stati : a)
sottoposti a sequestro preventivo in rapporto alle condotte illecite contestate a
Lavitola Valter (amministratore della società Immobiliare Italiana a far data dal 1
marzo 2011); b) confiscati con sentenza emessa in data 9 novembre 2012 in
rapporto a confisca 'per equivalente' in danno della società Immobiliare Italiana.
1.2 Secondo il GIP il credito, pur se sorto in data antecedente al sequestro, non può
ricevere tutela.
Ciò in rapporto alla assenza del necessario presupposto della buona fede all'atto
della erogazione del credito, in riferimento alle caratteristiche dell'intervento
edilizio.
In particolare il GIP evidenzia che ; a) non sono pertinenti le considerazioni relative
alla estraneità dell'Istituto alle attività illecite svolte dal Lavitola in altro contesto,
trattandosi - nel caso concreto - di confisca per equivalente che va a colpire beni
non ricollegabili alla condotta illecita (nei limiti del profitto di detta condotta); b)
non è decisiva la esistenza di una relazione tecnica di parte che nel 2010 attestava
la regolarità urbanistica ed edilizia delle opere da realizzare; c) le emergenze di
fatto depongono per la illiceità dell'attività edilizia, tant'è che in data 17 agosto
2011 fu promossa dal Comune di Positano la verifica di conformità delle opere ed il
27 giugno 2013 venne emessa ingiunzione alla demolizione delle opere abusive.
2.
Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione la società
mandataria DOBANK spa (a seguito di cessione del credito, già menzionata in sede
di merito, alla Fino 1 Securítisation s.r.l.) tramite difensore e procuratore speciale.
2.1 La società ricorrente introduce deduzione di erronea applicazione della
disposizione regolatrice (individuata nell'art. 52 d.lgs. n.159 del 2011), sotto più
profili, nonchè vizio di motivazione della decisione impugnata.
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Corte di Cassazione - copia non ufficiale
Pacifica, si afferma, è la mancanza di collegamento causale tra l'erogazione del
credito e le condotte illecite di cui si è reso responsabile il Lavitola, come
riconosciuto dallo stesso GIP, trattandosi di confisca per equivalente.
Ciò posto, si evidenzia che il diniego è dipeso da una erronea considerazione di
elementi relativi alla condizione soggettiva della buona fede.
Il GIP ritiene assente tale presupposto con una impropria dilatazione dell'oggetto
della verifica, posto che si compie riferimento ad un preteso 'abuso edilizio' -
relativo agli immobili finanziati - mai oggetto di contestazione nel giudizio che ha
determinato la confisca.
Peraltro la confisca 'di valore' presuppone, per l'appunto, che il bene appreso (qui
gli immobili) abbiano un valore corrispondente al profitto del reato, il che si pone in
evidente contraddizione con il contenuto della decisione.
3. Il ricorso è fondato per i motivi che seguono.
3.1 La prima considerazione che è necessario operare riguarda la tipologia
di
confisca emessa in cognizione (per equivalente) e la stessa possibilità di fornire
tutela al creditore «inciso» da tale particolare forma ablativa.
A tale quesito questa Corte di legittimità ha fornito risposta positiva, come
evidenziato dal P.G. nella sua requisitoria scritta.
Va pertanto ribadìto - perchè condiviso dal Collegio - il contenuto dell'arresto
rappresentato da Sez. I n. 15534 del 2018, posto che l'estensione della tutela del
credito alla ipotesi di confisca per equivalente ha luogo in virtù della riaffermazione
di alcuni principi generali.
3.2 Occorre precisare che se da un lato l'intervento dettagliato del legislatore nella
delicata materia del conflitto tra le 'forme espropriative' espressive di potestà
punitiva o di contenimento della pericolosità e i diritti di terzi estranei al reato (o
alla dinamica realizzativa della pericolosità) è avvenuto, a tutt'oggi, nei soli ambìti -
per nulla marginali - della confisca di prevenzione (d.lgs. n.159 del 2011), della
confisca estesa penale e di quella relativa ai procedimenti per reati di cui all'art. 51
comma 3
bis
cod.proc.pen. (art. 12
sexies
1.356 del 1992 e succ. mod.), è pur vero
che tale intervento consente di estrarre e di consolidare alcuni principi di carattere
generale (per lo più preesistenti alla formalizzazione legislativa) che consentono di
risolvere - doverosamente - tutti i conflitti assimilabili ed a tutt'oggi privi di
regolamentazione espressa .
Con ciò si intende affermare che l'avvenuta «formalizzazione legislativa» dei
presupposti e delle forme di tutelabilità del diritto di credito inciso dalla confisca
(artt. 52 e ss. d.lgs. n.159 del 2011) in determinati settori dell'ordinamento,
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risponde ad una esigenza
generale
di contemperamento e non presenta caratteri di
eccezionalità derogatoria, quanto di
paradigma legale
di stabilizzazione di alcuni
principi «dì sistema».
In effetti, l'intera
quaestio
della tutela del credito garantito in rapporto ad interventi
'ablativi' della autorità pubblica (e dunque del giudice penale o della prevenzione)
sui beni oggetto della garanzia, sorge già negli anni '80 e '90 dello scorso secolo
per una ragione essenziale, che è quella di rispetto della effettività ad un principìo
generale dell'ordinamento giuridico, rappresentato dalla
tutela dell'affidamento,
ìn
campo di diritti civili.
Che si tratti di un principio generale del sistema è del tutto pacifico, e ciò non solo
nel sistema interno ma nel sistema già comunitario, ora della UE (si veda, ad
esempio, l'arresto rappresentato da Sez. I civile del 4.7.2014,
Patilli contro Inps,
ove si valorizza il
principio generale della tutela del legittimo affidamento
dell'operatore economico prudente e accorto,
principio che sin dalla decisione CGUE
del 3 maggio 1978 in C-112/77
fa parte dell'ordinamento giuridico comunitario;
in
senso analogo va citata Corte Cost. n.1 del 1997, secondo cui, il terzo di buona
fede, proprietario di un bene utilizzato in occasione della commissione dì un reato, e
portatore di
posizione protetta dal principio della tutela dell'affidamento
incolpevole, che permea di sé ogni ambito dell'ordinamento giuridico e dal quale
scaturisce anche la regola generale di circolazione dei beni mobili nel nostro
sistema di mercato ).
Ora, lì dove il sistema della giustizia penale o di prevenzione accentua la tendenza a
divenire strumento di «recupero coatto» di beni che si ritengono frutto di
accumulazione patrimoniale illecita (sulla falsariga della confisca di prevenzione
antimafia inserita nell'ordinamento dalla legge n.646 del 1982) è inevitabile che il
contraltare di simile tendenza ( peraltro amplificata dalla proliferazione di ulteriori
tipologìe di confische non strettamente pertinenziali, come la confisca 'di valore' e
per equivalente) sia rappresentato dalla necessità di «disciplinare» le inevitabili
interrelazioni che nel sistema economico e della circolazione dei beni si sono venute
a determinare tra il bene in questione e i soggetti 'terzi' che hanno acquisito
medio
tempore
dei diritti, correlati al medesimo.
Ed ì principi generali sul tema, poi formalizzati dall'intervento legislativo del 2011 in
sede di prevenzione (art. 52), restano - a ben vedere - quelli dettati dalle Sezioni
Unite di questa Corte nel noto arresto
Bacherotti,
risalente al 1999.
In tale decisione ( Sez. U. n. 9 del 28.4.1999), si è in sostanza affermato - in via
generalissima - che il sacrificio dei diritti vantati da terzi su
res
oggetto di confisca
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non può essere ritenuto conforme ai principi generali dell'ordinamento lì dove il
terzo sia da ritenersi «estraneo» alla condotta illecita altrui.
Si è altresì precisato che l'essere la confisca un modo «àutoritativo» di acquisto del
diritto di proprietà non comporta che il trasferimento stesso possa avere un
contenuto diverso e più ampio di quello che faceva capo al precedente titolare del
bene,
lì dove insistano diritti, non estinti, di terzi estranei. Ciò che rileva è pertanto
l'attenta qualificazione della particolare condizione fattuale e giuridica del terzo che
deve connotarsi - per evitare di ricadere nella condizione di soggetto colpevolmente
avvantaggiato dall'altrui azione illecita - in termini di buona fede, intesa nella non
conoscibilità -
con l'uso della diligenza richiesta dalla situazione concreta -
del
rapporto di derivazione della propria posizione soggettiva dal reato (o dalla
condotta illecita) commesso dal condannato .
La citazione di tale arresto non è superflua, proprio in ragione del fatto che - come
sostenuto da questa Corte di cassazione in numerosi arresti - la decisione in parola
rappresenta l'antecedente logico della formalizzazione normativa, posto che il
legislatore si è mosso - negli ambiti prima ricordati - con la consapevolezza di
intervenire su un terreno già arato da autorevoli interpretazioni giurisprudenziali,
ricognitive di un principio generale.
Da ciò deriva la considerazione per cui l'avvenuta formalizzazione normativa del
procedimento di riconoscimento della pretesa creditoria, da rivolgersi verso lo Stato
(destinatario del bene a titolo orginario, data la portata espansiva della disposizione
di cui all'art. 45 del cligs. n.159 del 2011 in punto di natura giuridica della confisca)
possiede un indubbio valore di conferma di quel principio da cui deriva, la cui
realizzazione - in ambiti affini - va perseguita con il massimo grado di effettività,
pena la violazione del basilare principio di ragionevolezza delle disparità di
trattamento.
3.3 Non vi è, pertanto, alcuna ragione giuridica tesa a legittimare un diverso
atteggiarsi della confisca 'di valore' e per equivalente, rispetto non gìà al
destinatario primario (il soggetto condannato, che subisce il giusto grado di
afflitívità della misura) quanto al soggetto 'terzo' cui si tende ad imporre un
sacrificio patrimoniale indiretto .
Tale sacrificio in tanto può essere imposto in quanto il terzo non si trovi in quella
condizione di «incolpevole affidamento» che, per converso ne impone la tutela da
parte del giudice della esecuzione.
In altre parole la più volte ribadita 'natura sanzionatoria' (perchè il bene colpito è
surrogatorio del profitto del reato) della confisca per equivalente è tale nei confronti
del condannato, ma certo non assume valore alcuno di differenziazione del
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trattamento del terzo che, se realmente incolpevole, mantiene la pienezza del
diritto all'indennizzo per la perdita della garanzia del credito.
3.4 Tutto ciò precisato, appare evidente che - nel caso in esame - il giudice della
esecuzione, una volta dato atto dell'assenza del nesso di strumentalità tra
erogazione del credito e condotta illecita, estende la cognizione a profili che non
appaiono pertinenti, con motivazione contraddittoria.
Se da un lato non è ultronea la verifica dei profili ordinari di diligenza (all'atto della
erogazione del credito), dall'altro è pur vero che la affermata finalizzazione del
credito al compimento di una - diversa, rispetto a quella giudicata - attività illecita
da un lato è meramente ipotizzata, dall'altro risulta smentita, sul piano logico,
dall'intervenuto condono delle opere. In effetti, il condono riqualifica il bene e ne
dimensiona il valore in termini di liceità. Se ciò non fosse avvenuto - a ben vedere -
non poteva nemmeno disporsi, in cognizione, una confisca «di valore» come quella
operata.
Va pertanto disposto, come da dispositivo, l'annullamento della ordinanza
impugnata, con rinvio per nuovo esame.
P.Q.M.
Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al GIP del Tribunale di
Napoli .
Così deciso il 26 settembre 2019
Corte di Cassazione - copia non ufficiale

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