Sentenza Nº 44926 della Corte Suprema di Cassazione, 07-11-2013

Presiding JudgeSIOTTO MARIA CRISTINA
ECLIECLI:IT:CASS:2013:44926PEN
Date07 Novembre 2013
Judgement Number44926
CourtPrima Sezione (Corte Suprema di Cassazione di Italia)
Subject MatterPENALE
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
GRECO FRANCESCO N. IL 21/06/1956
avverso l'ordinanza n. 16/2012 CORTE ASSISE APPELLO di
REGGIO CALABRIA, del 13/11/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA
SILVIO BONITO;
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Uditi difensor Avv.;
Penale Sent. Sez. 1 Num. 44926 Anno 2013
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: BONITO FRANCESCO MARIA SILVIO
Data Udienza: 18/09/2013
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
La Corte, ritenuto in fatto e considerato in diritto
1.
Con ordinanza del 13 novembre 2012 la Corte di assise di
appello di Reggio Calabria rigettava le istanze avanzate nelle forme
dell'incidente d'esecuzione da Greco Francesco volte, la prima, alla
applicazione del criterio moderatore di cui all'art. 78 c.p., comma 1,
n. 1, in relazione al provvedimento di cumulo per la esecuzione di
pene concorrenti del 7.5.2011, la seconda alla revoca della
sospensione condizionale della pena concessagli con sentenza della
corte distrettuale di Catanzaro con sentenza del 27.6.1981, la terza
al regolare conteggio del presofferto a titolo di custodia cautelare.
1.2
A sostegno della decisione il G.E. osservava, quanto
all'applicazione dell'art. 78 c.p., che il principio regolatore di cui
alla norma citata era stato regolarmente applicato, quanto al
presofferto, che non poteva applicarsi alla fattispecie la disciplina di
favore di cui all'art. 567 c.p.p., c.d fungibilità sanzionatoria, a ciò
ostandovi la regola di cui al quarto comma della norma di
riferimento posto che la custodia cautelare sofferta
sine finii°
è
antecedente e non successiva alla commissione del reato per la
quale deve essere determinata la pena da eseguire e quanto, infine,
alla revoca della sospensione condizionale della pena, che non
veilesi in ipotesi di revoca di ufficio per la quale soltanto può
procedere il giudice dell'esecuzione.
2.
Avverso detto provvedimento ricorre per cassazione il Greco, a
mezzo del difensore di fiducia, che nel suo interesse sviluppa due
motivi di impugnazione.
2.1
Col primo di essi denuncia la difesa ricorrente violazione
dell'art. 78 c.p. e difetto di motivazione sul punto osservando: il
cumulo aritmeticamente considerato nel provvedimento dedotto è
pari ad anni 34, mesi 9 e giorni 10, somma alla quale l'organo
dell'esecuzione detrae la liberazione anticipata pari a giorni 540,
l'indulto ex dpr. 22.12.1990, l'indulto ex dpr. 241/2006 e
presofferto per pervenire, quindi, alla pena residua da espiare pari
ad anni 25, mesi 6 e giorni 25; di qui la violazione della norma di
riferimento, l'art. 78 c.p., giacchè ogni detrazione andava
conteggiata sul limite massimo di anni trenta imposto dalla legge.
2.2
Col secondo motivo di ricorso denuncia la difesa ricorrente
nuovamente violazione di legge, in particolare dell'art. 168 c.p., e
difetto di motivazione sul punto, in particolare deducendo: il
ricorrente ha domandato la revoca della sospensione condizionale
della pena di mesi otto di reclusione concessa dal Tribunale di
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Rossano con sentenza del 14.5.1980, pena inflitta in relazione al
reato di furto aggravato contestato all'imputato; il diniego opposto
dal G.E. all'istanza come innanzi formulata viola l'art. 168 c.p., co.
1, giacchè nel termine di anni cinque dalla condanna sospesa il
ricorrente ha commesso un delitto per il quale è stato inflitta una
pena detentiva; la sentenza del 14.5.1980 è infatti passata in
giudicato il 6.12.1983 e con sentenza del 16.5.2008 la Corte di
assise di appello di Reggio Calabria ha condannato ad anni cinque
di reclusione il ricorrente per il reato di cui all'art. 416-bis c.p.
commesso dal 1977 al 1999; di qui la ricorrenza di ogni circostanza
per la revoca di diritto della sospensione condizionale in parola
apoditticamente negata dal G.E.; a tacer d'altro inoltre il
provvedimento di revoca nel caso in esame si atteggia come
pronuncia meramente dichiarativa di un effetto prodottosi ex lege.
3.
Con sintetica requisitoria scritta il P.G. in sede concludeva per il
rigetto del ricorso.
3.1
In data 23 luglio 2013 il ricorrente ha fatto pervenire memoria
difensiva di replica alle ragioni esposte dal P.G. nelle sue
conclusioni scritte e di illustrazione di motivi aggiunti. Quanto alle
prime insiste il ricorrente nella tesi che al 20.2.2002 "molte delle
sentenze presenti nel cumulo non erano passate in cosa giudicata"
di guisa che la pena da espiare a quella data era ben lontana dalla
massima espiabile.
Quanto invece ai secondi, denuncia ancora parte istante
l'illegittimità di dedurre la pena condonata dal cumulo materiale e
non già da quello giuridico, dappoichè in tal modo viene applicato
l'indulto ad una pena non da espiare, nonostante il contrario
insegnamento di ss.uu. 15.7.2010, n. 36837.
3.
Il ricorso appare infondato quanto al primo motivo di
impugnazione e fondato, viceversa, quanto al secondo.
3.1
Prendendo le mosse dal primo motivo di ricorso, osserva
preliminarmente la Corte che la
ratio
della previsione di cui all'art.
78 c.p., comma 1, n. 1 sta, pacificamente, nell'esigenza di temperare
l'automatismo repressivo proprio del sistema del cumulo materiale
in vista delle esigenze rieducative e trattamentali (così già sez. 1,
22/3/1982, Latinucci, riv. n. 155234), con la conseguenza che i
criteri degli artt. 78 e 80 cod. pen. impongono di fare riferimento,
nelle operazioni di riduzione del cumulo, alla pena concretamente
eseguibile o espiata, solo per essa operando dette esigenze (Sez. U,
ordinanza n. 4 del 31/03/1962, Monticciolo).
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L'espiato e quanto eventualmente sofferto in custodia cautelare per
taluni dei reati compresi nel cumulo incidono sulla pena
concretamente eseguibile ed è perciò principio consolidato che
vadano detratti dalla pena determinata dopo la formazione del
cumulo giuridico ai sensi dell'art. 78 c.p. (tra le tante: Sez. 1, n.
26270 del 23/04/2004 Di Bella; Sez. 1, n. 40796 del 26/09/2007,
Belcastro, Rv. 238044, citata dalla difesa, e da ultimo Cass., sez. I,
14.12.2010, n. 45607, rv. 249429).
D'altronde i presupposti del concorso di pene si determinano con
riguardo alla commissione dei reati e alla loro anteriorità rispetto ai
vari periodi di carcerazione e alle varie cause estintive, a nulla
rilevando che talune delle pene concorrenti siano state espiate in
anticipo rispetto alle altre. Non è pertanto corretto, in altri termini,
escludere dal cumulo le pene espiate in anticipo rispetto alle altre,
prima dell'effettuazione del cumulo stesso, perchè anche quelle in
esame sono disposizioni di diritto penale sostanziale (Sez. U, n.
45583 del 25/10/2007, Volpe) e la posizione del condannato non
può essere influenzata da eventi casuali, quali le diverse date di
irrevocabilità o di esecuzione delle varie sentenze, o dai ritardi nella
effettuazione del cumulo da parte del pubblico ministero (tra le
numerose altre: Cass. Sez. 1, 25/5/1991, Giunta; Sez. 1, 1/6/1990,
Peluso).
Siffatti criteri sono, è vero, riferibili soltanto alle pene inflitte per
reati commessi prima dell'inizio della detenzione (Cass., Sez. 1,
2/30.3.1990, Santamaria; 8.10/2.12.1992, Tartaglia;30.9/2.11.1993,
Cozzani; 12.10/18.11.1998, Monopoli; 2.3/27.4.2004, Colatigli;
23.4/10.6.2004, Di Bella), sicchè quando durante l'espiazione di una
determinata pena o dopo che l'esecuzione di quest'ultima sia stata
interrotta, il condannato commetta un nuovo reato, occorre
procedere a cumuli parziali, ciascuno comprendente le pene inflitte
per i reati commessi sino all'inizio di ogni nuovo periodo di
detenzione, tanto imponendo la regola dell'art. 657 c.p.p., comma 4,
che dà forma normativa al principio che nessuna pena può essere
imputata o scontata prima che il reato sia stato commesso.
Nel caso in esame, conclusivamente, i principi all'inizio richiamati
impongono che il cumulo sia effettuato: comprendendo in esso le
pene, eseguite o eseguibili, inflitte per i reati commessi sino alla
data del reato cui si riferisce la pena da porre in esecuzione (non
importa se interamente o soltanto parzialmente ancora da espiare);
applicando quindi il criterio moderatore dell'art. 78 c.p., comma 1,
n. 1; detraendo dal risultato così ottenuto il presofferto, perchè esso
indubitabilmente incide sulla pena "effettivamente" da scontare
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(Sez. 1, Sentenza n. 4940 del 12/10/1998 Monopoli; Cass., sez. I,
14.12.2010, n. 45607, cit.).
La Corte d'appello, per quanto emerge dagli atti a disposizione del
Collegio si è attenuto a tali criteri ed ha altresì correttamente
escluso dal cumulo giuridico, le pene condonate.
Nel determinare, ai sensi dell'art. 663 cod. proc. pen., la pena da
eseguirsi nel caso di esistenza, a carico del medesimo soggetto, di
pene temporanee detentive concorrenti, il giudice dell'esecuzione, a
norma degli artt. 78 e 80 cod. pen., deve infatti dapprima scorporare
dal cumulo materiale la somma delle pene estinte per indulto, in
quanto non più concretamente eseguibili per l'intervento della causa
estintiva, e solo successivamente applicare il criterio moderatore del
cumulo giuridico, ponendosi tale criterio come temperamento legale
del coacervo delle sole pene da eseguirsi effettivamente, senza
possibilità di inclusione in esso delle pene già coperte dal condono,
le quali, altrimenti, verrebbero a godere di un duplice abbattimento,
dapprima fruendo dell'applicazione del criterio moderatore di cui
all'art. 78 cod. pen. e poi del loro scorporo integrale dal cumulo
giuridico (Cass., Sez. I, 13/11/2007, n. 46279; Cass., Sez. feriale
Sent., 29/07/2008, n. 32955; Cass., Sez. I Sent., 06/03/2008, n.
12709; Cass., Sez. 1, 21/03/2006, n. 12370).
Il giudice territoriale, proprio all'esito della detrazione, dal cumulo
aritmetico, delle pene condonate in forza di distinti provvedimenti
di clemenza, è pervenuto alla determinazione della pena da eseguire
di anni 29, mesi 9 e gg. 10, dalla quale ha altresì dedotto anni 2,
mesi 8 e gg. 20 di presofferto e 540 giorni di liberazione anticipata,
per pervenire in tal modo alla pena residua da espiare, al momento
del cumulo in esame, di anni 25, mesi 8 e gg. 24.
Nessuna violazione pertanto delle regole di cui agli art. 78 ed 80
c.p. è pertanto riscontrabile nella fattispecie concreta portata
all'esame della Corte.
3.2 Fondato si appalesa, viceversa, il secondo motivo di censura.
Giova richiamare al riguardo il disposto di cui all'art. 674 c.p.p., co.
1-bis, introdotto, come è noto, dall'art. 1, co. 2, 1. 26.3.2001, n. 128,
il quale statuisce che "il giudice dell'esecuzione provvede altresì
alla revoca della sospensione condizionale della pena quando rileva
l'esistenza delle condizioni di cui al terzo comma dell'art. 168 del
codice penale".
Secondo insegnamento di questa Corte, detta revoca da parte del
giudice dell'esecuzione ha carattere di obbligatorietà (anche per il
caso in cui il beneficio sia stato concesso con la sentenza di
applicazione della pena su richiesta) e non è limitata alla sola
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ipotesi che l'erronea concessione del beneficio in sede di cognizione
sia dipesa da mancato aggiornamento delle risultanze del casellario
giudiziale, fermo restando, peraltro, che la disposizione di cui al
citato comma 1 bis dell'art. 674 c.p.p., introdotto, giova ribadirlo,
dall'art. 1, comma 2, della legge 26 marzo 2001 n. 128, non può
trovare applicazione, trattandosi di norma a contenuto sostanziale
comportante un trattamento deteriore per il condannato,
relativamente ai fatti commessi e, comunque, alle sentenze passate
in giudicato anteriormente all'entrata in vigore della novella (Cass.„
Sez. I, 08/10/2004, n. 47706, Rorato; Cass., Sez. V, 07/04/2003, n.
39351, Cuda) ipotesi non ricorrente nella fattispecie.
Tanto doverosamente premesso quanto al quadro normativo di
riferimento, osserva il Collegio che nel caso in esame ricorre senza
incertezze una ipotesi di revoca obbligatoria del beneficio
sospensivo da parte del giudice dell'esecuzione ai sensi dell'art. 168
co. 1, n. 1.
Con sentenza del 14.5.1980 il ricorrente è stato infatti condannato,
per il reato di furto aggravato, a pena detentiva la cui esecuzione è
stata sospesa ai sensi dell'art. 163 c.p.; detta pronuncia è divenuta
irrevocabile il 6.12.1983. Nel quinquennio successivo, come da
ipotesi esplicitamente contemplata dall'art. 168 c.p., co. 1 n. 1, e
precisamente dal 1983 al 1999, il ricorrente ha commesso il reato di
cui all'art. 416-bis c.p. come accertato dalla sentenza del 28.6.1999
della Corte di assise di Catanzaro.
La ordinanza impugnata sul punto si limita alla apodittica
affermazione che non ricorrerebbe nella fattispecie alcuna ipotesi di
revoca obbligatoria del beneficio sospensivo della pena, di guisa
che al riguardo il provvedimento merita di essere cassato con
rinvio.
P. T. M.
la Corte, annulla l'ordinanza impugnata limitatamente alla richiesta
di revoca della sospensione condizionale della pena e rinvia per
nuovo esame sul punto alla Corte di assise di appello di Reggio
Calabria. Rigetta nel resto il r icorso.
Così deciso in Roma, addì 18 settembre 2013
Il cons. est.
r
.
Il Presidente
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