Sentenza Nº 44751 della Corte Suprema di Cassazione, 06-11-2013

Presiding JudgeZECCA GAETANINO
ECLIECLI:IT:CASS:2013:44751PEN
Judgement Number44751
Date06 Novembre 2013
CourtQuarta Sezione (Corte Suprema di Cassazione di Italia)
Subject MatterPENALE
O.
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SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D'APPELLO DI
NAPOLI
nei confronti di:
O.G.
N. IL
(OMISSIS)
inoltre:
(OMISSIS)
O.G.
N. IL
avverso la sentenza n. 7541/2010 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
26/06/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 03/10/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. LUISA BIANCHI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.GMA
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che ha concluso per
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Penale Sent. Sez. 4 Num. 44751 Anno 2013
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: BIANCHI LUISA
Data Udienza: 03/10/2013
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
OSCURATA
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RITENUTO IN FATTO
1.La Corte di appello di Napoli, giudicando a seguito di annullamento con rinvio
da parte di questa Corte, confermava la affermazione di responsabilità di
O.G.
per il reato continuato di violenza sessuale in danno della
figlia
L.
di anni quattro e diminuiva la pena inflitta da nove anni a sette
anni e sei mesi di reclusione.
La Cassazione precisava che l'annullamento si limitava al riscontrato difetto di
motivazione della
sentenza in ordine alla possibilità che la madre della minore
(
D.C.
che una volta indotta a
sospetto, aveva
ripetutamente e
approfonditamente interrogato la piccola
L.
, registrando le
conversazioni) avesse inconsapevolmente, con inopportune domande
inducenti e suggestive, influito sulle risposte; nonché
in ordine
al metodo con
cui era stata condotta la consulenza della dott. ssa
D.A.
temi sui quali la
sentenza della Corte napoletana non aveva preso in esame i puntuali rilievi
critici formulati dalla difesa, limitandosi ad una motivazione
per relationem
ritenuta dalla Corte di Cassazione incompatibile con la specificità delle censure
proposte dalla difesa.
2. Avverso la sentenza resa nel giudizio di rinvio hanno proposto ricorso per
cassazione l'imputato e il Procuratore Generale presso la corte di appello di
Napoli.
2 A) L'imputato, per il tramite del difensore di fiducia, con un primo, articolato,
motivo deduce violazione dell'art. 627, co.3, cod.proc.pen non avendo
provveduto il giudice di rinvio a colmare i vuoti motivazionali segnalati nella
sentenza di annullamento, e dell'art. 606 lett. e) cod.proc.pen. per mancanza,
contraddittorietà e manifesta illogicità della sentenza sui punti di seguito
es osti. In particolare il ricorrente lamenta che al fine di valutare se la
avesse, come sostenuto dalla difesa, con continue, martellanti e
suggestive domande influito, sia pure inconsapevolmente, sulle risposte della
bambina determinando falsi ricordi, la corte di appello avrebbe dovuto tenere
conto della tenera età della bambina (all'inizio di soli 3 anni e 5 mesi) e dello
stretto legame con la madre e prendere in esame tutte le registrazioni; al
riguardo sono state ignorate le puntuali osservazioni del consulente della difesa
secondo cui le risposte erano state suggerite dalla madre di modo che poteva
ritenersi essersi verificato quel'effetto c.d di interferenza retroattiva , per cui si
costruiscono narrazioni su
eventi mai avvenuti. Inoltre
non si è
tenuto conto
del fatto che sia la dott.ssa
D.A.
,cui la
C. riferiva quanto
D.
le
raccontava, sia la dott.ssa
S.
non hanno preso cognizione della
registrazione delle conversazioni tra madre e figlia, e non hanno pertanto
potuto valutare i danni prodotti dalle insistenti domande della madre alla
bambina
e verificare le ipotesi di erronea e falsa denuncia per essere i ricordi di
L. falsificati dall'influenza materna. Ulteriore carenza di motivazione
della sentenza impugnata attiene al profilo della incidenza dell'ambiente in cui
la minore viveva e dello stile di vita della madre nella formazione della
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Corte di Cassazione - copia non ufficiale
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Ulfesa
aveva sostenuto che le conoscenze
di
L.
in materia sessuale, incompatibili con le normali competenze di
una bambina della sua età, erano dovute a quanto la medesima aveva potuto
direttamente osservare nella casa della madre, con la quale viveva, essendo i
genitori separati, casa frequentata da numerosi uomini. Il ricorrente si duole
che la Corte di appello non ha preso in esame la questione, ritenendo che il
motivo fosse precluso in quanto relegato a mero sospetto dalla Corte di
Cassazione, laddove invece solo il "dove e quando", ma non il "se", erano
stati ritenuti mero sospetto.
Con un secondo motivo deduce carenza di motivazione in ordine alla richiesta
di rinnovazione del dibattimento per assumere prova decisiva. La difesa con
l'appello aveva chiesto la rinnovazione del dibattimento per sentire i propri
consulenti sul tema dell'induzione della bambina, essendo risultato che una
delle frasi pronunciate dalla medesima nel corso dell'incidente probatorio era
stata verbalizzata male.
2 B) Il Procuratore Generale di Napoli censura la motivazione che sorregge la
riduzione della pena giustificata con la necessità di adeguare la stessa alla
personalità dell'agente dal momento che costui aveva manifestato una
personalità disturbata e atteggiamenti sessuali devianti, tali da incidere
favorevolmente nella valutazione dell'intensità del dolo. E' incredibile, ad
avviso del ricorrente, che la pulsione pedofila dell'agente, che il legislatore, con
l'aggravante di cui al comma 10, ha giustamente represso in termini assai più
severi rispetto alla violenza sessuale semplice, finisca con l'assumere una
valenza premiale tale da consentire, rispetto alla già non eccessiva pena di 9
anni inflitta in primo grado, una riduzione ad anni 7 e mesi 6 ; e ciò in
presenza di un comportamento assai grave da parte dell'imputato sfociato in
ripetuti coiti orali e nell'urinare in bocca alla piccola vittima di appena quattro
anni.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.1 ricorsi non meritano accoglimento.
Occorre preliminarmente ricordare che a norma dell'art. 627 cpp il giudice di
rinvio, in caso di annullamento per vizio di motivazione e' vincolato dal
divieto di fondare la nuova decisione sugli stessi argomenti ritenuti illogici o
carenti dalla Suprema Corte, ma resta libero di pervenire — sulla scorta di
argomentazioni diverse da quelle censurate in sede di legittimital ovvero
integrando e completando quelle gia' svolte - allo stesso risultato decisorio
della pronuncia annullata conservando egli "gli stessi poteri" che gli
competevano originariamente quale giudice di merito relativamente alla
individuazione e alla valutazione dei dati processuali, nell'ambito del capo
della sentenza colpito da annullamento.
E ciò è quello che ha fatto la sentenza impugnata che con ampia, approfondita
e logica motivazione ha ripercorso tutto il materiale probatorio, fornendo
risposta alle questioni sulle quali questa Corte aveva ravvisato una lacunosità
motivazionale e pervenendo in tal modo alla affermazione della responsabilità
dell'imputato.
3
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da condizionare in maniera determinante e fuorviante il ricordo della piccola
L. atteso che non solo dall'esame delle registrazioni effettuate dalla
madre è risultato che la piccola era in grado di resistere alle pressioni della
madre stessa, ma il racconto della medesima ha trovato conferma
nell'attività di psicoterapia svolta dalla dott.ssa
D.A.
nella relazione del
consulente tecnico dott.ssa S. nelle dichiarazioni rese da L. in
incidente probatorio, tutte volte a ribadire, con particolari e riferimenti
assolutamente precisi e concreti, l'avvenuto abuso da parte del padre che la
costringeva a partecipare ad atti sessuali consistiti, secondo il capo di
imputazione, in farsi accarezzare il pene, avere rapporti orali, urinarle in bocca
e toccarle con il pene varie parti del corpo. Tali conformi dichiarazioni, unite
alla accertata assenza di animosità e intenti calunniatori da parte della
C.
alla esistenza di altri elementi indiziari a carico dell'imputato
rappresentati dagli episodi raccontati dalle baby-sitter ed all'assenza di alcuna
altra possibile giustificazione circa la genesi del racconto della bimba e
l'acquisizione da parte della medesima di una competenza sessuale quale
quella dimostrata, hanno portato i giudici dei due gradi di giudizio (essendo
come noto la sentenza di primo grado integrativa di quella di appello) ad
affermare la responsabilità dell'imputato con motivazione congrua e logica.
Con specifico riferimento ai motivi di ricorso si rileva quanto segue.
Non sussiste contradditorietà di motivazione sul tema dei falsi ricordi che
possono essere stati indotti dall'iniziale intervento materno,
allorchè la
C.
ha sollecitato la bimba a raccontare quanto avveniva con il padre,
essendo la risposta negativa data dalla Corte di appello sostenuta da logici e
solidi argomenti. Rileva infatti tale giudice che dai passi delle trascrizioni
evidenziate dalla difesa con la memoria depositata il 26.6.2012 risultava che
pur in presenza di insistenze da parte della madre, la minore aveva avuto un
atteggiamento passivo, divagatorio e di sostanziale rifiuto di rispondere; si
trattava dunque di un comportamento non collaborativo che dimostrava come
la bambina , nonostante la tenera età e lo stretto legame, possedesse una
efficace capacità reattiva; comportamento dunque tutt'altro che compiacente
come si era sostenuto dalla difesa. A fronte di ciò, continua la sentenza,
esistevano anche altri passaggi dei colloqui, quali risultanti dalle registrazioni
trascritte, che la difesa aveva trascurato ma puntualmente richiamati dalla
sentenza qui impugnata, dai quali emergeva la spontaneità del racconto, la
assenza di insistenza della madre e la immediatezza delle risposte senza
possibilità di dubbio in ordine a possibili interferenze materne, in cui la piccola
L. riferiva chiaramente il tipo di attività che intervenivano con il padre e
cioè "giochi no buoni, cattivi", specificando che il padre "mi faceva bere il latte,
sai cosa faceva, prendeva il pisello e poi bu bu".
Nel formulare tali osservazioni, nessuna contraddizione vi è nella sentenza
impugnata dal momento che le affermazioni della Corte sono riferite a
momenti e passaggi diversi del colloquio madre e figlia, di cui la Corte
medesima ha dato una logica interpretazione.
Il ricorrente censura poi l'operato della dott.
D.A.
e della dott.ssa S.
per non aver preso conoscenza delle due registrazioni dei colloqui tra madre e
figlia. Rileva al riguardo la Corte che le registrazioni di cui si discute hanno
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acquisito al processo (essendone stata
disposta dal giudice la trascrizione) e sono state dunque conosciute dalla
difesa e valutate dai giudici; in particolare la sentenza di primo grado riferisce
ampiamente il
loro contenuto
e perviene ad un giudizio di spontaneità e verità
del racconto di
L.
quanto al comportamento paterno, confermato poi,
come
sopra si è
detto, dal giudice del rinvio. Quanto alla circostanza che la
dott.ssa
D.A.
come dalla stessa ammesso ed anzi sottolineato, non abbia
preso visione di tali trascrizioni durante il periodo in cui ebbe ad occuparsi
della bambina, è stato opportunamente chiarito dalla sentenza qui impugnata
che la medesima, psicologa e psicoterapeuta in servizio presso il consultorio e
docente universitario di psicologia, la cui capacità professionale è stata
generalmente riconosciuta, non ha assunto la qualifica di "consulente di
parte" ma soltanto di terapeuta nei confronti della bambina che la madre le
aveva affidato una volta avuti i primi concreti sospetti, e che tale attività ha
svolto per circa due anni; la stessa è poi intervenuta
nel processo
in veste di
teste qualificato ed ha confermato gli abusi subiti da
L.
da parte del
padre sulla base dell'esame diretto della minore; la decisione di non
ascoltare le registrazioni dei colloqui tra madre e figlia è stata frutto di una
precisa scelta professionale volta a privilegiare il contatto e l'ascolto diretto
della minor s avendo inteso la terapeuta instaurare una relazione autonoma con
priva di condizionamenti nel cui ambito prendere diretta conoscenza
dalla st ssa minore di quanto
/
le era accaduto e verificare in piena
indipendenza, ma con l'aiuto della competenza professionale, la sincerità della
medesima; correttamente un tale approccio metodologico è stata ritenuto non
censurabile dalla Corte di appello, che altrettanto logicamente
ha osservato
che il mancato ascolto delle registrazioni non significava che la
D.A.
non
fosse
a conoscenza
del
complesso dei
rapporti madre-figlia- padre, essendole
stata
L.
affidata dalla
C.
proprio a seguito dei sospetti sul
comportamento del
marito.
Quanto alla dott.ssa
S. .
del tutto improprio è il motivo nella parte che alla
medesima si riferisce dal momento che la sentenza di annullamento della Corte
di Cassazione non è intervenuta sul punto, onde correttamente la corte di
appello ha potuto limitarsi ad osservare che " nel suo incarico ha seguito un
modus procedendi apprezzato anche dal CT della difesa, né posto in
discussione dalla decisione della Suprema Corte e che riscontra e corrobora il
giudizio di abuso subito dalla minore".
Da ultimo venendo alla censura con cui si sostiene che non si sarebbe tenuto
conto della possibile influenza dell' ambiente e dello stile di vita della madre,
trattasi di motivo manifestamente infondato.
Come si è detto, il ricorrente si duole che la Corte di appello non ha preso in
esame la questione, ritenendo che il motivo fosse precluso in quanto relegato a
mero sospetto dalla Corte di Cassazione, laddove invece solo il "dove e
quando", ma non il "se", erano stati ritenuti mero sospetto. Al riguardo
sembra evidente che la alternativa che si poneva per giustificare la accertata
ed indiscussa conoscenza in materia sessuale dimostrata dalla piccola
del tutto inconsueta in una bimba della sua età, era tra l'essere stata
la medesima oggetto dei comportamenti contestati al padre ovvero aver
assistito a scene di sesso dal vivo o filmiche in casa della madre. La esclusione
L.
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quale la precedente sentenza di questa
Corte ha precisato trattarsi di "sospetto non corroborato da alcun serio
sospetto che lo rende attuale", rendeva evidentemente superfluo ogni
ulteriore accertamento sul "se".
In relazione al secondo motivo, è noto che la rinnovazione del dibattimento nel
giudizio di appello è istituto discrezionale e del tutto eccezionale e che proprio
in relazione a tali caratteristiche dell'istituto la giurisprudenza di questa Corte è
pacifica nell'affermare che mentre la decisione di procedere a rinnovazione
deve essere specificatamente motivata, occorrendo dar conto dell'uso del
potere discrezionale, derivante dalla acquisita consapevolezza della rilevanza
dell'acquisizione probatoria, nella ipotesi di rigetto, viceversa, la
decisione puo' essere sorretta anche da una motivazione implicita nella
stessa struttura argomentativa posta a base della pronuncia di merito, che
evidenzi la sussistenza di elementi sufficienti per una valutazione in
ordine alla responsabilita', con la conseguente mancanza di necessita' di
rinnovare il dibattimento. Inoltre giova ricordare che la giurisprudenza di
questa Corte ha chiarito la nozione di "prova decisiva", rilevante, ai sensi
dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. d) nel senso che la prova può ritenersi
decisiva solo quando risulti idonea a superare contrasti e conseguenti dubbi
emergenti dall'acquisito quadro probatorio, oppure nel caso in cui sia atta di
per sè ad inficiare l'efficacia dimostrativa di altra o altre prove di sicuro segno
contrario: e che tale non è quella abbisognevole di comparazione, quale la
prova contraria, con gli elementi già acquisiti, non per negarne l'efficacia
dimostrativa, bensì per comportarne un confronto dialettico al fine di effettuare
una ulteriore valutazione per quanto oggetto del giudizio (cfr. Cass. Sez. U,
Sentenza n. 17050 in data 11.04.2006, dep. 18.05.2006, Rv. 233729).
Alla luce di tali principi nessuna censura è ravvisabile nei confronti della
sentenza in esame, avendo nella stessa la Corte di appello espressamente
ritenuto ultronea, alla luce dell' ampia e approfondita disamina del materiale
probatorio, una eventuale attività di rinnovazione dibattimentale avente ad
oggetto l'escussione dei consulenti. E ciò è tanto più esatto ove si consideri da
un lato che con il presente ricorso si riconosce che l'errore nella verbalizzazione
delle dichiarazioni della bambina era stato corretto fin dal primo grado di
giudizio e dall'altro che il tema della possibile induzione della minore è stat
oggetto di attenzione nel corso dell'intero procedimento onde tutte le possibi
contestazioni hanno avuto modo di svilupparsi.
Passando ad esaminare il ricorso del pubblico ministero, le censure da
medesimo proposte non
SGRG
possono trovare accoglimento atteso che la
riduzione di pena effettuata dalla Corte di appello è sostenuta dal riferimento
alla personalità disturbata dell'imputato quale emersa nel corso del giudizio di
primo grado anche in relazione ai rapporti con la ex-moglie e dunque non
necessariamente all'atteggiamento dal medesimo assunto con la minore.
2.Conclusivarnente entrambi i ricorsi devono essere rigettati e l'imputato
O. deve essere condannato al pagamento delle spese processuali nonché
alla rifusione delle spese in favore della parte civile liquidate in euro 2500,00
oltre accessori come per legge.
6
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
igliere estensore
L
Così deciso il 3.10.2013.
{ORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
IV Sezione Penale
Il Presidente
Gaetanino Zecca
OSCURATA
P.Q.M.
Rigetta l'uno e l'altro ricorso. Condanna il ricorrente
O.
al pagamento
delle spese del procedimento nonché alla rifusione delle spese sostenute dalla
parte civile e liquidate in euro 2500,00 oltre accessori come per legge.
Corte di Cassazione - copia non ufficiale

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