Sentenza Nº 38518 della Corte Suprema di Cassazione, 22-09-2015

Presiding JudgeSANTACROCE GIORGIO
ECLIECLI:IT:CASS:2015:38518PEN
Date22 Settembre 2015
Judgement Number38518
CourtSezioni Unite (Corte Suprema di Cassazione di Italia)
Subject MatterPENALE
SENTENZA
sul ricorso proposto da
Ventrici Francesco, nato a San Calogero il 01/09/1972
avverso l'ordinanza del 20/02/2014 del Tribunale di Catanzaro
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal componente Giacomo Paoloni;
udito il Pubblico Ministero in persona dell'Avvocato generale Carlo Destro, che ha
concluso per raccoglimento del ricorso;
uditi per il ricorrente l'avv. Oreste Dominioni e l'avv. Alfredo Gaito, che hanno
insistito per l'accoglimento dei motivi di impugnazione.
Penale Sent. Sez. U Num. 38518 Anno 2015
Presidente: SANTACROCE GIORGIO
Relatore: PAOLONI GIACOMO
Data Udienza: 27/11/2014
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
RITENUTO IN FATTO
I
1.
Il Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Catanzaro, con
ordinanza del 10 gennaio 2011 (eseguita il 26 gennaio 2011), applicava a
Francesco Ventrici la misura cautelare della custodia in carcere per due delitti,
commessi nel settembre/ottobre 2009, di concorso in estorsione biaggravata ai
sensi dell'art. 629, secondo comma, cod. pen. (in relazione all'art. 628, terzo
comma, n. 1, cod. pen.: più persone riunite) e dell'art. 7 d.l. n. 152 del 1991
(azione criminosa commessa con metodi e per fini di natura mafiosa).
Il 18 gennaio 2012 il medesimo G.i.p. emetteva,
ex
art. 456 cod. proc. pen.,
decreto dispositivo del giudizio immediato davanti al Tribunale di Vibo Valentia
nei confronti dell'imputato
in vinculis.
2.
Il 30 settembre 2013, i difensori del Ventrici chiedevano al Tribunale,
giudice della cognizione di merito, la declaratoria di inefficacia della misura
carceraria per decorrenza del termine di custodia cautelare previsto per la fase
del giudizio di primo grado. Termine da individuare nella misura complessiva di
un anno e sei mesi, dovendo i contestati delitti di estorsione aggravata
considerarsi puniti, ai sensi dell'art. 303, comma 1, lett.
b),
n. 2, cod. proc. pen.,
con pena edittale non superiore a venti anni e, quindi, scanditi da un termine
cautelare ordinario della fase pari ad un anno, a questo cumulandosi l'ulteriore
termine di sei mesi previsto dal n.
3-bis
della lett.
b)
del citato art. 303, comma
1, cod. proc. pen., rientrando i contestati fatti di estorsione nel novero dei reati
elencati dall'art. 407, comma 2, lett.
a), cod. proc. pen.
Secondo la difesa, essendo i fatti estorsivi ascritti al giudicabile qualificati da
due circostanze aggravanti ad effetto speciale, i criteri di calcolo della pena per
fini cautelari dettati dall'art. 278 cod. proc. pen. non potevano non essere
integrati dal disposto dell'art. 63, quarto comma, cod. pen., che per il giudizio di
merito stabilisce - in caso di pluralità di aggravanti ad effetto speciale (e
impregiudicati eventuali bilanciamenti delle circostanze a norma dell'art. 69 cod.
pen.) - l'applicazione della pena stabilita per la circostanza più grave, salva la
possibilità per il giudice di aumentarla in riferimento alle ulteriori aggravanti ad
effetto speciale in misura non superiore a un terzo (a norma dell'art. 64, primo
comma, cod. pen.).
Nel caso riguardante il Ventrici, essendo individuabile in quella di cui all'art.
629, secondo comma, cod. pen., la circostanza aggravante più grave (pena
detentiva edittale massima di venti anni a fronte di quella di dieci anni prevista
per l'estorsione semplice
ex
art. 629, primo comma, cod. pen.) rispetto alla
concorrente aggravante della "mafiosità" della condotta
ex
art. 7 d.l. n. 152 del
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1991 (aumento della pena-base da un terzo alla metà), deve inferirsi che tale
seconda aggravante, «trasformandosi in aggravante comune», diviene
inapprezzabile per gli effetti di cui all'art. 278 cod. proc. pen. Con la
conseguenza che per i reati contestati all'imputato, siccome puniti con una pena
non superiore a venti anni, il termine custodiale per la fase del giudizio di primo
grado è quello di un anno (art. 303, comma 1, lett.
b,
n. 2, cod. proc. pen.),
aumentato di sei mesi per la natura dei reati (art. 303, comma 1, lett.
b,
n. 3-
bis,
cod. proc. pen.). Dunque un termine di un anno e sei mesi, largamente
decorso (in mancanza di sentenza di condanna conclusiva del giudizio di merito
di primo grado) dal decreto che ha disposto il giudizio immediato nei confronti
del Ventrici.
La descritta metodologia di determinazione della pena ai fini cautelari
troverebbe conforto, per i difensori del prevenuto, nella decisione con cui le
Sezioni Unite penali (Sez. U, n. 20798 del 24/02/2011, Indelicato, Rv. 249664),
definendo la recidiva c.d. qualificata (nelle varie tipologie elencatene dall'art. 99
cod. pen. implicanti aumenti di pena superiori ad un terzo) come una circostanza
aggravante ad effetto speciale, hanno statuito che la detta recidiva «soggiace, in
caso di concorso con circostanze aggravanti dello stesso tipo, alla regola
dell'applicazione della pena prevista per la circostanza più grave, e ciò pur
quando l'aumento che ad essa segua sia obbligatorio, per avere il soggetto, già
recidivo per un qualunque reato, commesso uno dei delitti indicati all'art. 407,
comma 2, lett.
a),
cod. proc. pen.».
3. Con ordinanza del 9 ottobre 2013 il Tribunale di Vibo Valentia rigettava
l'istanza
de libertate,
ritenendo non condivisibile l'assunto difensivo sulla durata
del termine cautelare di fase, questo dovendo computarsi in misura di due anni,
ai sensi del combinato disposto dei numeri 3 e
3-bis
della lettera
b)
dell'art. 303,
comma 2, cod. proc. pen., attesa la non caducazione a fini cautelari della
aggravante speciale meno grave (art. 7 d.l. n. 152 del 1991), sebbene
computabile in misura non eccedente un terzo (art. 63, quarto comma, cod.
pen.) della pena già definita in base all'aggravante speciale più grave, e tale, per
tanto, da produrre esiti sanzionatori superiori a venti anni di reclusione.
4. Adito
ex
art. 310 cod. proc. pen. dall'appello dell'imputato avverso tale
provvedimento reiettivo, il Tribunale distrettuale di Catanzaro con ordinanza del
20 febbraio 2014 ha respinto il gravame cautelare, ritenendo incongruo il
richiamo della difesa alla decisione delle Sezioni Unite del 24 febbraio 2011 (ric.
Indelicato), le cui statuizioni sono limitate alla definizione del trattamento
punitivo in concreto applicato dal giudice di merito (in conformità allo scopo
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