Sentenza Nº 37294 della Corte Suprema di Cassazione, 06-09-2019

Presiding JudgeDIOTALLEVI GIOVANNI
ECLIECLI:IT:CASS:2019:37294PEN
Judgement Number37294
Date06 Settembre 2019
CourtSeconda Sezione (Corte Suprema di Cassazione di Italia)
Subject MatterPENALE
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
DI CATALDO SALVATORE N. IL 13/01/1963
CARLI FRANCESCO N. IL 18/06/1972
CAMPOCHIARO COSIMO N. IL 19/09/1990
MESSINA NICOLA N. IL 30/01/1981
MIGGIANO COSIMO N. IL 09/02/1981
PRIMO FERDINANDO N. IL 17/12/1977
SOLOMBRINO SALVATORE N. IL 01/01E/1956
DI CATALDO ROSA N. IL 01/10/1980
avverso la sentenza n. 151/2018 CORTE APPELLO di BARI, del
12/03/2018
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 01/02/2019 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. LUCIANO IMPERIALI
Udito il Procuratore Generale in persona del D tt...ber
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Penale Sent. Sez. 2 Num. 37294 Anno 2019
Presidente: DIOTALLEVI GIOVANNI
Relatore: IMPERIALI LUCIANO
Data Udienza: 01/02/2019
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
RITENUTO IN FATTO
1.
La Corte di Appello di Bari con sentenza del 12/3/2018, pronunciandosi
sui ricorsi proposti da Di Cataldo Salvatore ed altri nove imputati avverso la
sentenza che li aveva riconosciuti colpevoli dei reati di estorsione aggravata,
consumata e tentata, di partecipazione ad associazione finalizzata al traffico di
stupefacenti e di numerosi episodi di cessioni di stupefacenti, così come loro
rispettivamente ascritti, ha confermato la sentenza di primo grado nei confronti
di Di Cataldo Rosa, Messina Nicola, Miggiano Cosimo e Solombrino Salvatore,
riformando invece la sentenza impugnata, quanto agli altri appellanti, solo in
ordine al trattamento sanzionatorio.
2.
Avverso la sentenza della Corte territoriale hanno proposto ricorso
personalmente Carli Francesco, Di Cataldo Salvatore, Di Cataldo Rosa e Primo
Ferdinando nonché, a mezzo dei rispettivi difensori, Messina Nicola, Campochiaro
Cosimo, Miggiano Cosimo e Solombrino Salvatore.
2.1. Messina Nicola a sostegno del ricorso ha dedotto:
2.1.1. Con il primo motivo di ricorso la violazione di legge ed il vizio di
motivazione in ordine ai due episodi di offerta in vendita di sostanza
stupefacente di tipo nelle date 19/2/2015 e 8/3/2015, per i quali si assume che
la Corte territoriale non si sarebbe uniformata alla giurisprudenza di questa Corte
secondo cui occorre particolare rigore nell'interpretare le conversazioni
intercettate. Soprattutto con riferimento all'episodio del 19/2/2015, in
particolare, il Messina ha dedotto l'assoluta mancanza di motivazione in ordine
all'asserita disponibilità di stupefacente da parte del ricorrente.
2.1.2. Con il secondo motivo di ricorso ha dedotto la violazione di legge ed il
vizio di motivazione con riferimento all'episodio di "offerta in vendita" e
"cessione" di sostanza stupefacente in data 8/3/2015, assumendo trattarsi
chiaramente di attività prodromica alla cessione di sostanza stupefacente in data
9/3/2015 per la quale è già intervenuta condanna irrevocabile.
2.1.3. Con l'ultimo motivo di ricorso ha dedotto la violazione di legge ed il
vizio di motivazione in ordine alla ritenuta insussistenza dei presupposti per il
proscioglimento ai sensi dell'art. 131 ter cod, pen. per la particolare tenuità del
fatto, motivata solo con riferimento al particolare allarme sociale destato dai
reati.
2.2. Miggiano Cosimo ha sollevato tre motivi di impugnazione:
2.2.1. La violazione di legge ed il vizio di motivazione in ordine alla ritenuta
responsabilità dello stesso ricorrente che si assume affermata in violazione della
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regola posta dall'art. 533 cod. proc. pen., irlei difetto di elementi idonei da
dimostrare la responsabilità oltre ogni ragionevole dubbio e senza seguire il
principio secondo cui le conversazioni criptiche dovrebbero essere interpretate
anche alla luce di elementi che confortino l'ipotesi accusatoria.
2.2.2. Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alle ragioni che
hanno portato ad escludere la configurazione dell'ipotesi di cui al comma 5
dell'art. 73 d.p.r. n. 309/90.
2.2.3. Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al mancato
riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche ed al trattamento
sanzionatorio.
2.3. Campochiaro Cosimo, a sostegno del suo ricorso, ha dedotto la
mancanza di qualsiasi motivazione in ordine alle ragioni per cui non si è
proceduto ad un proscioglimento ai sensi dell"art. 129 cod. proc. pen., in ordine
al diniego delle circostanze attenuanti generiche nella loro massima estensione
ed anche in ordine alla determinazione della pena.
2.4. Solombrino Salvatore, a sostegno del ricorso, ha dedotto:
2.4.1. Con il primo motivo di ricorso la violazione di legge ed il vizio di
motivazione in ordine al riconoscimento della penale responsabilità sulla base del
ritenuto linguaggio criptico delle conversazioni intercettate ed in assenza di
sequestri, idonei anche ad escludere l'ipotesi di cui al comma 5 dell'art. 73 d.p.r.
n. 309/90, o comunque di elementi di riscontro dell'ipotesi accusatoria, sia con
riferimento al capo d) che al capo e) della rubrica, in relazione al quale si assume
che le conversazioni intercettate non avevano un significato univoco.
2.4.2. Con il secondo motivo il vizio di motivazione in ordine al
riconoscimento della recidiva.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3.
I ricorsi proposti personalmente da Carli Francesco, Di Cataldo Salvatore,
Di Cataldo Rosa e Primo Ferdinando sono inammissibili: il ricorso per cassazione
avverso qualsiasi tipo di provvedimento, infatti, non può essere proposto dalla
parte personalmente, ma, a seguito della modifica apportata agli artt. 571 e 613
cod. proc. pen. dalla legge 23 giugno 2017, n. 103, deve essere sottoscritto, a
pena di inammissibilità, da difensori iscritti nell'albo speciale della Corte di
cassazione (Sez. U, n. 8914 del 21/12/2017, Rv. 272010).
4.
In relazione agli altri ricorsi, deve invece riconoscersi la fondatezza del
solo secondo motivo del ricorso proposto da Messina Nicola, con il quale lo stesso
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ha dedotto la violazione di legge ed il vizio di motivazione con riferimento
all'episodio di "offerta in vendita" e "cessione" di sostanza stupefacente in data
8/3/2015, assumendo trattarsi chiaramente di attività prodromica alla cessione
della sostanza stupefacente in data 9/3/2015 per la quale è già intervenuta
condanna. La stessa sentenza impugnata, infatti, (al fl. 17) riconosce, con
riferimento alla sostanza stupefacente oggetto di conversazione intercettata il
giorno 8/3/2015, che "la cessione non si verifica quel giorno, di qui l'episodio del
9/3/2015 per il quale il Messina è già stato condannato con sentenza divenuta
irrevocabile" essendosi, invece, la cessione materialmente verificata il giorno
successivo".
La detenzione e l'offerta in vendita del giorno 8/3/2015, pertanto, avendo ad
oggetto lo stesso stupefacente poi ceduto il giorno successivo, debbono ritenersi
assorbite in tale cessione, in conformità al costante insegnamento di questa
Corte di Cassazione secondo cui in materia di stupefacenti, l'art. 73 del d.P.R. n.
309 del 1990 ha natura giuridica di norma a più fattispecie, con la conseguenza
che, da un lato, il reato è configurabile allorché il soggetto abbia posto in essere
anche una sola delle condotte ivi previste e che, dall'altro, deve escludersi il
concorso formale di reati quando un unico fatto concreto integri contestualmente
più azioni tipiche alternative previste dalla norma, poste in essere senza
apprezzabile soluzione di continuità dallo stesso soggetto ed aventi come oggetto
materiale la medesima sostanza stupefacente (Sez. 3, n. 7404 del 15/01/2015,
Rv. 262421; Sez. 6, n. 230 del 17/11/1999, Rv. 215175).
Conseguentemente, la sentenza impugnata va annullata limitatamente
all'episodio dell'8 marzo 2015 di cui al capo L), ai sensi dell'art. 649 cod. proc.
pen. perché già oggetto di giudicato.
5. I ricorsi proposti da Campochiaro Cosimo, Miggiano Cosimo e Solombrino
Salvatore, invece, sono inammissibili, al pari degli alteri motivi di ricorso proposti
dal Messina, in quanto si discostano dai parametri dell'impugnazione di
legittimità stabiliti dall'art. 606 cod. proc. pen..
5.1. La rinuncia del Campochiaro ai motivi del ricorso in appello relativi alla
sua responsabilità, in particolare, determina l'inammissibilità della censura
relativa all'omessa motivazione sul mancato proscioglimento del predetto
imputato per taluna delle cause previste dall'art. 129 cod. proc. pen. in quanto, a
causa dell'effetto devolutivo, una volta che l'imputato abbia rinunciato ai motivi
d'impugnazione, la cognizione del giudice deve limitarsi ai motivi non rinunciati
(Sez. 1, n. 43721 del 15/11/2007, Rv. 238686); peraltro, trattasi di censura
inammissibile anche per la sua genericità, non avendo il ricorrente nemmeno
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specificato quale possa essere stata la causa di proscioglimento non rilevata dal
giudice.
5.2. Anche i motivi di ricorso con i quali il Miggiano, il Solombrino ed il
Messina contestano il riconoscimento della loro penale responsabilità sono
inammissibili per la loro genericità, oltre che perché rivolte ad ottenere una
inammissibile ricostruzione dei fatti mediante criteri di valutazione diversi da
quelli adottati dal giudice di merito, il quale, con motivazione esente da vizi logici
e giuridici, ha esplicitato le ragioni del suo convincimento. Secondo il costante
insegnamento di questa Suprema Corte, invece, esula dai poteri della Corte di
cassazione quello di una "rilettura" degli elementi di fatto posti a fondamento
della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di
merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di
una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze
processuali (Sez. U., 30/4/1997, n. 6402, Rv. 207944; Sez. 4, n. 4842 del
02/12/2003, Rv. 229369).
Peraltro, i predetti ricorrenti contestano l'interpretazione delle risultanze
delle intercettazioni effettuate, assumendo che sarebbero possibili diverse e più
prudenti interpretazioni di queste che, però, non indicano nei motivi di ricorso, il
Solombrino, ad esempio, nemmeno indica quali possano essere le intercettazioni
che, in relazione ai fatti di cui ai capi d) ed e) della rubrica, non avrebbero un
significato univoco, né quale sia il significato, diverso da quello attributo dai
giudici di merito, che dovrebbe darsi alle non meglio specificate conversazioni
intercettate: il ricorrente, invece, ha non soltanto l'onere di dedurre le censure
su uno o più punti determinati della decisione impugnata, ma anche quello di
indicare gli elementi che sono alla base delie sue lagnanze. Anche sotto tale
profilo, pertanto, si tratta di censure inammissibili, perché prive dei requisiti
prescritti dall'art. 581, comma 1, lett. c) cod. proc. pen. in quanto, a fronte di
una motivazione della sentenza impugnata ampia e logicamente corretta, non
indicano gli elementi che sono alla base della censura formulata, non
consentendo al giudice dell'impugnazione di individuare i rilievi mossi ed
esercitare il proprio sindacato.
5.3. Anche in relazione ai motivi di ricorso con i quali il Solombrino ed il
Miggiano contestano la mancata configurazione dell'ipotesi di cui al comma 5
dell'art. 73 d.p.r. n. 309/90 deve rilevarsi la stessa causa di inammissibilità, non
avendo i predetti indicato gli specifici elementi di prova su cui si cui si
fonderebbe la prospettazione della lieve entità dei fatti. Peraltro, a tal proposito,
il ricorso del Miggiano nemmeno si confronta con il rilievo della sentenza
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impugnata secondo cui, anche in assenza di accertamenti tecnici sulla sostanza
stupefacente, le somme corrisposte quale corrispettivo della sostanza sequestra
erano di per sé incompatibili con una modica quantità delle medesime, né la lieve
entità del fatto appariva compatibile con le modalità di organizzazione
dell'attività di spaccio e con i quantitativi a cui si faceva riferimento nelle
conversazioni telefoniche: sotto tale profilo, pertanto, il motivo addotto deve
ritenersi non specifico. La mancanza di specificità del motivo, invero, deve essere
apprezzata non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per
la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata
e quelle poste a fondamento dell'impugnazione, questa non potendo ignorare le
esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità
conducente, a mente dell'art. 591 comma 1 lett. c) cod. proc. pen,
all'inammissibilità (Sez. 4, 29/03/2000, n« 5191, Rv. 216473; Sez. 1,
30/09/2004, n. 39598, Rv. 230634; Sez. 4, 03/07/2007, n. 34270, Rv. 236945;
Sez. 3, 06/07/2007, n. 35492, Rv. 237596).
5.4. Sono inammissibili anche i motivi di ricorso con i quali il Miggiano ed il
Campochiaro si dolgono del trattamento sanzionatorio ricevuto, ed il Solombrino
del riconoscimento della recidiva.
Quanto al Miggiano, deve in primo luogo rilevarsi l'aspecificità della censura
con la quale si contesta la mancata concessione delle circostanze attenuanti
generiche, invece riconosciute sin dalla sentenza di primo grado, mentre la
mancata esclusione della recidiva contestata al Solombrino deve ritenersi
adeguatamente giustificata dal richiamo ai "numerosissimi" precedenti penali del
predetto, ritenuti senza vizi logici sintomatici di attuale ed allarmante pericolosità
sociale.
La graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle
diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella
discrezionalità del giudice di merito, che la esercita, così come per fissare la pena
base, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.; ne
discende che è inammissibile la censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad
una nuova valutazione della congruità della pena la cui determinazione non sia
frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico (Sez. 5, n. 5582 del
30/09/2013, Rv. 259142), ciò che - con riferimento ai predetti ricorrenti - non
ricorre. Invero, una specifica e dettagliata motivazione in ordine alla quantità di
pena irrogata, specie in relazione alle diminuzioni o aumenti per circostanze, è
necessaria soltanto se la pena sia di gran lunga superiore alla misura media di
quella edittale, potendo altrimenti essere sufficienti a dare conto dell'impiego dei
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criteri di cui all'art. 133 cod. pen. le espressioni del tipo: "pena congrua", "pena
equa" o "congruo aumento", come pure il richiamo alla gravità del reato o alla
capacità a delinquere (Sez. 2, n. 36245 del 26/06/2009, Rv. 245596).
5.5. E' inammissibile, infine, anche l'ultimo motivo del ricorso proposto dal
Messina, volto a contestare la ritenuta insussistenza dei presupposti per il
proscioglimento ai sensi dell'art. 131 ter cod. per la particolare tenuità del fatto:
ai fini dell'applicabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare
tenuità del fatto, infatti, il giudizio sulla tenuità dell'offesa dev'essere effettuato
con riferimento ai criteri di cui all'art. 133, comma primo, cod. pen., ma non è
necessaria la disamina di tutti gli elementi di valutazione previsti, essendo
sufficiente l'indicazione di quelli ritenuti rilevanti (Sez. 6, n. 55107 del
08/11/2018, Rv. 274647), sicché deve ritenersi sufficiente il riferimento, nella
sentenza impugnata, alle modalità della condotta ed al particolare allarme
sociale che destano i reati contestati
6.
All'annullamento della condanna del Messina limitatamente all'episodio
dell'8 marzo 2015 di cui al capo L) consegue l'eliminazione dell'aumento di pena
determinato per tale reato, in continuazione e, conseguentemente, la
rideterminazione della pena in mesi cinque e giorni dieci di reclusione ed euro
800,00 di multa.
7.
Alla dichiarazione di inammissibilità dei ricorsi di Di Cataldo Salvatore, Di
Cataldo Rosa, Carli Francesco, Primo Ferdinando, Campochiaro Cosimo, Miggiano
Cosimo, Solombrino Salvatore consegue, invece, per il disposto dell'art. 616 cod.
proc. pen., la condanna dei predetti ricorrenti al pagamento delle spese
processuali nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una
somma che, considerati i profili di colpa emergenti dai ricorsi, si determina
equitativamente in C 2000,00 ciascuno.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente all'episodio dell'8
marzo 2015 di cui al capo L) ai sensi dell'art. 649 cod. proc. pen. perché già
oggetto di giudicato, e ridetermina la pena nei confronti di Messina Nicola in mesi
cinque e giorni dieci di reclusione ed euro 800,00 di multa. Dichiara
inammissibile nel resto il ricorso
Dichiara inammissibili i ricorsi di Di Cataldo Salvatore, Di Cataldo Rosa, Carli
Francesco, Primo Ferdinando, Campochiaro Cosimo, Miggiano Cosimo,
Solombrino Salvatore e condanna i predetti ricorrenti al pagamento delle spese
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processuali e della somma di euro duemila ciascuno a favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso il giorno 1 febbraio 2019
Il Consigliere estensore
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