Sentenza Nº 36659 della Corte Suprema di Cassazione, 29-08-2019

Presiding JudgeTARDIO ANGELA
ECLIECLI:IT:CASS:2019:36659PEN
Judgement Number36659
Date29 Agosto 2019
CourtPrima Sezione (Corte Suprema di Cassazione di Italia)
Subject MatterPENALE
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
DEL DUCA ANDREA nato a SARONNO il 17/04/1991
avverso l'ordinanza del 12/09/2018 del TRIBUNALE di COMO
udita la relazione svolta dal Consigliere VINCENZO SIANI;
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Penale Sent. Sez. 1 Num. 36659 Anno 2019
Presidente: TARDIO ANGELA
Relatore: SIANI VINCENZO
Data Udienza: 01/04/2019
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
RITENUTO IN FATTO
1. Con l'ordinanza in epigrafe, emessa il 12 - 13 settembre 2018, il
Tribunale di Como, in funzione di giudice dell'esecuzione, ha rigettato l'istanza
avanzata nell'interesse di Andrea Del Duca di applicazione della disciplina della
continuazione tra i reati oggetto delle due seguenti sentenze di condanna rese
nei suoi confronti:
1)
sentenza, ex artt. 444 e ss. cod. proc. pen., emessa dal G.u.p. del Tribunale
di Como in data 11 febbraio 2010, irrevocabile in data 11 marzo 2010, di
applicazione a Del Duca della pena concordata di anni due di reclusione ed euro
400,00 di multa, per il reato di cui agli artt. 110, 628, primo e terzo comma,
cod. pen., commesso in Lomazzo, il 15 maggio 2009;
2)
sentenza resa dal Tribunale di Como in data 15 febbraio 2012, confermata
dalla Corte di appello di Milano con sentenza del 17 novembre 2016, irrevocabile
il 7 marzo 2018, di condanna di Del Duca alla pena di anni uno di reclusione ed
euro 300,00 di multa, per il reato di cui agli artt. 110, 624, 625, nn. 2, 5 e 6,
cod. pen., commesso in Lomazzo, fra il 17 e il 18 maggio 2009.
2. Avverso tale decisione ha proposto ricorso il difensore di Del Duca
chiedendone l'annullamento sulla base di un unico motivo con cui lamenta
erronea applicazione della legge penale e vizio di motivazione.
Secondo il ricorrente, la motivazione a base del provvedimento impugnato
non dimostra il compimento di un'analisi adeguata e logicamente corretta degli
indicatori rilevabili nelle due sentenze di merito, dimostrativi della sussistenza
del medesimo disegno criminoso alla base dei reati giudicati dalle suddette
decisioni: infatti, entrambe le fattispecie riguardavano reati contro il patrimonio
caratterizzati da violenza, rispettivamente sulla persona e sulle cose, erano
finalizzate all'impossessamento di beni altrui, erano state attuate in un arco
temporale limitatissimo e nel medesimo luogo, nonché risultavano commesse
con i medesimi complici e con modalità esecutive identiche, consistenti
nell'impiego della violenza per arrivare all'impossessamento di beni altrui: in
questa prospettiva, il primo delitto, quello di rapina, costituiva con chiarezza
l'antecedente diretto del successivo furto aggravato.
3. Il Procuratore generale si è espresso nel senso dell'inammissibilità del
ricorso, in considerazione del fatto che l'ordinanza impugnata ha evidenziato che
le condotte alla base dei reati non possono essere inquadrate nel medesimo
disegno criminoso, poiché, nonostante il dato temporale e il medesimo luogo di
commissione, le violazioni erano diverse, la prima riguardando un grave episodio
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Corte di Cassazione - copia non ufficiale
di rapina e il secondo inerendo a un furto con scasso ai danni di un esercizio
commerciale, la cui rispettiva realizzazione non aveva fatto emergere ulteriori
elementi idonei a farli ritenere oggetto di un'unica, seppur generica,
progettazione criminosa, apparendo essi, invece, frutto di due susseguenti
determinazioni estemporanee.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.
La Corte ritiene che il ricorso sia da accogliere nei sensi che seguono.
2.
Il giudice dell'esecuzione ha osservato che gli unici motivi addotti per
supportare la domanda erano costituiti dall'identità della natura dei reati e dalla
contiguità temporale e che si trattava di indici insufficienti a dimostrare il vincolo
della continuazione in sede esecutiva, a fronte di due reati contro il patrimonio,
uno commesso con violenza alla persona e l'altro, invece, commesso con
violenza sulle cose, sicché essi, pur se perpetrati a breve distanza l'uno dall'altro,
si profilavano autonomi, tenuto anche conto che il primo si era risolto in una
rapina aggravata, commessa da più persone riunite in danno di una donna a cui
era stata sottratta la borsa con violenza consistita nel colpirla con calci e pugni,
mentre il secondo si era concretato in un furto con scasso, perpetrato in tempo
di notte, all'interno di un esercizio commerciale, con sottrazione, oltre al danaro,
anche di vari generi alimentari e bevande. Il Tribunale ha ritenuto rilevante
anche che - a parte il diverso rito prescelto dall'imputato in uno, e non nell'altro
dei procedimenti - Del Duca non abbia fornito, scegliendo di avvalersi della
facoltà di non rispondere, alcun elemento idoneo ad asseverare l'unicità di
disegno criminoso.
3. Il Collegio rileva che il giudice dell'esecuzione, escludendo - sulla scorta
delle sole notazioni succitate - la sussistenza della prova del medesimo disegno
criminoso, per essere stati ritenuti i reati non sufficientemente omogenei, seppur
commessi nello stesso luogo e a distanza di soli due giorni, non ha reso una
motivazione compiuta e coerente su tutti gli aspetti rilevanti del caso scrutinato.
La motivazione sopra indicata, muovendo dal presupposto che gli unici
elementi addotti dall'istante si sono risolti nell'identità della natura dei reati e
nella contiguità temporale della loro consumazione, ha finito per omettere la
valutazione di altri indici pure addotti da Del Duca, quali l'identità di luogo e
l'identità dei concorrenti (indicati in Jonathan Scafetta, Mohamed Annine El
Ghamraoui e Michele Marchetta), la sovrapponibilità delle modalità esecutive
caratterizzate dalla somministrazione di violenza su cose o persone.
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Corte di Cassazione - copia non ufficiale
Il giudice dell'esecuzione, da un lato, ha limitato l'analisi ad alcune delle
modalità caratterizzanti le due vicende e, dall'altro, ha argomentato dalla
reputata esiguità degli indici sintomatici per pervenire all'assenza di prova
dell'unitarietà del disegno criminoso, senza però considerare - ovviamente per
ogni possibile, susseguente considerazione - gli ulteriori elementi pure dedotti.
La motivazione non si rivela, dunque, adeguata: e il riferimento operato dal
Tribunale alla diversità di rito e al comportamento dell'imputato nel processo di
cognizione, dati non direttamente rilevanti ai fini della verifica della sussistenza
del medesimo disegno criminoso, non vale certo a renderne sufficiente
l'iter
argomentativo.
4. Posto ciò, resta assodato il principio secondo cui,
in executivis,
grava sul
condannato che invochi l'applicazione della disciplina del reato continuato l'onere
di allegare elementi specifici e concreti a sostegno, non essendo sufficiente il
mero riferimento alla contiguità cronologica degli addebiti ovvero all'identità dei
titoli di reato, atteso che tali elementi possono essere anche indici sintomatici -
non dell'attuazione di un progetto criminoso unitario quanto piuttosto - di
un'abitualità criminosa e di scelte di vita ispirate alla sistematica e contingente
consumazione degli illeciti (arg. anche ex Sez. 1, n. 35806 del 20/04/2016,
D'Amico, Rv. 267580), muovendosi dal condiviso principio, specificato dalla
giurisprudenza di legittimità ia=quale., nella sua più autorevole composizione,
secondo cui "il riconoscimento della continuazione, necessita, anche in sede di
secuzione, non diversamente che nel processo di cognizione, di una
approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l'omogeneità
delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spazio-temporale, le singole
causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di
vita, e del fatto che, al momento della commissione del primo reato, i successivi
fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo
sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati se i
successivi reati risultino comunque frutto di determinazione estemporanea" (Sez.
U, n. 28659 del 18/05/2017, Gargiulo, Rv. 270074).
Tuttavia - a fronte delle prospettazioni svolte dall'istante, con il riferimento
alla richiamata pluralità di indici sintomatici della dedotta unitarietà della
programmazione die succitati reati - lo scrutinio del giudice dell'esecuzione si è
risolto in un discorso giustificativo che, omettendo di affrontare compiutamente
gli snodi evidenziati dal condannato e qui considerati come degni di una analitica
disamina, non ha delibato in modo compiuto tutti gli elementi rilevanti e si è
dimostrato, quindi, inadeguato a sorreggere incensurabilmente la conclusione
raggiunta.
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4. Stante l'emersione del rilevato vizio di motivazione, l'ordinanza
impugnata va ritenuta viziata da motivazione carente e contraddittoria e,
pertanto, deve essere annullata, con rinvio al Tribunale di Como, in diversa
composizione (cfr. Corte cost., sent. n. 183 del 09/07/2013), per il nuovo esame
che tenga conto dei principi testé esposti.
P.Q.M.
Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di
Como.
Così deciso il 1° aprile 2019
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