Sentenza Nº 36152 della Corte Suprema di Cassazione, 16-08-2019

Presiding JudgeSABEONE GERARDO
ECLIECLI:IT:CASS:2019:36152PEN
Date16 Agosto 2019
Judgement Number36152
CourtQuinta Sezione (Corte Suprema di Cassazione di Italia)
Subject MatterPENALE
SENTENZA
sui ricorsi presentati da:
Barone Salvatore, nato a Taurianova, il 19/6/1965;
Bartolo Antonella, nata a Cinquefrondi, il 26/10/1984;
Bartolo Domenico, nato a Rosarno, il 28/1/1964;
Bartolo Rossana, nata a Rosarno, il 16/1/1988;
Cimato Mercurio, nato a Rosarno, il 11/12/1969;
Ciraolo Giuseppe, nato a Cinquefrondi, il 21/4/1985;
Paladino Massimo, nato a Rosarno, il 22/6/1971;
Seminara Giorgio Antonio, nato a Reggio Calabria, il 26/10/1977;
Sergio Biagio, nato a Taurianova, il 28/9/1968;
Zangari Salvatore, nato a Rosarno, il 6/8/1965;
avverso la sentenza del 21/7/2017 della Corte d'appello di Reggio Calabria;
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Penale Sent. Sez. 5 Num. 36152 Anno 2019
Presidente: SABEONE GERARDO
Relatore: PISTORELLI LUCA
Data Udienza: 30/04/2019
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
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visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Luca Pistorelli;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.
Tommaso Epidendio, che ha concluso per l'annullamento senza rinvio limitatamente
alla commisurazione della pena nei confronti di Barone e con rinvio limitatamente
all'aggravante di cui all'art. 7 I. n. 203/1991 contestata al Seminara, nonché per il
rigetto nel resto dei ricorsi del Barone e degli altri ricorsi.
udito per la parte civile città metropolitana Reggio Calabria l'avv. Paolo Gemelli, che
ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi;
uditi per gli imputati gli avv.ti Enrico Paratore, Francesco Collia, Domenico Malvaso,
Gianfranco Giunta, Giovanni Sisto Vecchio e Giacomo lana, che hanno concluso
chiedendo l'accoglimento dei ricorsi proposti nell'interesse dei rispettivi assistiti.
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza impugnata la Corte d'appello di Reggio Calabria ha confermato la
condanna, pronunziata a seguito di giudizio abbreviato, degli imputati indicati in
epigrafe per i reati di partecipazione ad associazione di tipo 'ndranghetista aggravata
dalla disponibilità di armi, detenzione e porto di armi comuni da sparo e
favoreggiamento pluriaggravato, per come rispettivamente contestati. In particolare la
Corte territoriale ha ritenuto provata la partecipazione di Barone Slavatore e Ciraolo
Giuseppe alla consorteria guidata da Bellocco Umberto cl. '37 sulla base di una serie di
risultanze, tra cui soprattutto alcune conversazioni intercettate nell'abitazione
dell'anziano boss all'indomani della sua scarcerazione, avvenuta nell'aprile del 2014, e
prima che l'attività di captazione venisse interrotta dal rinvenimento della microspia a
seguito dei ripetuti tentativi di bonifica operati dai sodali. Sempre con riferimento
all'ipotesi associativa, la sentenza ha confermato la configurabilità del carattere armato
dell'associazione, escludendo l'aggravante di cui al sesto comma dell'art. 416-bis c.p.,
invece riconosciuta in primo grado. La conferma delle condanne per i diversi episodi di
favoreggiamento pluriaggravato contestati ai capi G), H), I), P), Q) ed R) riguarda
invece l'attività di supporto prestata alla latitanza di Pesce Giuseppe cl. '80, reggente
dell'omonima famiglia operante come quella dei Bellocco nel territorio di Rosarno. In tal
senso Bartolo Domenico e le figlie Antonella e Rossana sono stati ritenuti responsabili
di aver aiutato in diverse occasioni Bellocco Ilenia, moglie del latitante, ad eludere le
investigazioni tese alla cattura del marito nel cui nascondiglio la stessa regolarmente si
recava, anche procedendo alla bonifica della sua autovettura. La Corte territoriale ha
invece riconosciuto il concorso di Paladino Massimo, Sergio Biagio, Cimato Mercurio e
Zangari Salvatore nell'edificazione del bunker sotterraneo sito in San Fili di Melicucco
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Corte di Cassazione - copia non ufficiale
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dove il Pesce, in diversi periodi della sua latitanza, si era nascosto prima di essere
catturato. Quanto invece a Seminara Giorgio Antonio, i giudici d'appello hanno ritenuto
provata la sua responsabilità per aver fornito al citato Pesce un proprio documento
d'identità al fine di consentirgli di stipulare il contratto d'affitto dell'abitazione di
Gizzeria Lido utilizzata dal medesimo per trascorrere un periodo di vacanza insieme alla
moglie ed alla figlia.
2. Avverso la sentenza hanno proposto ricorso tutti gli imputati indicati in epigrafe.
2.1 Nell'interesse di Barone Salvatore sono stati proposti due ricorsi a firma di entrambi
i suoi difensori.
2.1.1 Con il primo si richiede la rideterminazione del trattamento sanzionatorio, in
quanto oggetto di erronea computazione, atteso che la Corte territoriale, operato
l'aumento di un terzo sulla pena base per effetto della recidiva fino a 12 anni di
reclusione, la diminuiva per il rito abbreviato ad anni 9, invece che ad anni 8 come
dovuto.
2.1.2. Con il secondo ricorso, che articola due motivi, il ricorrente deduce innanzi tutto
violazione di legge in merito alla condanna per il reato associativo. La precedente
condanna dell'imputato, nel 2005, per il reato di cui all'art. 416-bis c.p.p. avrebbe reso
necessaria la dimostrazione della sua perdurante partecipazione al consorzio criminale,
nonché, sul piano dell'elemento soggettivo, della coscienza e volontà di appartenere
all'associazione, non riducibile alla mera «adesione psicologica ad un contesto
familiare». Non potrebbe invero costituire prova o anche solo indizio di tale
appartenenza l'esistenza di semplici rapporti di parentela o affinità con taluno dei
componenti dell'associazione stessa, quali quelli invece valorizzati dai giudici del
merito. La sentenza impugnata avrebbe illogicamente equiparato poi la invero solo
sporadica frequentazione tra l'imputato ed alcuni esponenti del sodalizio ad una vera e
propria cointeressenza affaristica con i medesimi rilevante ai fini associativi.
2.1.3. Si censura quindi il fatto che il provvedimento abbia posto a fondamento della
dichiarazione di responsabilità dell'imputato alcune intercettazioni telefoniche disposte
nell'ambito del diverso procedimento c.d. "Blue Cali", avviato dall'autorità giudiziaria
milanese a carico di taluni esponenti del clan Bellocco ed al loro coinvolgimento
nell'omonima società. La Corte territoriale, secondo il ricorrente, ha ingiustificatamente
attribuito valore indiziante al fatto che nel corso delle conversazioni intercettate fossero
stati presi accordi per organizzare un incontro tra il Barone e il Longo, il commercialista
Fratto, nonché Umberto Bellocco cl. '83 e Giuseppe Bellocco cl. '87, svalutando invece
la circostanza della mancata partecipazione dell'imputato alla successiva riunione. Non
di meno i giudici dell'appello sul punto avrebbero ignorato le obiezioni difensive tese ad
evidenziare come i colloqui si fossero svolti precedentemente all'inizio dello
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