Sentenza Nº 35789 della Corte Suprema di Cassazione, 07-08-2019

Presiding JudgeCERVADORO MIRELLA
ECLIECLI:IT:CASS:2019:35789PEN
Date07 Agosto 2019
Judgement Number35789
CourtSeconda Sezione (Corte Suprema di Cassazione di Italia)
Subject MatterPENALE
SENTENZA
sui ricorsi proposti da
GALDIERI PASQUALE, nato ad Avellino il 28.5.1974
PAGANO BENIAMINO, nato ad Avellino il 31.1.1980
avverso la sentenza n. 10496/2017 della Corte d'Appello di Napoli
Visti gli atti, la sentenza e i ricorsi;
Udita nella pubblica udienza del 21.5.2019 la relazione fatta dal Consigliere
Giuseppina Anna Rosaria Pacilli;
Udito il Sostituto Procuratore Generale in persona di Stefano Tocci, che ha
concluso chiedendo di rigettare i ricorsi;
Uditi gli avv.ti Dario Vannetiello e Valerio Víanello Accorrettí, difensori di Galdieri
Pasquale, e gli avv.ti Gaetano Aufiero e Salvatore D'Antonio, difensori di Pagano
Beniamino, che hanno concluso chiedendo di accogliere i rispettivi ricorsi
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 14 novembre 2017 la Corte d'appello di Napoli ha
confermato la sentenza emessa dal Tribunale di Avellino il 19 giugno 2012, con
cui GALDIERI PASQUALE e PAGANO BENIAMINO, in atti generalizzati, sono stati
condannati alla pena ritenuta di giustizia in relazione al reato di tentata
estorsione aggravata ai danni dei fratelli Pecchia.
Secondo la ricostruzione, operata dai giudici di merito, í ricorrenti hanno
posto in essere un unico tentativo di estorsione, che si è articolato in tre
Penale Sent. Sez. 2 Num. 35789 Anno 2019
Presidente: CERVADORO MIRELLA
Relatore: PACILLI GIUSEPPINA ANNA ROSARIA
Data Udienza: 21/05/2019
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
avvicinamenti delle persone offese, connotati da modalità intimidatorie e
finalizzati ad acquisire il Centro La Piramide, sito in Monteforte Irpino, di
proprietà delle persone offese.
Avverso la sentenza d'appello hanno proposto ricorsi per cassazione i
difensori degli imputati.
L'avv. Alfonso Furgiuele, nell'interesse di GALDIERI PASQUALE, ha dedotto i
seguenti motivi:
1)
erronea applicazione degli artt. 110, 56 e 629 c.p. nonché vizi della
motivazione della sentenza impugnata, avendo la Corte d'appello fondato
l'affermazione di responsabilità dell'imputato sul narrato delle persone offese,
invero inattendibile, come segnalato nell'atto di gravame con spunti rimasti
senza risposta. La medesima Corte, inoltre, non avrebbe individuato la specifica
condotta tenuta dal Galdieri con riguardo al primo episodio e avrebbe individuato
delle modalità del secondo incontro unicamente indicative di un evanescente e
tacito clima che avrebbe potuto mettere in soggezione Pecchìa Stefano ma che
non dimostrerebbero che Galdieri abbia effettivamente tentato di costringere
Pecchia a vendere l'immobile, tanto che quest'ultimo avrebbe opposto un rifiuto.
La Corte di merito non avrebbe adeguatamente motivato sul collegamento del
terzo episodio agli altri due, nonostante il distacco cronologico di sei mesi e la
mancata menzione di altri dati da cui desumere l'esistenza di un qualche nesso.
Non avrebbe spiegato, inoltre, le ragioni del concorso del Galdieri rispetto alle
frasi pronunziate solo dall'altro coimputato e alle richieste da quest'ultimo
formulate in assenza del Galdieri. La sentenza impugnata sarebbe contraddittoria
perché, da una parte, avrebbe affermato che i Pecchia si sarebbero sentiti
minacciati dal comportamento del Pagano, dall'altra, avrebbe riprodotto frasi di
Pecchia Giovanni (ossia la richiesta di notizie ai carabinieri sul conto del Pagano)
che dimostrerebbero che i Pecchia ignoravano il livello criminale degli imputati.
Avrebbe errato nel non ritenere che erano stati i Pecchia a dire che, se fosse
venuto Totò Riina, sarebbero stati loro (ossia i Pecchia) a comandare;
2)
violazione degli artt. 56, 610 e 629 c.p. nonché vizi della motivazione,
per non essere stati qualificati i fatti come violenza privata, non avendo
l'imputato all'unico incontro del luglio 2005, cui partecipò, tentato di costringere
Pecchia a vendere l'immobile e non avendo proferito minacce. Ad ogni modo, in
quell'incontro non si sarebbe parlato del prezzo della cessione del complesso
immobiliare, così che non sarebbe sussistente la prospettazione di un danno
patrimoniale per le persone offese; danno che rappresenta un elemento
essenziale per la configurabilità del delitto dì estorsione;
3)
erronea applicazione dell'art. 56 c.p. nonché vizi della motivazione, non
essendo stata ritenuta la desistenza volontaria, nonostante i tre episodi non
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