Sentenza Nº 35530 della Corte Suprema di Cassazione, 02-08-2019

Presiding JudgeCASA FILIPPO
ECLIECLI:IT:CASS:2019:35530PEN
Date02 Agosto 2019
Judgement Number35530
CourtPrima Sezione (Corte Suprema di Cassazione di Italia)
Subject MatterPENALE
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
ALDROVANDI MATTEO nato a VIGEVANO il 03/10/1982
avverso l'ordinanza del 31/10/2018 del TRIB. SORVEGLIANZA di MILANO
udita la relazione svolta dal Consigliere GAETANO DI GIURO;
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Penale Sent. Sez. 1 Num. 35530 Anno 2019
Presidente: CASA FILIPPO
Relatore: DI GIURO GAETANO
Data Udienza: 24/05/2019
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
RITENUTO IN FATTO
1.
Con l'ordinanza in epigrafe indicata il Tribunale di sorveglianza di Milano ha rigettato le
richieste di affidamento in prova al servizio sociale e di detenzione domiciliare avanzate
nell'interesse di Matteo Aldrovandi.
2.
Avverso il suddetto provvedimento propone ricorso per cassazione Aldrovandi, tramite il
proprio difensore di fiducia, deducendo violazione della norma di cui all'art. 47
ter, co.
1
bis
I.
n. 354 del 1975, nonché vizio di motivazione. Si duole il difensore che l'ordinanza impugnata
abbia considerato, ai fini del giudizio prognostico per la concessione delle misure alternative
alla detenzione richieste, taluni elementi privi di rilevanza, quali la gravità dei reati di cui alla
condanna in espiazione, l'elevato numero dei precedenti, l'assenza di rivisitazione critica del
proprio passato. Lamenta, inoltre, la carenza argomentativa sulla condotta successiva al reato,
con particolare riferimento all'attività lavorativa svolta e all'equilibrio familiare raggiunto,
anche in considerazione del tempo trascorso dai fatti per i quali è intervenuta condanna. Rileva
il difensore che il Tribunale
a quo
non ha tenuto in alcun conto altri elementi forniti dalla
difesa, come il fatto che molte persone offese sono state risarcite ma non era possibile
risarcirle tutte, e ha trascurato che il risarcimento non costituisce requisito della concessione
della misura. La difesa insiste per l'annullamento dell'ordinanza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Ai fini della concessione di una misura alternativa alla detenzione non è sufficiente
l'assenza di indicazioni negative, quali il mancato superamento dei limiti massimi, fissati per
legge, della pena da scontare e l'assenza di reati ostativi, ma occorre che risultino elementi
positivi, che consentano un giudizio prognostico favorevole della prova (quanto in particolare
all'affidamento in prova) e di prevenzione del pericolo di recidiva. Tali considerazioni, peraltro,
devono essere inquadrate alla luce del più generale principio per il quale l'opportunità del
trattamento alternativo non può prescindere, dall'esistenza di un serio processo, già avviato, di
revisione critica del passato delinquenziale e di risocializzazione - che va motivatamente
escluso attraverso il riferimento a dati fattuali obiettivamente certi - oltre che dalla concreta
praticabilità del beneficio stesso, essendo ovvio che la facoltà di ammettere a tali misure
presuppone la verifica dell'esistenza dei presupposti relativi all'emenda del soggetto e alle
finalità rieducative. Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, inoltre, il giudice, pur
non potendo prescindere, nella valutazione dei presupposti per la concessione di una misura
alternativa, dalla tipologia e gravità dei reati commessi, deve, però, avere soprattutto riguardo
al comportamento e alla situazione del soggetto dopo i fatti per cui è stata inflitta la condanna
in esecuzione, onde verificare concretamente se vi siano o meno i sintomi di una positiva
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evoluzione della sua personalità e condizioni che rendano possibile il reinserimento sociale
attraverso la richiesta misura alternativa ( da ultime, vedi Sez. 1 n. 20469 del 23/04/2014,
ricorrente Canterini, e Sez. 1, n. 17021 del 09/01/15, ricorrente Nucera).
Nel caso in esame il provvedimento impugnato è esente dai vizi denunciati, in quanto, con
motivazione immune da vizi logici e giuridici, evidenzia : - che Aldrovandi è in espiazione di
pena per reati plurimi di truffa on line e di sostituzione di persona, commessi dal 2007 al 2009
ed è gravato da precedenti penali e giudiziari specifici anche recenti, commessi
ininterrottamente dal 2005; - che dalla relazione
UEPE
risulta che occupa un immobile senza
pagare il canone; - che in udienza ha dichiarato di avere risarcito solo alcune delle persone
offese, senza documentarlo; - che lo stesso non ha dato una spiegazione della commissione
dei reati, peraltro in un periodo della vita in cui non aveva problemi economici; - che la gravità
dei reati commessi anche in relazione al loro elevato numero, l'assenza di qualsivoglia
rivisitazione critica del proprio operato, l'ostentata indifferenza sia nei confronti delle leggi che
nei confronti delle persone offese, rendono prematuro qualsiasi percorso di reinserimento
sociale mediante misure alternative alla detenzione; - che inoltre il pericolo di recidiva è
persistente, potendo essere altri reati dello stesso tipo consumati anche in regime di
detenzione domiciliare.
Argomentazioni scevre da vizi logici e giuridici, che, diversamente da quanto lamentato
dalla difesa, fanno leva sulla pericolosità sociale e comunque sulla personalità del condannato,
ben lontano da un processo di rivisitazione critica del suo passato, e sulla sua condotta di vita
successiva alla condanna, non sintomatica di una positiva evoluzione della sua personalità, per
escludere un giudizio prognostico di esito positivo della prova e di prevenzione del pericolo di
recidiva.
Il ricorso genericamente contesta dette argomentazioni, lamentando inesistenti carenze
motivazionali e in effetti invocando una diversa valutazione, non consentita in questa sede,
degli elementi di fatto alla base del rigetto delle misure alternative nei termini sopra indicati.
2. Alla dichiarazione di inammissibilità consegue, ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen., la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti
ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost., sent. n.
186 del 2000), anche al versamento a favore della Cassa delle ammende di una sanzione
pecuniaria che pare congruo determinare in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
uali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
sì deciso in Roma, il 24 maggio 2019.
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