Sentenza Nº 30236 della Corte Suprema di Cassazione, 20-11-2019

Presiding JudgeORICCHIO ANTONIO
ECLIECLI:IT:CASS:2019:30236CIV
Date20 Novembre 2019
Judgement Number30236
CourtSeconda Sezione (Corte Suprema di Cassazione di Italia)
Subject MatterCIVILE
2018
3573
Civile Sent. Sez. 2 Num. 30236 Anno 2019
Presidente: CRICCHIO ANTONIO
Relatore: SABATO RAFFAELE
Data pubblicazione: 20/11/2019
SENTENZA
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-
controricorrente
-
avverso
la
se~tenza
n.
1285/2014
della
CORTE
D'APPELLO
di
BCLOGNA,
d~positata
il
21/05/2014;
udita
la
relazione
della
causa
svolta
nella
pubblica
udienza
del
13/11/2018
dal
Consigliere
RAFFAELE
SABATO;
udito
il
P.~.
in
persona
del
Sostituto
Procuratore
Generale
Dott..
FULVIO
TRONCONE
che
ha
concluso
per
il
rigetto
del
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corso;
udito
l'Avvocato
Tata
Ferdinando
con
delega
orale,
difensore
del
ricorrente
che
ha
chiesto
l'accoglimento
del
ricorso;
udito
l'Avvocato
Pattino
Guido
Maria
con
delega
orale,
il
rigetto
del~
difensore
deL
resistente
che
ha
chiesto
ricorso;
13.11.2018
n.
8
RG
1995-2015
FATTI
DI
CAUSA
l.
Con sentenza depositata
il
21/05/2014
la
corte d'appello di
Bologna ha
rigettato
l'appello proposto da Gaetano Mendicino nei
confronti della Saneco s.p.a. (indicata in alcuni
atti
quale
s.r.l.)
e, per
l'effetto,
ha
confermato
la
sentenza del tribunale di Parma depositata
il
10/09/2010
che aveva liquidato in euro
2951,48
le
spettanze del
professionista dallo stesso invocate con l'originario ricorso per decreto
ingiuntivo
in maggiore
importo
per prestazioni quali topografo.
2.
A sostegno della decisione
la
corte d'appello ha considerato che
rettamente
il
tribunale
avesse
ritenuto
provata
la
prestazione solo
quanto
alla
fattura
n. 17
oggetto
di riconoscimento da parte della
Saneco s.p.a. e non anche
quanto
al
"conguaglio"
conteggiato a ore
oggetto
di contestazione da parte della cliente.
Ha
altresì ricordato che
la
fattura
costituisce prova della prestazione
solo
in
presenza di riconoscimento e accettazione.
Ha
poi condiviso essere i capitoli della prova per testi generici, non
conformi
al
dettato
dell'art.
244
cod. p roe. civ. e
irrilevanti
in quanto
non concernenti gli specifici
fatti
relativi allo
svolgimento
delle
652
ore di lavoro e alla pattuizione per esse di un compenso orario.
Ha
infine richiamato come per lo stesso periodo
il
professionista
avesse richiesto e
ottenuto
altri
compensi, senza che
la
duplicazione
risultasse spiegata.
3. Avverso
la
suddetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione
Gaetano Mendicino, articolando
quattro
motivi
(lettera
a, b, c
ed
e,
con mancanza di un
motivo
sotto
la
lettera
d),
successivamente
illustrati
da
memoria.
La
Saneco s.p.a. ha resistito con controricorso.
RAGIONI
DELLA
DECISIONE
l.
Con il
primo
motivo
si
deduce in relazione all'art. 360 primo
comma
"n.
5"
cod. proc. civ.
il
"difetto
di
motivazione"
della sentenza
della corte d'appello.
Si
denuncia
il
difetto
assoluto o comunque
l'apparenza della motivazione (p. 6 del ricorso,
pur
a
fronte
di pagine
non
numerate),
per
essersi
il
"giudice del
merito
...
in via del
tutto
semplicistica e superficiale
...
limitato
ad
affermare
che
il
sig.
Mendicino non ha provato lo
svolgimento
delle contestate 652 ore".
2. Con
il
secondo
motivo
si
deduce "violazione e falsa applicazione"
ex art. 360
primo
comma n. 3 cod. proc. civ.
"degli
artt.
116, 244 e
253 cod. proc.
civ."
nella parte in cui con
la
sentenza impugnata
si
sono
ritenute
generiche
le
prove testimoniali articolate, posto che da
esse
si
sarebbe
potuto
giungere alla prova dello
svolgimento
delle
contestate
652
ore di lavoro o avrebbero potuto trarsi argomenti di
prova.
3.
Con
il
terzo
motivo
si
deducono in relazione ai nn. 3 e 5 dell'art.
360
primo
comma cod. proc. civ. "violazione e falsa applicazione degli
artt.
116 e 191 cod. civ.", per avere
la
corte d'appello erroneamente
non ammesso
c.t.u.
per
"verificare
la
correttezza
e/o
la
congruità
degli
importi"
di cui
all"'opinamento
della parcella".
Il
giudice non
avrebbe
motivato
in ordine alla non ammissione
~el
mezzo.
(\
4. I
tre
motivi
sono
strettamente
con~
e possono essere
cjv'
esaminati
congiuntamente.
Essi
sono inammissibili.
4.1.
Al
riguardo, va richiamato che:
-
il
vizio di violazione e falsa applicazione di norme di
diritto
consiste
nella deduzione di un'erronea ricognizione, da parte del
provvedimento
impugnato,
della fattispecie astratta recata
da
una
norma di legge e, quindi, implica necessariamente un problema
interpretativo
della stessa (di qui
la
funzione di assicurare l'uniforme
interpretazione della legge assegnata a questa corte dal r.d. 30
gennaio
1941,
n.
12, art.
65),
mentre
l'allegazione di un'erronea
-
2-
oltre
frontespizio
ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di
causa è esterna all'esatta
interpretazione
della norma di legge e
inerisce alla tipica valutazione del giudice di
merito,
la
cui censura è
possibile,
in
sede di
legittimità,
sotto
l'aspetto del vizio di
motivazione;
-tale diverso vizio, che è declinato nel presente procedimento ratione
temporis
secondo il
testo
dell'art. 360,
primo
comma, n. 5 cod. proc.
civ. successivo alla modifica di cui
al
d.l.
n.
83 del 2012, convertito in
l.
n. 134 del 2012, è stato
limitato
dal legislatore
al
minimo
costituzionale dell"'omesso esame" di
fatti
storici; il controllo sulla
motivazione non consente dunque più mere critiche alla motivazione,
in assenza di indicazione di
effettivi
"fatti
storici"
del
tutto
trascurati;
l'avvenuta limitazione del controllo sulla motivazione non può essere
ovviata,
irritualmente,
mediante
la
deduzione di vizi in ordine alla
completezza della motivazione in
riferimento
alle
norme
del cod. proc.
civ. e relative disp.
att.,
in ordine
al
riparto o alla valutazione
in
tema
di prove
in
riferimento
alle
norme
del predetto cod. proc. civ. e
del cod. civ.
4.2. Ciò posto, nel caso di specie, nessuna erronea applicazione della
legge -nel senso dianzi chiarito relativo alle fattispecie
astratte
-
la
parte ricorrente
ha
posto in luce
nell'ambito
del mezzo di ricorso.
In
particolare, con
il
secondo
motivo
("violazione e falsa applicazione" ex
art. 360
primo
comma n. 3 cod. proc. civ. "degli
artt.
116, 244 e 253
cod. proc.
civ."),
oltre a farsi
irrituale
riferimento
al
parametro
di cui
al
n. 3 in
riferimento
a presunte violazioni
di
norme
processuali (di
norma riconducibili
al
n.
4 ),
il
ricorrente contesta
la
mancata
ammissione delle prove testimoniali articolate, senza farsi peraltro
carico delle obiezioni mosse dalla corte d'appello e sopra riepilogate,
meramente
contrapponendosi
la
convinzione soggettiva della parte
circa
la
loro rilevanza. Trattasi, in sostanza, di deduzione di
merito,
\y
come
si
dirà, senza che sia sollevato alcun problema
interpretativo
di
(jl
-
3-
oltre frontespizio
norme. Analoghi rilievi possono svolgersi in ordine al terzo
motivo
(in
relazione ai nn. 3 e 5 dell'art. 360 primo comma cod. proc. civ.
"violazione e falsa applicazione degli
artt.
116 e 191 cod.
civ."),
ove
si
contesta
il
non avere
la
corte d'appello ammesso c.t.u.
4.3. Quanto poi alle censure di omesso esame, nessun
fatto
storico
il
primo
e il terzo mezzo indicano come negletto dal giudice d'appello,
limitandosi i
motivi
a censurare inammissibilmente
la
valutazione
della corte d'appello
in
ordine all'assolvimento della prova e alla non
utilità di c.t.u.
4.4. Trattasi, in sostanza, di istanze di revisione di apprezzamenti di
merito,
non rivedibili
in
sede di
legittimità,
non sussistendo alcuna
questione
interpretativa,
essendo predicabile
in
alcun modo un
"omesso esame", posto che
appunto
la
corte
ha
esaminato i
fatti
storici
sottostanti
altresì
le
istanze
istruttorie.
La
motivazione offerta
dalla corte d'appello, poi, come
si
evince dal riepilogo di cui innanzi,
non è
affatto
mancante o apparente.
4.
5.
Quanto sopra esime questa corte dallo svolgere
ulteriori
rilievi,
concorrenti nel senso dell'inammissibilità dei
motivi:
al
di
della
cennata invocazione del vizio di cui al n. 3 per
la
deduzione di
questioni processuali,
le
censure per vizio di motivazione (al di
della deduzione di mancanza o apparen!GJ appaiono prevalentemente
formulate
in
riferimento
al previgente testo del n. 5 dell'art. 360
primo
comma cod. proc. civ.; nel
primo
motivo, poi, non
si
trascrive
il
brano della motivazione censurato, nel secondo
motivo
non
si
trascrivono i mezzi di prova
dedotti
e non ammessi,
mentre
nel terzo
motivo
non
si
trascrive l'istanza di ammissione di
c.t.u.,
omissioni
queste che comunque avrebbero posto questa corte di
fronte
all'impossibilità di svolgere
la
propria funzione per genericità dei
motivi.
5.
Con
il
quarto
motivo
si
deduce in relazione all'art. 360 primo
comma
"n.
5"
cod. proc. civ. il
"difetto
di
motivazione"
della sentenza,
-
4-
oltre
frontespiZIO
nonché
in
relazione
al
"n.
3"
la
"violazione e falsa applicazione
dell'art. 91 cod. proc.
civ."
In
sostanza
si
deduce essere stati
retroattivamente
utilizzati, senza motivazione, per
la
liquidazione
delle spese processuali,i
parametri
di cui al d.m.
n.
55 del 2014 anche
per
l'attività
svolta precedentemente rispetto all'entrata
in
vigore
delle disposizioni
in
parola; comunque
si
lamenta essere assente
la
specifica indicazione delle singole voci liquidate.
5.1.
Il
motivo
è
in
parte inammissibile e
in
parte infondato.
5.2. Quanto all'inammissibilità,
si
richiama
quanto
già
precedentemente esplicato, in
tema
di censura ex
n.
5 dell'art. 360
comma
primo
cod. proc. civ., circa l'assoggettamento del presente
procedimento
ratione
temporis
alla predetta norma nel testo
successivo alla modifica di cui al d.l. n. 83 del 2012, convertito
in
l.
n.
134 del 2012, con cui il legislatore ha
limitato
la
censura
in
ambito
motivazionale al
minimo
costituzionale dell"'omesso esame" di
fatti
storici.
5.3.
Da
altro
punto
di vista,
la
censura è altresì inammissibile in
quanto
generica, posto che non riporta conteggi circa
quanto
sarebbe
in tesi
spettato
a
titolo
di spese processuali nell'applicazione della
diversa disciplina invocata.
5.4.
La
censura è per il resto infondata. Essa, riproponendo una
visione ancorata alle previgenti discipline di liquidazione delle spese
processuali (e alla correlata giurisprudenza), non tiene conto che
invece i nuovi
parametri
fissati dal
d.m.
n. 55 del 2014
si
applicano in
tutti
i casi in cui
la
liquidazione giudiziale delle stesse intervenga
successivamente
all'entrata
in
vigore del predetto decreto e
si
riferisca al compenso
spettante
ad
un professionista che, a quella
data, non abbia ancora
completato
la
propria prestazione
professionale, ancorché questa abbia avuto inizio e
si
sia
in
parte
svolta ancora vigenti le
tariffe
abrogate. Ciò è stato chiarito a più
~
1
riprese da questa corte
di
legittimità
(cfr. Cass. n. 2748 del r
-
5-
oltre
frontespizio
11/02/2016,
n.
21205
del
19/10/2016
e n. 30529 del
19/12/2017;
e
v. già Cass. S.U. n. 17405 del
12/10/2012),
in
base della nuova
nozione di "compenso", quale corrispettivo unitario per l'opera
complessivamente prestata
(dato
rispetto
al
quale è incongrua
la
doglianza della parte
ricorrente
che critica essere stata operata una
liquidazione onnicomprensiva).
6.
In
definitiva il ricorso va
rigettato,
regolandosi
le
spese secondo
soccombenza e secondo
la
liquidazione di cui al dispositivo; ai sensi
dell'art. 13 co.
1-quater
d.p.r.
n. 115 del 2002 va dato
atto
del
sussistere dei presupposti
per
il
versamento
da parte del ricorrente
dell'ulteriore
importo
pari
al
contributo
unificato
dovuto
per
il
ricorso
a norma del co.
l-bis
dell'art. 13 cit.
P.Q.M.
la
corte rigetta
il
ricorso e condanna
il
ricorrente alla rifusione a
favore della
controricorrente
delle spese del giudizio di
legittimità,
che
liquida in euro 200
per
esborsi ed euro 2.300 per compensi,
oltre
spese
forfettarie
nella misura del
15%
e accessori di legge.
Ai
sensi
dell'art.
13 co.
1-quater
d.p.r.
n. 115 del 2002
atto
del
sussistere dei presupposti per il
versamento
da
parte del ricorrente
dell'ulteriore
importo
pari al
contributo
unificato
dovuto
per
il
ricorso
a norma del co.
l-bis
dell'art. 13 cit.
Così
deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione
civile, il 13
novembre
2018.
-
6-
o
lt
re
fr
ontespizio

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