Sentenza Nº 29637 della Corte Suprema di Cassazione, 14-11-2019

Presiding JudgeCHINDEMI DOMENICO
ECLIECLI:IT:CASS:2019:29637CIV
Judgement Number29637
Date14 Novembre 2019
CourtQuinta Sezione (Corte Suprema di Cassazione di Italia)
Subject MatterCIVILE
2019
1777
Civile Sent. Sez. 5 Num. 29637 Anno 2019
Presidente: CHINDEMI DOMENICO
Relatore: RUSSO RITA
Data pubblicazione: 14/11/2019
SENTENZA
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74/2010
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R.G.N.
158/2013
FATTI
DI
CAUSA
l.-
Bordignon
Roberta chiede ed
ottiene
un
decreto
ingiuntivo
deducendo
di essere
creditrice
di
tale
Bianchin Leonardo e allegando,
quale
prova
scritta
del
vantato
credito,
quattro
documenti.
L'Ufficio
del
registro
con un unico
avviso
di
accertamento
tassa il
decreto
ingiuntivo
applicando
l'aliquota
del
3%,
ai sensi
dell'art
8
lett.
B) della
tariffa
e,
sempre
applicando
l'aliquota
del
3%,
tassa anche i
quattro
atti
allegati
al ricorso qualificandoli
contratti
di
mutuo.
Avverso
il
predetto
avviso
propone
ricorso
la
contribuente.
2)
La
CTP
di
Treviso
con sentenza del
30.2.2008
annulla
l'avviso
di
accertamento
ritenendo
che i
quattro
atti
allegati al
decreto
ingiuntivo
costituiscano
soltanto
atti
di ricognizione di
debito
e non
contratti
di
mutuo.
L'Agenzia
ricorre
in
appello;
la
CTR
del
Veneto
respinge il
ricorso e con sentenza pubblicata in
data
9
novembre
2010
conferma
la sentenza
impugnata.
3)
Avverso
la
predetta
sentenza
propone
ricorso l'Agenzia affidandosi a
quattro
motivi.
Non
si
costituisce
la
contribuente.
RAGIONI
DELLA
DECISIONE
4)
Con il
primo
motivo
di ricorso
si
deduce la omessa e
insufficiente
motivazione
ai
sensi
dell'art.
360
n. 5 (nella
formulazione
previgente
alla
riforma
operata
dal D.L.
22
giugno
2012
n.
83,
convertito
in
l.
11
agosto
2012,
n.
143,
ratione
temporis
applicabile). L'Agenzia deduce
che i
documenti
allegati
al ricorso
per
decreto
ingiuntivo
sono
contratti
di
mutuo
perché
attestano
un
"prestito",
sono
firmati
da
entrambe
le
parti
e le
date
sono in due casi
antecedenti
e in
altri
due casi
contestuali
al
versamento
della
somma.
Di
contro
la
motivazione
del
giudice
d'appello
si
appalesa
insufficiente
perché
si
limita
ad
affermare
che i
documenti
in
questione
sono
mere
"dichiarazioni"
rilasciate
per
ricevuta
e che il
contatto
di
mutuo
richiede
"ben
altre
complesse
modalità
contrattuali"
e ciò senza pronunciarsi sulle censure
proposte
dalla Agenzia.
R.G.N.
158/2013
Il
motivo
è
inammissibile.
L'Agenzia
omette
la
trascrizione
dei
documenti
di cui contesta
l'interpretazione.
E'
affermazione
consolidata di questa Corte che il sindacato sulla
interpretazione
del
contratto
non può
investire
il
risultato
interpretativo
in sé, che
appartiene
all'ambito
dei giudizi di
fatto
riservati
al
giudice
di
merito,
ma afferisce solo alla verifica del
rispetto
dei canoni legali di
ermeneutica
e il
ricorrente
ha
l'onere di
specificare i canoni che in concreto si
assumono
violati,
ed in
particolare
il
punto
ed il
modo
in cui il giudice del
merito
si sia dagli
stessi
discostato
(Cass.
5670/2019;
Cass.
28319/
2017).
Inoltre,
il
ricorrente,
nel
prospettare
una
erronea
interpretazione
delle clausole
contrattuali,
ha
l'onere,
per
fare
rilevare
la
incongruità
della
motivazione,
di
trascrivere
o allegare il
contratto
o
quantomeno
quelle
parti
che si
assumono
essere
state
male
interpretate,
perché al
giudice di
legittimità
è precluso
l'esame
degli
atti
per
verificare
la
rilevanza e
la
fondatezza della censura. (Cass.
5670/2019
Cass.
16057
/2016;
6226/2014;
Cass.
1527
/2003).
In
difetto
il ricorso,
come nel caso di specie, non soddisfa il
requisito
di specificità,
imposto
dall'art.
366
c.p.c. a pena di
inammissibilità.
Con il secondo
motivo
del ricorso si
lamenta
la omessa pronuncia
ai
sensi
dell'art.
360
n. 5 e in
subordine
la violazione o falsa
applicazione di
norme
di
diritto
con
riferimento
agli
artt.
9 e 3 della
tariffa
allegata
al
DPR
131/1986.
L'Agenzia osserva che, anche a
voler
qualificare
i
suddetti
atti
come ricognizione di
debito,
ciò non
può
comportare
la
caducazione
dell'intera
pretesa
tributaria,
potendo
eventualmente
incidere
sul quantum, posto che
comunque
anche gli
atti
di ricognizione di
debito
sono
sottoposti
a
imposta
di
registro,
eventualmente
in
misura
minore;
inoltre
il
decreto
ingiuntivo
deve
comunque
essere
sottoposto
a
imposta
di
registro,
come
peraltro
la
parte
non contesta. Ciò è
stato
oggetto
di una specifica censura in
appello sulla
quale
la CTR non si è
pronunciata;
la
parte
ricorrente
aggiunge
che anche a
voler
ritenere
che il giudice di appello abbia
R.G.N.
158/2013
respinto
il
motivo,
si
tratta
di una
erronea
applicazione di
norme
di
diritto.
Con il
terzo
motivo
di ricorso
la
parte
lamenta
la
nullità
della
sentenza e
comunque
la
violazione
dell'art.
57 del Dlgs.
546/1992.
L'Agenzia osserva che
la
causa
petendi
agitata
dalla
contribuente
riguardava
solo la
irregolare
tassazione dei
quattro
atti
allegati al
ricorso
monitorio
e non anche il
decreto
ingiuntivo;
ciò
nonostante
ha
ottenuto
dalla
CTP
la
caducazione
dell'intero
avviso,
mentre
la
la
tassazione del
decreto
ingiuntivo
non è stata
contestata
dalla
contribuente
ed è
dovuta.
Deduce che in sede di appello
si
è
rilevato
come il giudice di
primo
grado
abbia
pronunciato
ultra
petitum,
annullando
l'intero
avviso,
anche
per
la
parte
non
contestata;
a
fronte
di
dette
censure la CTR ha
erroneamente
ritenuto
che l'Agenzia non
avrebbe
chiesto la
conferma
parziale del decreto
ingiuntivo
e quindi la
predetta
censura
costituirebbe
una nuova eccezione.
La
ricorrente
lamenta
l'erroneità
di
detto
ragionamento,
posto che essa aveva
richiesto la
conferma
integrale
della
legittimità
dell'avviso.
Con il
quarto
motivo
si
lamenta
la
violazione
art.
112
perché
la
CTR rileva
d'ufficio
il vizio di
motivazione,
e
ritiene
la
nullità
dell'intero
avviso
di
accertamento
per
non
avere
l'Ufficio
indicato
separatamente
il
quantum
della
imposta
dovuta
per
il
decreto
ingiuntivo
e
per
i
contratti
di
mutuo.
I
tre
motivi
che possono esaminarsi
congiuntamente
perché
connessi e sono
fondati,
nei
limiti
di cui si dirà.
In
difetto
di
trascrizione
dei
documenti
allegati
al ricorso
per
decreto
ingiuntivo,
non è possibile
verificare
il
dedotto
errore
interpretativo
e se essi costituiscano
"ricevute",
ovvero
atti
di
ricognizione di
debito,
ovvero
ancora
contratti,
come
originariamente
qualificati
dall'Ufficio. E'
però
dato
pacifico che sulla base di quei
documenti
la
contribuente
ha
ottenuto
un
decreto
ingiuntivo
di
pagamento,
che
deve
pertanto
essere
sottoposto
a tassazione. Nel
chiedere
la
conferma
per
intero
dell'avviso
di
accertamento
la Agenzia
ha difeso anche la
legittimità
di quella
parte
che
riguarda
la
R.G.N.
158/2013
tassazione del
decreto
ingiuntivo
di
pagamento.
L'imposta di
registro
è
certamente
dovuta
per
questa
parte,
posto che ai sensi
dell'art.
37
del d.P.R. n. 131 del
1986
e
dell'art.
8,
comma
l,
lett.
b),
della
tariffa
allegata al
medesimo
d.P.R., i decreti
ingiuntivi
esecutivi sono
soggetti
ad
imposta
di
registro
proporzionale, nella
misura
del
3%,
salvo conguaglio in base a
(eventuale)
successiva sentenza passata
in
giudicato,
indipendentemente
dal
rapporto
sottostante
(Cass.
1247/2017;
Cass.
11663/2001;
Cass.
17808/2017).
La
stessa CTR
afferma
che
l'imposta
di
registro
sul solo
decreto
ingiuntivo
è
dovuta,
dall'altro
però conferma
la
sentenza
impugnata
di
totale
annullamento,
ragionando su una omessa distinzione
per
voci del
quantum,
senza considerare che la
contribuente
non aveva
censurato
l'avviso
sotto
il
profilo
della mancata indicazione in voci
separate
dell'imposta
pretesa
per
il decreto
ingiuntivo
e
per
contratti
e
pertanto
il suo
potere
di controllo non si estendeva a
questo
punto
(v.
Cass.
30144/2017).
La
CTR non ha
inoltre
considerato che la
somma
per
la quale è
stato
emesso il
decreto
di
pagamento
è
nota,
e
quindi
l'applicazione della aliquota
dovuta
secondo
tariffa
su questa cifra
determina
automaticamente
il
quantum
dell'imposta
dovuta
per
il decreto
ingiuntivo.
Ne
consegue, in
accoglimento
dei
motivi
secondo,
terzo
e
quarto
la cassazione della sentenza
impugnata
e,
dichiarato
inammissibile
il
primo
motivo,
può decidersi nel
merito,
non essendo necessari
accertamenti
in
fatto,
sulla base di
quanto
sopra esposto,
accogliendo
parzialmente
l'originario
ricorso della
contribuente
e
dichiarando
legittima
la
tassazione proporzionale
(aliquota
3%)
a
titolo
di
imposta
di
registro
del
decreto
ingiuntivo
emesso dal
Tribunale
di Treviso in
favore
di Bordignon Roberta, n.
1213/2006.
Stante
la
reciproca parziale soccombenza le spese dei
tre
gradi
di giudizio si compensano
interamente.
P.Q.M.
R.G
.N.
158/2013
Dichiara
inammissibile
il
primo
motivo
di ricorso; accoglie il
secondo,
terzo
e
quarto
motivo,
cassa
la
sentenza
impugnata
e
decidendo nel
merito
accoglie parzialmente
l'originario
ricorso della
contribuente
e dichiara
legittima
la tassazione proporzionale
(aliquota
3%)
a
titolo
di
imposta
di
registro
del
decreto
ingiuntivo
emesso dal Tribunale di Treviso in
favore
di Bordignon Roberta, n.
1213/2006
Compensa le spese del doppio
grado
di
merito
e del giudizio di
legittimità.
Così deciso in Roma, camera di consiglio del
10
settembre
2019

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