Sentenza Nº 29335 della Corte Suprema di Cassazione, 14-11-2018

Presiding JudgeMATERA LINA
ECLIECLI:IT:CASS:2018:29335CIV
Date14 Novembre 2018
Judgement Number29335
CourtSeconda Sezione (Corte Suprema di Cassazione di Italia)
Subject MatterCIVILE
2018
1963
Civile Sent. Sez. 2 Num. 29335 Anno 2018
Presidente: MATERA
UNA
Relatore: COSENTINO ANTONELLO
Data pubblicazione: 14/11/2018
SENTENZA
sul
icorso
5194-2014
proposto
da:
GENTILE MARIA ANNUNZIATA, POLITO
CORRADO,
domiciliati
in
CIRCONVALLAZIONE
e
ettivamente
TRIONFALE 34,
presso
lo
studio
clell
'avvocato
RODOLFO
ANTONIO
FRANCO,
che
li
rappresenta
e
difende;
-
ricorrenti
e
controricorrenti(i
identa~:L-
C!\lJDIA RCET\1<.1>
c,
letti
vamcnte
clonic:
iliat2
in
R0'1A,
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P0~1?
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O 21,
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_l
'
avv
oca
lo
STEFANIA
CASANOVA,
rappresentata
e
difesa
d l
'avvocato
Ml \SSIMO KN: :
:;
-
ricorrente
e
controricorrente
incidenta~e
-
c.,
nonchè
contro
=tTORIO,
GENT=LE CANDIDA;
-
intimati
-
avverso
la
senté:nza
n.
3588/
c-
4
de_da
COETE
D'APPELLO
di
ROMA,
dcpos1tata
il
?9/05/2011;
udita
la
rela
lone
della
causa
svolta
nella
pubblica
udienza
del dal
onsigliere
ANTONt:LLO
COSENTINO;
udito
il
P.M.
ln
persona
del
Sostituto
Procuratore
Gene:~ale
Do
l
l.
FULVIO T
RONCONE
cr;e
ha
con
cl
uso
per
accoglimento
motivo
assorbiti
l
restanti
motivi
del
rico~so
pdncipale;
inammissibilità
1-2,
rigetto
dei
restanti
motivi
deJ
r1corso
' l -
nc1:cntaJe;
udito
l'
l'o..VVO·:a
Ettore
TP.!\VAEELLl,
con
delega
depositata
in
udienza
dell'Avvo
ato
RODOLFO
Franco,
difensore
ricorrenti,
hc
s1
riporta
agli
atti
depositati.
FATTI
DI
CAUSA
Con
sentenza
n.
3588/2014
la
corte
d'appello
di Roma,
adita
dai signori
Maria
Annunziata
Gentile
e Corrado Polito
(attori
in
primo
grado)
per
la
riforma
della
sentenza
n.
19/2008
del
tribunale
di Viterbo, si
pronunciava
sulle azioni
di
impugnativa
negoziale che gli
appellanti
avevano
proposto
nei
confronti
di
Mario Agazio Polito
(ex
coniuge della
prima
e padre del
secondo)tdi
Rosaria
Caddia (seconda
moglie
di Mario Aga zio Polito),
aventi
ad
oggetto
due
contratti
ai
rogiti
notar
Imparato
con i quali Mario Agazio Polito aveva
venduto
a Rosaria
Caddia, in
data
8
febbraio
1996,
la
nuda
proprietà
(riservando
a se stesso
l'usufrutto)
di un
immobile
denominato
"fabbricatino"
e, in
data
19
aprile
1996,
la
nuda
proprietà
(sempre
riservando
a se stesso
l'usufrutto)
di
altri
tre
immobili,
nonché
la
piena
proprietà
di un
ulteriore
immobile.
La
corte
capitolina,
per
quanto
qui ancora
interessa,
rigettava
(confermando
sul
punto
la
sentenza di
primo
grado)
la
domanda
di
declaratoria
di
nullità
di
tali
contratti
e accoglieva
(riformando
sul
punto
la sentenza di
primo
grado)
la
domanda
di
declaratoria
della
simulazione
dei
medesimi,
limitando,
tuttavia,
la
portata
di
tale
declaratoria
(e di
quella,
conseguente,
di
inefficacia dei
contratti)
nei
confronti
del solo Corrado Polito. A
tale
ultimo
proposito
il
giudice
di secondo
grado
rilevava che
la
domanda
di
simulazione
avanzata
da Maria
Annunziata
Gentile
risultava preclusa dal
giudicato
formatosi
sulla sentenza della
corte
di appello di Roma n.
4481/2009
con cui
la
simulazione
di
detti
contratti
era
stata
accertata
negativamente
nell'ambito
del
giudizio
di opposizione di
terzo
all'esecuzione forzata (di
crediti
verso Mario
Agazio Polito) sugli
immobili
che dei
medesimi
formavano
oggetto;
giudizio
di
opposizione
instaurato
da Rosaria Caddia ed
al
quale anche Maria
Annunziata
Gentile
aveva
partecipato,
in
qualità
di
creditore.
Quanto
alla
statuizione
di
rigetto
della
domanda
di
nullità
dei
suddetti
contrattì,
la
sentenza
gravata
disattende
l'assunto
degli
appellanti
secondo cui i
l
25194/14
(
medesimi
dovrebbero
giudicarsi nulli perché gli
immobili
che ne
formavano
oggetto
erano
inalienabili,
in
quanto
insistevano
su
terreni
gravati
da uso civico
in
favore
della
Università
agraria
di Bassano Romano; al
riguardo
la
corte
distrettuale
sviluppa
tre
distinte
considerazioni:
a)
per
quanto
riguarda
il
contratto
datato
8
febbraio
1996,
riprende
il
rilievo del
primo
giudice
secondo cui
la
nullità
di
tale
contratto
aveva
formato
oggetto
di
accertamento
negativo
nell'ambito
del
giudizio
definito
con
la
sentenza n.
631/1999
di
tribunale
di
Viterbo,
cosicché il
giudicato
calato
su
tale
sentenza
spiegherebbe
effetto
preclusivo dell'esame della
domanda
di
declaratoria
di
nullità
di Maria
Annunziata
Gentile, che
aveva
partecipato
al
giudizio
definito
con
detta
sentenza (pag. 4,
penultimo
cpv, della sentenza qui
gravata);
b)
per
entrambi
i
contratti,
assume
che la
nullità
concernente
l'inalienabilità
dei beni che
formano
oggetto
sarebbe solo
relativa
e,
pertanto,
potrebbe
essere
fatta
valere
solo
dall'ente
preposto alla loro
tutela
e non da
terzi (pag. 5,
terzo
cpv, e 6, secondo
cpv,
della sentenza qui
gravata);
c)
sempre
per
entrambi
i
contratti,
argomenta
che gli
effetti
dell'
affrancazione
degli
immobili
dal
vincolo
di uso civico
(intervenuta
dopo la
stipula degli
impugnati
contratti)
retroagirebbero
alla
data
della
relativa
domanda
(anteriore
a
detta
stipula),
con conseguente
sanatoria
della nullità
contrattuale
derivante
dall'incommerciabilità
dei beni
compravenduti
(pag .6,
secondo cpv, della sentenza
qui
gravata).
Quanto
alla
statuizione
di
accoglimento,
nei
confronti
del solo Corrado
Polito, della
domanda
di
simulazione,
la corte
distrettuale
ha
ritenuto
raggiunta
la
prova
presuntiva
della
simulazione,
sulla scorta delle
seguenti
risultanze:
a)
il
legame
affettivo
tra
Mario Agazio Polito e Rosaria Caddia (nella
sentenza
si
sottolinea
come
la
stipula
dei
contratti
impugnati
risalga ad epoca (
!
25194/14
compresa
tra
la
rottura
del
matrimonio
tra Maria
Annunziata
Gentile
e Mario
Agazio Polito e le
nuove
nozze
tra
quest'ultimo
e
la
Caddia);
b) la
deposizione
della figlia di Mario Agazio Polito,
Stefania,
che aveva
riferito
di
aver
appreso dal padre che gli
impugnati
contratti
tendevano
a
sottrarre
i beni ai
creditori
del
medesimo;
c)
la
mancanza di
prove
certe
del
pagamento
del prezzo.
Per la cassazione di
tale
sentenza
hanno
proposto
ricorso signori
Corrado Polito e Maria
Annunziata
Gentile,
sulla scorta di
tre
motivi.
Rosaria Caddia ha
depositato
controricorso,
proponendo
altresì ricorso
incidentale
al
quale
Corrado Polito e Maria Annunziata
Gentile
hanno
resistito
con
controricorso
a ricorso
incidentale.
Mario Agazio Polito,
Vittorio
Russo e Candida
Gentile
--
gli
ultimi
due
intervenuti
in
primo
grado
come
creditori
tanto
di Mario Agazio Polito
quanto
di
Maria
Annunziata
Gentile
-non
hanno
spiegato
attività
difensive
in questa
sede.
La
causa è
stata
chiamata
all'adunanza
in camera di consiglio del 21
novembre
2017
e, in quella sede, è
stata
rimessa in pubblica udienza in
ragione «della
particolare
rilevanza della
questione
di
diritto
concernente
la
possibilità
o
meno
di
fare valere la
nullità
degli
atti
posti
in essere in violazione
del
divieto
di
cessione
tra
privati
di
beni
soggetti
ad
uso civico
successivamente
all'avvenuto
positivo
completamento
della
procedura
di
legittimazione
ex
articolo
9 della legge
n.
1766
del
16
giugno
1927».
La
causa è
stata
quindi
discussa nella udienza deii'S
maggio
2018,
per
la
quale non sono
state
depositate
memorie
e nella quale il Procuratore Generale ha concluso come in
epigrafe.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Col
primo
motivo
di ricorso,
rubricato
con
riferimento
all'articolo
360,
n. 3,
c.p.c., i
ricorrenti
-
sottolineato
che
originariamente
(e ancora nel
1996)
3
25194/14
terreni
de
quibus
non
erano
allodiali, ma
rientravano
nel
demanio
civico (e
Mario Agazio Polito ne era
livellario),
in
quanto
gravati
di uso civico in
favore
della
Università
agraria
di Bassano Romano -
denunciano
l'erronea
o falsa
applicazione
dell'art.
9 della legge n.
1766
del
16.06.1927
in cui
la
corte
territoriale
sarebbe
incorsa
rigettando
la
domanda
di
nullità
dei
contratti
del
febbraio
e
dell'aprile
1996
con cui il
suddetto
Mario Agazio Polito aveva
venduto
a Rosaria Caddia
la
nuda
proprietà
(e,
per
un
immobile,
la
piena
proprietà)
dei
fabbricati
ivi
insistenti,
nonostante
la
incommerciabilità
dei
medesimi;
incommerciabilità
derivante
appunto,
si
argomenta
nel
motivo
di
ricorso, dalla
natura
demaniale
dei
terreni
su
cui
detti
immobili
sorgevano.
Al
riguardo
i
ricorrenti
sottolineano
come,
in relazione a
tali
terreni,
soltanto
nel
2000,
con
la
Determinazione
della Regione Lazio
numero
1027
del
3.10.2000,
era
stato
perfezionato
il
procedimento
di
legittimazione
ex
artt.
9
l.
n.
1766/1927
e 25 e 26 r.d. n.
332/1928,
necessario
per
rirnuoverne
la
natura
demaniale
(e,
quindi,
renderli
commerciabili)
e solo nel
2001
era
stato
concluso il
procedimento
di
affrancazione
(necessario
per
liberarli
dal canone
enfiteutico
imposto
ai sensi
dell'articolo
10
l.
n.
1766/1927);
donde
la
loro
incommerciabilità,
nel
1996,
e la
conseguente
nullità
degli
impugnati
contratti.
Sulla scorta di tali premesse i
ricorrenti
assumono
che
la
corte
d'appello
avrebbe
erroneamente
confuso il
procedimento
di
affrancazione
con
quello
di
legittimazione,
giudicando
validi gli
impugnati
contratti
di
trasferimento
in
quanto
risalenti
ad epoca (
1996)
successiva a quella (
1990)
di
presentazione
della
domanda
di
affrancazione
dei
terreni
ove
gli
immobili
ceduti
insistevano.
Col secondo
motivo
di ricorso i
ricorrenti
denunciano
la
violazione degli
artt.
1346
e
1421
c.c., in relazione
all'art.
360, n. 3,
c.p.c.,
in cui
la
corte
capitolina
sarebbe
incorsa
ritenendo,
per
un verso, che gli
atti
di
compravendita
tra
il Polito e
la
Caddia fossero validi,
pur
essendo
anteriori
al
perfezionamento
della
procedura
di
legittimazione,
e,
per
altro
verso,
che,
4
25194/14
l
comunque,
la
legittimazione
a dolersi della violazione dei
diritti
di uso civico
competesse
esclusivamente
all'ente
preposto
alla
loro
tutela.
Col
terzo
motivo
i
ricorrenti
denunciano
la
violazione
dell'art.
21 della
legge n.
1766/1927,
in relazione
all'art.
360,
n. 3,
c.p.c.,
in cui
la
corte
territoriale
sarebbe
incorsa
qualificando
la
nullità
negoziale
conseguente
al
divieto
stabilito
con
tale
disposizione (alla cui stregua
"prima
dell'affrancazione
le
unità
suddette
non
potranno
essere divise,
alienat~
cedute
per
qualsiasi
titolo")
come
nullità
relativa,
che solo
l'ente
preposto alla
tutela
dei
diritti
civici
sarebbe
legittimato
far
valere.
I
tre
mezzi del ricorso
principale
sono suscettibili di
trattazione
unitaria,
'"
perché essi
svolgono
sostanzialmente
una
medesima
doglianza,
concernete
la
mancata
declaratoria
di
nullità
dei
contratti
impugnati
per
impossibilità
(sub
specie di
incommerciabilità)
dell'oggetto,
declinata
sotto
tre
diverse
prospettive,
rispettivamente
concernenti:
l)
l'errore
nella
mancata
distinzione
tra
la
procedura di
affrancazione
e
la
procedura
di
legittimazione
dell'occupazione dei beni
rientranti
nel
demanio
civico di cui
all'articolo
9 della legge n.
1766/1927;
2)
l'errore
nel
mancato
rilievo
dell'anteriorità
dei
contratti
dedotti
in
giudizio
rispetto
al
momento
di
perfezionamento
della procedura di
l eg
itti
m azione;
3)
l'errore
nella
ritenuta
natura
relativa della
nullità
dei
suddetti
contratti
e,
conseguentemente,
nel
riconoscimento
della
legittimazione
a
far
valere
tale
nullità
alla sola pubblica
amministrazione
preposta alla
tutela
dei
diritti
civici.
Prima di
esaminare
detta
doglianza va però
preliminarmente
rilevato
che i
ricorrenti
principali
non
hanno
impugnato
la
statuizione
della sentenza
gravata
che ha
giudicato
preclusa a Maria
Annunziata
Gentile la
domanda
di
nullità
della
compravendita
dell'
8.2.96
(trascritta
il
5.3.96),
sul rilievo che costei,
~
avendo
partecipato
al
giudizio
definito
con
la
sentenza del
tribunale
di
Viterbo
5
25194/14
(
n.
631/99,
soggiace al
giudicato
calato sulla
statuizione,
contenuta
in tale
sentenza, che
la
nullità
dell'atto
di
compravendita
dell'
8
febbraio
1996
può
essere
fatta
valere
solo dalla pubblica
amministrazione.
Il
ricorso
per
cassazione va
pertanto
dichiarato
inammissibile,
limitatamente
alla posizione di Maria Annunziata Gentile, nella
parte
in cui
attinge
la
statuizione
di
rigetto
della
domanda
di nullità del
contratto
dell'
8
febbraio
1996,
essendo
la
stessa Maria Annunziata Gentile priva di interesse a
tale
impugnazione,
non avendo
impugnato
la
statuizione
della sentenza di
primo
grado
che aveva escluso
la
sua
legittimazione
a
far
valere
la nullità di
detto
contratto.
Il
ricorso va
quindi
esaminato,
quanto
alla posizione di Maria Annunziata
Gentile, con esclusivo
riferimento
alle censure mosse alla
statuizione
di
rigetto
della
domanda
di
nullità
del
contratto
del 19 aprile
1996,
e,
quanto
alla
posizione di Corrado Politi, con
riferimento
alle censure mosse al
rigetto
della
domanda
di
nullità
di
entrambi
i
contratti
dedotti
in giudizio,
dell'8
febbraio e
del 19 aprile
1996.
Nei
limiti
emergenti
da
quanto
premesso, il ricorso va
giudicato
fondato.
Come più
volte
ribadito,
ancora di recente, da questa Corte (Cass.
n.
19792/2011,
Cass.
n.
1534/2018)
il regime di circolazione dei beni
appartenenti
al
demanio
civico prevede rigorose
limitazioni:
in particolare, è
principio
consolidato
che l'espressa previsione
dell'inalienabilità,
prima del
completamento
dei
procedimenti
di liquidazione o sclassificazione, connota
il
regime
giuridico
dei beni di uso civico dei
caratteri
propri della
demanialità,
sicché
detti
beni sono da reputarsi inalienabili ed
incommerciabili,
nonché
insuscettibili di usucapione.
Conseguentemente
la
cessione
tra
privati
di beni
comunali
(o di
università
o
altre
organizzazioni
agrarie)
soggetti
ad uso civico è nulla
(non
già
per
illiceità bensì)
per
impossibilità
dell'oggetto
o
per
contrasto
con norma
imperativa
(cfr. Cass.
n.
1940/04;
Cass. n.
11265/90);
da
tanto
consegue
6
25194/14
l'erroneità
di
entrambi
gli assunti posti dalla corte
d'appello
a
fondamento
della
propria
statuizione
di
rigetto
della
domanda
di
nullità
degli
atti
notar
Imparato
dell'
8
febbraio
1996
e del 19
aprile
1996,
vale a
dire
l'assunto
secondo cui
la
legittimazione
all'esercizio
dell'azione
di
nullità
competerebbe
solo
all'ente
pubblico
preposto
alla
tutela
dei
diritti
civici e l'assunto
(per
il cui esame,
specialmente,
la
trattazione
de!la causa è stata
spostata
dalla camera di
consiglio alla pubblica udienza) secondo il quale gli
effetti
dell'affrancazione
dei
beni
dall'uso
civico
retroagirebbero
al
momento
della
presentazione
della
relativa
domanda.
Quanto
al
primo
assunto,
è
sufficiente
considerare che la
nullità
che
affligge
gli
atti
di
trasferimento
di beni
appartenenti
al
demanio
civico
(vale
a
dire dei beni
appartenenti
alla
collettività
locale, ancorché
catastalmente
intestati
ad
enti
pubblici,
come
i
comuni,
in
quanto
enti
esponenziali delle
collettività
locali
interessate,
o
altre
figure
organizzative
di
appartenenza
delle
terre
civiche,
genericamente
indicate
nell'articolo
11 dalla legge n.
1766/1927
come
"università
ed
altre
associazioni
agrarie")
non può essere classificata
come
nullità
relativa
perché,
come
chiarito
nei
precedenti
sopra
richiamati,
essa discende dalla
impossibilità
dell'oggetto
(per
una espressa qualificazione
di
tale
nullità
come
assoluta,
peraltro,
si
veda Cass.
21488/12,
nella cui
motivazione
si
fa
riferimento,
con
riguardo
al
fenomeno
delle
vendite
di
terreni
di
demanio
civico, alle
«rigorose
conseguenze della
nullità
assoluta
di
tali
vendite» vedi pag. 17,
quintultimo
rigo);
alcuna disposizione di legge
deroga,
per
tali
atti,
al
principio
che
la
nullità
può essere
fatta
valere da
chiunque
vi ha
interesse,
fissato
dall'articolo
1421 c.c
Quanto
al secondo assunto, va
preliminarmente
evidenziato
che -poiché i
terreni
in
questione,
appartenendo
alla
collettività
territoriale
rappresentata
dall'Università
agraria
di Bassano Romano, erano
terre
di uso civico -la
rimozione
della loro
incommerciabilità
presupponeva il
compimento
delle
procedimento
di
legittimazione
dell'occupazione di cui
all'articolo
9 della legge
7
25194/14
n.
1766/1927;
quest'ultimo
procedimento,
infatti,
attribuisce
all'occupatore
la
piena
proprietà
della
terra,
con il peso del canone
enfiteutico,
trasformando
il
demanio
in
allodio
(Cass. SSUU,
1275/1991,
in
motivazione,
e Cass. n.
8506/13),
mentre
l'
affrancazione
tende
alla liberazione del
fondo
dal
suddetto
canone di
natura
enfiteutico,
imposto
sul fondo, in esito
al
procedimento
di
legittimazione
dell'occupazione, ai sensi
dell'articolo
10
l.
n.
1766/1907.
Ciò
posto,
va escluso che gli
effetti
di
trasformazione
del
demanio
in
allodio possano
retroagire
ad epoca
anteriore
alla
emanazione
del
provvedimento
di
legittimazione,
avendo
già questa
Corte
chiarito
(cfr. sent.
n.
19792/2011)
che,
soltanto
una
volta
completate
le
procedure
volte
a
far
perdere
all'immobile
la
sua
destinazione
all'uso civico, sorge in
favore
del
possessore
(quand'anche
abusivo)
un
diritto
soggettivo
di
natura
privatistica
e
i beni
perdono
la
natura
di beni
assoggettati
a
proprietà
collettiva
e
diventano
commerciabili;
prima
di
tale
momento,
l'occupante
abusivo
di
terreno
in uso
civico
appartenente
ad un
comune,
o ad una
università
agraria,
è
titolare
di
una posizione di
mero
interesse
legittimo,
il quale assume
natura
e consistenza
di
diritto
soggettivo
reale,
apponibile
"erga
omnes",
solo se e
quando
tale
provvedimento
venga
emanato
(vedi
Cass.
5906/95,
che sulla base di
tale
presupposto
ha escluso
l'occupante
che abbia
conseguito
il
provvedimento
di
legittimazione
possa
agire
per
il
risarcimento
dei
danni
in relazione ad
eventi
anteriori
al
momento
in cui è
divenuto
proprietario
del
fondo).
Erroneamente,
quindi,
la
corte
capitolina
ha
attribuito
rilevanza,
ai
fini
dell'accertamento
della
commerciabilità
degli
immobili
de quibus, alla data di
presentazione
della
domanda
di
affrancazione.
Il
ricorso
principale
va
pertanto
accolto - e
la
sentenza
gravata
va cassata
in relazione alla
statuizione
di
rigetto
delle
domanda
di
nullità
proposte
da
Corrado Politi con
riferimento
ad
entrambi
i
contratti
dell'8
febbraio
e de! 19
aprile
1996
e da Maria
Annunziata
Gentile
con
riferimento
al
contratto
del 19
aprile
1996
-in base ai
seguenti
principi di
diritto:
8
25194/14
-la
nullità
che affligge gli
atti
di
trasferimento
di beni
appartenenti
al
demanio
civico
(vale
a
dire
dei beni
appartenenti
alla
collettività,
ancorché
catastalmente
intestati
ad enti pubblici,
come
i comuni, in
quanto
enti
esponenziaii delle
collettività
locali
interessate,
o
altre
figure
organizzative
di appartenenza delle
terre
civiche,
genericamente
indicate
nell'articolo
11
dalla legge n.
1766/1927
come
"università
ed
altre
associazioni
agrarie")
non può essere
classificata come nullità relativa perché discende dalla impossibilità
dell'oggetto;
alcuna disposizione di legge
deroga,
per
tali
atti,
al
principio
che
la
nullità
può essere
fatta
valere
da
chiunque
vi ha
interesse, fissato
dall'articolo
1421 c.c.;
gli
effetti
di
trasformazione
del
demanio
in allodio che
derivano
dal
provvedimento
di
legittimazione
di cui
all'articolo
9 della legge
n.
1766/1927
non retroagiscono
ad
epoca
anteriore
alla emanazione
del
provvedimento
stesso, poiché,
soltanto
una
volta
completate
le
procedure
volte
a
far
perdere
all'immobile
la
sua destinazione all'uso
civico, sorge in
favore
del possessore
(quand'anche
abusivo)
un
diritto
soggettivo
di
natura
privatistica
e i beni perdono la
natura
di
beni
assoggettati
a
proprietà
collettiva
e
diventano
commerciabili.
Il
ricorso
incidentale
va
giudicato
assorbito
in ragione
dell'accoglimento
del
ricorso principale.
Con
il
ricorso incidentale,
infatti,
si
censura,
la
statuizione
della sentenza
di appello che, in
riforma
la
sentenza di
prime
cure, ha
accertato
la
natura
simulata
dei
contratti
impugnati,
dichiarandone
la
relativa
inefficacia nei
confronti
di Corrado Polito.
Tale ricorso
si
fonda
su
quattro
motivi,
rispettivamente
riferiti:
il
primo,
alla violazione
dell'art.
2729
c.c. in cui
la
corte
territoriale
sarebbe incorsa
ritenendo
sufficienti,
ai
fini
dell'accertamento
della simulazione, gli
elementi
di
prova
offerti
dagli
appellanti,
senza
tuttavia
motivare
circa
la
gravità,
9
25194/14
precisione e concordanza di tali
elementi;
il secondo,
all'omesso
esame
di un
fatto
decisivo
in cui
la
corte
territoriale
sarebbe incorsa
limitandosi
ad
accertare
l'esistenza della
volontà
simulatoria
in capo
al
solo
venditore
Mario
Agazio Polito e
trascurando
di
verificare
l'esistenza di
tale
volontà
in capo alla
compratrice
Rosaria Caddia; il
terzo,
alla violazione
dell'art.
1416,
comma
2,
c.c., in cui
la
corte
territoriale
sarebbe incorsa riconoscendo
la
legittimazione
di Corrado Polito alla proposizione di una
domanda
di
simulazione
in
qualità
di
creditore
del
simulato
alienante
sulla base di una sentenza di condanna (Trib.
Viterbo
n.
504/1998)
posteriore
rispetto
agli
atti
pregiudizievoli,
in assenza di
prova circa il
fatto
che il
credito
dell'attore
fosse
sorto
prima
del
compimento
di
tali
atti;
il
quarto,
alla violazione
dell'art.
1414
c.c in cui
la
corte
territoriale
sarebbe incorsa
dichiarando
l'inefficacia dei
contratti
relativamente
al solo
attore
Corrado
Polito -
nonostante
che
l'art.
1414,
primo
comma,
c.c. disponga
che il
contratto
simulato
non produce
effetti
tra le
parti
-in
tal
modo
sostanzialmente
utilizzando
arbitrariamente
l'
istituto
della
simulazione
per
raggiungere
gli
effetti
dell'istituto
della revocazione ex
2901
c.c..
Osserva~riguardo
il Collegio che
tutti
i
motivi
del ricorso
incidentale
attingono
la
statuizione
di
simulazione
dei
contratti
impugnati.
Statuizione
che,
tuttavia,
deve
ritenersi
caducata, ai sensi
dell'articolo
336
c.p.c.,
dalla
cassazione della
statuizione
(da cui essa è
dipendente)
di
rigetto
della
domanda
di
nullità
di tali
contratti
proposta
dal
medesimo
Corrado Polito.
In
definitiva
si
deve
quindi
accogliere il ricorso
principale
e
dichiarare
assorbito il ricorso
incidentale,
con cassazione della sentenza
gravata
in
reìazione ai
motivi
del ricorso
principale
e
rinvio
alla
corte
di
appello
di Roma,
che
si
atterrà
agli
enunciati
principi di
diritto
e regolerà anche le spese del
giudizio
di
legittimità.
PQM
10
25194/14
La
Corte dichiara
inammissibile
il
ricorso di Maria Annunziata Gentile, in
relazione alla
impugnativa
della
statuizione
di
rigetto
della
domanda
di nullità
del
contratto
del
28.2.1996;
accoglie il ricorso di Maria Annunziata Gentile, in
relazione alla
impugnativa
della
statuizione
di
rigetto
della
domanda
di nullità
del
contratto
del 19
.4.1996;
accoglie il ricorso di Corrado Poli
ti;
dichiara
assorbito il ricorso incidentale di Rosaria Caddia; cassa la sentenza
gravata
in
relazione ai
motivi
del ricorso principale e rinvia ad altra sezione della corte
d'appello
di Roma, che
si
atterrà
agli
enunciati
principi di
diritto
e regolerà le
spese del
giudizio
di
legittimità.
Così deciso in Roma
1'8
maggio
2018.
11
25194/14

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