Sentenza Nº 28805 della Corte Suprema di Cassazione, 02-07-2019

Presiding JudgeTARDIO ANGELA
ECLIECLI:IT:CASS:2019:28805PEN
Date02 Luglio 2019
Judgement Number28805
CourtPrima Sezione (Corte Suprema di Cassazione di Italia)
Subject MatterPENALE
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
HOXHAI (O HOXHA) ARMANDO nato a FIER( ALBANIA) il 06/01/1977
avverso l'ordinanza del 10/06/2018 del TRIBUNALE di ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere FILIPPO CASA;
lette/sentite le conclusioni del PG
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Penale Sent. Sez. 1 Num. 28805 Anno 2019
Presidente: TARDIO ANGELA
Relatore: CASA FILIPPO
Data Udienza: 15/02/2019
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
RITENUTO IN FATTO
1.
Con l'ordinanza in epigrafe, il Tribunale di Roma in composizione monocratica, in
funzione di giudice dell'esecuzione, rigettava l'istanza avanzata da HOXHAI Armando per
ottenere il ripristino della misura alternativa della detenzione domiciliare, ai sensi della
sentenza della Corte Costituzionale n. 41/2018, in relazione alla espiazione delle pene
concorrenti oggetto dell'ordine di esecuzione emesso in data 6.12.2016 dalla Procura della
Repubblica di Roma.
Precisava il Tribunale che, con il citato provvedimento di cumulo, era stato disposto che
la pena detentiva espianda, pari a 7 anni e 6 mesi di reclusione, venisse eseguita "in regime di
detenzione domiciliare"; tuttavia, con successivo provvedimento in data 28.12.2016, il
Magistrato di Sorveglianza aveva disposto, ai sensi dell'art. 51
bis
Ord. pen., la cessazione di
tale misura alternativa in quanto la pena da espiare risultava superiore al limite di cui all'art.
47-ter
Ord. pen.
Per la medesima ragione, il giudice adìto rigettava l'istanza avanzata nell'interesse del
condannato.
2.
Nel ricorso proposto, a mezzo del difensore, avverso la suddetta ordinanza, il
detenuto lamenta violazione di legge, deducendo l'erroneità del calcolo della pena residua da
espiare al 28.12.2016, atteso che, dovendo individuarsi la decorrenza della pena nella data del
23.4.2013 (dalla quale egli era stato detenuto senza soluzione di continuità), rispetto alla pena
complessiva da espiare pari a 7 anni e 6 mesi di reclusione, ne restava da scontare, alla
suddetta data del 28.12.2016, una frazione pari a 3 anni, 8 mesi e 5 giorni di reclusione, limite
inferiore a quello di 4 anni stabilito dal Giudice delle leggi.
3.
Il Procuratore generale presso questa Corte, nella sua requisitoria scritta, ha concluso
per l'annullamento con rinvio del provvedimento impugnato, in totale sintonia con le ragioni
esposte dal ricorrente.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.
Il ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato.
2.
E' necessario premettere che, con l'istanza presupposta, il difensore di HOXHAI ha
chiesto, in sostanza, che, previa sospensione dell'ordine di carcerazione, il suo assistito
"continuasse" a scontare tutta la pena residua in regime di detenzione domiciliare, in quanto
inferiore ai 4 anni di reclusione, alla luce della sentenza n. 41/18 della Corte Costituzionale.
La richiesta non poteva (e non può) considerarsi fondata per le seguenti ragioni.
Con la richiamata pronuncia n. 41/18 del 6.2.2108, com'è noto, è stato dichiarato
costituzionalmente illegittimo, per violazione dell'art. 3 Cost., l'art. 656, comma 5, cod. proc.
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Corte di Cassazione - copia non ufficiale
pen., nella parte in cui prevede che il pubblico ministero sospenda l'esecuzione della pena
detentiva, anche se costituente residuo di maggiore pena, non superiore a tre anni, anziché a
quattro anni.
Si è spiegato, in motivazione, che la norma censurata dal Tribunale di Lecce, mancando
di elevare il termine previsto per sospendere l'ordine di esecuzione della pena detentiva, così
da renderlo corrispondente al termine di concessione dell'affidamento in prova "allargato" - ex
art. 47, comma
3-bis,
della legge n. 354 del 1975, introdotto dal di. n. 146 del 2013 non
comporta un mero difetto di coordinamento, ma deroga al principio di parallelismo senza
adeguata ragione giustificatrice, dando luogo a un trattamento normativo differenziato di
situazioni da reputarsi uguali, quanto alla finalità intrinseca alla sospensione dell'ordine di
esecuzione della pena detentiva e alle garanzie apprestate in ordine alle modalità di incisione
della libertà personale del condannato, insinuando nell'ordinamento una incongruità sistematica
capace di ridurre gran parte dello spazio applicativo riservato alla normativa principale.
La dimensione normativa ancillare della sospensione dell'ordine d'esecuzione della pena
rispetto alle finalità delle misure alternative rende particolarmente stretto il controllo di
legittimità costituzionale riservato alle ipotesi, espressione di discrezionalità legislativa, di
cesura del tendenziale parallelismo tra il limite di pena ai fini della sospensione suddetta e il
limite per l'accesso alla misura alternativa alla detenzione, quando ragioni ostative appaiono
prevalenti.
Ciò detto, è parso chiaro a tutti gli interpreti come detta decisione non abbia esercitato
alcuna influenza sull'art.
47-ter,
comma
1-bis,
che prevede, nella fattispecie "ordinaria", la
possibilità di applicazione della misura alternativa della detenzione domiciliare (diversa, quindi,
dall'affidamento "allargato" di cui si è occupata la Consulta) "per l'espiazione della pena
detentiva inflitta in misura non superiore a due anni, anche se costituente parte residua di
maggior pena, indipendentemente dalle condizioni di cui al comma 1 quando non ricorrono i
presupposti per l'affidamento in prova al servizio sociale e sempre che tale misura sia idonea
ad evitare il pericolo che il condannato commetta altri reati".
Anche a voler ritenere corretto il calcolo operato dal difensore, secondo il quale HOXHAI
dovrebbe espiare una frazione di pena inferiore ai 4 anni, ma superiore ai 3, è evidente, alla
luce delle considerazioni esposte, che detta pena non avrebbe potuto essere espiata, in quanto
superiore ai 2 anni, in regime di detenzione domiciliare, stante il riportato disposto dell'art. 47-
ter,
comma
1-bis,
Ord. pen.
3.
Altro tema affrontabile avrebbe potuto essere quello della eventuale possibilità per il
giudice dell'esecuzione di annullare l'ordine di carcerazione per dar luogo al ripristino della
facoltà del condannato, previa sospensione del suddetto ordine, di chiedere la diversa misura
alternativa dell'affidamento in prova, che sarebbe stata ammissibile, quanto meno per
la
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frazione di pena residua da espiare, sempre secondo il calcolo operato dal difensore del
ricorrente.
Tuttavia, in primo luogo, non risulta che la difesa di HOXHAI abbia avanzato una
richiesta in tal senso; in secondo luogo, deve rilevarsi, dal testo del provvedimento impugnato,
che, in occasione del primo ordine di esecuzione emesso a carico del condannato in data
7.4.2015, era stata già disposta la sospensione dell'ordine stesso, sicché, a mente del comma 7
dell'art. 656 cod. proc. pen., il ricorrente non avrebbe potuto beneficiarne una seconda volta,
essendo, in definitiva, obbligato a chiedere, eventualmente, la misura alternativa più ampia da
detenuto.
4.
Per le ragioni esposte, il ricorso, va, quindi, rigettato, con la conseguente condanna
del ricorrente al pagamento delle spese processuali (art. 616 cod. proc. pen.).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 15 febbraio 2019
Il Consigliere estensore
Il Presidente
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