Sentenza Nº 27843 della Corte Suprema di Cassazione, 24-06-2019

Presiding JudgeDIOTALLEVI GIOVANNI
ECLIECLI:IT:CASS:2019:27843PEN
Date24 Giugno 2019
Judgement Number27843
CourtSeconda Sezione (Corte Suprema di Cassazione di Italia)
Subject MatterPENALE
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Bari
Regione Puglia, in persona del legale rappresentante pro-tempore
Fitto Raffaele, nato a Maglie il 28/08/1969
avverso la sentenza del 30/04/2018 della Corte di Appello di Bari
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Marco Maria Alma;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Marco
Dall'Olio, che ha concluso chiedendo l'annullamento senza rinvio della sentenza
impugnata per essere il reato di peculato in origine contestato estinto per
intervenuta prescrizione;
udito il difensore della parte civile ricorrente Regione Puglia, avv. Massimo
Leccese in sostituzione dell'avv. Giuseppe Spagnolo, che ha concluso
riportandosi ai motivi di ricorso e chiedendo l'annullamento della sentenza
impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte di appello (penale o civile) di
Bari; il difensore ha depositato conclusioni scritte e nota spese delle quali ha
chiesto la liquidazione;
uditi i difensori dell'imputato, avv. Luciano Ancora e avv. Francesco Paolo Sisto,
che hanno concluso chiedendo l'accoglimento del ricorso del loro patrocinato
Penale Sent. Sez. 2 Num. 27843 Anno 2019
Presidente: DIOTALLEVI GIOVANNI
Relatore: ALMA MARCO MARIA
Data Udienza: 17/06/2019
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
nonché la declaratoria di inammissibilità dei ricorsi del Procuratore Generale e
della parte civile.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza in data 30 aprile 2018 la Corte di Appello di Bari,
giudicando in sede di rinvio disposto dalla Sesta Sezione penale della Corte di
cassazione con sentenza in data 22 giugno 2017 a seguito di annullamento della
sentenza in data 29 settembre 2015 della medesima Corte di appello, in riforma
della sentenza del Tribunale di Bari in data 13 febbraio 2013, dichiarava non
doversi procedere nei confronti di Raffaele Fitto in ordine al reato di cui all'art.
323 cod. pen., così diversamente qualificata la contestazione di concorso in
peculato continuato di cui all'originario capo 88e) della rubrica delle imputazioni,
per essere lo stesso estinto per prescrizione, nonché dichiarava inammissibile la
domanda di risarcimento del danno della costituita parte civile Ente Regione
Puglia.
Prima di procedere oltre, appare doveroso ricostruire brevemente l'iter
processuale.
Raffaele Fitto era stato originariamente tratto a giudizio per rispondere, in
concorso con Anna Maria Colafati e Giovanna Rita Marzo, del reato di peculato
accertato in Bari dal 4 febbraio 2005 e fino al 22 aprile 2005. In particolare gli si
contestava, nella sua qualità di Presidente della Regione Puglia, di avere
concorso nell'appropriazione della complessiva somma di euro 189.700,00
facente parte del Fondo di rappresentanza del Presidente della Giunta regionale
del quale aveva la disponibilità per ragioni del proprio ufficio, autorizzando, in
violazione delle norme sulla contabilità e nel periodo della campagna elettorale
per le elezioni amministrative regionali, l'attribuzione di somme di denaro in
favore di soggetti indicati nelle deternnine dirigenziali n. 112 del 15 aprile 2005 e
n. 118 del 22 aprile 2005 per finalità private e comunque estranee a quelle
previste dalle norme regionali e dello Stato sulle spese di rappresentanza.
Il Tribunale di Bari aveva assolto l'imputato dalla predetta contestazione con
la formula "perché il fatto non costituisce reato".
La Corte di appello di Bari, con la citata sentenza del 29 settembre 2015, in
riforma della sentenza di assoluzione emessa in primo grado, riqualificava il
reato contestato all'imputato come abuso di ufficio dichiarando il reato stesso
estinto per prescrizione.
La Sesta Sezione penale della Corte di cassazione, come detto, con la
propria sentenza in data 22 giugno 2017 e per la parte che in questa sede
interessa, annullava per vizi di motivazione la sentenza della Corte di appello
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Corte di Cassazione - copia non ufficiale

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