Sentenza Nº 25216 della Corte Suprema di Cassazione, 27-11-2014

Presiding JudgeFINOCCHIARO MARIO
ECLIECLI:IT:CASS:2014:25216CIV
Date27 Novembre 2014
Judgement Number25216
CourtSesta Sezione (Corte Suprema di Cassazione di Italia)
Subject MatterCIVILE
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
L
sul ricorso 6361-2013 proposto
da:
MERCANTI EMILIA THEA MRCMTH48L061496M, GIBERTINI
GABRIELE
GBRGRL46S12G257K, elettivamente domiciliati in
ROMA, VIA PALESTRO 56, presso lo studio dell'avvocato FAUSTA
MARCHESE, rappresentati e difesi dall'avvocato CARLO SICURO
giusta delega a. margine del ricorso;
-
liC0f.tetld
-
contro
INA ASSITALIA SPA, e per . essa la propria mandataria e
rappresentante GENERALI BUSINESS SOLUTIONS SCPA, in
persona dei procuratori speciali, elettivamente domiciliata in ROMA,
Civile Sent. Sez. 6 Num. 25216 Anno 2014
Presidente: FINOCCHIARO MARIO
Relatore: CARLUCCIO GIUSEPPA
Data pubblicazione: 27/11/2014
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
VIA GIUSEPPE FERRARI 35, presso lo studio dell'avvocato
MARCO VINCENTI, che la rappresenta e difende giusta procura in
calce al controricorso;
controricorrente
nonché contro
PINTO ALESSANDRO;
-intimato -
avverso la sentenza n. 1529/2012 della CORTE D'APPELLO di
BOLOGNA delr1/06/2012, depositata il 26/10/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
13/11/2014 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPA
CARLUCCIO;
udito l'Avvocato Sicuro Carlo difensore della ricorrente che si riporta
agli scritti e chiede raccoglimento del ricorso;
udito l'Avvocato Vincenti Marco difensore della controricorrente che
si riporta al controricorso ed insiste per rinammissibilità.
Ric. 2013 n. 06361
sez.
M3 - ud. 13-11-2014
-2-
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1.Gabriele Gibertini ed Emilia Thea Mercanti convennero in giudizio
Alessandro Pinto e Assitalia (ora INA Assitalia Spa) e chiesero il
risarcimento dei danni conseguenti alla morte del figlio in esito ad un
sinistro stradale. Assunsero l'esclusiva responsabilità del Pinto,
conducente e proprietario dell'autovettura, assicurata da Assitalia, venuta
in collisione con il motociclo condotto dal
fi
glio, che era deceduto insieme
alla persona trasportata.
Il Tribunale di Ravenna respinse la domanda ritenendo provata l'esclusiva
responsabilità del conducente del motociclo.
La Corte di appello di Bologna, adita dai soccombenti, respinse
l'impugnazione (sentenza del 26 ottobre 2012).
2. Avverso la suddetta sentenza, i coniugi Gibertini propongono ricorso
per cassazione affidato a tre motivi, esplicati da memoria.
Resiste con controricorso l'Assicurazione, deducendo preliminarmente
l'inammissibilità.
Il conducente e proprietario della autovettura, ritualmente intimato, non
svolge difese.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.Con il
primo motivo
di ricorso, si deduce la violazione o falsa
applicazione dell'art. 110, lett. c), CdS all'epoca vigente, in riferimento
all'art. 360 n. 3, 4 e 5 cod. proc. civ.
Si censura la parte della sentenza che ha ritenuto di non dover esaminare
perché nuove, in quanto sviluppate solo con la comparsa conclusionale, le
argomentazioni in ordine alla velocità dell'autovettura e all'uso dei fari
anabbaglianti in riferimento all'art. 110 cit.
1.1.Sulia base della parte esplicativa del motivo, deve preliminarmente
escludersi ogni autonoma rilevanza della denunciata violazione dell'art.
360 n. 5 del codice di procedura, che sarebbe applicabile
ratione temporis
nella formula modificata nel 2012, atteso che la sentenza impugnata è
stata depositata il 26 ottobre 2012.
1.2.11 motivo è inammissibile.
Costituisce principio costante nella giurisprudenza di legittimità, quello
secondo cui il ricorso per cassazione, avendo ad oggetto censure
espressamente e tassativamente previste dall'art. 360, primo comma,
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cod. proc. civ., deve essere articolato in specifici motivi riconducibili in
maniera immediata ed inequivocabile ad una delle cinque ragioni di
impugnazione stabilite dalla citata disposizione, pur senza la necessaria
adozione di formule sacramentali o l'esatta indicazione numerica di una
delle predette ipotesi.
Nella specie, manca proprio la univoca riconducibilità della censura nella
diversa ipotesi di violazione di norma sostanziale (n. 3 dell'articolo in
argomento) o di violazione di norma processuale (n. 4 dell'articolo in
argomento), mancando ogni riferimento alla violazione della norma
processuale (art. 345 cod. proc. civ., nella parte in cui vieta eccezioni
nuove in appello che non siano rilevabile d'ufficio) che, invece, la
sentenza impugnata assume violata mettendo in evidenza la
prospettazione della eccezione solo nella comparsa conclusionale, avente
solo funzione esplicativa.
Peraltro, anche a voler ipotizzare che sia stata in concreto prospettata la
violazione dell'art. 345 cit., la stessa non potrebbe assumere alcun pregio
atteso che: - da un lato i ricorrenti sostengono di aver svolto l'eccezione
con l'atto di appello, ma riproducono la parte di interesse nella quale
emerge inequivocabilmente che il profilo della velocità, pur prospettato,
non era stato messo in collegamento con l'uso dei fari; - dall'altro, a
sostegno della censura, i ricorrenti affermano apoditticamente che si
tratterebbe di eccezione rilevabile d'ufficio in ragione dell'interesse
pubblico che perseguirebbero tutte le norme del CdS.
2. Con il
secondo motivo
di ricorso si deduce la violazione o falsa
applicazione di più articoli del CdS (artt. 85, comma 4; 80, comma 15; 79
lett. g) in riferimento ai nn. 3, 4 e 5 dell'art. 360 cod. proc. civ., nonché
dell'art. 132 del codice di procedura.
Sostanzialmente si assume che la sentenza impugnata non avrebbe preso
in considerazioni le violazioni delle suddette norme da parte del
conducente dell'autoveicolo, omettendo ogni motivazione sulle stesse.
Mentre avrebbe dovuto: - esaminarle d'ufficio, trattandosi di norme
imperative in quanto ispirate alla necessità di ordine pubblico a tutela
della incolumità delle persone; - esaminarle in quanto prospettate nel
giudizio di appello, nella comparsa conclusionale.
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Con il
terzo motivo
di ricorso si deduce la violazione degli artt. 132 n. 4
cod. proc. civ. e dell'art. 360 n. 4 e 5 cod. proc. civ., con nullità della
sentenza per omesso esame circa un fatto decisivo.
Nella parte esplicativa si deduce il "mancato esame critico delle
deposizioni [dei testi trasportati] tra !oro, già da quando vennero
rilasciate alla Polizia sul luogo del sinistro" e, ai fini della dimostrazione
che tanto era stato oggetto di discussione tra le parti si richiama
genericamente la comparsa conclusionale d'appello.
3. I motivi possono essere trattati congiuntamente e sono inammissibili.
Se si esclude l'apodittica — e, quindi, neanche esaminabile nel merito -
affermazione della rilevabilità d'ufficio della violazione di alcune norme
del codice della strada sulla base del preteso carattere imperativo
(secondo motivo), i motivi in esame sono accomunati dalla denuncia della
omessa motivazione ai sensi del nuovo art. 360 n. 5, cit. applicabile
ratione temporis,
alla luce del quale sono entrambi inammissibili.
3.1. Di recente, le Sez. Un. hanno affermato: - a) che la riformulazione
dell'art. 360, n. 5, cod. proc. civ., secondo cui è deducibile
esclusivamente V'omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che
è stato oggetto di discussione tra le parti", deve essere interpretata come
riduzione al minimo costituzionale del sindacato sulla motivazione in sede
di giudizio di legittimità, per cui l'anomalia motivazionale denunciabile in
sede di legittimità è solo quella che si tramuta in violazione di legge
costituzionalmente rilevante e attiene all'esistenza della motivazione in
sé, come risulta dal testo della sentenza e prescindendo dal confronto con
le risultanze processuali, e si esaurisce, con esclusione di alcuna rilevanza
del difetto di sufficienza, nella mancanza assoluta di motivi sotto l'aspetto
materiale e grafico, nella motivazione apparente, nel contrasto irriducibile
fra affermazioni inconciliabili,
nella
motivazione perplessa ed
obiettivamente incomprensibile; - b) che il nuovo testo del n. 5 dell'art.
360 introduce nell'ordinamento un vizio specifico che concerne l'omesso
esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti
dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito
oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire
che se esaminato avrebbe determinato un esito diverso della
controversia); - c) che l'omesso esame di elementi istruttori non integra
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di per sé vizio di omesso esame di un fatto decisivo, se il fatto storico
rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione dal giudice,
benché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie.
Hanno, inoltre, precisato che la parte ricorrente dovrà indicare - nel
rigoroso rispetto delle previsioni di cui agli artt. 366, primo comma n. 6,
e 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ. - il "fatto storico", il cui
esame sia stato omesso, il "dato", testuale o extratestuale, da cui ne
risulti l'esistenza, il "come" e il "quando" (nel quadro processuale) tale
fatto sia stato oggetto di discussione tra le parti, e la "decisività" del fatto
stesso (Sez. Un. 7 aprile 2014, n. 8053).
3.2. Il vizio di motivazione dedotto nella specie non rientra, all'evidenza,
negli stretti limiti entro i quali può ritenersi superata la soglia di
ammissibilità dello stesso.
A tal fine è sufficiente ed assorbente mettere in evidenza che: con il
secondo motivo si deduce la mancata considerazione di norme di legge,
assunte come rilevanti rispetto alla condotta del conducente della
autovettura, e che sarebbero state "oggetto di discussione tra le parti"
per essere state dedotte nella comparsa conclusionale di appello; con il
terzo motivo si lamenta la mancata valutazione delle "testimonianze" dei
trasportati dell'autovettura sotto il profilo della non coincidenza tra le
stesse già nel momento delle dichiarazioni dinanzi alla Polizia, che
sarebbero state "oggetto di discussione tra le parti" per essere state
dedotte nella comparsa conclusionale di appello.
In entrambi i casi emerge, ai fini della inammissibilità dei motivi,
la mancata individuazione del "fatto storico", il cui esame sia
stato omesso, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o
dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione
tra le parti e abbia carattere decisivo, nonché il mancato rispetto
delle previsioni di cui agli artt. 366, primo comma n. 6, e 369,
secondo comma, n. 4, cod. proc. civ. nel far risultare il "come" e il
"quando" (nel quadro processuale) tale fatto sia stato oggetto di
discussione tra le parti, oltre la "decisività" del fatto stesso.
Ed
infatti, nel secondo motivo, non di fatto storico si discute, ma di mancata
considerazione di norme di legge; nel terzo motivo, non di omesso esame
di fatto storico si tratta, ma di mancata valutazione di un profilo che
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secondo i ricorrenti emergerebbe all'interno delle dichiarazioni rese
dinanzi alla Polizia. Inoltre, in entrambi i casi, la dimostrazione che si
tratterebbe di "fatto" discusso dalle parti si fonda sul rinvio alla comparsa
conclusionale di appello, che ha solo natura esplicativa.
4. In conclusione, per effetto della inammissibilità di tutti i motivi, il
ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate sulla base dei
parametri vigenti nei confronti della controricorrente assicurazione.
Non avendo l'intimato Alessandro Pinto svolto attività difensiva, non
sussistono le condizioni per la pronuncia in ordine alle spese processuali
nei suoi confronti.
P.Q.M.
LA CORTE DI CASSAZIONE
dichiara inammissibile il ricorso; condanna i ricorrenti, in solido, al
pagamento, in favore della controricorrente, delle spese processuali del
giudizio di cassazione, che liquida in Euro 8.200,00, di cui Euro 200,00
per spese, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito
dall'art. 1, comma 17 della 1. n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei
presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore
importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso
principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile -
3, il 13 novembre 2014.
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