Sentenza Nº 24707 della Corte Suprema di Cassazione, 04-12-2015

Presiding JudgeRORDORF RENATO
ECLIECLI:IT:CASS:2015:24707CIV
Date04 Dicembre 2015
Judgement Number24707
CourtSezioni Unite (Corte Suprema di Cassazione di Italia)
Subject MatterCIVILE
SENTENZA
sul ricorso 26585-2008 proposto da:
Coop. La Generale Servizi S.c. a r.1., in persona
del suo Presidente e legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA F.
CONFALONIERI 5, presso lo studio dell'avvocato
GHERARDO MARIA GISMONDI, rappresentata e difesa
dall'avvocato ANDREA PALUMBI, giusta mandato a
Civile Sent. Sez. U Num. 24707 Anno 2015
Presidente: RORDORF RENATO
Relatore: FRASCA RAFFAELE
Data pubblicazione: 04/12/2015
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
BERTI
STEFANO
e
FIORITO
MARIA
PATRIZIA,
elettivamente domiciliati in ROMA, VIA SILVIO
PELLICO 44, presso lo studio dell'avvocato ANTONIO
FERDINANDO DE SIMONE, che li rappresenta e difende
unitamente agli avvocati ROSA LUCENTE e LILIANA
CIROCCO, giusta procura in calce al controricorso;
controricorrenti
nonché contro
Società Cattolica di Assicurazione Coop. a r.1.;
- intimata
-
avverso la sentenza n. 2221/2007 del TRIBUNALE di
BOLOGNA, depositata il 24/09/2007;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 09/06/2015 dal Consigliere
Dott. RAFFAELE FRASCA;
udito il P.M. in persona dell'Avvocato Generale
Dott. UMBERTO APICE, che ha chiesto il rigetto del
ricorso.
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
R.g.n. 26585-08 (ud. 9.6.2015)
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
§1. Stefano Berti e Patrizia Fiorito nel marzo del 2003 convenivano in
giudizio dinanzi al Giudice di Pace di Bologna la Coop. La Generale Servizi a
r.l. chiedendo la sua condanna al risarcimento del danno sofferto in occasione
dell'esecuzione da parte della stessa di un trasloco di mobilio avvenuto nel
gennaio del 2002. Gli attori quantificavano il danno in € 2.094,80
rappresentanti la maggior somma rispetto a quella di € 2.600,00 che era stata
loro risarcita stragiudizialmente dall'assicuratrice della convenuta, Società
Cattolica di Assicurazione Coop. a r.1., e che reputavano non satisfattiva, in
ragione delle spese legali e di perizia di parte che avevano sostenuto.
§1.1. La convenuta si costituiva e chiedeva che il giudice adìto
disponesse la chiamata in causa della sua assicuratrice per sentirla dichiarare
tenuta, in forza della polizza assicurativa con essa stipulata, al pagamento di
quanto fosse stata tenuta a corrispondere agli attori. Sull'assunto che gli attori
non avevano pagato alcun corrispettivo per la prestazione eseguita, in via
riconvenzionale la convenuta chiedeva, altresì, la loro condanna al pagamento
della somma risultante all'esito dell'istruzione.
Il Giudice di Pace autorizzava la convenuta a chiamare in causa la sua
assicuratrice ed a seguito della chiamata essa si costituiva e chiedeva
respingersi la domanda per la somma eccedente quella a suo tempo pagata
stragiudizialmente, che riconosceva di avere corrisposto.
§1.2. All'esito dell'istruzione il Giudice di Pace, riconosciuta l'esistenza
dell'inadempimento della sua prestazione da parte della convenuta,
quantificava il danno residuo in € 1.424,80 e condannava la convenuta <
per essa» la società assicuratrice <
al pagamento di detta somma. La domanda riconvenzionale della convenuta
veniva, invece, rigettata.
Est. Co s. Raffaele Frasca
3
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
R.g.n. 26585-08 (ud. 9.6.2015)
§2.
La sentenza veniva appellata dalla società assicuratrice, sia perché
V
aveva riconosciuto talune voci di danno che a suo dire esulavano dalla
copertura prevista dalla polizza, sia perché comunque i danni riconosciuti non
erano stati provati dall'esperita istruzione. Nell'atto di appello, notificato sia
agli attori che alla convenuta, si chiedeva che in riforma della sentenza di
primo grado fosse dichiarato che nulla era dovuto in eccedenza rispetto alla
somma riconosciuta stragiudizialmente.
§2.1. Si costituiva la cooperativa assicurata contestando la fondatezza
i
dell'appello, salvo quanto al profilo inerente la prova del danno, e svolgendo
appello incidentale riguardo al rigetto della domanda riconvenzionale di
condanna al pagamento del corrispettivo. In subordine chiedeva che fosse
riconosciuta l'operatività della garanzia e che l'appellante principale venisse
condannata al risarcimento del danno nella misura ritenuta adeguata dal
giudice.
Gli attori Berti-Fiorito si costituivano e chiedevano la conferma della
sentenza di primo grado.
§3.
Il Tribunale di Bologna, decidendo gli appelli, con sentenza del 24
settembre 2007, esaminava preliminarmente l'appello incidentale e lo
rigettava reputando che l'inadempienza della società cooperativa fosse stata di
tale importanza da escludere qualsiasi utilità della sua prestazione e dunque il
diritto al corrispettivo.
Esaminava, quindi, l'appello principale della società assicuratrice e lo
accoglieva quanto al motivo sul difetto di prova del
quantum
del preteso
danno e, in riforma della sentenza di primo grado, "revocava" la condanna nei
confronti della medesima, mentre osservava che «poiché l'appello
incidentale della cooperativa riguarda soltanto la domanda riconvenzionale e
non la propria condanna, questa rimane».
Est. Cons. 1ffae1e Frasca
4
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
R.g.n. 26585-08 (ud. 9.6.2015)
§4.
Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione, affidato a
tre motivi, la Coop. La Generale Servizi contro il Berti e la Fiorito e contro la
Cattolica Assicurazioni.
Resistevano congiuntamente al ricorso con controricorso il Berti e la
Fiorito.
§5.
La trattazione del ricorso veniva fissata dinanzi alla Terza Sezione
Civile della Corte ed il Collegio, all'esito della camera di consiglio del 15
maggio 2014, con ordinanza interlocutoria n. 16780 del 23 luglio 2014,
rimetteva il fascicolo al Primo Presidente ai sensi del terzo comma dell'art.
374 c.p.c., per l'eventuale assegnazione della sua trattazione alle Sezioni
Unite, ravvisando per la decisione del ricorso quanto al terzo motivo la
necessità della soluzione di una questione di particolare importanza.
§6.
Il Primo Presidente ha assegnato la trattazione alle Sezioni Unite.
MOTIVI DELLA DECISIONE
§1. Con il primo motivo di ricorso si denuncia, in relazione all'art. 360
n. 5 c.p.c. "insufficiente motivazione" e si censura la sentenza impugnata là
dove, dopo avere disposto la riforma della sentenza di primo grado
"revocando la condanna dell'assicurazione" "per difetto di prova del
quantum"
ha soggiunto che "poiché l'appello incidentale della cooperativa
riguarda soltanto la domanda riconvenzionale e non la propria condanna,
questa rimane".
La censura è svolta assumendosi che la formula usata sarebbe stata
"sibillina e laconica" e non consentirebbe di comprendere il processo logico-
giuridico che ha portato il Tribunale alla statuizione ed in particolare se la
mancata revoca della condanna della ricorrente sia stata dovuta
all'applicazione dell'art. 329, secondo comma, c.p.c. o ad altro motivo.
D'altro canto — si sostiene - nessun riferimento viene fatto all'atto di appello
Est. Cons. Rffa1e Frasca
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R.g.n. 26585-08 (ud. 9.6.2015)
ed alla precisazione delle conclusioni ed alla conclusionale, di modo che non
sarebbe dato comprendere perché non sia stato considerato come specifico
motivo di appello quanto riportato a pagina 3 della comparsa di costituzione
in cui si era detto che "per quanto attiene il punto IV dell'appello" principale
della società assicuratrice, che trattava proprio la questione della mancanza di
prova oltre che dell'an, del
quantum,
"ci si associa alle richieste ed agli
assunti di parte appellante".
Nessuna motivazione la sentenza impugnata avrebbe inoltre enunciato -
nel discostarsi, a dire dei ricorrenti, dall'orientamento prevalente di questa
Corte "secondo il quale, nel caso di un giudizio di risarcimento del danno
dove vi sia stata chiamata in garanzia
ex
art. 1917 c.c. e vi sia stata una
condanna solidale di garante e garantito, l'appello proposto dalla Compagnia
coinvolge anche la posizione del garantito, non essendo possibile scindere le
due posizioni".
§2.
Con il secondo motivo si prospetta, ai sensi del n. 4 dell'art. 360
c.p.c., "nullità della sentenza
ex
art. 161 c.p.c. per errore di fatto".
Vi si sostiene che erroneamente il Tribunale avrebbe ritenuto che la
ricorrente non aveva proposto appello contro la sentenza di primo grado
quanto alla propria condanna. L'appello si sarebbe dovuto scorgere, invece,
nel passo della comparsa di costituzione già evocato nel motivo precedente, in
cui essa si era associata alle richieste dell'appellante principale di cui al punto
IV del suo atto di appello, intitolato "carenza di prova" e relativo alla
constatazione della sua sussistenza anche sul
quantum.
D'altro canto, si
argomenta, del tutto irrilevante sarebbe il fatto che nelle conclusioni della
comparsa non vi fosse stato il richiamo a detta associazione.
§3.
Con il terzo motivo si fa valere, in relazione al n. 3 dell'art. 360
c.p.c., "errata applicazione degli artt. 102; 336 c.p.c. e 1917 c.c.".
Sulla premessa che la Cattolica Assicurazioni sia stata chiamata in causa
ai sensi dell'art. 1917 c.c. e che tale tipo di chiamata integri un'ipotesi di c.d.
Est. Coni Raffaele Frasca
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R.g.n. 26585-08 (ud. 9.6.2015)
garanzia propria (all'uopo viene evocata Cass. sez. un. n. 13968 del 2004), vi
si prospetta che, per effetto della chiamata sarebbe insorto un rapporto di c.d.
litisconsorzio necessario processuale, in quanto unico sarebbe il fatto
generatore della responsabilità di cui si discorre in causa e, anche se i titoli di
responsabilità sarebbero distinti riguardo all'azione principale ed a quella di
chiamata in garanzia, per quella ragione fra l'azione principale e la chiamata
in garanzia vi sarebbe un vincolo di inscindibilità e di interdipendenza. Ne
seguirebbe che, una volta accertato che gli attori non avevano provato il
danno e che, dunque, non esisteva una responsabilità per mancanza del fatto
generatore, tale mancata prova riguardava
in primis
essa assicurata,
conseguendone che a torto il Tribunale non aveva revocato la condanna nei
suoi confronti, siccome imponevano gli artt. 102 e 336 c.p.c. e l'art. 1917 c.c.
§4. Nel rimettere al Primo Presidente il fascicolo, la Terza Sezione
Civile ha motivato l'esistenza di una questione di particolare importanza,
osservando quanto segue:
«ritenuto che con l'ultima doglianza, articolata sotto il profilo della
errata applicazione degli arti. 102 e 336 c.p.c., e art. 1917 c.c., la ricorrente,
premesso che tra l'azione principale e quella di chiamata in garanzia vi fosse
un vincolo di inscindibilità ed interdipendenza, ha dedotto che il giudice di
appello, revocata la condanna nei confronti della compagnia assicuratrice,
avrebbe dovuto revocare anche la condanna della garantita, pur in mancanza
di una sua specifica impugnazione; ritenuto che la censura esposta si richiama
all'orientamento giurisprudenziale secondo cui, "con riferimento alla
posizione dell'assicuratore della responsabilità civile (fuori dell'ambito
dell'assicurazione obbligatoria), quale è configurata dall'art. 1917 c.c., ricorre
una ipotesi di garanzia propria, atteso che il nesso tra la domanda principale
del danneggiato e la domanda di garanzia dell'assicurato verso l'assicuratore
è riconosciuto sia dalla previsione espressa della possibilità di chiamare in
causa l'assicuratore sia dallo stesso regime dei rapporti tra i tre soggetti
Est. Cons. Raffaele Frasca
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Corte di Cassazione - copia non ufficiale
R.g.n. 26585-08 (ud. 9.6.2015)
contenuto nell'art. 1917 c.c., comma 2. Infatti, nelle ipotesi in cui sia unico il
fatto generatore della responsabilità come prospettata tanto con l'azione
principale che con la domanda di garanzia, anche se le ipotizzate
responsabilità traggono origine da rapporti o situazioni giuridiche diverse, si
versa in un caso di garanzia propria che ricorre solo ove il collegamento tra la
posizione sostanziale vantata dall'attore e quella del terzo chiamato in
garanzia sia previsto dalla legge disciplinatrice del rapporto". (Sez. Un.
n.13968/04, conforme Cass. n. 25581/2011); ritenuto che siffatto principio
incontra, nella giurisprudenza di legittimità, numerose eccezioni, essendosi
statuito, in senso contrario, che la chiamata in causa dell'assicuratore della
responsabilità civile, da parte dell'assicurato convenuto dal terzo danneggiato,
ai sensi dell'art. 1917 c.c., comma 4, costituisca invece l'ipotesi archetipica di
chiamata in garanzia impropria, con la conseguenza, ai fini dell'estensione
soggettiva del giudicato - questione che rileva nella vicenda processuale in
esame - che se nel giudizio di appello l'assicuratore impugna la responsabilità
del proprio assicurato, ma altrettanto non fa quest'ultimo, l'accoglimento
dell'appello del primo non si estende all'altro
(ex multis
Cass. n. 10919/2011;
n. 6896/2008, n. 14813/2006; n. 5671/2005, n. 9136/1997). Infatti, mancando
da parte del convenuto rimasto soccombente l'impugnazione della pronuncia
sulla causa principale, il giudicato che si forma sulla stessa non estende i suoi
effetti al chiamato in garanzia impropria in ordine al rapporto con il
chiamante, ed il chiamato può impugnare la statuizione sul rapporto
principale solo nell'ambito del rapporto di garanzia e per i riflessi che la
decisione può avere su di esso, senza che si verifichi alcuna estensione
soggettiva a beneficio dell'assicurato (Cass. n. 1680/2012, n. 2757/2010, n.
13684/06, n. 1077/2003); ritenuto peraltro che, se anche si volesse aderire al
principio di diritto statuito dalle Sezioni Unite n.13968/04, resta da chiedersi
se a tal fine, in relazione alla fattispecie normativa prevista dall'art. 1917 c.c.,
possano ritenersi sufficienti la possibile chiamata in causa dell'assicuratore,
Est. Cons. Raffaele Frasca
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da parte dell'assicurato (ultimo comma), ed il fatto che l'assicuratore abbia la
facoltà, previa comunicazione all'assicurato, di pagare direttamente al terzo
danneggiato l'indennità dovuta ovvero l'obbligo di pagamento su richiesta
dell'assicurato, per ritenere sussistente un collegamento sostanziale tra la
posizione dell'attore e dell'assicuratore, così da ritenere configurabile
un'ipotesi di garanzia propria, laddove il legislatore dell'art. 1917 c.c., non
prevede invece un collegamento diretto ed immediato tra assicuratore e terzo
danneggiato, che non passi necessariamente attraverso l'indispensabile
intermediazione e la volontà favorevole dell'assicurato, al quale soltanto,
secondo la previsione legislativa, sembra rimessa la facoltà di stabilire un
rapporto tra assicuratore e terzo, così da giustificare l'inscindibilità delle
cause; ritenuto peraltro che, con recente decisione, le stesse Sezioni Unite
hanno statuito che "ai fini dell'applicazione dell'art. 6, comma 2 della
Convenzione concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle
decisioni in materia civile e commerciale firmata a Bruxelles il 27 settembre
1968, ratificata e resa esecutiva con L. 21 giugno 1971, n. 804 - il quale
prevede che, qualora sia proposta un'azione di garanzia o una chiamata di un
terzo nel processo, il convenuto può essere citato davanti al giudice presso il
quale è stata proposta la domanda principale, sempreché questa ultima non sia
stata proposta per distogliere il convenuto dal giudice naturale del medesimo -
è irrilevante la distinzione tra garanzia propria e impropria". (Sez. Un. n.
8404/2012); ritenuto che la decisione appena richiamata sembra indicare uno
specifico indirizzo, ancorché riferito alla soluzione della sola questione di
giurisdizione, che tuttavia svaluta la distinzione tra garanzia propria e
garanzia impropria, con possibili ricadute sulla struttura del processo e sui
diritti processuali dei partecipi al rapporto sostanziale; [...]>>
Sulla base di tali motivazioni, la Terza Sezione ha «ritenuto che non
possa spettare alla sezione ordinaria di stabilire se siffatta distinzione possa
tuttavia rilevare anche ove si tratti di rapporto sorto e concluso all'interno del
Est. Cons. affaele Frasca
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R.g.n. 26585-08 (ud. 9.6.2015)
territorio nazionale, e dunque spettante alla giurisdizione nazionale, giacché
un eventuale
revirement
sul punto, pur limitato ai rapporti soggetti, nel senso
indicato, alla giurisdizione domestica, non potrebbe che essere operato dalle
Sezioni Unite.».
§5. La questione posta dal primo motivo di ricorso, cioè che il Tribunale
non abbia motivato l'assunto di cui la ricorrente si duole, risulta posta in
modo non adeguato rispetto al paradigma dell'art. 360 c.p.c.
Infatti, quella che è stata definita insufficienza di motivazione concerne
la soluzione di un problema relativo al modo di essere della disciplina del
procedimento e particolarmente sull'applicazione della normativa processuale
rilevante per stabilire se, nella situazione con cui il giudizio era stato devoluto
al giudice d'appello, il Tribunale abbia errato nel ritenere che la qui
ricorrente, non avendo svolto un appello incidentale, non potesse giovarsi
dell'accoglimento dell'appello a favore della società assicuratrice da essa
chiamata in garanzia per una ragione inerente il rapporto determinativo della
responsabilità civile della stessa ricorrente riguardo al quale la garanzia
assicurativa risultava invocata: tale, infatti, era la mancata dimostrazione del
quantum
del danno sofferto.
Ne segue che, non inerendo la pretesa insufficienza motivazionale alla
risoluzione di una
quaestio facti
rilevante direttamente od indirettamente
come oggetto della controversia, bensì ad una
quaestio iuris
concernente
l'applicazione della normativa processuale regolatrice delle modalità della
devoluzione in appello del cumulo di controversie verificatosi in primo grado,
essa si correla, anche là dove concernesse l'esatta ricognizione del fatto
processuale rilevante, cioè delle condotte processuali idonee rilevanti per la
devoluzione al giudice d'appello, sempre ed esclusivamente al paradigma del
n. 4 dell'art. 360 c.p.c.
Infatti, tale paradigma, quando prevede come motivo di ricorso per
cassazione la nullità della sentenza o del procedimento allude ad un vizio
Est. Consi. Raffaele Frasca
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della sentenza:
a)
che può essere derivato in primo luogo dalla violazione di
una norma processuale regolatrice della sentenza come atto del processo o di
una norma regolatrice del procedimento, che sia rivelata dal ragionamento
con cui il giudice di merito ha interpretato quelle norme in via astratta;
b)
che
invece può essere stato provocato dalla falsa applicazione di dette nonne,
sebbene correttamente in astratto interpretate, in relazione alla situazione
fattuale in cui versava il processo, come tale emergente dalla stessa
motivazione resa dal giudice di merito, cioè dai ragionamenti che esso ha
svolto al riguardo;
c)
che sia rivelato in entrambe le ipotesi
sub a)
e
sub b)
da
una motivazione che, piuttosto che erronea, risulti insufficiente o
contraddittoria;
d)
che emerga dalla motivazione enunciata dal giudice
perché essa si rivela insufficiente o illogica non nel ragionamento
in iure,
bensì sul preliminare ragionamento
in facto
relativo alla ricostruzione del
modo di essere del fatto processuale riguardo al quale la questione della
nullità o della violazione di nonna del procedimento rilevavano.
Anche in quest'ultimo caso l'errore motivazionale concernente la
ricostruzione del detto fatto processuale si colloca sempre nel paradigma del
n. 4 dell'art. 360 c.p.c. (o, per le questioni processuali di cui ai numeri 1 e 2
dell'art. 360 c.p.c., all'interno di tali paradigmi).
§6. Tanto premesso, la questione posta con il primo motivo va ricondotta
al n. 4 dell'art. 360 c.p.c. e può esserlo alla stregua di Cass. sez. un. n. 17931
del 2013, giacché la denuncia di insufficienza della motivazione con cui il
Tribunale ha detto che la condanna disposta in primo grado a favore degli
attori e nei confronti della cooperativa qui ricorrente doveva restare ferma
perché non attinta da un appello incidentale si risolve nella denuncia di un
vizio motivazionale della sentenza nel ragionamento giuridico enunciativo
della necessità di un appello incidentale nella specie e, dunque, della
motivazione
in iure
postulante quella necessità.
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Est. Contele Frasca
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
R.g.n. 26585-08 (ud. 9.6.2015)
Come tale la questione dell'insufficienza motivazionale si presta ad
essere esaminata congiuntamente all'esame del terzo motivo, che postula
appunto che un appello incidentale non fosse necessario.
§7.
Anche la questione prospettata con il secondo motivo, cioè che il
Tribunale, una volta postosi nella logica della necessità dell'appello
incidentale, non abbia attribuito il valore di un appello incidentale all'essersi
l'appellata qui ricorrente associata alle richieste ed agli assunti dell'appellante
società assicuratrice in ordine alla mancanza di dimostrazione del
quantum
debeatur,
si presta alla stessa valutazione di riconducibilità della censura al n.
4 dell'art. 360, atteso che si addebita alla sentenza impugnata di non avere
apprezzato il fatto processuale di quell'associazione, pur disgiunto dalla
proposizione di un appello incidentale
espressis verbis
(proposto invece con
riferimento al rigetto della domanda riconvenzionale), comunque come un
appello incidentale, cioè di avere essersi rifiutata di sussumere sotto la norma
regolatrice della forma dell'appello incidentale (art. 343 c.p.c.) un fatto
processuale che •.avrebbe potuto intendersi come appello incidentale o di non
averlo esattamente percepito come tale ai fini del procedimento di
sussunzione da seguirsi nella verifica della ritenuta necessità che un appello
del genere fosse necessario.
Anche tale questione si presta ad essere esaminata in seno, o meglio
dopo quella posta dal terzo motivo, atteso che, se la necessità di un appello
incidentale fosse esclusa, secondo la sollecitazione espressa da tale motivo,
essa verrebbe meno, mentre resterebbe rilevante in caso contrario.
§8. La questione che le Sezioni Unite sono chiamate a risolvere concerne
una vicenda processuale che si inserisce all'interno delle questioni generali
che riguardano il processo cumulativo che si realizza a seguito del fenomeno
che il codice di rito disciplina
sub specie
di modalità di insorgenza nella
norma dell'art. 106 c.p.c., rubricata "intervento ad istanza di parte"
individuandola all'interno di essa, accanto all'ipotesi di comunanza di causa,
Est. Cois. RNffaele Frasca
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come "chiamata in garanzia" (siccome rivelano le parole secondo cui
"ciascuna parte può chiamare nel processo un terzo [...] dal quale pretende di
essere garantita"). Una possibile evoluzione del cumulo è, poi, regolata
dall'art. 108 c.p.c., norma rubricata "estromissione del garantito".
Com'è noto il Codice si occupa, peraltro, della figura particolare della
chiamata in garanzia anche in un'altra norma, cioè nell'art. 32 c.p.c., che è
inserita nella sezione quinta del capo primo del titolo primo del libro primo,
dedicata alle modificazione della competenza per ragioni di connessione.
E' noto pure che la dottrina, anche sulla scorta dei lavori preparatori del
codice (si veda, per esempio, la relazione preliminare al c.d. Progetto Solmi) e
nel solco di indagini che si erano avute già nel vigore nella disciplina della
c.d. "garantia" contenuta negli artt. 193 e ss. del codice di procedura civile del
1865, nello sforzo di individuare le fattispecie riconducibili alla figura della
chiamata in causa in garanzia, ha da sempre distinto ipotesi dette di c.d.
garanzia propria ed ipotesi di c.d. garanzia impropria, individuando il
discrimine fra le une e le altre sostanzialmente con riferimento all'atteggiarsi
della relazione (e, quindi, nella connessione) fra i due rapporti giuridici che
sono necessariamente presenti nella figura, quello garantito e quello di
garanzia.
§8.1. Le prime sono state ravvisate in quei casi nei quali la struttura
tipica dell'azione di garanzia sotto il profilo funzionale — che è sempre la
pretesa a che taluno si faccia carico verso un soggetto, sulla base di un
rapporto che dicesi di garanzia, delle conseguenze sfavorevoli patite da quel
soggetto sulla base di altro rapporto giuridico verso altro soggetto e, quindi,
se esse si sono verificate all'esito del giudizio su di esso, della sua
soccombenza verso quest'altro soggetto - trova una giustificazione già nella
previsione di una norma che stabilisce essa stessa un collegamento fra il
rapporto giuridico garantito ed il rapporto giuridico di garanzia.
Est. Cors. Raffaele Frasca
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Le seconde sono state invece ravvisate in quelle ipotesi nelle quali
l'operare del meccanismo strutturale della garanzia non ha un referente per
così dire preliminare ed astratto in una norma che prevede il collegamento fra
il rapporto garantito e quello di garanzia, ma emerge perché un fatto storico,
insorto nell'àmbito di un rapporto giuridico fra due soggetti e sfavorevole ad
uno di essi, integra, come accadimento della vita, e, quindi, in via del tutto
occasionale, il presupposto per cui in un diverso rapporto, che lega quel
soggetto ad un altro, è previsto (per lo più, si dice, in via negoziale) che una
certa tipologia di fatti, cui quel fatto risulta
ex post riconducibile, dia luogo
all'insorgenza a favore del soggetto dell'altro rapporto ad un dovere di
prestazione di garanzia, cioè di farsi carico delle conseguenze negative del
fatto sfavorevole.
§8.2. E' altrettanto noto che nell'àmbito delle figure della garanzia c.d.
propria la dottrina, sia essa poi favorevole o no alla distinzione, ha
individuato essenzialmente due figure, quella della c.d. garanzia formale, che
ha radice o in una relazione fra rapporti per cui, essendo uno derivato — in
senso lato - dalPaltro, è la stessa normativa a regolare la derivazione in modo
che la bontà di essa sia appunto "garantita" dal dante causa all'avente causa
(come negli acquisti a titolo derivativo che comportino il trasferimento di un
diritto: esempi art. 1483 c.c. e 1266 c.c.; e come nell'acquisto di un diritto
personale di godimento su un bene, che comporta la garanzia del diritto a tale
godimento: art. 1586 c.c.), e quella della c.d. garanzia semplice, nella quale la
prestazione di garanzia si ricollega all'esistenza a livello normativo, fra
garante e garantito, di un rapporto giuridico per cui, in relazione
all'esecuzione da parte del secondo di una prestazione verso un terzo, il primo
sia a sua volta tenuto a farsene carico verso il secondo (esempi: azione di
regresso del condebitore nelle obbligazioni solidali: art. 1298 c.c.; azione di
regresso del fideiussore verso il debitore principale: art. 1950 c.c.).
Est. Cons. Raffaele Frasca
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Come esempio di c.d. garanzia impropria è, poi, altrettanto noto che si
evoca tradizionalmente la fattispecie della responsabilità per vendite c.d. a
catena.
Anche la giurisprudenza ha da sempre accettato la distinzione fra le
ipotesi di garanzia propria e quelle di garanzia impropria.
Sulla scorta di opinioni dottrinali che lo avevano così individuato nel
vigore del codice del 1865 e nello sforzo di individuare un criterio discretivo
fra la prima e la seconda, lo ha ravvisato ravvisandolo nella circostanza che
nella prima ipotesi ricorrerebbero sempre indici normativi di un collegamento
fra il rapporto principale garantito ed il rapporto di garanzia. Sarebbero allora
direttamente tali indici ad evidenziare una ragione di connessione, già
presente a livello normativo, fra la fattispecie costitutiva del rapporto
principale e quella del rapporto di garanzia sotto il profilo della presenza di un
fatto comune, che nel primo genererebbe la responsabilità di un soggetto, il
garantito, e nel secondo assumerebbe il valore di fatto costitutivo o di uno dei
fatti costitutivi della debenza della garanzia.
Siffatti indici normativi, invece, non sarebbero rinvenibili nelle
fattispecie di garanzia impropria.
Il discrimine, però, come bene è stato sottolineato, risulta così più
apparente che reale, perché, sebbene solo
ex post -
cioè solo quando la
fattispecie concreta oggetto sia del rapporto che assume la consistenza di
rapporto garantito e quella oggetto del rapporto che assume la funzione di
rapporto di garanzia si verificano - anche nella garanzia impropria la
comunanza di un fatto è necessaria per l'operare della garanzia. Essa è solo
rivelata non dalle fattispecie normativa regolatrici dei due rapporti, sebbene
sempre all'esito della realizzazione di tali fattispecie in concreto, bensì
esclusivamente dalla loro, per così dire, effettiva concretizzazione, la quale
essa sola, potrebbe dirsi casualmente, determina la relazione di garanzia.
Est. Cons. R ffaele Frasca
15
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
R.g.n. 26585-08 (ud. 9.6.2015)
In pratica nelle ipotesi di garanzia propria la relazione di garanzia fra due
rapporti è descritta già a livello normativo, ma ciò non toglie che le due
fattispecie si debbano realizzare in concreto perché il fenomeno della garanzia
operi. Nelle ipotesi di garanzia impropria quella relazione non è percepibile
già a livello normativo, ma si rivela quando le fattispecie concrete dei due
rapporti si verifichino. Nella vendita a catena sia la prima che la seconda e la
terza vendita, se considerate a livello normativo, non rivelano la relazione di
garanzia per cui se il terzo venditore sia tenuto ai danni per i vizi della cosa
venduta verso il compratore finale, può rivalersi verso il secondo venditore ed
a sua volta questi verso il primo, che risulti anche produttore del bene. Nello
schema normativo di ciascuna vendita è contemplata invece la garanzia di
bontà della
res
come tale, ma non risulta descritta la possibilità che essa sia
ceduta dall'acquirente che a sua volta assuma la posizione di venditore ad un
terzo e così via. Queste sono eventualità che se si verificano determinano solo
in via fattuale, per le azioni risarcitorie esercitate dai successivi acquirenti,
l'insorgenza della pretesa di ciascun acquirente verso l'altro fino a quello
originario che da alcuno ha ricevuto. Se il primo acquirente non ceda a sua
volta la
res
ad altri e non abbiano luogo vendite successive a catena, la pretesa
risarcitoria derivante dalla fornitura di un bene inidoneo sarà comunque
dovuta in base alle norme regolatrici della vendita.
§8.3. La figura di garanzia in cui si inserisce la controversia di cui è
processo, quella — disciplinata dall'art. 1917 c.c. - del danneggiante che,
evocato dal danneggiato per il risarcimento del danno, avendo stipulato un
contratto di assicurazione per la propria responsabilità civile, chiami in
giudizio l'assicuratore perché gli assicuri la prestazione di garanzia
consistente nel tenerlo indenne dalle conseguenze di tale responsabilità e,
quindi, se il danneggiato abbia agito in giudizio, della soccombenza verso di
lui e, perciò, dalla condanna al risarcimento del danno in suo favore, è stata
per lungo tempo il banco di prova della distinzione fra l'una e l'altra tipologia
Est. Cons. affaele Frasca
16
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
R.g.n. 26585-08 (ud. 9.6.2015)
di garanzia ed è stata, com'è noto, a lungo ricondotta all'ambito della
garanzia impropria.
E ciò anche dalla giurisprudenza di questa Corte.
Peraltro, Cass. sez. un. n. 13968 del 2004 ne ha prospettato al contrario
la qualificazione in termini di garanzia propria con una motivazione che ha,
peraltro, dato luogo a reazioni opposte della dottrina. Detta qualificazione non
è stata, peraltro, sempre condivisa nemmeno dalla successiva giurisprudenza
delle Sezioni Semplici, come ha evidenziato anche l'ordinanza della Terza
Sezione Civile.
§8.4. E' pure noto che le conseguenze applicative della distinzione fra
garanzia propria e garanzia impropria si sono concretate tanto nella dottrina
che nella giurisprudenza di questa Corte ad essa favorevoli nell'escludere nel
caso della garanzia impropria innanzitutto l'applicabilità dell'art. 32 c.p.c. e
dell'art. 108 (si veda quanto a quest'ultima norma Cass. n. 5478 del 1998 e,
quindi, la citata sentenza delle Sezioni Unite), e sebbene in modo non sempre
assoluto, dell'art. 331 c.p.c. (si vedano, per esempio, da ultimo, per
l'esclusione: Cass. n. 18044 del 2013 e 24132 del 2013; a favore
dell'applicazione, sebbene nel caso in cui il terzo chiamato abbia svolto
contestazioni riguardo al rapporto principale e sempre da ultimo: Cass. n.
20552 del 2014).
§8.5. V'è da registrare in fine che Cass. sez. un. 5965 del 2009 e
successivamente Cass. sez. un. n. 8404 del 2012, sulla scorta di fonti di
rilievo comunitario e della giurisprudenza UE, hanno rilevato che in quella
cornice la distinzione non può essere foriera di alcuna rilevanza: tali arresti,
peraltro, hanno riguardato l'esclusione di una sua incidenza ai fini della
individuazione della giurisdizione.
§9. Ritengono ora queste Sezioni Unite, condividendo le critiche alla
distinzione rivolte da dottrine che, già minoritarie, sembrano ora avere
acquisito maggiore consistenza, che la distinzione debba essere mantenuta
Est. Cons. galtaele Frasca
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Corte di Cassazione - copia non ufficiale
R.g.n. 26585-08 (ud. 9.6.2015)
..
soltanto a livello descrittivo delle varie fattispecie di garanzia ma possa e
debba essere abbandonata — sia agli effetti dell'art. 32, sia agli effetti dell'art.
108 c.p.c., sia agli effetti dell'art. 331 c.p.c. - a livello di conseguenze
applicative e ciò perché non esistono ragioni normative che giustificano
differenze sotto tale aspetto.
§9.1. Per iniziare a dar conto di tale affermazione è necessario prendere
le mosse dagli artt. 32 e 106 c.p.c.
Si deve in primo luogo notare che il cumulo fra causa principale e causa
di garanzia cui allude l'art. 32 c.p.c., sia per l'ambiente in cui è collocato, il
quale si occupa del problema della individuazione della competenza, sia e
soprattutto per come è descritto con le parole secondo cui "la domanda di
garanzia può essere proposta al giudice competente per la causa principale",
potrebbe sembrare riferibile al solo caso — ipotizzato come possibile anche
I dalla dottrina - in cui lo stesso soggetto, cioè l'attore, proponga una domanda
principale contro un certo convenuto ed una domanda di garanzia in funzione
di essa rispetto ad un terzo.
L'art. 106 c.p.c. suppone invece certamente che la chiamata in garanzia
avvenga in un processo già pendente e riferisce il potere di chiamata sia
all'attore che al convenuto, posto che fa riferimento all'uopo a "ciascuna
parte". Allude, quindi, sia all'ipotesi in cui la chiamata del terzo in garanzia
sia fatta dalla parte convenuta in un giudizio, sia all'ipotesi in cui essa sia
fatta dall'attore, evidentemente per un'esigenza originata dalla difesa della
parte convenuta concretatasi in una domanda riconvenzionale.
Peraltro, l'art. 32, letto nella sua interezza, non consente la lettura
limitativa sopra ipotizzata, perché nel secondo inciso la norma, prevedendo
che se la causa di garanzia ecceda la competenza del giudice adito questi
rimette entrambe le cause al giudice superiore, palesa che essa intende
riferirsi chiaramente anche all'ipotesi in cui la chiamata in garanzia si
verifichi in un processo già insorto. E' chiaro, cioè, che il legislatore, nel dire
18
Est. Cons. Raffuele Frasca
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
R.g.n. 26585-08 (ud. 9.6.2015)
che la domanda di garanzia può essere proposta al giudice della causa
principale, se avesse voluto riferirsi solo al caso in cui sia chi introduce il
giudizio a proporre entrambe le domande, così prevedendo una competenza
per connessione correlata alla sola introduzione del giudizio, non avrebbe
potuto subito dopo dire che la competenza del giudice adìto per connessione
non può in concreto operare e, quindi, determinare il
sirraultaneus processus
davanti a lui, se la domanda di garanzia eccede la competenza del giudice
adìto (ed implicitamente se essa appartiene alla competenza per materia di
altro giudice, che non sia il giudice di pace, rispetto al quale va considerata la
cedevolezza della competenza rispetto al giudice togato superiore).
Ne segue la conclusione che anche il cumulo di cui all'art. 106 c.p.c. è
soggetto alla regola di cui all'art. 32 c.p.c., per cui anche quando la chiamata
in garanzia ha luogo in un processo già introdotto su una domanda principale
o per chiamata del convenuto o per chiamata dell'attore, lo svolgimento
cumulativo del processo può avere luogo se la causa di garanzia rientra nella
competenza per valore del giudice affilo, mentre, se la causa di garanzia
eccede quella competenza l'intero processo si deve spostare davanti al giudice
superiore: ipotesi questa che, essendo ormai distribuita la competenza per
valore tra giudice di pace e tribunale ed essendo la competenza del primo
cedevole risulterebbe peraltro ora già scritta nelle norme degli artt. 40, sesto e
settimo comma, c.p.c.
L'àmbito dell'art. 32, dunque, comprende certamente anche quello
dell'art. 106 c.p.c.
§9.2. Il punto è, però, che l'oggetto di disciplina della norma dell'art.
106 c.p.c. e quello dell'art. 32 c.p.c., nonostante questa seconda norma
comprenda l'àmbito di disciplina dell'altra, sono, in realtà, solo parzialmente
sovrapponibili, nel senso che l'art. 106 può in realtà trovare applicazione
senza che necessariamente si debba fare applicazione dell'art. 32.
Est. Cons. R ffaele Frasca
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Corte di Cassazione - copia non ufficiale
R.g.n. 26585-08 (ud. 9.6.2015)
Occorre considerare che l'art. 106 c.p.c. con l'espressione «chiamare
nel processo un terzo
[...J
dal quale pretende di essere garantita», fermo che
la chiamata è esercizio di un'azione (come suggerisce la rubrica del titolo in
cui è inserita), si presta a comprendere due distinti profili.
Un primo profilo è necessario, in quanto sotteso allo stesso significato
della chiamata, l'altro è solo eventuale, anche se di certo ricorre molto di più
nella pratica.
Il primo profilo si coglie nel significato stesso dell'espressione "essere
garantita". Poiché l'oggetto della garanzia inerisce in tutte le varie fattispecie
ad una prestazione, quella di garanzia, che si deve tenere se il modo di essere
del rapporto principale risulti accertato con un contenuto sfavorevole al
soggetto, il garantito, che ne è parte, la chiamata del terzo ha, come del resto,
non si dubita, come contenuto e, quindi, come
petitum
dell'azione con essa
esercitata la richiesta di accertamento di quel modo di essere nel
contraddittorio del terzo chiamato preteso garante. Essendo tale accertamento
già oggetto del giudizio principale, la richiesta si concreta dunque
nell'estensione al terzo preteso garante dell'efficacia e, quindi, della
soggezione all'accertamento del rapporto oggetto del giudizio principale, che,
rispetto a quello di garanzia, costituisce un elemento — o per previsione
normativa discendente dalla struttura delle fattispecie (in quelle che
tradizionalmente vengono dette ipotesi di garanzia proprie) o perché, al di là
di una previsione normativa, il fatto dell'accertamento del rapporto principale
integra uno degli elementi del rapporto di garanzia — della sua fattispecie
costitutiva e, dunque, un elemento "pregiudicante" quest'ultima.
E' questo il contenuto minimale, ma necessario ed indefettibile, della
chiamata del terzo garante cui allude l'art. 106 c.p.c. La chiamata in questo
contenuto minimale ma necessario ha come oggetto, premessa la deduzione
dell'esistenza del rapporto di garanzia soltanto come rapporto legittimante la
chiamata stessa (cioè l'ingresso del terzo nel processo senza una richiesta di
Est. Cons. af le Frasca
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Corte di Cassazione - copia non ufficiale
R.g.n. 26585-08 (ucl. 9.6.2015)
accertamento dell'effettiva esistenza di detto rapporto e del suo modo di
essere e del riconoscimento di diritti basati su di esso), la mera estensione al
terzo garante dell'efficacia della decisione sul rapporto principale.
Sotto tale profilo — che qualcuno individua come denuncia della lite, ma
con formulazione che non deve essere intesa letteralmente data l'implicazione
che la chiamata comunque ha — la chiamata determina l'effetto di estendere
sotto il solo aspetto soggettivo l'accertamento relativo al rapporto oggetto
della domanda principale al di là delle parti che vi sarebbero legittimate per il
modo in cui la situazione giuridica che ne è oggetto è stata prospettata.
Quindi, si risolve nell'attribuzione al terzo preteso garante di una
legittimazione processuale a contraddire riguardo ad un rapporto cui egli è
estraneo. Per effetto della chiamata le parti fra le quali avrà luogo
l'accertamento e, quindi, la decisione, riguardo al rapporto principale, saranno
non solo quelle originarie riguardo alle quali sussisterebbe la legittimazione
processuale sul piano attivo e passivo, bensì anche il terzo garante e ciò sulla
base dell'allegazione nella chiamata in causa del rapporto di garanzia.
Allegazione che, però, è fatta al solo fine di giustificare tale estensione della
legittimazione.
Allorquando la chiamata del terzo garante sia esercitata solo sotto il
descritto profilo, il che dipende da una scelta limitativa del soggetto garantito,
che non chiede anche accertarsi il rapporto di garanzia e non chiede il
riconoscimento delle sue implicazioni condizionatamente all'eventuale
verificarsi di un accertamento del rapporto principale giustificativo della
garanzia, lo scopo che persegue il garantito
è
soltanto quello — come non ha
mancato di rilevare la dottrina — di ottenere che il garante sia assoggettato
all'efficacia dell'accertamento sul rapporto riguardo al quale ad avviso del
chiamante preteso garantito deve prestare la garanzia,
in
modo che l'esistenza
di tale rapporto non possa più essere ridiscussa in un futuro giudizio nel quale
lo
stesso garantito farà valere la pretesa di garanzia (fra i cui fatti costitutivi
Est. Cons. 1affaeIe Frasca
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Corte di Cassazione - copia non ufficiale
R.g.n. 26585-08 (ud. 9.6.2015)
necessariamente si pone il modo di essere del rapporto oggetto della
prestazione di garanzia, cioè riguardo al quale essa è dovuta secondo la
disciplina del rapporto di garanzia). Nel successivo giudizio con cui il
garantito chiederà la prestazione di garanzia (che ha scelto di non far valere),
cioè la prestazione cui il garante è tenuto in relazione a quel modo di essere,
si potrà discutere fra garantito e garante soltanto della sussistenza stessa del
rapporto di garanzia, della debenza della garanzia in base ad esso e di tutte le
questioni ad essa relative.
La differenza rispetto all'ipotesi in cui il garantito conviene il garante
solo dopo che il giudizio sul rapporto rispetto al quale la garanzia è dovuta sia
stato accertato in modo tale da giustificare la prestazione della garanzia e lo
sia stato nel solo contraddittorio delle parti di esso, è evidente, come non
manca di sottolineare la dottrina: in questo secondo caso, essendo quel modo
di essere elemento costitutivo della garanzia, nella lite con il solo garantito il
garante potrà (oltre che discutere di tutti i profili sopra indicati) anche
contestare l'accertamento relativo al rapporto principale, in quanto esso ha
avuto corso senza il suo contraddittorio ed in tal caso occorrerà che esso
venga ripetuto senza alcun vincolo di quello seguito fra il garantito e la parte
del rapporto principale.
Il giudicato sfavorevole per il garantito intervenuto senza il
contraddittorio del garante sarà trattato in guisa non diversa da come, nel
giudizio di garanzia, sarebbe da trattare un riconoscimento stragiudiziale del
diritto del pretendente del rapporto principale o un negozio di accertamento di
tale diritto intervenuto fra garantito e pretendente. Così come questi sono atti
dispositivi compiuti
inter alios cui il garante resta insensibile, altrettanto
accade quando della sua situazione il garantito risponde nel processo
intentatogli dal pretendente senza evocarvi il garante.
§9.3. Nell'ipotesi di chiamata del terzo ora descritta si dice che l'oggetto
del giudizio non risulterebbe allargato, ma, in realtà, l'affermazione ha un
Est. Cons. affae1e Frasca
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Corte di Cassazione - copia non ufficiale
R.g.n. 26585-08 (ud. 9.6.2015)
valore relativo. L'oggetto del giudizio resta certamente quello relativo al
modo di essere del rapporto principale, ma, accanto ad esso, se ne aggiunge
un altro, che è l'estensione dell'efficacia dell'accertamento su di esso al
garante, che è un profilo se si vuole oggettivo quanto meno sul piano del
petitum.
Non sembra possa negarsi, cioè, che un allargamento dello stesso
oggetto del giudizio si verifica in tal caso sotto il profilo soggettivo, perché
l'ingresso del garante nel processo determina che l'accertamento, sotto il
profilo dei limiti soggettivi del giudicato, si estenderà al terzo, cui invece, in
difetto della chiamata, non si sarebbe in alcun modo esteso.
Dovendo il terzo garante soggiacere in forza della chiamata al giudicato
sul rapporto originariamente dedotto in giudizio ed essendo divenuto
destinatario di una domanda di estensione a lui dell'efficacia
dell'accertamento del rapporto
inter alios
egli deve necessariamente poter
contraddire riguardo a tale accertamento e tanto giustifica la conseguenza che
i poteri processuali funzionali alla gestione della lite diventano riferibili anche
al terzo garante, come non manca di sottolineare la dottrina. Il litisconsorzio
successivo che si determina per il fatto dell'allargamento della legittimazione
operato dalla chiamata al garante esige che i poteri processuali che prima
erano attribuiti alle parti originarie siano attribuiti con il filtro del criterio
dell'interesse anche al terzo chiamato, salvo che si tratti di poteri di disporre
dell'oggetto del processo originario, come ad esempio la confessione riguardo
al rapporto che ne è oggetto.
Poiché i detti poteri processuali sono attribuiti al terzo a tutela di un
interesse proprio (quello a che venga negato il rapporto principale, che
potrebbe divenire elemento costitutivo della pretesa di garanzia nei suoi
confronti) occorre notare che non si può ritenere che egli assuma una
posizione simile a quella di un terzo interventore adesivo dipendente,
ancorché egli sia interessato a sostenere le ragioni del garantito.
Est. ConLRffae1e Frasca
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Corte di Cassazione - copia non ufficiale
R.g.n. 26585-08 (ud. 9.6.2015)
La sua posizione è simile in realtà a quella di un interventore adesivo
autonomo. Egli, venendo chiamato nel processo relativo all'accertamento del
rapporto principale riguardo al quale opera la garanzia deve avere la stessa
posizione che avrebbe avuto qualora fosse stato convenuto dal garantito dopo
il verificarsi di quell'accertamento positivo senza il suo contraddittorio. Così
come egli avrebbe avuto riguardo all'accertamento del rapporto oggetto della
pretesa garanzia tutti i poteri e le facoltà processuali, allo stesso modo deve
poter esercitare questi ultimi quando viene chiamato nel processo
inter alios
relativo a quell'accertamento.
D'altro canto il nesso di dipendenza fra l'accertamento del rapporto
principale in modo sfavorevole al garantito e la prestazione di garanzia non
realizza un fenomeno di dipendenza permanente fra i due diversi rapporti
discendente dal diritto sostanziale, cioè non dipende dal fatto che secondo il
diritto sostanziale il rapporto di garanzia abbia come elemento costitutivo il
rapporto garantito. L'esistenza di quest'ultimo rappresenta solo un fatto
concreto in presenza del quale si realizza il presupposto per il funzionamento
di quel rapporto, che non lo contempla come tale, ma contempla solo un
oggetto di garanzia astratto, cui esso, quando si verifica, può, per previsione
interna al rapporto di garanzia stesso, essere ricondotto, di modo che si
giustifica la prestazione dovuta in forza della garanzia. Il rapporto di
pregiudizialità non riguarda a ben vedere il rapporto principale e quello di
garanzia, bensì il primo, o meglio l'accertamento di un suo modo di essere, e
la prestazione oggetto del secondo. E' il diritto a questa e non il rapporto di
garanzia ad essere pregiudicato dall'esito sfavorevole per il garantito del
giudizio principale.
§9.4. Importa a questo punto notare che, allorquando la chiamata del
terzo garante assuma solo il contenuto di domanda di estensione dell'efficacia
soggettiva quanto all'accertamento del rapporto principale, non si può negare
Est. Coni Raffaele Frasca
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Corte di Cassazione - copia non ufficiale
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che gli effetti descritti sono identici sia per le ipotesi di garanzia c.d. proprie
che per quelle c.d. improprie.
Importa in primo luogo notare che l'estensione soltanto soggettiva
dell'accertamento non ha e non può avere alcun rilievo ai fini della
competenza, dato che, se anche si volesse prospettare un problema di
individuazione della competenza sulla "domanda di garanzia" diretta al solo
fine di estendere la decisione al terzo, la competenza non potrebbe che essere
la stessa esistente sul rapporto principale, perché l'estensione riguarda sempre
e solo quest'ultimo.
Ne segue che l'art. 32 c.p.c. non viene in rilievo e ciò vale sia per la
garanzia propria che per quella impropria, sicché si perviene ad acquisire un
primo risultato nel senso che la relativa distinzione in tal caso è priva di effetti
pratici.
§10. Accanto al profilo che si è descritto la chiamata in causa, com'è
noto, può presentarne un altro che è solo eventuale anche se certamente molto
più ricorrente per evidenti ragioni di economia processuale.
Esso si coglie quando il garantito chiami il garante in giudizio non solo
chiedendo che si estenda nei sui confronti l'accertamento del rapporto
principale, ma anche formulando una richiesta di accertamento dell'esistenza
del rapporto di garanzia (che, dunque, non viene più solo prospettato come
situazione legittimante la chiamata) e, nel presupposto che tale esistenza
risulti accertata, eventualmente una richiesta (avente natura di domanda
subordinata all'accertamento del rapporto principale in modo sfavorevole e,
quindi, tale da giustificare la prestazione della garanzia) di attribuzione della
prestazione di garanzia, naturalmente se ed in quanto a sua volta il modo di
essere del rapporto di garanzia giustifichi quell'attribuzione.
In tal caso l'allargamento dell'oggetto del giudizio non è solo soggettivo,
ma è, come non si dubita, anche oggettivo, nel senso che l'accertamento non
riguarda più solo il rapporto principale sebbene con l'estensione soggettiva al
Est. Con Raffaele Frasca
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garante della legittimazione, ma concerne anche il rapporto di garanzia, il suo
modo di essere ed il diritto alla prestazione (condizionato).
Tale allargamento in senso oggettivo può, peraltro, avvenire anche per
iniziativa dello stesso garante, il quale chieda l'accertamento con efficacia di
giudicato, nei confronti del garantito che l'ha chiamato al solo fine di
estendergli l'accertamento del rapporto principale, del modo di essere del
rapporto di garanzia ed eventualmente di un suo modo di essere che,
quand'anche dovesse aversi esito sfavorevole per il garante quanto al rapporto
principale, comunque escluda la prestazione di garanzia.
Ad avviso di queste Sezioni Unite la possibilità che la chiamata del
garante da parte del garantito implichi la descritta estensione sul piano
oggettivo è già compresa nella previsione della stessa norma dell'art. 106
c.p.c., giacché l'espressione "pretende di essere garantita" ivi contenuta è tale
da comprendere sia questa pretesa, intesa come richiesta di mera estensione
soggettiva al garante dell'efficacia dell'accertamento sul rapporto principale,
sia anche come richiesta di ampliamento oggettivo in funzione della
consecuzione dell'accertamento del rapporto di garanzia ed eventualmente
della (subordinata) consecuzione della garanzia.
La soppressione dell'inciso "e tenerla indenne", che figurava nel testo
originario dell'art. 106 e che il Guardasigilli Solmi aveva spiegato con
l'intenzione di espungere dall'àmbito della norma le ipotesi di garanzia
impropria, in disparte che non è dato comprendere come e perché solo ad esse
potesse riferirsi, è da considerare del tutto inidonea ad escludere che la
chiamata in garanzia, per come supposta nell'art. 106 vigente, possa assumere
oltre all'estensione minima soggettiva anche, per scelta del chiamante, quella
ulteriore oggettiva.
§10.1. Quando la chiamata in garanzia assume il più complesso
contenuto derivante dall'estensione oggettiva, il cumulo soggettivo di
accertamenti che si verifica comporta che, rispetto all'accertamento del
Est. Con Raffaele Frasca
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rapporto principale, quello del rapporto di garanzia non ha carattere
dipendente per quanto attiene ai fatti costitutivi diversi dal verificarsi del
presupposto per la prestazione della garanzia rappresentato dall'esito
sfavorevole del rapporto principale. Ciò che è pregiudicato è solo il diritto alla
prestazione di garanzia. Solo in via eventuale, in relazione alla struttura del
rapporto di garanzia ed ai sui contenuti tale diritto potrebbe essere l'unico
nascente da detto rapporto, ma potrebbe benissimo accadere che si tratti
soltanto di uno dei diritti potenzialmente nascenti dal medesimo rapporto.
Riguardo all'accertamento del rapporto principale è comunque
importante notare che la posizione del garante resta sempre identica a quella
che egli riveste nell'ipotesi di mera chiamata estensiva dell'accertamento su
di esso.
§11. Si deve a questo punto rilevare che le considerazioni sul duplice
possibile profilo della chiamata in garanzia secondo il paradigma dell'art. 106
c.p.c. sono comuni sia alle fattispecie tradizionalmente qualificate come di
garanzia propria sia a quelle qualificate come garanzia impropria, nel senso
che le due eventualità che si sono descritte possono verificarsi sia nelle une
che nelle altre.
Ne discende che la distinzione fra esse, se posta in relazione all'art. 106
c.p.c., si giustifica solo in termini di pura descrizione della diversità dei
fenomeni riconducibili alla norma.
Si deve, cioè, sottolineare che le peculiarità che si colgono nelle norme
che disciplinano specificamente determinate forme di garanzia qualificate
come proprie sono peculiarità che non incidono sulle due eventualità supposte
dall'art. 106 c.p.c.
Così, per esemplificare, la fattispecie dell'art. 1485 c.c. presenta come
tratto peculiare solo apparente l'obbligatorietà della chiamata. Ma, in realtà, si
tratta di una onerosità della chiamata del venditore: se non la si fa il giudicato
sfavorevole per il compratore evitto, non diversamente da quanto accade nelle
Est. Cons. ftaffaele Frasca
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altre ipotesi di garanzia è un fatto che come tale è opponibile al garante
venditore, ma solo come fatto storico e non già nella sua implicazione
giuridica agli effetti del rapporto di garanzia. Infatti, il venditore convenuto
può dare dimostrazione che esistevano ragioni per respingere la domanda del
terzo contro il compratore, cioè l'ingiustizia del detto giudicato. Quando il
compratore chiama in garanzia il venditore la chiamata si può estrinsecare
certamente nella mera richiesta di estensione soggettiva dell'accertamento sul
rapporto principale oppure può estendersi all'accertamento del rapporto di
garanzia nascente dalla pregressa vendita ed alla pretesa condizionata ad
essere tenuto indenne.
La stessa cosa dicasi per l'ipotesi in cui la garanzia deriva da fenomeni
di regresso ricollegati alle obbligazioni solidali: chi chiama in garanzia il
terzo riguardo al quale ha regresso lo può fare al solo fine di estendergli
l'accertamento sul rapporto principale, di modo che il terzo successivamente,
una volta esercitata l'azione di regresso non possa sollevare contestazioni su
di esso, ma può anche farlo chiedendo altresì l'accertamento del rapporto
giustificativo del regresso e l'attribuzione della prestazione di regresso
subordinatamente all'esito sfavorevole del giudizio sul rapporto principale.
§12. I due profili che può assumere la chiamata in garanzia nei sensi
indicati, in realtà, possono assumere una diversa rilevanza, ad avviso di
queste Sezioni Unite, ai fini dell'applicazione dell'art. 32 c.p.c., ma ciò senza
alcuna correlazione rispetto al carattere proprio o improprio della garanzia.
L'art. 32, quando allude alla domanda di garanzia ed attribuisce alla sua
proposizione, o per cumulo originario o per cumulo nascente ai sensi dell'art.
106 c.p.c., il possibile effetto — implicito - di determinare una modificazione
della competenza per ragioni di territorio derogabile davanti al giudice adìto
ed una modificazione della competenza per valore, con rimessione dell'intero
giudizio, anche per la causa principale, al giudice superiore, intende riferirsi
non già al caso in cui la chiamata del garante sia stata fatta al solo fine di
Est. Co s. Raffaele Frasca
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provocare l'estensione soggettiva dell'accertamento sulla domanda principale,
bensì al caso in cui abbia avuto luogo con il cumulo rispetto a tale richiesta
della domanda di accertamento del rapporto di garanzia ed eventualmente di
riconoscimento della prestazione di garanzia subordinatamente all'esito
sfavorevole del giudizio sul rapporto principale.
La disciplina dell'art. 32 c.p.c. viene in rilievo allora solo nei casi in cui
la chiamata in garanzia abbia avuto efficacia estensiva oggettiva e, dunque
quando accanto alla domanda di estensione soggettiva al garante
dell'accertamento del rapporto principale, sottesa necessariamente a qualsiasi
chiamata in garanzia, si sia accompagnata la domanda di garanzia nei sensi su
indicati. E' solo in questo caso che vengono in rilievo le regole poste dalla
norma sui limiti in cui può avere luogo il
simultaneus processus
ed
eventualmente la modificazione della competenza.
E' questa un'implicazione che si deve desumere innanzitutto dal fatto
che l'art. 32 c.p.c. allude alla "domanda di garanzia" e con tale espressione
(che non è presente nell'art. 106, il quale, conforme alla rubrica del titolo in
cui è inserita, disciplina una modalità di esercizio dell'azione e di un'azione
già in atto, tale essendo la posizione riferibile al garantito) intende riferirsi
alla proposizione della domanda intesa ad ottenere l'accertamento del
rapporto di garanzia, che corre fra il chiamante preteso garantito e il garante,
ed eventualmente alla domanda consequenziale di attribuzione della
prestazione di garanzia condizionatamente all'esito sfavorevole
dell'accertamento del rapporto principale.
Fermo questo dato e constatato che nel confronto fra art. 32 e art. 106
c.p.c. una non coincidenza degli oggetti di disciplina riguarda solo il dato che
la chiamata in garanzia con effetto meramente estensivo (soggettivo) della
legittimazione non rileva agli effetti dell'art. 32 c.p.c., superando le
considerazioni che erano state ribadite a giustificazione della sottrazione ad
essa delle fattispecie di garanzia impropria (da Cass. sez. un. n. 13368 del
Est. Cons. Raffaele Frasca
29
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
R.g.n. 26585-08 (ud. 9.6.2015)
2004), si deve ritenere che la giustificazione di un diverso trattamento fra i
due casi non aveva e non ha base normativa: invero, l'essere una fattispecie di
garanzia "impropria" perché non desumibile per così dire in astratto dalla
disciplina legislativa del rapporto principale e di quello di garanzia, non trova
nell'articolo 32 alcun indice che giustifichi la sua applicazione solo ad essa. Il
tenore dell'art. 32, messo in relazione con l'assoluta genericità della
previsione dell'art. 106 c.p.c., giustifica, come s'è detto, solo la conseguenza
che essa si riferisce alla chiamata con effetti estensivi oggettivi e non a quella
con effetti estensivi solo soggettivi. Inoltre, non è dato comprendere come alla
circostanza della previsione nella disciplina di diritto sostanziale delle ipotesi
di garanzia propria si possa attribuire rilievo a fini dell'applicazione di una
norma processuale come l'art. 32. Se il legislatore avesse voluto attribuire
rilievo al problema della competenza riservando la norma dell'art. 32 c.p.c.
solo alle ipotesi di c.d. garanzia propria avrebbe, in realtà, dovuto dirlo,
mentre nella detta norma assume rilievo la "domanda di garanzia", la quale,
nei sensi descritti, può essere proposta tanto in caso di chiamata in garanzia
propria che impropria.
§13. Va rilevato che nemmeno in relazione all'art. 108 c.p.c., che
disciplina il fenomeno dell'estromissione del garantito merita distinguere le
ipotesi di garanzia propria da quelle
o
improprie? limitando l'applicazione della
nonna solo alle prime ed escludendola per le seconde.
Va detto innanzitutto che la norma può trovare applicazione sia nel caso
di chiamata in causa del garante ad effetto soltanto estensivo della
legittimazione, sia nel caso di chiamata in garanzia ad effetto estensivo
dell'oggetto del giudizio, cioè con richiesta di accertamento del rapporto di
garanzia. Non sembra condivisibile l'assunto di quella dottrina che restringe
l'applicazione della norma solo alla prima ipotesi, adducendo che se la si
applicasse al secondo si verificherebbe che il garante che assume la lite in
vece del garantito nei confronti del pretendente dovrebbe rivestire, oltre che la
Est. Cons. • affa
Frasca
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Corte di Cassazione - copia non ufficiale
R.g.n. 26585-08 (ud. 9.6.2015)
legittimazione in sostituzione del garantito rispetto al rapporto principale
anche, quanto alla domanda di garanzia, contemporaneamente la posizione di
attore e convenuto. L'assunto non pare condivisibile, perché l'estromissione
del garantito in questa ipotesi, cioè di chiamata oggettivamente estensiva,
suppone che costui ed il garante si accordino disciplinando la sorte del
rapporto di garanzia in via provvisoria e tale che risenta poi della sorte della
decisione su quello principale, oppure lascino in sospeso quella sorte
impegnandosi a regolarla in base alla detta decisione. L'assunzione della lite
da parte del garante riguarda, dunque, solo la lite sul rapporto principale, non
diversamente da quanto accade nella chiamata estensiva solo in senso
soggettivo.
Venendo alla distinzione fra chiamata propria ed impropria la tesi
limitativa alla prima ipotesi assume come fondamento solo e sempre la
circostanza che il legislatore avrebbe inteso limitare l'applicazione della
norma alle fattispecie di garanzia previste dalla legge. Ma l'assunto non ha
alcun indice giustificativo nell'art. 108 e né può dirsi che estendendo
l'applicazione della norma alle ipotesi di garanzia impropria si finirebbe
(come adombrò Cass. sez. un. n. 13968 del 2004) per ammettere un caso di
sostituzione processuale ai sensi dell'art. 81 al di fuori dalle previsione della
legge: è sufficiente osservare che la previsione della sostituzione, sebbene
condizionata al consenso del pretendente, sta nell'art. 108 che, riferendosi alla
chiamata in garanzia si riferisce a tutte le ipotesi che realizzino il fenomeno.
§14. A questo punto, poste queste premesse, che apparivano necessarie
per il fatto che la fattispecie dell'art. 1917 c.c. ha avuto ed ha l'una e l'altra
collocazione nel quadro della distinzione fra garanzia propria e garanzia
impropria, si può passare finalmente all'esame della questione proposta
dall'ordinanza di rimessione, che è parte di quella generale riguardante
l'atteggiarsi in sede di gravame del litisconsorzio insorto per effetto di una
chiamata in causa del terzo garante: essa, infatti, concerne specificamente
Est. Cdns. 1affae1e Frasca
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l'ipotesi in cui il rapporto principale oggetto della garanzia sia stato accertato
in senso sfavorevole al garantito nel contraddittorio del garante da lui
chiamato in causa. La questione dev'essere esaminata, peraltro, tenendo conto
delle soluzioni da dare alle altre ipotesi che si possono verificare e, dunque,
considerando la questione generale nella sua interezza.
Si deve, inoltre, aggiungere che il problema va considerato tanto con
riguardo al caso in cui la chiamata sia stata limitata al solo aspetto
dell'estensione soggettiva dell'accertamento sul rapporto principale quanto
per il caso in cui con essa si sia cumulata l'azione relativa al rapporto di
garanzia ed essa sia stata a sua volta accolta in conseguenza
dell' accoglimento dell'azione principale.
Va ancora avvertito che anche la questione in esame si pone e deve
essere risolta negli stessi termini con riguardo a qualsiasi figura di garanzia,
sia essa propria sia essa impropria: il rilievo della distinzione fra le due
tipologie di garanzia scompare anche riguardo al problema ora in esame (al
contrario di quanto in passato si era ritenuto: si veda Cass. sez. un. n. 4779 del
1981).
La ragione è che nell'uno come nell'altro caso la soluzione della
questione della regola di litisconsorzio applicabile in sede di gravame si
correla e dipende, come emergerà dalle considerazioni che si verranno
svolgendo, dal dato, comune e sempre ricorrente in ogni fattispecie di
chiamata del terzo garante, dell'efficacia estensiva della legittimazione del
garante rispetto all'accertamento del rapporto principale. E' questo, come si
vedrà, il dato che rileva ai fini della regola del litisconsorzio e degli effetti
dell'impugnazione e, poiché esso connota tanto le ipotesi di garanzia propria
che quelle di garanzia impropria, è questa la ragione per cui la distinzione è
priva di effetti ai fini della individuazione di quella regola.
§14.1. Ciò premesso, si abbia ora riguardo all'atteggiarsi dell'interesse
del garante rispetto all'esito dell'accertamento relativo al rapporto principale
32
Est. Con Ra
e Frasca
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R.g.n. 26585-08 (ud. 9.6.2015)
e ad un futuro giudizio instaurato dal garantito per far valere l'azione diretta
ad ottenere soddisfazione nell'ambito del rapporto di garanzia.
Iniziando dall'ipotesi della chiamata con effetti estensivi solo soggettivi,
si osserva che il passaggio in cosa giudicata dell'accertamento del rapporto
principale non si presenta pregiudizievole per il garante allorquando si è
concluso con l'esclusione della responsabilità del garantito.
In questo caso, infatti, tale esclusione impedirà al garantito di far valere
il rapporto di garanzia e la pretesa alla prestazione di garanzia relativamente a
detta responsabilità, che è stata negata.
Il garante non risulta in alcun modo soccombente o, se si preferisce,
provvisto di interesse a impugnare, in ragione della posizione di soggetto che
non era parte del rapporto principale, ma che si è visto per effetto della
chiamata estendere l'efficacia del relativo accertamento.
Non sarà semmai impedito al garantito di postulare un accertamento del
rapporto di garanzia se esso non si presenti funzionale a far valere la garanzia
rispetto alla responsabilità esclusa e, quindi, a prospettare come fatto
giustificativo la vicenda che del relativo giudizio è stata oggetto, ma serva
invece ad accertare il modo di essere del rapporto in vista della riconduzione
al suo àmbito di diverse e successive possibili vicende coperte dalla garanzia.
D'altro canto lo stesso garantito, risultando vittorioso riguardo al
rapporto principale, non sarà legittimato ad impugnare.
La legittimazione ad impugnare sarà, dunque, soltanto dell'attore
originario e l'impugnazione, in ragione del litisconsorzio determinato
dall'estensione soggettiva dell'accertamento determinata dalla chiamata in
causa e dalla necessità di procedere all'accertamento anche nel contraddittorio
del garante, dovrà attingere sia il garantito sia il garante, vertendosi, dunque,
in ipotesi di applicazione dell'art. 331 c.p.c.
Non sembra, del resto, ipotizzabile che l'impugnazione venga rivolta
soltanto contro il garantito e che costui, come si opina da parte della dottrina,
Est. Co s. Raffaele Frasca
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possa limitarsi a riproporre la domanda di estensione dell'accertamento al
garante ai sensi dell'art. 346 c.p.c. L'assunto non è sostenibile, in quanto non
è dato comprendere come potrebbe giocare l'istituto di cui a quella nonna nei
confronti di una parte, il garantito, che non è stato chiamato nel giudizio di
impugnazione.
Non è nemmeno pensabile che, una volta ricevuta l'impugnazione, il
garantito possa e debba ribadire la domanda di estensione dell'efficacia
soggettiva al suo garante proponendo un'impugnazione incidentale tardiva ai
sensi dell'art. 331 c.p.c.: una simile impugnazione, infatti, dovrebbe supporre
una soccombenza del garantito nei confronti del garante che, però, non c'è
stata.
In realtà, la natura litisconsortile necessaria del giudizio insorta sul piano
processuale per effetto della chiamata meramente estensiva della
legittimazione al garante, impone all'unico soccombente riguardo al modo di
essere del rapporto principale, cioè all'attore originario (pretendente), di
impugnare anche nei confronti del garante, perché costui era divenuto parte
legittimata a contraddire su quel rapporto per effetto della chiamata e
l'estensione della legittimazione non può essere sciolta. Il rapporto nel
processo era divenuto trilatero. Se si vuole si può aggiungere che, essendo
stata la chiamata del terzo garante in definitiva espressione di una modalità
dell'esercizio del diritto di difesa del garantito, non sarebbe comprensibile che
a costui non si assicurino, in sede di impugnazione, le medesime condizioni
della difesa articolata nel precedente grado.
§14.2. Venendo all'ipotesi opposta a quella che si è considerata, cioè il
caso in cui l'esito del giudizio esteso soltanto soggettivamente al garante sia
stato invece sfavorevole al garantito, è palese che in questa ipotesi
soccombente è certamente lo stesso garantito che è stato riconosciuto
responsabile nei confronti dell'attore.
Est. Con. Raffaele Frasca
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Non è men vero, però, che "soccombente", o meglio interessato a porre
in discussione l'esito del giudizio nella sua qualità di parte non del rapporto
oggetto del giudizio principale, ma di parte alla quale si è esteso il suo
accertamento ed è stata conferita legittimazione a contraddire, è anche il
garante e ciò per la ragione che egli risente di un pregiudizio dall'esito del
giudizio, pregiudizio rappresentato dall'essere vincolato all'accertamento
positivo della responsabilità del garantito: sempre si intende salva l'ipotesi in
cui il garante, costituendosi, avesse riconosciuto la responsabilità del garantito
e tenuto un atteggiamento di non contestazione della stessa.
Poiché si tratta di un effetto sfavorevole che potrebbe rilevare in un
successivo giudizio che, forte del comune accertamento intervento sul
rapporto principale riguardo al quale sostiene dovuta la garanzia, il garantito,
intenti contro il garante per far valere la pretesa di garanzia, è palese che
legittimato ad impugnare non può che essere anche il garante, che sotto tale
aspetto può dirsi
lato sensu
"soccombente" anch'egli, perché nello
svolgimento della legittimazione a contraddire sul rapporto altrui ha visto
negata la sua prospettazione che in ordine ad esso la domanda del pretendente
dovesse rigettarsi e negarsi la responsabilità del garantito.
Ne segue che nella situazione qui considerata tanto il garantito quanto il
garante hanno legittimazione all'impugnazione e, sempre in ragione del
carattere litisconsortile necessario del giudizio sebbene sul piano processuale
l'esercizio del diritto di impugnazione da parte di ognuno dei due non può che
avvenire se non anche nei confronti dell'altro.
La ragione ultima è che la chiamata ha esteso la legittimazione al
garante.
§14.2.1. Se impugna il garantito egli deve pertanto rivolgere
l'impugnazione sia contro l'attore nei cui confronti è stata riconosciuta la sua
responsabilità sia nei riguardi del garante.
Est. Cons Raffaele Frasca
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Se impugna il garante egli deve rivolgere l'impugnazione sia contro
l'attore sia nei confronti del garantito.
La fattispecie è interamente riconducibile all'art. 331 c.p.c. e lo è con
riferimento alla figura della inscindibilità, che esiste perché l'accertamento
del rapporto principale era stato allargato sul piano della legittimazione al
garante. Il rapporto oggetto dell'impugnazione è unico e riguardo ad esso se si
vuole parlare di "cause", si deve considerare che la "causa" originaria
proposta dall'attore contro il solo garantito e la "causa" introdotta riguardo ad
esso contro il garante per ottenere la sola estensione a costui
dell'accertamento sulla prima, sono in nesso di inscindibilità nel senso che
l'accertamento del rapporto principale che era limitato alle parti originarie,
per effetto della chiamata, l'accertamento dell'oggetto della prima causa è
divenuto un accertamento da svolgere con l'assicurazione della legittimazione
a contraddire del terzo. Parlare di due cause distinte è, dunque, privo di
fondamento: la causa originaria è evoluta sul piano soggettivo nel senso che
la chiamata ha determinato l'estensione al garante della legittimazione a
contraddire su di essa.
Nella situazione in esame non è possibile, d'altro canto, ipotizzare che
l'impugnazione del solo garantito o del solo garante, ancorché debbano
rivolgersi la prima sia contro l'attore vittorioso che contro il garante, e la
seconda contro l'attore vittorioso ed il garantito perché sussiste la detta
inscindibilità, siano tuttavia dirette rispettivamente nel primo caso a
rimuovere l'accertamento della responsabilità del garantito solo nei suoi
confronti e non anche del garante, e nel secondo l'accertamento della
responsabilità del garantito solo nei confronti e, quindi, nell'interesse del
garante e non anche del garantito.
Nel primo caso non è possibile sostenere che la sentenza emessa in sede
di impugnazione che accolga l'impugnazione del garantito e ne neghi la
responsabilità, così mandandolo assolto dalla domanda dell'attore
Est. Cors. Raffaele Frasca
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(pretendente), determini la caducazione dell'accertamento in senso opposto
che aveva fatto il giudice della sentenza impugnata soltanto nei confronti del
garantito e non anche nei confronti del garante, di modo che costui resti
vincolato all'accertamento contrario fatto dalla sentenza impugnata e, dunque,
in un futuro giudizio intentatogli assurdamente dal garantito sulla base del
preteso accertamento della propria responsabilità fatto dalla prima sentenza
per far valere la garanzia non possa eccepire che tale accertamento è venuto
meno anche nei suoi confronti.
§14.2.2. Ma anche nel secondo caso ritengono queste Sezioni Unite che
predicare che l'accertamento della responsabilità del garantito fatto dalla
prima sentenza venga meno per effetto dell'impugnazione del garante e del
suo esito favorevole solo nei riguardi di costui e non anche nei riguardi del
garantito, di modo che la prima sentenza resti ferma nei suoi riguardi, è in
modo manifesto in contraddizione con la indiscutibile inscindibilità
dell'accertamento del rapporto insorta sul piano soggettivo per effetto della
chiamata del terzo garante.
Per giustificare l'opposta soluzione occorrerebbe pensare che, per effetto
della chiamata del garante fatta allo scopo di estendergli l'accertamento del
rapporto principale, si determini un cumulo di cause sul piano oggettivo, nel
senso che alla causa originaria introdotta dall'attore contro il garante si sommi
una causa ulteriore.
La costruzione, come s'è già detto, non è accettabile, perché la causa sul
piano oggettivo, cioè l'oggetto del contendere, rimane identica a seguito della
chiamata meramente estensiva e l'ingresso del garante ha solo l'effetto di
attribuire al garante la qualità di parte processuale rispetto ad essa.
Se la causa è una non è allora nemmeno possibile immaginare che,
qualora impugni il garante, sebbene, com'è necessario, contro l'attore
vittorioso ed il garantito, spetti a quest'ultimo, se vuole sottrarsi anch'egli
all'incidenza della soccombenza rispetto all'attore e non solo rispetto al
Est. Coris. R4ffeIe Frasca
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garante, impugnare la propria soccombenza verso l'attore, altrimenti destinata
a rimanere ferma, quasi che essa fosse una soccombenza diversa rispetto a
quella sempre verso l'attore accertata — nel senso che sopra si è ipotizzato - in
confronto del garante.
La soccombenza è sempre la stessa ed è stata messa in discussione
dall'impugnazione del garante senza alcuna limitazione soggettiva, com'è
normale quando sussiste un litisconsorzio necessario processuale e si deve
individuare la legittimazione all'impugnazione secondo il concetto di causa
inscindibile. L'impugnazione da esercitarsi necessariamente nei confronti di
tutte le parti per la ricorrenza di una situazione di inscindibilità mette in
discussione la decisione riguardo a tutte le parti destinatarie
dell' impugnazione.
§15. Si tratta di verificare se le soluzioni indicate debbano essere
riproposte anche per l'ipotesi nella quale con la chiamata in garanzia il
garantito non si sia limitato a chiedere l'estensione soggettiva al garante
dell'accertamento sul rapporto principale, ma abbia anche chiesto
l'accertamento del rapporto di garanzia e se del caso che il giudice gli
riconosca la prestazione di garanzia condizionatamente alla soccombenza sul
rapporto principale.
Caso al quale è da apparentare l'ipotesi in cui sia stato il garante,
costituendosi, a chiedere un accertamento negativo del rapporto di garanzia o
di un modo di essere di esso non giustificativo della pretesa di garanzia.
Anche in queste ipotesi le considerazioni sopra svolte restano immutate
con riferimento all'estensione soggettiva dell'impugnazione riguardo al modo
di essere del rapporto principale.
Se l'azione relativa a tale rapporto sia stata rigettata, riguardo a tale
rigetto sarà soccombente l'attore originario.
§15.1. Se era stato chiesto da una delle parti del rapporto di garanzia
l'accertamento di tale rapporto solo per il caso di soccombenza del garantito,
Est. Con. Raffaele Frasca
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la relativa domanda risulterà assorbita e, dunque, non oggetto di decisione.
L'unico soccombente sarà l'attore originario e se egli impugna deve rivolgere
l'impugnazione, non diversamente dal caso in cui la chiamata sia stata solo
per ottenere l'estensione soggettiva, sia contro il garantito che contro il
garante.
Chi aveva proposto la domanda inerente il modo di essere del rapporto di
garanzia, non essendovi stata decisione su di essa, la potrà riproporre ai sensi
dell'art. 346 c.p.c. Quindi se l'aveva proposta il garantito sarà lui a riproporla,
se l'aveva proposta il garante sarà lui a riproporla.
Non sarà necessaria impugnazione incidentale perché manca l'oggetto
dell'impugnazione, atteso che una decisione sulla domanda non vi era stata.
Né può pensarsi che la necessità della impugnazione si giustifichi
perché, sebbene condizionatamente all'accoglimento dell'impugnazione
dell'attore riguardo al rapporto principale, la decisione sulla domanda
inerente il rapporto di garanzia che a questo punto debba darsi dal giudice
dell'impugnazione in qualche modo verrebbe a risolversi in una "riforma"
della decisione di primo grado e dunque esiga la postulazione di tale riforma
con l'impugnazione. Non sarebbe dato comprendere come potrebbe parlarsi
di riforma di una decisione che non vi era stata in ragione dell'assorbimento.
§15.2. Se invece l'accertamento sul rapporto di garanzia era stato chiesto
senza condizionamento ed abbia avuto luogo, aggiungendosi alla decisione di
rigetto della domanda contro il garantito, una decisione riguardo al rapporto
di garanzia (chiesta da lui o dal garante, come si è detto possibile), fermo
sempre che l'attore deve impugnare la statuizione che gli ha rigettato tanto
contro il garante che contro il garantito, occorrerà invece che chi nel rapporto
di garanzia è rimasto soccombente, se vuole porlo in discussione, impugni in
via incidentale, non bastando la sola riproposizione della domanda, dato che
c'è una soccombenza da rimuovere ed essa, che non è stata posta in
Est. Co s. Raffaele Frasca
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discussione dall'attore impugnante in via principale, che non era parte del
rapporto di garanzia, può esserlo solo dalla parte di esso che è soccombente.
§15.3. Se l'azione principale è stata accolta ed è stata riconosciuta la
responsabilità del garantito, può essere accaduto o che l'azione che era stata
proposta riguardo al rapporto di garanzia sia stata accolta o che essa sia stata
rigettata.
Con riferimento a questa seconda situazione, il soccombente, tanto
riguardo al modo di essere del rapporto principale quanto riguardo al modo di
essere del rapporto di garanzia, è sempre e soltanto il garantito. Costui può
scegliere di impugnare la sua soccombenza contemporaneamente tanto
riguardo all'uno che all'altro rapporto se intende mettere la decisione in
discussione riguardo ad entrambi.
Può però scegliere di impugnare solo riguardo ad uno dei rapporti.
In primo luogo può impugnare esclusivamente riguardo al rapporto
principale ed in tal caso non deve coinvolgere il garante perché l'estensione
soggettiva al garante dell'accertamento riguardo al rapporto processuale che
era stata determinata dalla chiamata è da mantenere solo se giustificata
dall'interesse del garante. Se il garantito esercita l'impugnazione solo nei
confronti dell'attore vittorioso e non intende mettere in discussione la propria
soccombenza rispetto al garante in tal modo egli dimostra di prestare
acquiescenza alla soccombenza riguardo al rapporto di garanzia e tale
acquiescenza elide l'estensione della legittimazione del garante rispetto al
rapporto principale, perché essa potrebbe permanere solo per iniziativa del
garantito che impugni anche la statuizione che lo vede soccombente sul
rapporto di garanzia.
Il garantito, peraltro, potrebbe acquietarsi della soccombenza sul
rapporto principale ed avere invece interesse a ridiscutere del rapporto di
garanzia, perché l'accertamento del suo modo di essere non ha riguardato solo
l'esclusione della prestazione di garanzia riguardo alla vicenda oggetto del
Est.
Cons. Raffaele Frasca
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rapporto principale, ma per profili che vanno oltre, come per esempio nel caso
in cui il rapporto sia stato riconosciuto esistente in un certo modo tale non
solo da non giustificare la prestazione di garanzia rispetto all'oggetto della
domanda principale, ma anche potenzialmente rispetto ad altri diversi.
§15.4. Si deve passare ad esaminare l'ipotesi in cui sia stata accolta
l'azione principale e sia stata accolta l'azione di garanzia, che è poi quella che
si è verificata nella fattispecie.
In tal caso è palese che il garantito è soccombente riguardo all'azione
principale e vittorioso riguardo all'azione di garanzia.
§15.4.1. In tale situazione si potrebbe pensare che egli non abbia
interesse ad impugnare riguardo al rapporto principale perché ha visto
riversare le conseguenze negative della sua soccombenza sul garante.
Tuttavia tale conclusione non può essere automatica: il garantito,
convinto della bontà della tesi che aveva sostenuto per ottenere il rigetto della
domanda principale, potrebbe avere interesse a perseguire l'accoglimento di
questa tesi, perché, per il modo di essere del rapporto di garanzia, la fruizione
della garanzia potrebbe avere, riguardo allo svolgimento di tale rapporto, un
qualche effetto negativo (per esempio un aumento del corrispettivo oppure
indurre un recesso della controparte). Si deve, dunque, ipotizzare che il
garantito possa impugnare nei confronti dell'attore ed in tal caso egli deve
necessariamente notificare anche al garante, ma non tanto perché la
statuizione sul rapporto di garanzia sia dipendente da quella sul rapporto
principale, in quanto è pregiudicata dall'accertamento della responsabilità del
garantito avutasi in esso, bensì a monte e preliminarmente perché il garante è
parte necessaria della stessa statuizione resa riguardo al rapporto principale.
L'art. 331 c.p.c. è, dunque, applicabile in prima battuta perché è inscindibile
la causa sul rapporto principale, in quanto la chiamata aveva, come s'è
veduto, esteso soggettivamente il giudizio su quel rapporto.
Est. Const Raffaele Frasca
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Fermo che l'impugnazione riguardo al rapporto principale è necessaria
per la ragione ora detta, si deve, inoltre, pensare che, essendo la statuizione
relativa al rapporto di garanzia una statuizione necessariamente condizionata
a quella sul rapporto principale, essa, come non ha mancato di osservare una
dottrina, sarebbe caducabile, nel caso di accoglimento dell'impugnazione, ai
sensi dell'art. 336, primo comma, c.p.c. E ciò tenuto conto che la relativa
parte di sentenza sarebbe dipendente da quella caducata riguardo al rapporto
principale nel contraddittorio del garante. L'alternativa è, comunque, il
ritenere che il garantito che impugna rispetto al rapporto principale in ogni
caso deve notificare al garante pure per la statuizione relativa al rapporto di
garanzia in quanto essa è dipendente da quella sul rapporto principale.
Importa comunque notare che la situazione si iscrive nell'àmbito dell'art. 331
c.p.c. sia quanto al coinvolgimento del garante sia ai fini della discussione sul
rapporto principale, sia sul rapporto di garanzia.
§15.4.2. Nell'ipotesi in cui sia stata accolta l'azione principale e sia stata
accolta l'azione di garanzia, con riferimento alla statuizione di accoglimento
della domanda principale, l'interesse ad impugnare sussiste naturalmente
anche in capo al garante, in quanto il riconoscimento della responsabilità del
garantito, essendo avvenuto nel suo contraddittorio, gli è opponibile. Pertanto,
se egli non ha da far valere soltanto ragioni di impugnazione relative al modo
di essere del rapporto di garanzia, che sono state disconosciute dal giudice
agli effetti dell'accoglimento dell'azione di garanzia e che prescindono
dall'esistenza del rapporto principale come fatto costitutivo della garanzia,
essendo relative solo al detto rapporto, è certamente legittimato, in forza della
estensione della legittimazione processuale che nei suoi confronti vi era stata,
a proporre impugnazione riguardo al rapporto principale.
Tale impugnazione, stante il carattere necessario sul piano processuale
del litisconsorzio così determinatosi, necessariamente dovrà svolgersi sia nei
confronti dell'attore del rapporto principale sia nei confronti del garantito e
Est. Cons Raffaele Frasca
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sarà sufficiente essa a rimettere in discussione la decisione su quel rapporto
anche a vantaggio del garantito e ciò senza necessità di una impugnazione
incidentale da parte sua. E ciò per ragioni analoghe a quelle enunciate sopra a
proposito dell'ipotesi di svolgimento della chiamata in garanzia solo con
effetto estensivo e senza esercizio dell'azione di garanzia. Ragioni che sono
integralmente riproponibili.
Naturalmente l'impugnazione del garante potrà attingere anche i profili
relativi all'azione di garanzia, se egli denunci ragioni di ingiustizia
dell'accoglimento di tale azione diverse da quella relativa alla contestazione
del rapporto principale. Altrimenti, se tali ragioni non vi siano, è palese che il
capo di decisione di accoglimento dell'azione di garanzia, ancorché non
impugnato direttamente, in quanto capo dipendente dall'accoglimento
dell'azione relativa al rapporto principale, resterà caducato ai sensi dell'art.
336, primo comma, c.p.c., in quanto dipendente, dall'accoglimento
dell'impugnazione svolta sul rapporto principale. Mentre se quelle ragioni
siano state fatte valere, l'accoglimento dell'impugnazione del garante quanto
al rapporto principale determinerà il loro assorbimento, atteso l'effetto
caducatorio nei termini ora detti.
§16. Una volta concluso che l'impugnazione del garante riguardo al
rapporto principale, tanto nel caso in cui la chiamata si fosse esaurita nella
sola richiesta di estensione soggettiva dell'accertamento sul rapporto
principale al garante, quanto nel caso in cui ad essa fosse stata cumulata la
domanda di garanzia, è idonea ad investire il giudice dell'impugnazione
anche a favore del garantito, attesa la struttura necessaria del litisconsorzio sul
piano processuale e considerato che è stato lo stesso garantito a realizzare
l'estensione soggettiva della legittimazione sul rapporto principale, ci si deve
domandare (nell'uno come nell'altro caso) quali possano essere le modalità di
svolgimento della difesa del garantito in sede di impugnazione.
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R.g.n. 26585-08 (ud. 9.6.2015)
,
§16.1. In tanto, egli, potrebbe avere da far valere delle ragioni di censura
..
della decisione sul rapporto principale e, quindi, motivi di impugnazione
ulteriori rispetto a quelli prospettati dal garante ed in tal caso è possibile ed
anzi è necessario che egli svolga un'impugnazione incidentale, la quale,
provenendo da chi è parte di un giudizio inscindibile ai sensi dell'art. 331
c.p.c. ben potrà essere svolta anche quale impugnazione incidentale tardiva.
L'impugnazione incidentale è necessaria in questo caso per estendere
l'impugnazione ai motivi che il garante non ha dedotto, perché altrimenti si
verificherebbe acquiescenza sui punti della decisione impugnata cui essi si
correlano. Dei nuovi motivi beneficerà anche il garante.
§16.2. Ove, invece, il garantito non abbia queste ragioni di contestazione
ulteriori che sole potrebbero giustificare un'impugnazione al di là di quanto
ha prospettato già il garante, egli ben potrà, costituendosi in giudizio, limitarsi
invece a far proprie le ragioni dell'impugnazione del garante, atteso che,
come si è visto l'impugnazione gli giova.
§16.3. Egli, peraltro, potrebbe reputare che l'impugnazione quanto al
rapporto principale del garante non è giustificata ed in tal caso la potrà
contestare, adducendo che la decisione impugnata resa quanto a detto
rapporto è corretta: in tal caso, ove tale atteggiamento, in quanto tenuto nel
processo, possa essere apprezzato come riconoscimento di fondatezza della
domanda dell'attore del rapporto principale, il giudice dell'impugnazione ne
potrà prendere atto e potrà dare atto di tale riconoscimento limitando gli
effetti del suo accertamento al solo rapporto fra garantito e attore del rapporto
principale.
Decidendo sull'impugnazione del garante, invece, potrà, se ne sussista il
fondamento, caducare la decisione impugnata nel suo effetto di accertamento
della fondatezza della domanda relativa al rapporto principale esclusivamente
in confronto del garante, giacché nei riguardi di costui gli atti dispositivi del
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rapporto principale ad efficacia sfavorevole, compiuti dal garantito non sono a
lui opponibili.
Tale soluzione non deve sorprendere.
Se è vero che il litisconsorzio è necessario, tuttavia lo è, come si è detto,
sul piano processuale, ma non sul piano del tenore della decisione: essa
dev'essere unitaria solo se le posizioni assunte dai litisconsorti e le emergenze
istruttorie giustifichino la stessa decisione.
Essendovi stato riconoscimento della fondatezza della domanda da parte
del garantito nel corso del giudizio sul rapporto principale che egli stesso
aveva esteso al garante, tale riconoscimento non può riguardare nei suoi
effetti il rapporto processuale così esteso, bensì soltanto il rapporto fra lui e il
pretendente.
Si deve considerare, d'altro canto, e la considerazione vale anche per il
primo grado di giudizio e per atti dispositivi del rapporto compiuti dal
garantito nel corso di esso, che il regime di un atto dispositivo compiuto nel
processo qual è la confessione del garantito, vertendosi in tema di
litisconsorzio necessario processuale e non di litisconsorzio necessario
iniziale (in cui la legge impone che la stessa decisione sia resa unitariamente,
senza distinguere riguardo al suo contenuto le posizioni dei litisconsorti)
sfugge alla norma dell'art. 2733 c.c., nel senso che la confessione, che è tipico
atto dispositivo, dispiega i suoi effetti solo nel rapporto fra garantito e
pretendente, ma non nei confronti del garante.
D'altro canto, se si immagina che un atto dispositivo del rapporto
principale venga compiuto stragiudizialmente dal garantito nella pendenza del
termine per impugnare la decisione a lui sfavorevole su quel rapporto con un
atto di accettazione della stessa espresso o tacito, poiché tale atto è produttivo
di effetti solo nel rapporto fra garantito e pretendente, nel caso di
impugnazione della decisione sul rapporto principale da parte del garante,
ferma la legittimazione di entrambi detti soggetti, la conseguenza sarà che
Est. Cons.
aele Frasca
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detta acquiescenza vincolerà l'atteggiamento processuale del garantito nel
processo di impugnazione introdotto dal garante in cui comunque dev'essere
coinvolto per la discussione sul rapporto principale. In tal caso il garantito,
naturalmente, non potrà pentirsi e non potrà giovarsi dell'eventuale decisione
favorevole sul rapporto principale che il garante potrà ottenere.
Resta in fine da dire che, qualora, a seguito dell'impugnazione del
garante, che abbia riguardato il rapporto principale riguardo al quale era stato
dichiarato soccombente il garantito, costui rimanga contumace,
l'atteggiamento di contumacia non potrà certamente intendersi come una sua
tacita acquiescenza, atteso che l'ordinamento attribuisce alla contumacia solo
effetti tipizzati e
.
fra essi non si rinviene un effetto di tal genere.
L'accoglimento dell'impugnazione del garante gioverà, dunque, anche in tal
caso al garantito contumace.
§17. Può passarsi ora ad applicare i risultati delle considerazioni che si
sono venute svolgendo ed i principi di diritto che si sono venuti enunciando
alla questione rimessa alle Sezioni Unite ed al presente ricorso.
L'applicazione di tali principi, una volta ritenuta priva di effetti la
distinzione fra garanzia propria e garanzia impropria, può e deve avvenire con
riferimento alla fattispecie oggetto di lite, che si iscrive nella nonna dell'art.
1917 c.c., a prescindere dalla qualificazione nell'uno o nell'altro senso
dell'ipotesi di garanzia da essa prevista. Qualificazione che assume mero
carattere classificatorio e su cui non merita indugiare.
Il primo e terzo motivo sono fondati per quanto di ragione ed il secondo
resta assorbito.
Si deve, infatti, rilevare che la cooperativa qui ricorrente non aveva
necessità di proporre appello incidentale per rimettere in discussione, sulla
base delle stesse ragioni fatte valere dalla società garante, la sentenza del
primo giudice quanto all'accoglimento della domanda principale riguardo al
quantum debeatur,
sotto il profilo della mancanza di prova.
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L'appello proposto dalla società assicuratrice estendeva i suoi effetti
anche alla cooperativa, che si era costituita ed aveva condiviso le ragioni
dell'appello sul rapporto oggetto della domanda principale e, pertanto, il
Tribunale, una volta ritenuto tale appello fondato avrebbe dovuto riformare la
sentenza di primo grado anche quanto all'affermazione della fondatezza della
domanda rivolta contro la cooperativa e rigettare la domanda stessa anche nei
suoi riguardi.
Erroneamente il Tribunale ha invece ritenuto di non poterlo fare perché
la cooperativa non aveva svolto un appello incidentale.
Un simile appello sarebbe stato, però, necessario solo per far valere
ragioni di ingiustizia della decisione di riconoscimento della fondatezza della
domanda principale ulteriori rispetto al motivo di impugnazione svolto dalla
società assicuratrice a proposito della mancata dimostrazione del quantum
del
danno come ragione sufficiente per rigettare la domanda degli attori contro la
convenuta qui ricorrente.
Bene quest'ultima, non avendo evidentemente altre ragioni di
impugnazioni da svolgere, si era, invece, limitata ad aderire all'impugnazione
della società assicuratrice, giusta i principi che si sono sopra esposti.
L'adesione risulta espressa nella comparsa di costituzione in appello presente
nel fascicolo d'ufficio del Tribunale), là dove si scrisse che «per quanto
attiene il punto IV dell'appello, ci si associa alle richieste ed agli assunti di
parte appellante» (pag. 3, righi 11 e 12): il punto IV dell'appello riguardava
la carenza di prova della domanda ed al sui interno (sub A) la carenza relativa
al
quantum
(poi ritenuta decisiva dal Tribunale), come emerge dall'atto
presente nel fascicolo stesso.
Nel caso di specie il Tribunale avrebbe dovuto applicare il principio per
cui l'impugnazione della società assicuratrice garante riguardo al rapporto
principale inerente la responsabilità della cooperativa assicurata estendeva i
suoi effetti anche a favore di quest'ultima, in quanto essa, costituendosi,
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aveva condiviso le ragioni di detta impugnazione e non se ne era dissociata
riconoscendo la fondatezza della decisione sul rapporto principale resa dal
primo giudice.
La soluzione non avrebbe potuto essere diversa se la cooperativa fosse
rimasta contumace.
E' poi appesa il caso di rilevare che la cooperativa non aveva fatto né
acquiescenza espressa né acquiescenza tacita.
L'assorbimento del secondo motivo deriva dal fatto che, una volta
esclusa la necessità dell'appello incidentale sul punto già oggetto dell'appello
principale della società garante, non occorre domandarsi se comunque, in
presenza di un suo appello incidentale svolto quanto ad altra questione (la
riconvenzionale) la difesa della società garantita su quel punto potesse
intendersi come un sostanziale appello incidentale.
§18. La sentenza impugnata va cassata quanto alla conferma della
decisione di primo grado nei confronti della qui ricorrente e, non occorrendo
accertamenti di fatto per provvedere sul punto dell'estensione degli effetti
dell'accoglimento dell'appello della società assicuratrice anche a vantaggio
della ricorrente, la cassazione può disporsi senza rinvio e farsi luogo ad una
decisione di merito, che rigetti la domanda degli attori anche nei confronti
della qui ricorrente.
Le spese dell'intero giudizio vanno compensate anche nel rapporto
processuale fra la ricorrente e gli attori.
P. Q. M.
La Corte accoglie il primo e terzo motivo di ricorso. Dichiara assorbito il
secondo. Cassa la sentenza impugnata riguardo al capo che ha confermato la
decisione di primo grado nel rapporto fra i resistenti e la ricorrente.
Pronunciando nel merito sul punto rigetta la domanda degli attori resistenti
anche nei confronti della Cooperativa La generale Servizi s.c.a.r.l. Compensa
le spese di tutti i gradi nel relativo rapporto processuale.
Est. Corl.s. Raffaele Frasca
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Così deciso nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite Civili il 9
015.
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