Sentenza Nº 23672 della Corte Suprema di Cassazione, 19-11-2015

Presiding JudgeODDO MASSIMO
ECLIECLI:IT:CASS:2015:23672CIV
Judgement Number23672
Date19 Novembre 2015
CourtSeconda Sezione (Corte Suprema di Cassazione di Italia)
Subject MatterCIVILE
SENTENZA
sul ricorso 25467-2013 proposto da:
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(0t.G)
FARINA REMO,
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FRANCESCO VCCFNC34S09E507S,
SACCHI MARIA CHIARA
SCCMCH61E54E507M, SACCHI LEOPOLDO SCCLLD62E07E507K,
ERBA
ALBERTO
RBELRT41H09E507I,
GHISLERI
ALIDA
GHSLDA40R46D150T, PARISI VITA PRSVTI52R59L331P,
MELLERA GABRIELLA, elettivamente domiciliati in ROMA,
VIA CICERONE 44, presso lo studio dell'avvocato
AMEDEO POMPONIO, rappresentati e difesi dall'avvocato
FRANCO SECHI;
- ricorrenti -
Civile Sent. Sez. 2 Num. 23672 Anno 2015
Presidente: ODDO MASSIMO
Relatore: ORICCHIO ANTONIO
Data pubblicazione: 19/11/2015
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
contro
CICCOLARI AMBRETTA C.F.CCCMRT40A47D6531, ASCANI PAOLO
C.F.SCNPLA41B24L117Z, elettivamente domiciliati in
ROMA, CORSO DI FRANCIA 197, presso lo studio
dell'avvocato SILVIA GALLETTI, rappresentati e difesi
dall'avvocato GIOVAN PAOLO RUGGERI;
- con troricorrenti. -
nonchè contro
FERRANTI
PIETRO,
FERRANTI
GIANFRANCO,
GAMBINO
SALVATORE,
FERRARIS ORNELLA,
FRIGERIO BARBARA,
BETTONAGLI MARIA, TARRAGONI FRANCESCO, BOLLI GIUIANA;
- intimati
-
avverso la sentenza n. 255/2012 della CORTE D'APPELLO
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SEZ.DIST. DI
SASSARI, depositata il 23/08/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 23/09/2015 dal Consigliere Dott. ANTONIO
ORICCHIO;
udito
l'Avvocato
Sechi
Franco
difensore
dei
ricorrrenti che ha chiesto l'accoglimento del
ricorso, in subrdine, il rinvio per la produzione
degli originali delle notifiche;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. CARMELO CELENTANO che ha concluso per
il rigetto del ricorso o, in subordine, per il rinvio
a nuovo ruolo per la produzione degli originali delle
notifiche.
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
CONSIDERATO in DIRITTO
Con atto di citazione del 12 ottobre 1986 Erba Alberto
convenivano in giudizio innanzi al Tribunale di Tempio
Pausania Ascani Paolo, Ciccolari Ambretta, Miccaldi
Alessandra, Ferranti Pietro e Ferrari Gianfranco per
sentir dichiarare lo scioglimento della comunione pro
indiviso in ragione di 1/12 ciascuno relativamente ad un
terreno di mq. 2460 sul quale sorgevano 12 unità
immobiliari, quest'ultime già di esclusiva proprietà delle
singole parti in causa.
Costituitisi in giudizio i convenuti eccepivano
l'indivisibilità dell'area comune e chiedevano il rigetto
della domanda attorea.
Interrotta e poi riassunta seguito del decesso di una delle
parti, la causa veniva decisa dall'adito Tribunale con
sentenza n. 47/2004, con la quale veniva accolta la
domanda e dichiarato lo scioglimento della comunione
sulla base del progetto predisposto dal CTU, con
compensazione delle spese di lite.
Avverso la suddetta decisione interponevano appello
Ascani Paolo, Ferranti Pietro, Ferranti Gianfranco,
Ciccolari Ambretta per sé e quale erede di Ciccolari
Micaldi Alessandra, sostenendo —nella sostanza-
l'erroneità della sentenza di primo grado in punto di
mancata valutazione dell'insussistenza delle condizioni
per addivenire allo scioglimento della comunione.
Resistevano al proposto appello costituendosi, sia pur
tardivamente, l'Erba Alberto e tutti gli altri originari
attori in primo grado (ivi inclusi gli eredi di Gilardi
Angela) ad eccezione di Gambino Salvatore, che non si
costituiva, nonché Parisi Vita avente causa da Ferrari
Ornella e Frigerio Barbara, costituitosi successivamente
all'esito dell'acquisto della relativa unità immobiliare.
L'adita Corte di Appello di Cagliari — Sezione Distaccata
di Sassari, con sentenza n. 225/2012, accoglieva
l'appello e respingeva la domanda proposta dalle parti
attrici in primo grado, con condanna delle parti appellate
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Corte di Cassazione - copia non ufficiale
al pagamento delle spese del doppio grado del giudizio e
delle spese della CTU.
Per la cassazione della suddetta decisione della Corte
territoriale ricorrono l'Erba Alberto e gli altri ricorrenti
di cui in epigrafe con atto affidato a due ordini di motivi.
La Cioccolari Ambretta ed Ascani Paolo hanno resistito
con controricorso.
Non hanno svolto attività difensionale le altre parti
intimate.
La Sesta Sezione di questa Corte, già investita del
processo, con ordinanza interlocutoria del 26 novembre
2014, disponeva —ritenutane la necessità- l'acquisizione
del fascicolo di ufficio dei gradi del giudizio e rinviava la
causa alla pubblica udienza innanzi a questa Sezione.
RITENUTO in DIRITTO
1.- In via preliminare deve evidenziarsi che, in ossequio
al noto principio della ragionevole durata del processo e
per il carattere della decisione che verrà assunta,
qualunque ulteriore incombente relativo alle notifiche e
di cui alla richieste in subordine del P.G. può essere
disatteso.
2.- Con il primo motivo del ricorso si censura il vizio di
violazione degli artt. 1111, 1112, 1114 e 720 c.c. in
relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c..
In sostanza i ricorrenti lamentano che, con l'impugnata
sentenza, la Corte di merito avrebbe errato nel ritenere
insussistenti le condizioni per addivenire allo
scioglimento della comunione oggetto della controversia.
Tanto, secondo la prospettazione dei ricorrenti, in quanto
non sarebbe stato valutato che lo scioglimento della
comunione è un diritto potestativo che non può essere
compresso se non per specifiche ipotesi che vincolino
all'impossibilità del medesimo scioglimento.
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Corte di Cassazione - copia non ufficiale
In particolare, sempre secondo prospettazione delle parti
ricorrenti, il bene de quo era stato definito divisibile dal
nominato CTU..
Il motivo in esame è infondato.
La Corte di merito, facendo buon governo delle norme e
dei principi ermeneutici regolanti la fattispecie, ha —con
adeguata motivazione immune da visi logici rilevabili in
questa sede- ritenuto, nella fattispecie, la indivisibilità
del bene de quo.
Tanto per l'esistenza di un ostacolo dovuto al sensibile
deprezzamento dell'area cortili zia del complesso
residenziale : tale è la vera ratio decidendi della sentenza
gravata, che —in punto- non viene neppure puntualmente
censurata con il ricorso in esame.
Peraltro l'addotta divisibilità, pure sostenuta dal CTU ed
invocata dalle parti ricorrenti, atteneva solo alla
possibilità tecnica di una divisione. Costituiva, quindi,
soltanto una ipotetica valutazione sulla divisibilità
tecnica del bene.
Giova all'uopo osservarsi che —come evidenziato dalla
stessa Corte territoriale- lo stesso CTU aveva concluso in
modo più che scettico sulla reale fattibilità della
divisione pur tecnica mentente ed astrattamente
ipotizzabile ( si vede, in proposito, l'affermazione del
detto ausiliario allorchè si è afferma "....è comunque
possibile suddividere l'area in parti proporzionali alle
quote di possesso, ma, nello specifico caso, le
implicazioni correlate all'uso, alla particolare posizione
(fascia costiera di rispetto), ai vincoli ambientali forestali
potrebbero determinarne l'indivisibilità oggettiva").
La Corte distrettuale, con l'impugnata sentenza, ha
correttamente ritenuto che la divisione del bene oggetto
della controversia "avrebbe comportato un'alterazione
della destinazione del bene stesso e conseguentemente un
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Corte di Cassazione - copia non ufficiale
sensibile deprezzamento del valore delle singole quote"
comportando conseguentemente che, "per ciò stesso, il
bene non era divisibile".
Con propria corretta valutazione la Corte stessa ha
accertato che l'eventuale e non possibile divisione
avrebbe comportato "senza dubbio un sensibile
deprezzamento del valore delle singole quote in relazione
al valore dell'intero".
La conclusione della medesima Corte appare immune da
ogni altro vizio di violazione di legge attesa la nota
giurisprudenza sul concetto stesso di comoda divisibilità
presupposto dall'art. 720 c.c., norma che "postula sotto
l'aspetto strutturale che il frazionamento del bene sia
attuabile mediante determinazione di quote...." idonee
in concreto a "...non comportare un sensibile
deprezzamento" del bene nel suo complesso ( Cass. 29
maggio 2007, n. 12498).
In proposito può oggi ribadirsi ed affermarsi il principio
che la divisione a mezzo di frazionamento di un'area
cortilizia di un complesso residenziale non è attuabile,
per violazione del principio della comoda divisibilità del
bene, allorchè comporti un sensibile deprezzamento delle
singole unità del complesso immobiliare e, quindi, "delle
singole quote rappresentate proporzionalmente al valore
dell'intero (immobile comune) tenuto conto dell'usuale
destinazione e della pregressa utilizzazione del bene
stesso" (v., ancora : Cass. n. 12498/2007).
Tale ultimo aspetto —relativo alla evidente originaria
destinazione del bene comune- rende del tutto ininfluenti
anche quegli ulteriori elementi di fatto ("recinzione con
siepi e muretti di aree contigue alle singole unità
immobiliari") in ordine ai quali la citata ordinanza della
Sesta sezione di questa Corte ha ritenuto il rinvio
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Corte di Cassazione - copia non ufficiale
all'odierna pubblica udienza previa acquisizione del
fascicolo di ufficio dei pregressi gradi del giudizio.
Il motivo qui esaminato va, dunque, respinto.
3.-
Con il secondo motivo del ricorso si deduce il vizio di
di violazione degli ara. 1111, 1112, 1114 e 729 c.c. in
relazione all'art. 360 n. 5 c.p.c. per carenza
motivazionale in relazione al ritenuto notevole
deprezzamento del bene ostativo alla fattibilità della
divisione.
Il motivo qui in esame propone, nella sostanza, la
medesima censura già svolta col motivo innanzi già
esaminato, prospettando —in questo secondo caso ed in
luogo di un vizio di violazione di legge- una carenza
motivazionale.
Alla stregua e per i motivi innanzi già evidenziati il vizio
motivo dedotto è del tutto insussistente.
La svolta censura non tiene disinvoltamente conto delle
circostanze di fatto che, come già detto sub 1.- hanno
correttamente portato la Corte di merito ad affermare il
notevole deprezzamento del bene ostativo, in concreto,
alla fattibilità nella fattispecie della divisione.
Anche il motivo qui in esame va, pertanto, rigettato.
4.-
Il ricorso deve essere rigettato.
5.-
Le spese seguono la soccombenza e si determinano
così come in dispositivo.
6.-
Sussistono i presupposti, ai sensi dell'art. 1 quater del
D.P.R. n. 115 del 2002, per il versamento, da parte del
ricorrente principale, dell'ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso
principale, a norma del comma l bis dello tesso art. 13.
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P.Q.M.
La Corte
rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento in
favore dei controricorrenti delle spese del giudizio,
determinate in € 3.200,00, di cui € 200,00 per esborsi,
oltre spese generali ed accessori come per legge.
Ai sensi dell'art. 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà
atto della sussistenza dei presupposti per il versamento,
da parte del ricorrente principale, dell'ulteriore importo a
titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il
ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello tesso
art. 13.
Così deciso nella Camera di Consiglio della Seconda
Sezione Civile della Corte Suprema di Cassazione il
Corte di Cassazione - copia non ufficiale

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