Sentenza Nº 23508 della Corte Suprema di Cassazione, 29-05-2019

Presiding JudgeIASILLO ADRIANO
ECLIECLI:IT:CASS:2019:23508PEN
Date29 Maggio 2019
Judgement Number23508
CourtPrima Sezione (Corte Suprema di Cassazione di Italia)
Subject MatterPENALE
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
SCINARDO MARIO GIUSEPPE nato il 20/02/1965 a CAPIZZI
avverso la sentenza del 28/02/2017 della CORTE APPELLO di CATANIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere MARCO VANNUCCI
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore ELISABETTA
CENICCOLA che ha concluso per il rigetto del ricorso
Udito il difensore, avvocato TRANTINO Vincenzo, difensore fiducia di Scinardo
Mario Giuseppe, che insiste nei motivi del ricorso e chiede l'annullamento della
sentenza
L'avvocato ANTILLE Francesco, difensore fiducia di Scinardo Mario Giuseppe,
conclude chiedendo l'accoglimento del ricorso.
Penale Sent. Sez. 1 Num. 23508 Anno 2019
Presidente: IASILLO ADRIANO
Relatore: VANNUCCI MARCO
Data Udienza: 07/05/2018
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
RITENUTO IN FATTO
1.
Con sentenza emessa il 9 maggio 2014 il Tribunale di Catania: dichiarò
Mario Giuseppe Scinardo responsabile del delitto di partecipazione, in Catania e
provincia fino al mese di aprile 2010, all'associazione per delinquere mafiosa
Cosa Nostra della provincia di Catania, articolata nelle famiglie di Catania,
Caltagirone e Ramacca, variamente articolate; in particolare quella dì Catania
"Santapaola-Ercolano", promossa e diretta al vertice da Benedetto Santapaola ed
Aldo Ercolano; quelle di Caltagirone e dì Ramacca, promosse e dirette al vertice
da Francesco La Rocca e Calogero Conti e coordinate da Vincenzo Aiello,
coordinatore delle famiglie di Ramacca e di Caltagirone quale rappresentante
provinciale di Cosa Nostra Etnea, con le aggravanti dì essere l'associazione
armata e finalizzata al controllo di attività economiche finanziate anche con il
prezzo, prodotto e profitto dei delitti fine (art. 416-bis, primo, secondo, quarto e
sesto comma, cod. pen.)i lo condannò, conseguentemente alla pena di dodici
anni di reclusione e ordinò, ai sensi dell'art.
12-sexies
della legge n. 356 del
1992 (di conversione, con modificazioni, del di. n. 306 del 1992), la confisca dei
beni specificamente indicati nel dispositivo.
2.
Adita dall'imputato, la Corte di appello di Catania, con sentenza emessa il
28 febbraio 2017, in parziale riforma della sentenza di primo grado: ha
qualificato i comportamenti accertati come determinanti concorso esterno di
Scinardo nell'associazione mafiosa sopra indicata (artt. 110-416-bis cod. pen.) e,
previa concessione di circostanze attenuanti generiche ritenute equivalenti alle
contestate aggravanti, lo ha condannato alla pena di sette anni dì reclusione; ha
confermato la decisione di confisca.
2.1 Questa, in sintesi, la motivazione a sostegno della decisione quanto al
merito dell'accusa: è vero che l'imputato venne dal Tribunale di Patti assolto, per
non avere commesso il fatto, dall'accusa di essere associato al gruppo mafioso di
Mistretta, collegato con Cosa Nostra; ciò però non comporta
che
lo stesso non
possa essere sottoposto a processo con l'accusa, ad esso mossa nel capo dì
imputazione, di appartenere alla famiglia di Catania "Santapaota-Ercotano",
costituente (unitamente alle famiglie di Caltagirone e di Ramacca) articolazione
dell'associazione Cosa Nostra della provincia di Catania,
operante
nel diverso
ambito territoriale costituito dalla provincia di Catania; le dichiarazioni
rispettivamente rese dai collaboratori di giustizia Umberto Di Fazio, dal Tribunale
di Patti ritenuto inattendibile, e Carmelo Bisognano nel processo, con tale
sentenza definito, sono peraltro da tenere in considerazione e da rivalutare alla
luce delle ulteriori fonti di prova acquisite nel dibattimento di primo grado; non
potevano recepirsi nel giudizio di merito le diverse valutazioni rese nella fase
Corte di Cassazione - copia non ufficiale

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