Sentenza Nº 21890 della Corte Suprema di Cassazione, 21-07-2020

Presiding JudgeDE AMICIS GAETANO
ECLIECLI:IT:CASS:2020:21890PEN
Judgement Number21890
Date21 Luglio 2020
CourtSesta Sezione (Corte Suprema di Cassazione di Italia)
Subject MatterPENALE
Calabria.
Visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Maria Sabina Vigna;
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale, Pietro Molino, che ha concluso chiedendo il rigetto
del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con l'ordinanza impugnata, il Tribunale del riesame di Reggio Calabria ha
confermato l'ordinanza del G.i.p. del Tribunale reggino che ha applicato a Gallace
Bruno la misura cautelare della custodia cautelare in carcere per il reato di cui
all'art. 74 d.P.R. 309/90 - nella qualità di fornitore stabile di sostanza
stupefacente de
il reato di concorso nella cessione di 393,491 gr. di cocaina a Pifferi Davide (capo
Penale Sent. Sez. 6 Num. 21890 Anno 2020
Presidente: DE AMICIS GAETANO
Relatore: VIGNA MARIA SABINA
Data Udienza: 08/07/2020
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
15) con le aggravanti di cui agli artt. 416-bis 1 e
61-bis
cod. pen e, per il capo
15), dell'art. 80 d.P.R. 309/90.
Il compendio investigativo si fonda sulle intercettazioni fra gli indagati, sulle
attività di investigazione, pedinamento e controllo e sul sequestro della sostanza
stupefacente di cui al capo 15).
Il Collegio della cautela evidenzia che il procedimento trae origine dalla
attività di indagine avente ad oggetto le dinamiche criminali della cosca di
'ndrangheta "Bellocco" di Rosarno ed il coinvolgimento di alcuni affiliati in diverse
operazioni internazionali di traffico nazionale ed internazionale di sostanze
stupefacenti. In particolare, dalle investigazioni emergeva come la cosca
"Bellocco" si prefiggeva l'obiettivo di assumere il controllo egemonico
intimidatorio del territorio operando anche in territorio laziale e toscano sulla
base di direttive strategiche provenienti dai vertici del gruppo stanziati in
Calabria.
2. Avverso l'ordinanza ricorre per cassazione Gallace Bruno deducendo i
seguenti motivi:
2.1. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla sussistenza
dei gravi indizi di colpevolezza in ordine al reato di cui all'art. 73 d.P.R. 309/90.
Il Collegio della cautela confuta con motivazione inadeguata e apodittica i
rilievi difensivi in merito al contenuto di alcune intercettazioni dalle quali si
desumeva che il "Bruno" che si sarebbe dovuto recare al nord con i correi non
poteva essere l'indagato
/
il quale, essendo sorvegliato speciale, non era
autorizzato a lasciare il Comune di Anzio.
Il Collegio non ha, inoltre, fornito puntuale risposta alle deduzioni della
difesa circa il fatto che Gallace Bruno e il "Di Bella" di cui si parla nelle
intercettazioni non erano la stessa persona, poiché "Di Bella" viene indicato
come nato ad Anzio e titolare di un vero e proprio "feudo" in zona, mentre invece
l'indagato è nato in Calabria. Ciò è ancora più grave se si tiene conto che, nel
capo di imputazione afferente alla contestazione di cui all'articolo 416-bis cod.
pen. compare un indagato avente Di Bella come cognome. Un altro errore
motivazionale è ravvisabile nel fatto che il Collegio reggino aveva pochi giorni
prima annullato la misura custodiale nei confronti di Massiddda Simone perché
incerta la identificazione, così creando uno iato incolmabile. Infatti, il
coinvolgimento del ricorrente passava proprio per la condotta del Massidda,
descritto come il suo braccio operativo. Ed allora, proprio la esclusione del
Massidda avrebbe imposto, quantomeno, una motivazione più rigorosa,
mediante la specificazione di ulteriori indizi dai quali trarre la gravità indiziaria.
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Corte di Cassazione - copia non ufficiale
Ed ancora, se Gallace avesse avuto un ruolo così preminente nella struttura,
di certo sarebbe stato il primo ad essere avvisato dell'arresto di Pifferi, mentre
invece nel caso in esame sono i soggetti sottordinati rispetto all'indagato che
decidono come e quando eventualmente dirglielo. Ed infine l'ordinanza rileva che
nel pomeriggio del 18 dicembre 2017 Corrao e Italiano si sarebbero recati ad
incontrare Gallace presso l'ospedale di Anzio. Tale asserzione, data per provata,
rimane priva di fondamento poichè dell'incontro con Gallace non vi è nessuna
traccia.
2.2. Violazione di legge con riferimento alla sussistenza dei gravi indizi di
colpevolezza in relazione al reato di cui all'art. 74 d.P.R. 309/90. L'ordinanza
impugnata non delinea i ruoli dei diversi soggetti indagati, le modalità di
approvvigionamento e poi di smercio della sostanza stupefacente, né le
caratteristiche del mercato degli acquirenti. Infine, trattandosi di ipotesi di reato
basata prevalentemente su intercettazioni telefoniche, le stesse non appaiono
connotate da gravità precisione e inequivocità. Mancano gli elementi certi di
conferma di natura diversa.
Anche in relazione alla ritenuta partecipazione del ricorrente alla presunta
consorteria, l'ordinanza palesa numerosi vizi motivazionali. A prescindere dall'
identificazione di Gallace come "Di Bella", l'ordinanza indica erroneamente
l'intromissione dell'indagato all'interno del gruppo come indice di stabilità: in
realtà tale intromissione non ha sortito alcun esito ad esempio nella diatriba tra
Cellini e Corrao.
Dalle intercettazioni riportate nell'ordinanza non emerge in alcun modo il
ruolo dell'indagato come partecipe alla associazione, né emerge
l'affectio
societatis.
Nel caso di specie è, al limite, ravvisabile un rapporto sinallagmatico
tra Gallace e Corrao che difetta degli elementi essenziali richiesti dall'art. 74
d.P.R. 309/90. Mancano gli elementi dai quali desumere che il presunto
contributo dell'indagato si è rivolto all'intera consorteria, nonché la prova
dell'adesione al gruppo associativo. Difetta la volontaria consapevole
realizzazione di concrete attività funzionali, apprezzabili come effettivo operativo
contributo al l'esistenza e al rafforzamento della associazione.
2.3. Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla sussistenza
dell'aggravante di cui all'art. 416-bis 1 cod. pen. con riferimento al reato di cui
all'art. 73 d.P.R. 309/90.
Difetta il dolo specifico dell'indagato di agevolare l'associazione di stampo
mafioso, emergendo essenzialmente la volontà di aiutare Corrao.
2.4. Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla sussistenza
dell'aggravante di cui all'art. 416-bis 1 cod. pen. con riferimento al reato di cui
all'art. 74 d.P.R. 309/90.
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Il Tribunale del riesame non motiva spiegando i vantaggi che vi sarebbero
stati a favore della presunta consorteria piuttosto che a favore del singolo
soggetto (quantomeno nella parte afferente a Gallace).
Anche la potenziale conoscenza con Umberto Bellocco non poteva
assolutamente essere indizio qualificante per ritenere sussistente l'aggravante.
Inoltre, il "trio" Corrao, Italiano e Mercuri nelle conversazioni captate non ha
mai riferito che i proventi delle somme dei loro presunti traffici sarebbero finiti in
una cassa comune, ma, al massimo, della intenzione di rendere edotto il solo
Umberto Bellocco.
2.5 Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla sussistenza
dell'aggravante di cui all'art. 80 d.P.R. 309/90.
2.6. Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla sussistenza
dell'aggravante di cui all'art.
61-bis
cod. pen. con riferimento al capo 15).
Il Tribunale del riesame fa, sul punto, un'affermazione tautologica e
assertiva non essendovi la prova dell'esistenza di altri gruppi criminali
organizzati impegnati in più di uno Stato.
2.7. Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla sussistenza
dell'aggravante di cui all'art. 74, comma 4, d.P.R. 309/90 con riferimento al capo
2).
2.8. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla sussistenza
delle esigenze cautelari.
Le esigenze cautelari da tutelare non possono ritenersi concrete e attuali
solamente perché il ricorrente avrebbe cercato di ricomporre la lite tra Celini e
un altro indagato. Sono trascorsi oltre due anni dal fatto contestato e, in assenza
di altri elementi sintomatici a ritenere concrete e attuali le esigenze cautelari,
l'indagato dovrebbe essere ritenuto meritevole di un credito fiduciario.
Il Tribunale del riesame, infine, incorre in un palese difetto motivazionale in
relazioneí4krichiesta difensiva di espiare in regime di arresti domiciliari in
Calabria la misura cautelare, anche con il "braccialetto elettronico".
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile per le ragioni di seguito indicate.
2.11 ricorrente prospetta le stesse censure ed i medesimi argomenti già
dedotti in sede di ricorso per riesame e non si confronta con le puntuali risposte
fornite dal Collegio distrettuale, con ciò omettendo di assolvere la tipica funzione
di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (Sez. 6, n.
20377 del 11/03/2009, Arnone e altri, Rv. 243838).
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3. Quanto al primo motivo, il Tribunale del riesame ha dato esaustiva ed
ineccepibile risposta ad ogni deduzione difensiva mossa, là dove ha evidenziato,
con motivazione congrua ed immune da vizi logici, che:
-
Bruno Gallace, sottoposto a decorrere dal 07.02.2017 alla misura di
prevenzione della sorveglianza speciale di P.S. con obbligo di soggiorno, aveva
fissato in Anzio, via Rea Silvia 73, la propria dimora, unitamente alla moglie
Romagnoli Francesca e al nucleo familiare, e che proprio a quell'indirizzo si
recava Corrao le numerose volte in cui riferiva ai correi di volere vedere Bruno o
"Di Bella"; in tali circostanze il ricorrente era pacificamente notato uscire di casa
ed entrare all'interno dell'autovettura di Corrao;
-
dalle conversazioni indicate da Gallace emerge unicamente l'intenzione del
predetto di intraprendere un viaggio in nord Italia; l'indagato avrebbe,
comunque, ben potuto intraprendere tale viaggio violando la misura della
sorveglianza speciale;
-
la conversazione nel corso della quale Italiano e Mercuri, percorrendo una
strada di Nettuno, riferivano di trovarsi nel "feudo" di "Di Bella" non
comprometteva la ricostruzione accusatoria perché, seppur è vero che Gallace
era nato a Guardavalle in Calabria, è del pari pacifico che nel basso Lazio si era
affermato dal punto di vista criminale;
-
la circostanza che Mercuri chiedeva informazioni di un calabrese, di nome
Bruno che avrebbe avuto un ristorante a Nettuno, era priva di rilievo, atteso che
ben poteva trattarsi di un altro Bruno e, comunque, la mera domanda posta dal
Mercuri non appariva dirimente.
4. Il motivo di ricorso che attiene alla sussistenza del reato associativo non
coglie nel segno.
Il provvedimento impugnato si sofferma dapprima sul ruolo rivestito da
Corrao Francesco, evidenziando come allo stesso, appartenente col ruolo di capo
alla cosca Bellocco, fosse stata affidata, da Bellocco Umberto, classe '91 e dal
fratello Domenico, classe '80, la gestione del traffico di stupefacenti nella bassa
provincia di Roma, in particolare nella zona di Anzio e Nettuno.
Corretta e sorretta da logica è poi la motivazione spesa dal Collegio della
cautela in relazione alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza circa il
rapporto di stabile collaborazione fra Corrao e Gallace nel traffico di sostanze
stupefacenti e, in particolare, cocaina, finalizzato ad agevolare la cosca calabrese
dei Bellocco.
Il provvedimento impugnato, dopo avere sottolineato che, con l'evidente
finalità di rendere maggiormente difficoltosa la captazione delle comunicazioni,
ritenute assolutamente delicate e rischiose, i contatti con il Gallace venivano
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Corte di Cassazione - copia non ufficiale
intrattenuti dalla compagine capeggiata dal Corrao mediante strumenti di
comunicazione telematica, in particolare mediante dispositivi blackberry, fa, in
particolare, riferimento, alle conversazioni intercettate tra gli indagati a bordo
dell'autovettura BMW X5 in uso al gruppo nel corso delle quali emerge il forte
vincolo associativo esistente tra Corrao, Mercuri, Italiano, Gallace e gli altri
indagati, la loro dipendenza dai vertici dell'organizzazione stabili a Rosarno, il
carattere stabile e consolidato della loro attività illegale, nonché le loro ambizioni
delinquenziali, consistenti nel monopolio del traffico di stupefacenti nell'area
d'interesse, da ottenere anche con eventuali metodi violenti o tramite la
compiacenza di appartenenti al mondo della politica.
Puntualmente sono richiamate:
-
l'intercettazione nel corso della quale Italiano riporta le lamentele di Gallace nei
confronti di tale "Marchetto" appartenente ad un gruppo criminale coinvolto nel
traffico di stupefacenti concorrente rispetto a quello guidato dal Corrao;
-
l'intercettazione fra Mercuri, Italiano e Corrao, nel corso della quale gli stessi
manifestano la volontà di estromettere gli altri "operatori", ma sempre
mantenendo un accordo sui prezzi con il Gallace mediante la creazione di un
cartello che potesse escludere dal mercato gli altri soggetti;
-
l'intercettazione nel corso della quale vengono riportate le direttive impartite ai
correi da Gallace a riprova del ruolo da lui rivestito all'interno del gruppo
associativo investigato;
-
le conversazioni nel corso delle quali Corrao riferisce di avere proposto a
Gallace di assumere un incarico politico, al fine di conseguire immediati guadagni
economici e il potere di gestire posti di lavoro, riscontrando sul punto il
disinteresse del suo autorevole interlocutore;
-
l'intercettazione nel corso della quale, dopo che l'acquirente della sostanza
stupefacente ceduta dal gruppo - che la aveva acquistata da Gallace - era stato
arrestato nella flagranza del reato, Corrao e i suoi collaboratori si dimostrano
preoccupati di riferire quanto accaduto a Galiace e, contemporaneamente,
manifestano la volontà che quest'ultimo continui a rifornirli perché altrimenti non
possono più lavorare ("ora a Di Bella gli diciamo che non ci deve fermare, perché
se ci ferma...");
-
l'intercettazione nel corso della quale Corrao appare affascinato dall'autorità del
Gallace che avanzava pretese verso chiunque intendesse operare in quell'area
geografica, della quale riteneva di avere totale egemonia ("A me, sai perché
vado d'accordo con Di Bella? Mi piace come ... siamo sulla stessa lunghezza
d'onda. Lui ha ragione: qua siamo noi! Chi cazzo sono questi che vengono per
fare? ... Devono pagare, è giusto ed è così! E chi ci ferma?").
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- l'intercettazione nel corso della quale Mercuri equipara l'autorità criminale di
Gallace a quella dei propri vertici calabresi, Bellocco Umberto e Bellocco
Domenico, e Corrao dissente affermando che l'autorevolezza dimostrata dal
Gallace nell'avanzare decise pretese con riferimento alla propria area geografica
di riferimento non appartiene a nessun altro dei loro referenti a Rosarno.
Si sottraggono a censure di vizi logico-giuridici
ictu ()culi
percepibili anche le
ulteriori deduzioni della ordinanza impugnata sul ruolo verticistico del Gallace.
Il Tribunale del riesame considera, in particolare, come indice della stabile
partecipazione di quest'ultimo al traffico di stupefacenti con il gruppo
riconducibile alla cosca Bellocco, la posizione assunta dal ricorrente nel contrasto
fra Celini Salvatore e Corrao Francesco. E' Italiano Vincenzo a raccontare a
quest'ultimo che il Gallace era intervenuto, cercando di dissuadere il Celini dallo
scendere in Calabria per coinvolgere i Bellocco, condotta correttamente ritenuta
indicativa del ruolo di questi di stabile appartenente al sodalizio, in quanto tale
interessato ad evitare momenti di contrasto e frizione in grado di raggiungere il
vertice del gruppo investigato.
Ed, infine, il Collegio della cautela si sofferma sulla intercettazione
ambientale fra Corrao e Gallace, nel corso della quale entrambi manifestano
conoscenza e vicinanza a Domenico e Umberto Bellocco, nonché
sull'intercettazione che vede il gruppo con a capo Corrao e Gallace discutere
della somma provento dell'attività illecita che deve essere versata ai Bellocco.
5.
Altrettanto deve concludersi quanto alla ritenuta sussistenza
dell'aggravante di cui all'art. 416-bis 1 cod. pen.
Deve ricordarsi, a questo proposito, che la circostanza aggravante dell'aver
agito al fine di agevolare l'attività delle associazioni di tipo mafioso ha natura
soggettiva inerendo ai motivi a delinquere, e si comunica al concorrente nel
reato che, pur non animato da tale scopo, sia consapevole della finalità
agevolatrice perseguita dal compartecipe (Sez. U, n. 8545 del 19/12/2019 -dep.
03/03/2020- Chioccini, Rv. 278734).
Il Tribunale del riesame di Reggio Calabria ha dato corretta applicazione di
tale
regula iuris
sottolineando lo stretto rapporto tra Corrao, che, come detto,
era uno dei capi della cosca Bellocco, e Gallace il quale era naturalmente a
conoscenza di tale ruolo, nonché il rapporto diretto tra il ricorrente e la cosca.
6.
Simile precisione e coerenza si rinviene nel compendio argomentativo
svolto a sostegno della ritenuta integrazione del requisito di cui all'art. 273 cod.
proc. pen. in ordine al reato di cui all'art. 73 d.P.R. 309/90 relativo alla cessione
della cocaina da Gallace a Corrao, il quale, poi, a sua volta, la cede a Pifferi.
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Il Tribunale del riesame richiama puntualmente, a questo proposito, le
intercettazioni ambientali dalle quali si evince che il ricorrente riceve i soldi della
cessione a Pifferi ed è il fornitore della cocaina a lui ceduta.
Questo episodio (contestato al capo 15) si inserisce, come ribadito dal
Collegio della cautela, in uno stabile rapporto criminale con il gruppo di Corrao
Francesco, in quanto, dopo il sequestro, è immediata la preoccupazione di
avvertire lo stesso e di fargli recapitare il messaggio che i programmi criminosi
posti in essere sarebbero proseguiti.
7.
Le censure relative alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in
ordine alle aggravanti della transnazionalità dell'associazione, del carattere
armato della stessa e dell'ingente quantità della sostanza stupefacente trafficata
dall'associazione possono essere trattate congiuntamente, essendo tutte
inammissibili per carenza di interesse.
Con particolare riferimento al tema delle impugnazioni cautelari, devono
ritenersi inammissibil& per carenza di interesse, sia il riesame sia il ricorso per
cassazione, quando con essi l'indagato tenda ad ottenere l'esclusione di una
circostanza aggravante, salvo che da tale esclusione derivi, per lui, una concreta
utilità (Sez. 6, n. 50980 del 21/11/2013, Fabricino, Rv. 258502).
Nella specie, il ricorrente non ha evidenziato alcun vantaggio ottenibile nella
fase cautelare, ed effettivamente l'esclusione invocata non incide in alcun modo
sulla possibilità di adottare o mantenere la misura. In ogni caso, dall'esistenza o
meno di tali circostanze, non dipende, per l'assenza di ripercussioni sull'an o sul
quomodo
della cautela, la legittimità della disposta misura (Sez. 3, n. 36731 del
17/04/2014, Rv. 260256).
8.
Ad analoghe conclusioni si deve pervenire quanto alla deduzione
concernente la valutazione in punto di esigenze cautelarl
i
che possono ritenersi
correttamente motivate anche considerando solo il ruolo ricoperto da Gallace
nell'associazione, quale stabile fornitore della stessa, e i suoi precedenti penali
per detenzione di armi e violazione della normativa sugli stupefacenti.
Il Tribunale del riesame ricostruisce correttamente la specificità del ruolo del
ricorrente all'interno della struttura organizzata con un giudizio che sostiene
quello di sussistenza delle esigenze special-preventive ex art. 275, comma 3,
cod. proc. pen. (Sez. 6, n. 1415 del 28/03/1996, Frascati, Rv. 205030) e della
loro fronteggiabilità unicamente con la più grave misura cautelare applicata.
Il Collegio della cautela ha posto in luce come sussista in capo al ricorrente il
concreto ed attuale pericolo di reiterazione criminosa, in considerazione della
gravità delle condotte — commesse fino a dicembre 2017 e quindi in epoca assai
8
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Il Consigli
Maria S
sore
recente — e del ruolo di capo rivestito da Gallace all'interno di un'associazione
che organizzava importazioni dal Sudamerica di ingenti quantitativi di sostanza
stupefacente.
Pericula libertatis
stimati correttamente fronteggiabili soltanto con la misura
della custodia cautelare in carcere, così da poter assicurare la rescissione dei
rapporti con gli altri indagati ed impedire la reiterazione criminosa.
9. Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna al pagamento delle
spese processuali.
In ragione delle statuizioni della sentenza della Corte costituzionale del 13
giugno 2000, n. 186, e considerato che si ravvisano ragioni di colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità, deve, altresì, disporsi che il
ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000,00 in
favore della ssa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di euro tremila in favore della
ssa delle ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 94, comma
1-ter,
disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 8 luglio 2020
Il Presidente
Gaetano De Amicis
Corte di Cassazione - copia non ufficiale

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