Sentenza Nº 21416 della Corte Suprema di Cassazione, 16-05-2019

Presiding JudgeDI TOMASSI MARIASTEFANIA
ECLIECLI:IT:CASS:2019:21416PEN
Date16 Maggio 2019
Judgement Number21416
CourtPrima Sezione (Corte Suprema di Cassazione di Italia)
Subject MatterPENALE
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
LUONGO MICHELE nato a MANFREDONIA il 15/01/1982
avverso l'ordinanza del 29/05/2018 del TRIB. SORVEGLIANZA di BOLOGNA
udita la relazione svolta dal Consigliere VINCENZO SIANI;
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Penale Sent. Sez. 1 Num. 21416 Anno 2019
Presidente: DI TOMASSI MARIASTEFANIA
Relatore: SIANI VINCENZO
Data Udienza: 15/01/2019
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
RITENUTO IN FATTO
1.
Con l'ordinanza in epigrafe, emessa il 29 maggio - 11 luglio 2018, il
Tribunale di sorveglianza di Bologna ha rigettato l'istanza proposta da Michele
Luongo, già internato nella Casa di lavoro di Castelfranco Emilia, poi detenuto in
custodia cautelare nella Casa circondariale di Milano San Vittore, avente ad
oggetto l'istanza di affidamento in prova al servizio sociale e di detenzione
domiciliare, in relazione all'espiazione della pena scaturente da due titoli a
efficacia sospesa: la pena di mesi due di reclusione di cui alla sentenza del G.i.p.
del Tribunale di Milano dell'Il febbraio 2014, irrevocabile il 3 marzo 2015; la
pena di mesi uno, giorni dieci di arresto di cui alla sentenza emessa dal Tribunale
di Parma, sezione distaccata di Fidenza, il 21 ottobre 2011, irrevocabile il 28
gennaio 2012.
2.
Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso il difensore di Luongo
chiedendone l'annullamento con la deduzione di due motivi.
2.1. Con il primo motivo si denuncia la violazione dell'art. 70, secondo
comma, Ord. pen.
Il ricorrente deduce la nullità del provvedimento perché sarebbe stato
omesso l'avviso relativo alla fissazione dell'udienza di trattazione: a fronte di due
ordini di esecuzione relativi alle pene oggetto delle indicate sentenze, senza
provvedimento di cumulo, il condannato aveva presentato altrettante istanze di
concessione delle misure alternative; in data 8 maggio 2018 il difensore di
Luongo e il condannato avevano ricevuto avviso di fissazione dell'udienza innanzi
al Tribunale di sorveglianza di Bologna in relazione al procedimento esecutivo di
cui al n. SIEP 49/2012 P.m. Parma, mentre nessun avviso era stato notificato in
relazione al procedimento esecutivo n. SIEP 3485/2015 P.m. Milano; né, all'atto
della precedente consultazione nella cancelleria del Tribunale di sorveglianza di
Bologna, era stato possibile reperire la documentazione relativo al titolo
esecutivo scaturente dalla sentenza milanese, sicché la difesa non aveva potuto
depositare note e documenti relativi a quell'altro titolo.
Di conseguenza, assume il ricorrente, all'udienza del 29 maggio 2018
svoltasi presso il Tribunale di sorveglianza di Bologna, Luongo e il suo difensore
non potevano prevedere che si sarebbe trattato anche il procedimento esecutivo
conseguente alla sentenza del G.i.p. del Tribunale di Milano, posto che l'avviso di
fissazione dell'udienza non faceva riferimento a quel procedimento esecutivo,
con corrispondente compressione del diritto di difesa.
2.2. Con il secondo motivo si prospetta la violazione dell'art.
71-bis,
terzo
comma, Ord. pen.
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La difesa lamenta che è stata omessa, in ogni caso, la valutazione dei
documenti relativi all'osservazione e a1
.
trattamento del condannato, essendosi
esaurita la motivazione dell'ordinanza nel riferimento al fatto che Luongo era
stato arrestato nel precedente mese di marzo per detenzione di armi, con
esclusione della prognosi favorevole in ordine al suo reinserimento; nessuna
considerazione è stata svolta sul fatto che entrambi i titoli oggetto di esecuzione
facevano riferimento a fatti risalenti nel tempo (febbraio 2013, quanto alle
lesioni in relazione a cui aveva patteggiato la pena, settembre 2008, quanto al
porto di due forbici da elettricista al di fuori della sua abitazione), sul fatto che
l'attuale stato di custodia cautelare riguarda una vicenda su cui non avrebbe
potuto emettersi una qualunque valutazione definitiva, afferendo peraltro esso
alla detenzione di fuochi di artificio, nonché soprattutto sul comportamento
tenuto nel tempo dal soggetto, tale da non poter essere infirmato da un mero
titolo cautelare inerente a condotta ancora da accertarsi.
3.
Il Procuratore generale ha concluso per l'annullamento del provvedimento
impugnato in accoglimento del secondo motivo, atteso che, quanto all'avviso
relativo alla trattazione delle due istanze, dal complesso della sua articolazione il
ricorrente poteva desumere che in quella sede sarebbero state trattate le
questioni relative a entrambi i titoli, mentre la motivazione del provvedimento
non si profila adeguata in ordine alla prevalenza accordata al titolo custodiale
cautelare emesso a carico del condannato per detenzione di armi, senza valutare
gli elementi desumibili dalle eventuali relazioni di sintesi e gli altri elementi
relativi all'evoluzione della personalità di Luongo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.
L'impugnazione non è fondata e va pertanto rigettata.
2.
Il vizio procedimentale dedotto con il primo motivo non sussiste.
Se è vero che l'avviso di fissazione dell'udienza del 29 maggio 2018 innanzi
al Tribunale di sorveglianza di Bologna è riferito, quanto al numero SIEP 2012/49
P.m. Parma, al relativo procedimento esecutivo, è del pari vero che lo stesso
avviso ha fatto precedere a tale indicazione il numero SIUS 251/2016 T.d.s.
Bologna. E si rileva dall'esame degli atti (imposto dalla natura del vizio
denunciato) che Luongo e il suo difensore avevano proposto l'istanza di misure
alternative inerenti al titolo esecutivo milanese proprio innanzi al Tribunale di
sorveglianza di Bologna con atto depositato il 12 dicembre 2015.
Intanto, con istanza intestata al Tribunale di sorveglianza di Milano ma
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depositata presso la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Parma il 19
dicembre 2016, essi avevano chiesto le misure alternative inerenti al titolo
esecutivo scaturente dalla sentenza del Tribunale di Parma, sezione distaccata di
Fidenza. E che anche tale istanza fosse confluita, invece, innanzi al Tribunale di
sorveglianza di Bologna era noto all'interessato e al difensore, dal momento che,
con atto depositato il
10
marzo 2018, essi avevano depositato integrazione
all'istanza innanzi al Tribunale di sorveglianza di Bologna, indicando il numero di
SIUS 251/2016.
Al di là del riferimento all'identificato SIEP (Sistema Informativo Esecuzioni
Penali), inerente al solo titolo esecutivo formatosi per effetto della sentenza del
Tribunale di Parma, sezione distaccata di Fidenza, il riferimento all'identificativo
SIUS (Sistema Informativo Uffici di Sorveglianza) riguardante il complessivo
affare giudiziario incardinato innanzi al Tribunale di sorveglianza di Bologna e
pure inserito nella comunicazione, con la specificazione che alla fissata udienza
del 29 maggio 2018 sarebbe stato trattato il procedimento relativo a Michele
Luongo, avente ad oggetto la chiesta concessione dell'affidamento in prova al
servizio sociale e della detenzione domiciliare, nel quadro della indicazione della
posizione giuridica dell'istante, ha certamente garantito ai destinatari dell'avviso
la conoscenza delle coordinate essenziali del complessivo procedimento di
sorveglianza a cui l'udienza fissata era riferita.
La verifica compiuta impone, pertanto, di concludere che l'avviso in esame si
è conformato - in relazione al quadro normativo costituito dall'art. 678, in
relazione all'art. 666, cod. proc. pen. (così dovendo intendersi correttamente
intendersi, non trascurato l'art. 236 disp. att. cod. proc. pen., il riferimento alla
violazione di legge che il ricorrente evoca con riguardo, invece, all'art. 70 Ord.
pen.) - al generale principio secondo cui, nel procedimento di esecuzione,
l'avviso di fissazione dell'udienza camerale, pur in assenza di un'esplicita
previsione, deve contenere l'oggetto del procedimento, anche in forma succinta o
con riferimento ad atti già a conoscenza delle parti, al fine di assicurare i diritti
del contraddittorio (Sez. 3, n. 18070 del 14/02/2003, Bellagamba, Rv. 224751);
principio che, in materia di procedimento di sorveglianza, induce a considerare
sufficiente, ai fini del rispetto del principio del contraddittorio, che l'avviso di
fissazione dell'udienza contenga, seppure in forma succinta, l'indicazione
dell'oggetto del procedimento, senza necessità di illustrazione dei motivi per i
quali l'udienza è stata fissata, incombendo sull'interessato o sul suo difensore
l'onere di consultare in cancelleria gli atti relativi ed eventualmente di estrarne
copia (Sez. 1, n. 38818 del 22/07/2015, Cante; Rv. 264652; Sez. 1, Sentenza n.
6401 del 30/10/2007, dep. 2008, Murano, Rv. 239501).
In questa prospettiva, del resto, il ricorrente non ha dedotto di avere
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segnalato, nel corso dell'udienza camerale, la limitazione informativa poi
predicata nel ricorso, né tanto meno ha prospettato l'eventuale amputazione
della trattazione al
thema decidendum
inerente a uno solo dei titoli in esecuzione
nel corso del contraddittorio orale regolarmente tenutosi.
La doglianza è da ritenersi, pertanto, infondata.
3. In ordine al secondo motivo, va premesso che il Tribunale di sorveglianza,
con motivazione tanto stringata quanto specifica, ha dato conto della ragione per
la quale non ha potuto non esprimere una prognosi sfavorevole: in particolare,
dopo aver considerato che i titoli in esecuzione riguardano reati commessi
rispettivamente nel 2013 (lesioni personali volontarie aggravate) e nel 2008
(reato di porto ingiustificato di oggetti atti a offendere), ha evidenziato che, nella
stessa fase in cui avrebbe dovuto decidersi sulle istanze di misure alternative,
Luongo è risultato detenuto (nella Casa circondariale di Milano, San Vittore) in
quanto destinatario di ordinanza applicativa della custodia cautelare
inframuraria, accusato di detenzione illegale di armi, con arresto in flagranza
avvenuto il 26 marzo 2018: il riferimento ha riguardo il recentissimo arresto per
il rilevato possesso da parte sua di 25 bombe carta per un peso complessivo di
kg 2,742.
I giudici di sorveglianza, delibata in concreto la situazione emersa, hanno
considerato, in relazione alle corrispondenti evidenze fattuali, non formulabile la
prognosi favorevole in ordine al reinserimento sociale del condannato,
presupposto necessario per ammettere Luongo alla fruizione di entrambe le
misure alternative chieste. Questo elemento, valutato per la corrispondente
portata fattuale emersa alla stregua degli elementi acquisiti, pur se non
esplicitamente posto in correlazione con ulteriori dati riferiti al comportamento
del condannato successivo ai fatti oggetto dei reati per cui è in corso l'esecuzione
o provenienti dal suo profilo trattamentale, è stato tuttavia considerato, con
motivazione essenziale ma congrua, dirimente circa l'attuale natura sfavorevole
prognosi sul probabile reinserimento sociale di Luongo.
Rispetto alla gravità della recentissima condotta ascrittagli, per come in
concreto sondata, dal Tribunale di sorveglianza, impregiudicato l'esito del
procedimento ancora in corso per l'accertamento della corrispondente penale
responsabilità dell'autore, tale valutazione, avuto riguardo al fatto che la misura
cautelare già presuppone l'accertata esistenza di gravi indizi di colpevolezza, non
ha formato oggetto di contestazioni pertinenti da parte del ricorrente, che si è
limitato a opporre in guisa affatto assertiva l'in1t4istenza dell'accusa e l'ancora
non definito processo incardinato nei suoi confronti e a dedurre, in modo
altrettanto generico, l'omessa considerazione del suo comportamento successivo,
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senza chiarire quali altre note - ovviamente favorevoli alla sua posizione -
sarebbero state obliterate, anche in relazione al fatto che, vertendosi in tema di
titoli relativi a pene non comprovatamente precedute da periodi detentivi
antecedenti all'arresto, per altra causa, del 26 marzo 2018, si è implicitamente
ma univocamente ritenuta la subvalenza dell'analisi del profilo trattamentale,
siccome circoscritta necessariamente all'ancora non significativo lasso
ricompreso fra quell'ingresso in carcere e il momento della decisione.
Pertanto - fermo restando che la commissione, durante il periodo di libertà
successivo ai reati per i quali sono state inflitte la pena di espiare, di un altro
illecito penale, non può essere ritenuta automaticamente ostativa alla
concessione del beneficio, occorrendo considerare quel dato congiuntamente alla
condizione di vita attuale del condannato e al suo reinserimento nel contesto
sociale - nella condizione data, tuttavia, il bilanciamento fra questi elementi, in
ragione della specifica situazione indicata, ha, secondo il congruo giudizio del
Tribunale non contrastato dal ricorrente con argomenti specifici, contemplato la
prevalenza dell'univoca natura sintomatica del mancato ravvedimento e della
persistente pericolosità sociale del fatto recentemente ascritto al condannato.
In tal senso, l'ordinanza impugnata non ha deragliato dalla corretta
applicazione del principio di diritto, da ribadirsi, secondo cui, ai fini della
decisione sulla richiesta di affidamento in prova al servizio sociale ex art. 47 Ord.
pen. e, con le corrispondenti peculiarità, della detenzione domiciliare ex art. 47-
ter
Ord. pen., la prognosi sul probabile reinserimento sociale del condannato
deve tenere conto, non solo degli elementi relativi alla natura e modalità del
reato commesso, dei precedenti penali, delle pendenze processuali e di altre
eventuali indicazioni provenienti dalle informative di pubblica sicurezza, ma
anche della condotta serbata da libero, nonché dei risultati della indagine
sociofamiliare operate dalle strutture di osservazione, allo scopo di verificare,
non soltanto l'assenza di indicazioni negative, ma anche la presenza di elementi
positivi idonei a sorreggere un giudizio prognostico di buon esito della prova e di
prevenzione del pericolo di recidiva (Sez. 1, n. 9546 del 07/11/2017, dep. 2018,
Guaresi, n. m.; Sez. 1, n. 31420 del 05/05/2015, Incarbone, Rv. 264602; Sez.
1, n. 775 del 06/12/2013, dep. 2014, Angilletta, Rv. 258404): e in questo caso
la prognosi ha sortito esito negativo nel caso di specie, anche con riferimento
alla misura alternativa della detenzione domiciliare, essendosi riscontrato, a
causa della molto recente condotta deviante valutata, la persistenza di un tasso
di pericolosità sociale del condannato, ancora non contenuta dalla carenza di
prova di un suo, pur soltanto avviato, percorso rieducativo.
Anche questa doglianza deve essere, di conseguenza, disattesa.
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4. Deriva da tali considerazioni il rigetto dell'impugnazione.
Alla reiezione del ricorso segue, ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen., la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso in data 15 gennaio 2019
Corte di Cassazione - copia non ufficiale

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