Sentenza Nº 19340 della Corte Suprema di Cassazione, 07-05-2019

Presiding JudgeIASILLO ADRIANO
ECLIECLI:IT:CASS:2019:19340PEN
Judgement Number19340
Date07 Maggio 2019
CourtPrima Sezione (Corte Suprema di Cassazione di Italia)
Subject MatterPENALE
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
POLIZZI NICOLO' nato a CAMPOBELLO DI MAZARA 11 10/09/1955
avverso l'ordinanza del 15/02/2018 del TRIB. SORVEGLIANZA di SASSARI
udita la relazione svolta dal Consigliere RAFFAELLO MAGI;
lette/seirtite le conclusioni del PG r
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Penale Sent. Sez. 1 Num. 19340 Anno 2019
Presidente: IASILLO ADRIANO
Relatore: MAGI RAFFAELLO
Data Udienza: 07/02/2019
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
IN FATTO E IN DIRITTO
1.
Con ordinanza emessa in data 15 febbraio 2018 il Tribunale di Sorveglianza di Sassari
ha accolto in parte il reclamo in tema di risarcimento da detenzione inumana o
degradante (art. 35
ter
ord.pen.) proposto da Polizzi Nicolò.
In particolare, viene accolta la doglianza del detenuto in riferimento
a 362 giorni di
detenzione vissuti in Palermo, per la assenza di riscaldamento nelle camere detentive,
limitatamente ad alcuni periodi dell'anno solare (dal mese di dicembre a quello di marzo
di ciascun anno) mentre il reclamo viene respinto nel resto.
Quanto al tema dello spazio vitale minimo si afferma che la camera detentiva era dotata
di letti 'singoli' e
una volta detratto l'ingombro del 'letto altrui' non risulta necessaria la
detrazione dello spazio ingombrato dal letto 'proprio'.
Operata tale precisazione, sì sostiene che il reclamante ha fruito di uno spazio vitale
superiore a tre metri quadrati e non risultano altre carenze di rilievo tale da integrare il
trattamento contrario ai principi di cui all'art. 3 Conv.Edu
.
2.
Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione - a mezzo del difensore -
Polizzi Nicolò, deducendo erronea applicazione della disciplina regolatrice.
Il ricorrente, essenzialmente, contesta la modalità di computo dello spazio vitale minimo.
Si sostiene, in particolare, la necessità di detrarre sia lo spazio occupato dal letto 'altrui'
che quello occupato dal letto 'proprio', perchè in ogni caso si tratterebbe di un ingombro
tale da precludere la libertà di movimento all'interno della cella.
Ci si sofferma, in tale parte del ricorso, sui contenuti di decisioni di questa Corte di
legittimità e della Corte Edu.
Si lamenta, inoltre, la limitazione della ingiustizia della detenzione, quanto all'assenza di
riscaldamento, ai periodi indicati nella decisione, posto che anche nei mesi meno rigidi
tale carenza finiva con il determinare trattamento inumano, anche in rapporto alle cattive
condizioni di salute del ricorrente.
3.
Il ricorso è infondato, per le ragioni che seguono.
3.1 Va precisato, quanto alle modalità di computo dello spazio vitale minimo in cella
collettiva, che il punto è stato legittimamente sottoposto al sindacato di questa Corte,
atteso che la violazione dei parametri di tale calcolo può dar luogo alla 'violazione di
legge'.
La norma regolatrice di cui all'art. 35
ter
ord. pen. - impostando la violazione non in
termini di scostamento della realtà effettuale da una singola previsione regolamentare
ma in termini
di confronto tra la realtà della vita detentiva e il contenuto del generale
divieto di sottoposizsione della persona reclusa a trattamenti inumani o degradanti - pone
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Corte di Cassazione - copia non ufficiale
la necessità di far riferimento, quanto ai parametri dello spazio vitale, alla elaborazione
giurisprudenziale, maturata in sede sovranazionale ed interna.
Ciò perchè a partire, essenzialmente, dalla sentenza Sez. I n. 52819 del 9.9.2016, ric.
Sciuto,
è andata affermandosi e consolidandosi - nella presente sede di legittimità
-
l'idea dell'adattamento dei contenuti delle sentenze emesse - sul diritto fondamentale di
cui all'art. 3 Conv. - dalla
Corte Edu a criteri ermeneutici che, senza intaccarne i passaggi
argomentativi, siano capaci di compiere una piena «attribuzione di valore» alla
ratio
ispiratrice della singola decisione.
In una visione costituzionalmente orientata del rapporto che va ad instaurarsi tra i
contenuti
di una decisione emessa dalla Corte di Strasburgo e l'obbligo di fornire, nel
sistema interno, la più ampia tutela possibile ad un diritto fondamentale (rappresentato
dal diritto alla legalità costituzionale del trattamento detentivo, che
non può essere
contrario al senso di umanità
ai sensi dell'art. 27 co.3 Cost.) è ben possibile, dunque,
estrarre dalla singola decisione sovranazionale un principio regolatore che - nel rispetto
dei contenuti espressi dalla Corte Edu - possa condurre anche ad una ricaduta ampliativa
della tutela, atteso che «con riferimento ad un diritto fondamentale, il rispetto degli
obblighi internazionali non può mai essere causa di una diminuzione di tutela rispetto a
quella predisposta dall'ordinamento interno, ma
può e deve, viceversa, costituire
strumento efficace di ampliamento della tutela stessa» ( così Corte Cost. n. 317 del
2009).
Si è pertanto radicata, sul tema specifico, la identificazione del parametro spaziale dei tre
metri quadri in termini di
spazio destinato al movimento,
interno alla cella, con necessità
di sottrarre dal computo - oltre allo spazio del bagno - le quote occupate da arredi fissi
(pur necessari) difficilmente amovibilì (come il letto a castello) e tali da determinare
ingombro effettivo.
Le coordinate interpretative sono state, tra le molte, riaffermate dalla decisione Sez. I n.
41211 del 26.5.2017, ric.
Gobbi,
nel cui ambito si è ritenuto di respingere una
sollecitazione ad investire, sul tema, le Sezioni Unite , e si è ripetuto che dovendosi
intendere la porzione di spazio individuale minimo come
superficie funzionale alla libertà
di movimento del reduso,
già di per sé fortemente limitata dall'esperienza segregativa,
non può essere considerata superficie 'utile' alla integrazione della quota di spazio
minimo individuale, quella occupata da arredi fissi che, seppur necessari, assolvono a
finalità diverse rispetto a quella del movimento del corpo nello spazio.
3.2 Ciò posto, è anche il caso di precisare che l'evoluzione della giurisprudenza interna ha
portato a precisare
il
concetto ed a limitare la necessità
di
'scomputo' dello spazio a
quello occupato dai letti impilati a castello, cui va aggiunto - in caso di
letti non impilati,
quello occupato dal letto altrui.
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Ciò perchè, sul piano logico e fenomenico, l'effettivo ostacolo al movimento (base
giuridica della necessità di escludere la porzione di superficie dalla nozione di spazio
vitale) si verifica o dove la porzione di spazio in questione sia interamente destinata
(anche in altezza) alla allocazione dei letti (posti uno sull'altro) o dove vi sia una
inaccessibilità correlata alla pertinenzialità del letto ad un diverso soggetto.
Nel caso in esame è
pacificamente da escludersi che
i
letti fossero 'a castello' ed è stato
detratto lo spazio occupato dal letto 'altrui', sicchè non può accogliersi la doglianza del
ricorrente, che msi basa su una lettura tesa ad inculdere anche il letto singolo (e proprio)
nella porzione
di spazio non computabile.
3.3
La restante doglianza, relativa ai periodi esclusi dal Tribunale per l'assenza di
riscaldamento, è generica, non essendo precisato in quali termini la condizione possa
aver dato luogo ad un trattamento inumano o degradante in periodi dell'anno
caratterizzati, come si è osservato in sede di merito, da condizioni climatiche meno
rigide, anche in rapporto al luogo di detenzione.
Al rigetto del ricorso segue,
ex lege,
la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 7 febbraio 2019
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