Sentenza Nº 17647 della Corte Suprema di Cassazione, 09-06-2020

Presiding JudgeROCCHI GIACOMO
ECLIECLI:IT:CASS:2020:17647PEN
Date09 Giugno 2020
Judgement Number17647
CourtPrima Sezione (Corte Suprema di Cassazione di Italia)
Subject MatterPENALE
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
SCHIRRIPA ROCCO nato a GIOIOSA 30NICA il 29/07/1953
avverso la sentenza del 14/02/2019 della CORTE ASSISE APPELLO di MILANO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere ANTONIO CAIRO;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore ALFREDO POMPEO
VIOLA
che ha concluso chiedendo
Alle ore 13.30, dopo la relazione del Consigliere dott. Cairo Antonio, il Presidente
sospende l'udienza. Alle ore 14.40 viene riaperta l'udienza.
Il PG conclude chiedendo il rigetto del ricorso.
udito il difensore
L'Avvocato SANTINI GIORGIO conclude riportandosi alle conclusioni. Deposita
conclusioni e nota spese.
L'Avvocato REPICI FABIO conclude chiedendo l'inammissibilità o il rigetto del ricorso.
Deposita conclusioni e nota spese.
Penale Sent. Sez. 1 Num. 17647 Anno 2020
Presidente: ROCCHI GIACOMO
Relatore: CAIRO ANTONIO
Data Udienza: 19/02/2020
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
L'Avvocato BATTISTA DOMENICO chiede l'accoglimento di tutti i motivi del ricorso.
L'Avvocato ANETRINI MAURO conclude chiedendo l'accoglimento del ricorso.
air
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte d'assise d'appello di Milano, con sentenza in data 14/2/2019,
confermava la decisione della Corte d'assise di Milano del 17/7/2017, nei confronti
di Schirripa Rocco, condannato alla pena dell'ergastolo, per l'omicidio premeditato
di Bruno Caccia.
1.1. Il 26 giugno 1983, intorno alle ore 23:30, Bruno Caccia, all'epoca
Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Torino, in via Sommacampagna,
dove viveva, era affiancato da due soggetti, che viaggiavano a bordo di una vettura
fiat 128, di colore verde. Raggiunto il magistrato, il conducente esplodeva al suo
indirizzo alcuni colpi d'arma da fuoco che lo facevano rovinare al suolo. Sceso dal
veicolo, il passeggero si avvicinava alla vittima e la finiva, esplodendo al suo
indirizzo ulteriori e diversi colpi al capo.
Il 27 giugno 1983 era rinvenuta (in via Verrua di Torino) la vettura utilizzata
per l'agguato. Il veicolo era chiuso a chiave ed era privo di impronte; sul sedile
anteriore, lato guida, era presente una cartuccia calibro 7,65.
Stando alla denuncia di furto del proprietario (in data 25 giugno 1983) l'auto
era stata sottratta quando era parcheggiata sulla pubblica via con le chiavi inserite
al suo interno ed apparteneva a tale Cartillone Angelo, pregiudicato che, tempo
prima, era stato inquisito per aver ricettato beni sottratti dall'abitazione del
magistrato.
La prima rivendicazione del delitto era del 27 giugno, con una doppia
comunicazione ai quotidiani e alla Rai di Milano.
Si affermava che il fatto era stato commesso da appartenenti alle "brigate
rosse".
L'11 luglio, tuttavia, le "brigate rosse" respingevano formalmente e
ufficialmente la paternità del delitto. Lo facevano tramite un aderente, Francesco
Piccioni, che dal carcere torinese delle
Vallette
protestava l'estraneità del nucleo
armato anzidetto all'omicidio del dottore Caccia.
Le indagini avviate in immediato avevano escluso la matrice terroristica, sia di
estrema sinistra, che di estrema destra. Era stata egualmente vagliata l'ipotesi
offerta dal racconto di Armando Volpe, vicenda legata al traffico e al contrabbando
di oli minerali.
Già dal 1984 si rivelò più aderente al reale la pista che portava a un'iniziativa
della criminalità organizzata.
Attraverso il racconto dei collaboratori di giustizia si era appreso
dell'esistenza, nell'area territoriale torinese, di due gruppi criminali.
Da un lato, era operativo quello dei catanesi e, dall'altro, quello che metteva
capo alla
`ndrangheta
calabrese.
e
2
Corte di Cassazione - copia non ufficiale

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