Sentenza Nº 16230 della Corte Suprema di Cassazione, 28-05-2020

Presiding JudgeMAZZEI ANTONELLA PATRIZIA
ECLIECLI:IT:CASS:2020:16230PEN
Date28 Maggio 2020
Judgement Number16230
CourtPrima Sezione (Corte Suprema di Cassazione di Italia)
Subject MatterPENALE
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
FICHERA ANTONINO nato a CATANIA il 26/11/1945
avverso la sentenza del 05/03/2019 della CORTE ASSISE APPELLO di CATANIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere VINCEN O SIANI;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sosti ' to Procuratore FRANCA ZACCO
che ha concluso chiedendo
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Il PG conclude chiedendo che sia dichiarata l'inammissibilità di entrambi i ricorsi.
udital.iedifensork,
Sono presenti gli avvocati GRASSO GIOVANNI del foro di CATANIA e CANNATA
SALVATORE del foro di CATANIA, difensori di FICHERA ANTONINO, che concludono
chiedendo l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata.
Penale Sent. Sez. 1 Num. 16230 Anno 2020
Presidente: MAZZEI ANTONELLA PATRIZIA
Relatore: SIANI VINCENZO
Data Udienza: 05/03/2020
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza resa il 5 marzo 2019, la Corte di assise di appello di Catania
ha confermato la decisione emessa dalla Corte di assise di Siracusa il 9 marzo
2016 che aveva giudicato Antonino Fichera, imputato, in concorso con Roberto
Campisi (nei cui confronti si era proceduto separatamente), dell'omicidio di Mario
Mauceri, il quale era stato ucciso con l'esplosione di diversi colpi di arma da
fuoco cal. 7,65, con le aggravanti della premeditazione, dei motivi abietti e futili
e del metodo mafioso riferito al clan Cappello (artt. 110, 575, 577 cod. pen. e 7
d.l. n. 152 del 1991: capo A), nonché della detenzione e del porto illegali della
suddetta arma comune da sparo, aggravati dal metodo mafioso (artt. 2, 4, 7
legge n. 895 del 1967, e 7 d.l. n. 152 del 1991: capo B); fatti commessi in
Agnone Bagni di Augusta, il 13 settembre 2009.
Antonino Fichera era stato ritenuto responsabile dei reati a lui ascritti,
escluse le circostanze aggravanti dei motivi abietti o futili e del metodo mafioso,
e, riconosciute le circostanze attenuanti generiche ritenute prevalenti sulla
premeditazione, nonché riuniti i reati in continuazione, era stato condannato alla
pena di anni sedici di reclusione, con le conseguenti pene accessorie.
Il fatto che ha segnato la vicenda in esame accadde il 13 settembre 2009,
alle ore 23:15 circa: Mario Mauceri - mentre, alla guida della sua autovettura
Lancia Y, con al fianco Eleonora Privitera, donna con la quale intratteneva una
relazione, stava transitando in via Sabbione Marina, nei pressi del ristorante
"Chateau d'Or", in Agnone Bagni di Augusta, a seguito di un agguato nel corso
del quale venivano esplosi numerosi colpi d'arma da fuoco all'indirizzo del suo
veicolo - era stato attinto mortalmente, al capo, da un solo colpo d'arma da
fuoco cal. 7,65, a differenza della passeggera, rimasta illesa. Sul luogo
dell'agguato erano stati sequestrati nove bossoli cal. 7,65, sparsi sul manto
stradale per un tratto di circa venti metri.
Mauceri e la sua compagna avevano trascorso interamente quella giornata
domenicale nella villetta di un amico dell'uomo, a nome Francesco Tinnirello, e
dalla stessa si erano appena allontanati. Le immagini registrate dal sistema di
video sorveglianza collocato sul perimetro esterno del locale "Vegas", ubicato nei
pressi, avevano mostrato il ripetuto passaggio, tra le 23:03 e le 23:09, di
un'autovettura Suzuki della quale, tuttavia, non si era riusciti a individuare il
numero di targa.
Al fine della ricostruzione del fatto e dell'identificazione del responsabile le
dichiarazioni rese dalla testimone oculare Privitera erano state ritenute da subito
contraddittorie tra loro, giacché esse avevano indirizzato gli inquirenti dapprima
verso il clan Nardo di Lentini e poi verso quello catanese dei "Carcagnusi" o
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
Mazzei, senza che si fossero mai acquisiti elementi di riscontro, sicché le relative
piste erano state abbandonate.
Era poi emerso - e, per quanto ancora rileva, la Corte di assise di appello
ha, al pari dei giudici di primo grado, annesso valore primario alle relative
dichiarazioni - il contributo di Gaetano D'Aquino, soggetto che, dopo essere
stato un esponente di spicco del clan mafioso Cappello, aveva deciso, nel
settembre 2010, di collaborare con la giustizia e aveva fornito elementi ritenuti
determinanti per l'accertamento della responsabilità di Antonino Fichera in ordine
all'omicidio.
A tale fonte le conformi sentenze di merito hanno coniugato, quali riscontri
ritenuti adeguati, l'esito delle intercettazioni, da un lato, della conversazione fra
D'Aquino e Antonino Fichera avvenuta alcuni giorni prima dell'omicidio, e,
dall'altro, di alcune conversazioni (captate anche con videoriprese) intercorse fra
i familiari dell'imputato, tempo prima dell'omicidio, sulla tomba di Sebastiano
Fichera, figlio di Antonino, ucciso l'anno precedente da sicari fra i quali veniva
annoverato Mauceri, nonché i tabulati del traffico telefonico, secondo i quali, la
sera del delitto, alle ore 20:36, il telefono cellulare dell'imputato aveva
agganciato le celle della zona di perpetrazione dell'omicidio.
2. Avverso la sentenza di secondo grado ha proposto ricorso, quale
difensore di Antonino Fichera, l'avv. Giovanni Grasso chiedendone l'annullamento
e formulando quattro motivi.
2.1. Con il primo motivo, si lamentano la violazione dell'art. 192 cod. proc.
pen. e l'assenza, insufficienza e contraddittorietà della motivazione risultante
dalla sentenza e da altri atti sul tema della credibilità soggettiva, dell'attendibilità
intrinseca e dei riscontri inerenti alle dichiarazioni del collaboratore D'Aquino.
Premesso l'inquadramento giuridico della chiamata in reità da parte di un
collaboratore di giustizia, il ricorrente evidenzia come fosse stata segnalata ai
giudici di merito la questione dell'interesse nutrito dallo stesso D'Aquino
all'uccisione di Mauceri, interesse che emergeva anche dalla lettera scritta nel
maggio 2009 da Franco Finocchiaro (esponente del clan dei "cursoti milanesi" e
parente di Mauceri), in cui la fonte di tale preoccupazione era individuata proprio
in D'Aquino, esponente del clan Cappello e fraterno amico di Sebastiano Fichera:
tale documento, quindi, illogicamente era stato considerato come un riscontro
alle dichiarazioni accusatorie di D'Aquino, laddove esso smentiva il disinteresse
di quest'ultimo; anche la deposizione dell'inquirente Maimone aveva fatto
riferimento alla preoccupazione nutrita da Finocchiaro per la sorte di Mauceri -
riferimento collegato a una telefonata del 25 dicembre 2008 ascritta a
Finocchiaro, detenuto a Firenze e quel giorno in permesso premio, telefonata
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