Sentenza Nº 14906 della Corte Suprema di Cassazione, 13-05-2020

Presiding JudgeCERVADORO MIRELLA
ECLIECLI:IT:CASS:2020:14906PEN
Judgement Number14906
Date13 Maggio 2020
CourtSeconda Sezione (Corte Suprema di Cassazione di Italia)
Subject MatterPENALE
SENTENZA
sui ricorsi proposti dal
Procuratore Generale presso la Corte di appello di Trento nel procedimento a
carico di:
HAUSER PAUL nato a Merano l'11 marzo 1981
MAIR KLAUS nato a Silandro il 7 marzo 1962
WELLENZOHN BERNHARD nato a Silandro il 20 giugno 1959
SCHWEMBACHER FLORIAN nato a Merano il 13 ottobre 1981
E DA
HAUSER PAUL nato a Merano I'll marzo 1981
MAIR KLAUS nato a Silandro il 7 marzo 1962
WELLENZOHN BERNHARD nato a Silandro il 20 giugno 1959
avverso la sentenza del 12 aprile 2018 della CORTE APPELLO di Trento
visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi
udita la relazione svolta dal Consigliere MARIA DANIELA BORSELLINO;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Mario
Maria Stefano Pinelli che ha concluso chiedendo, in accoglimento del ricorso
del Procuratore generale, l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata.
Sentiti l'avv. Bertacchi in difesa di Mair e Wellenzohn , che insiste nei motivi e
rileva l'intervenuta prescrizione del reato; l'avv. Valenti in difesa di
Penale Sent. Sez. 2 Num. 14906 Anno 2020
Presidente: CERVADORO MIRELLA
Relatore: BORSELLINO MARIA DANIELA
Data Udienza: 09/01/2020
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
Wellenzhon, l'avv. Pacifici in difesa di Hauser e Schwembacher anche in
sostituzione dell'avv. Tappeiner, che chiedono l'inammissibilità del ricorso del
Procuratore Generale e insistono nei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. La vicenda oggetto del presente giudizio scaturisce da un contratto stipulato
tra la società Be, di cui era amministratore Paul Hauser e soci i coimputati Mair,
Wellenzhon e Schewembacher, e la BIMO s.r.l. , di cui era legale
rappresentante Piero Scotto, per la realizzazione, il collaudo e la consegna di un
impianto di cogenerazione alimentato a biomassa, che prevedeva da parte della
Bimo il pagamento di una somma a titolo di caparra e poi di acconto per
complessivi euro 1.220.000,00 e il pagamento del saldo dopo il collaudo
dell'impianto; le somme versate in acconto sarebbero state sostituite da una
fideiussione bancaria per euro 1.200.000, alla consegna della quale la società
Be avrebbe dovuto restituire l'importo di € 1.000.000; in violazione degli
obblighi contrattuali la società Be, non realizzava un impianto funzionante e,
ricevuta la fidejussione, non restituiva le somme ottenute in acconto e cedeva
la stessa ad altra banca per ottenere un finanziamento, falsificando le clausole
del contratto stipulato con la BIMO e apponendovi una firma apocrifa, così
cagionando alla controparte un ingente danno patrimoniale.
Con la sentenza resa all'esito di giudizio abbreviato il Tribunale di Bolzano ha
assolto gli imputati dal reato di truffa loro ascritto perché il fatto non
costituisce reato, sul rilievo che non vi è prova che il contratto del 19 aprile
2010 fosse stato concluso con frode, già sapendo che l'impianto non sarebbe
stato realizzabile alle condizioni pattuite, e che il successivo inadempimento
della società BE, consistito nell'installazione di un impianto non funzionante e
nella mancata restituzione della somma di denaro ricevuta a titolo di caparra e
acconto, nonché nella cessione della fidejussione, non fosse dipeso da
problematiche sopraggiunte. Il tribunale escludeva inoltre che inizialmente vi
fosse da parte dei soci della BE l'intenzione di non rispettare la clausola
contrattuale che prevedeva l'obbligo di restituire alla BIMO l'importo
corrisposto a titolo di caparra, non appena le fosse stata consegnata la
fideiussione. La falsificazione della conferma d'ordine del 19 aprile 2010 era
finalizzata ad ottenere un secondo finanziamento per lo svolgimento delle
attività stabilite nel contratto e cioè per l'acquisto dell'impianto di
cogenerazione. Concludeva il tribunale che la volontà di non adempiere era
insorta in un momento successivo alla stipula del contratto e pertanto non
poteva integrare il dolo della truffa contrattuale.
Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Trento ha dichiarato
inammissibile l'appello proposto dal Pubblico ministero avverso la sentenza resa
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