Sentenza Nº 12878 della Corte Suprema di Cassazione, 24-04-2020

Presiding JudgeBRUNO PAOLO ANTONIO
ECLIECLI:IT:CASS:2020:12878PEN
Date24 Aprile 2020
Judgement Number12878
CourtQuinta Sezione (Corte Suprema di Cassazione di Italia)
Subject MatterPENALE
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
GIOBBI GIORGIO nato a ASCOLI PICENO il 09/10/1970
CHIRICO DAMIANO DANILO nato a FRANCAVILLA FONTANA il 20/03/1980
avverso la sentenza del 11/10/2018 della CORTE ASSISE APPELLO di ANCONA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere BARBARA CALASELICE;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore KATE TASSONE, che
ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi avverso le ordinanze istruttorie; in relazione
al ricorso proposto dal GIOBBI conclude per l'annullamento con rinvio in relazione al
settimo motivo relativo alla recidiva e rigetto nel resto; in relazione al ricorso proposto
dal CHIRICO conclude per l'annullamento con rinvio in relazione all'ottavo motivo e per
l'inammissibilità nel resto.
uditi i difensori, Avv. PIERO VENTURI per la parte civile deposita conclusioni scritte e
nota spese alle quali si riporta;
l'Avv. FEDERICO CECCONI, l'Avv. SERGIO LIBERATI, l'Avv. DANILO DI SERIO
concludono chiedendo l'accoglimento dei motivi di ricorso.
Penale Sent. Sez. 5 Num. 12878 Anno 2020
Presidente: BRUNO PAOLO ANTONIO
Relatore: CALASELICE BARBARA
Data Udienza: 07/11/2019
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
RITENUTO IN FATTO
1.
La sentenza impugnata, emessa dalla Corte di Assise di appello di
Ancona, in data 11 ottobre 2018, su impugnazione del Pubblico ministero presso
il Tribunale di Ascoli Piceno, delle parti civili e sul gravame delle Difese, in
parziale riforma della pronuncia del 16 febbraio 2017, emessa dal Giudice per
l'udienza preliminare del Tribunale di Ascoli Piceno, escluse le circostanze
aggravanti dei futili motivi e della crudeltà, applicata la diminuente per il rito
abbreviato, ha condannato
Giorgio Giobbi,
per il reato di cui agli artt. di cui
agli artt. 110, 584, 585, 577, comma 1 n. 4 e 62, comma 1, n. 1, n. 5 cod. pen.,
alla pena di anni undici mesi otto di reclusione, con pene accessorie di legge,
nonché ha ritenuto sussistenti nei confronti di
Damiano Danilo Chirico
le
circostanze aggravanti di cui all'art. 585 cod. pen. — limitatamente alla
circostanza delle più persone riunite e quella di cui all'art. 61, comma 1, n. 5
cod. pen. — confermando la pena irrogata al predetto con il provvedimento di
primo grado.
1.1.
La sentenza di primo grado aveva ritenuto
Damiano Danilo Chirico
colpevole del reato ascrittogli, di cui agli artt. 110, 584, 585, 577, comma 1 n. 4
e 62, comma 1, n. 1, n. 4 e n. 5 cod. pen., con la recidiva reiterata
infraquinquennale, escluse le circostanze aggravanti contestate, tranne la
recidiva
(n.d.r.:
cfr. dispositivo di primo grado) con condanna alla pena di anni
dodici di reclusione, oltre pene accessorie di legge e con condanna al
risarcimento del danno nei confronti delle parti civili, da liquidarsi in separata
sede.
Giorgio Gobbi,
previa derubricazione del reato ascrittogli (di cui agli artt.
110, 584, 585, 577, comma 1 n. 4 e 62, comma 1, n. 1, n. 4 e n. 5 cod. pen.,
con la recidiva reiterata) nel delitto di lesioni aggravate, cui all'art. 583, comma
1, cod. pen., veniva condannato alla pena di anni due di reclusione, oltre al
pagamento delle spese processuali.
1.2.
Si tratta del contestato omicidio preterintenzionale di Giovanni
Albertini, commesso, secondo l'imputazione originaria, mentre questi era
palesemente ubriaco ed incapace di qualsiasi reazione, con condotta consistita in
ripetuti e violenti colpi plurimi al volto (pugni e schiaffi) facendolo cadere
ripetutamente al suolo, colpendolo anche con violentissimi calci, così
cagionandone la morte (per anemia emorragica acuta da rottura splenica con
ampio ematoma intraparenchimale, rottura della milza, fratture multiple costali
in corrispondenza della milza, oltre a importanti lesioni al volto ed al capo,
lesione periorbitaria laterale con infarcimento emorragico dei tessuti molli e del
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muscolo temporale, complesso escoriativo della regione zigomatica sinistra,
contusione dei tessuti molli del labbro superiore ferita lacera del labbro,
superiore con avulsione totale di due incisivi centrali e parziale di incisivo
inferiore laterale destro, lesioni agli arti inferiori ed alle mani).
In particolare si contesta, nell'imputazione originaria, il concorso ai sensi
dell'art. 110 cod. pen. nel medesimo titolo di reato per avere il Chirico avvertito
telefonicamente Giobbi, mentre si trovava nel bar teatro dei fatti, indicandogli la
presenza di Albertini e la circostanza che quest'ultimo stesse parlando male di
lui, di aver spalleggiato la condotta violenta messa in atto dal Giobbi, una volta
giunto sul posto, anche dissuadendo chi cercava di intervenire per far cessare
l'aggressione e colpendo l'Albertini, direttamente o rialzandolo bruscamente da
terra per consentire a Giobbi di colpirlo, sferrando direttamente anche calci
quando Albertini era di nuovo a terra.
Al Giobbi viene contestato di aver colpito violentemente Albertini al volto
facendolo cadere più volte al suolo, continuando a colpirlo ed, anzi, in certi casi
rialzandolo da terra proprio per continuare a colpirlo con grande violenza, sia al
corpo che al volto, anche con calci. Con l'aggravante per entrambi gli imputati, di
aver commesso il fatto per futili motivi, profittando dello stato di ubriachezza
della vittima, con crudeltà ed in concorso tra più persone.
La sentenza di primo grado, affermando la penale responsabilità del Chirico
nei limiti sopra descritti, aveva condannato Giobbi soltanto per il reato di lesioni
volontarie aggravate, ritenendo che non vi fosse un ruolo causale della condotta
del Giobbi rispetto alla produzione dell'evento morte, verificatosi
successivamente, presso l'abitazione della vittima, non avendo l'imputato, in
alcun modo attinto il corpo della vittima con calci, in particolare al lato sinistro
(ritenuta causa accertata del decesso) restando acclarato, nel giudizio di primo
grado, che l'unico calcio da cui la vittima era stata raggiunta, collegato
eziologicamente alla morte, era stato sferrato da Chirico.
La sentenza di appello, ricostruendo diversamente l'azione di Giobbi (in
quanto presente dal momento in cui Albertini è giunto al bar appositamente
chiamato da Chirico, per tutta la durata della condotta aggressiva, di
apprezzabile durata, posta in essere all'interno ed all'esterno dell'esercizio
commerciale, nel corso della quale la vittima era stata ripetutamente colpita
anche quando, caduta a terra, era stata rialzata per essere di nuovo colpita, in
un unico contesto spazio - temporale, anche con il calcio mortale) ha ritenuto
configurabile il concorso di Giobbi nel reato originariamente contestato,
escludendo, per entrambi gli imputati, che uno dei participi si sia reso mero
spettatore del delitto omicidiario non voluto.
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