Sentenza Nº 11341 della Corte Suprema di Cassazione, 06-04-2020

Presiding JudgeMAZZEI ANTONELLA PATRIZIA
ECLIECLI:IT:CASS:2020:11341PEN
Date06 Aprile 2020
Judgement Number11341
CourtPrima Sezione (Corte Suprema di Cassazione di Italia)
Subject MatterPENALE
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
RUVOLO DAVIDE, nato a MILANO il 05/03/1983
RUVOLO LUIGI, nato a MESSINA il 14/11/1958
avverso la sentenza del 02/05/2018 della CORTE ASSISE D I APPELLO DI MILANO
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
don. Antonietta Picardi, che ha concluso, chiedendo il rigetto
dei ricorsi.
Penale Sent. Sez. 1 Num. 11341 Anno 2020
Presidente: MAZZEI ANTONELLA PATRIZIA
Relatore: DI GIURO GAETANO
Data Udienza: 05/12/2019
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RITENUTO IN FATTO
1.1. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di assise di appello
di Milano conferma la sentenza della Corte di assise di Milano in data
8/06/2017, emessa all'esito di giudizio ordinario, con cui Luigi Ruvolo e
Davide Ruvolo, rispettivamente padre e figlio, erano stati dichiarati
colpevoli, in concorso con John Carlo Lardizabal, Pascual Buidon e
Chester De Mesa (nei confronti dei quali si è proceduto separatamente
con rito abbreviato), dell'omicidio di Glenn Padilla Villamar, aggravato
dalla crudeltà, e della distruzione del cadavere dello stesso, aggravata dal
nesso teleologico col precedente delitto, e, ritenuta la continuazione,
erano stati condannati alla pena dell'ergastolo.
1.2. Il Corpo senza vita di Glenn Padilla Villamar era stato rinvenuto
nel tardo pomeriggio del 26 gennaio 2015 in un campo di Novate
Milanese, carbonizzato e irriconoscibile, in posizione prona, con la faccia
rivolta al suolo e con le braccia intorno alla testa, in modo da sovrastare il
collo. Erano stati rinvenuti sugli arti e nei pressi del cadavere frammenti
di filo di rame ed erano state trovate sul posto due taniche e, vicino ad
esse, le impronte dei pneumatici di un furgone: dal contesto gli inquirenti
avevano dedotto che il corpo era stato portato con un furgone sul
predetto campo dove gli era stato dato fuoco (presentando, invero, il
terreno sottostante tracce di bruciatura).
Dagli accertamenti dei consulenti medico-legali, nominati nel corso
delle indagini dal pubblico ministero, era emersa una lesività di tipo
contusivo al distretto cefalico, inferta su soggetto vivente in quanto
determinante travaso emorragico, ritenuta non idonea a determinare
l'arresto delle funzioni vitali.
Era stata accertata la presenza di filo metallico avvolto, molto
stretto, intorno al collo della vittima, il quale aveva lasciato un'impronta
profonda ancora visibile sul muscolo, mentre la pelle risultava bruciata;
anche sui polsi e sulle caviglie era stata notata una legatura molto
profonda.
In considerazione della particolare legatura mediante filo elettrico,
girato intorno al collo e ai polsi della vittima, e della negatività di reperti
indicativi dell'intervento di alternativi meccanismi letali, la probabile
causa della morte era stata individuata nell'asfissia meccanica.
Dalle prime indagini era risultato che la vittima, di nazionalità
filippina, aveva collaborato con le forze dell'ordine e in particolare con i
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Carabinieri di Milano Duomo in un'indagine relativa al commercio di
sostanze stupefacenti del tipo "shaboo", pesante droga sintetica di
matrice orientale.
Attraverso l'analisi dei tabulati delle due utenze telefoniche utilizzate
da Villamar per contattare la Polizia giudiziaria, era stato appurato che
una di esse era intestata a John Carlo Lardizabal, anch'egli filippino, e che
l'altra era intestata allo stesso Villamar. I contatti di quest'ultima
consentivano di documentare gli ultimi movimenti della vittima,
trasferitasi, nel primo pomeriggio del 19 gennaio 2015, da Biella (dove
era risultata residente) a Milano, città in cui era rimasta fino alla perdita
della vita. Era stato verificato che la cella telefonica più frequentemente
impegnata dalla utenza intestata a Villamar corrispondeva a quella di
Milano, viale Murillo, e che l'ultimo contatto telefonico, avuto il giorno 24
gennaio 2015, alla vigilia della morte, era avvenuto con l'utenza
telefonica intestata a Luigi Ruvolo, utilizzata da suo figlio Davide e
dismessa poco tempo dopo l'avvio delle indagini. Su quest'ultima utenza
era stata intercettata, in coincidenza con la pubblicazione dell'avvenuta
identificazione nel Villamar del cadavere ritrovato bruciato in Novate
Milanese, una conversazione telefonica tra Davide Ruvolo e Pascual
Buidon (uno dei coimputati separatamente giudicati), dai toni
preoccupati, circa l'accertata identità di persona non nominata dagli
interlocutori.
Era stato accertato che Davide Ruvolo, al tempo del delitto, risiedeva
a Milano, in via Mar Ionio n.2, in una zona coperta proprio dalla cella di
viale Murillo. Era anche risultato che quest'ultimo aveva di recente
abbandonato tale casa trasferendosi in via Mameli n. 45, in un
appartamento sito nel medesimo palazzo in cui si trovava l'abitazione
della nonna e del padre, e che aveva nella propria disponibilità un
furgone, come quello le cui impronte erano state rinvenute sul luogo di
abbandono del cadavere.
Si era appurato che le persone con cui Villamar era stato
maggiormente in contatto, nelle ultime ore di vita, erano, oltre alla
fidanzata Dolores Biscocho, rimasta a Biella, i predetti Davide Ruvolo,
John Carlo Lardizabal, Luigi Ruvolo, Chester De Mesa e Pascual Buidon, e
che le loro utenze avevano impegnato la stessa cella di viale Murillo: in
particolare, ininterrottamente -dalle ore 17,00 del 24/01/15 fino al
pomeriggio del 25/01/15- quelle di Davide Ruvolo, Lardizabal, De Mesa, e
Villamar, a riprova che i suddetti erano stati insieme nell'appartamento
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