Sentenza Nº 08079 della Corte Suprema di Cassazione, 23-04-2020

Presiding JudgeCHINDEMI DOMENICO
ECLIECLI:IT:CASS:2020:8079CIV
Judgement Number08079
Date23 Aprile 2020
CourtQuinta Sezione (Corte Suprema di Cassazione di Italia)
Subject MatterCIVILE
SENTENZA
SUI ricorso 25457-204 c-ocosto da:
PENNELLA GIUSEPPINA, VIONALI FRANCO, CANTINI ENRICO,
MEZZETTI ERNESTO, FEDI ELISA, TALOCCHINI MAURO,
MIROLLI MAGDA, NOVELLI PIERINO, FEDI NORMA, NARDI
FRANCO, CARDUCCI FABIO, FISCO CATERINA, NISCO ANNA
ELISABETTA, NESI EVARISTO, FABBRI ANNA, CANTINI
FAUSSTO, GIORGI LORI, CAMPANA ERSILIA, BOLOGNESI
MIRANDA, GIOVANI RENDO, CONTI GIOVANNA, DONATI IVONNE,
BARSOTTI MARIO, MCF
V.LE FRANCESCO E3
1
VOLTERRA rappresentati e difesi
dall'Avvocato FLAVIO NUTI 'ex art. 135) giusta delega
in calce;
2020
8
Civile Sent. Sez. 5 Num. 8079 Anno 2020
Presidente: CHINDEMI DOMENICO
Relatore: BALSAMO MILENA
Data pubblicazione: 23/04/2020
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
- ricorrenti -
contro
CONSORZIO BONIFICA M.
COSTA TOSCANA in persona del
legale rappresentante pro tempore,
elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA CRESCENZIO 19, presso lo
studio dell'avvocato CARLO BALDASSARI, che lo
rappresenta e difende unitamente all'avvocato GIUSEPPE
CONOSCENTI giusta delega in calce;
controricorrente
-
avverso la sentenza n. 536/2014 della COMM.TRIB.REG.
di FIRENZE, depositata il 14/03/2014;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 08/01/2020 dal Consigliere Dott. MILENA
BALSAMO;
udito il P.M. in persona del Sostituto PrOcuratore
Generale Dott. STANISLAO DE MATTETS che ha concluso
per il rigetto del ricorso;
udito per i ricorrenti l'Avvocato MUTI che si riporta
agli atti;
udito per il controricorrente l'Avvocato CONOSCENTI
che si riporta agli atti.
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
ESPOSIZIONE DEL FATTO
1. I ricorrenti indicati in epigrafe impugnavano gli avvisi di pagamento
emessi dalla SEPI, società di riscossione, per i contributi consortili dell'anno
2008, chiedendone l'annullamento per carenza motivazionale degli atti
impositivi e per l'illegittimità del tributo in assenza dei presupposti di legge.
In particolare, lamentavano che gli atti impositivi mancavano del
riferimento al Piano di classifica e a quello di riparto; denunciavano, altresì, la
mancata omessa trascrizione del piano, contestandone il contenuto.
La CTP di Pisa accoglieva il ricorso cumulativo dei contribuenti, con
sentenza che veniva appellata dall'Ente montano.
La CTR della Toscana accoglieva il gravame, affermando la legittimità
dell'imposizione tributaria sia per la sufficienza motivazionale degli atti
impositivi, contenenti l'indicazione dei beni gravati dal contributo e i riferimenti
agli atti presupposti generali pubblicati, sia per l'irrilevanza dell'istituzione del
catasto consortile che della trascrizione del Piano.
In particolare, affermavano i giudici regionali che il piano generale di
bonifica atteneva ad opere di bonifica e non ad interventi manutentivi, con
conseguente riflesso del beneficio sulle proprietà inserite nel perimetro di
contribuenza; che, in ogni caso, il contributo era dovuto anche se si fosse
trattato di opere manutentive, il quanto a norma dell'art. 4 comma 28 della
L.R. n. 34/94, il concorso alla manutenzione ordinaria è svincolato dalla
individuazione dei benefici per i fondi. Statuendo ancora che in presenza
dell'inserimento dei beni nell'ambito del perimetro di contribuenza non deve
essere provato in maniera specifica con esatta corrispondenza sul piano
individuale, giacché il vantaggio non deve essere valutato in termini di
rapporto costi- benefici.
Ritenevano infine i giudici regionali che l'omessa trascrizione del piano di
contribuenza rilevava rispetto ai terzi e non con riferimento alle parti del
rapporto tributario.
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Avverso la sentenza n. 536 del 13.02.2014, depositata il 14.03.2014, i
contribuenti propongono ricorso per cassazione, svolgendo quattro articolati
motivi, illustrati nelle memorie difensive di cui alla'rt. 380 bis c.p.c., con le
quali parte ricorrente eccepiva in via preliminare l'intervenuta cessazione
materia del contendere a seguito dell'entrata in vigore del decreto fiscale n.
136/2018, trattandosi di tributi di importo inferiore ai 1000,00 euro per
ciascun contribuente.
Il consorzio di bonifica resiste con controricorso.
Il PG. ha depositato requisitoria scritta, concludendo per il rigetto del
ricorso.
ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI DIRITTO
2.In via preliminare, giova evidenziare che, contrariamente a quanto
affermato dalla parte ricorrente, gli atti impugnati non sono cartelle emesse
dalla Sepi , bensì avvisi di pagamento emessi dall'ente consortile, di guisa che
non può trovare applicazione il decreto fiscale relativo alle sole cartelle emesse
entro l'anno 2010 dalla concessionaria.II d.l. n. 138/208 al comma 1, prevede
che « i
debiti di importo residuo, alla data di entrata in vigore del presente
decreto, fino a mille euro, comprensivo di capitale, interessi per ritardata
iscrizione a ruolo e sanzioni, risultanti dai singoli carichi affidati agli agenti della
riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2010, ancorché riferiti alle
cartelle per le quali è già intervenuta la richiesta di cui all'articolo 3, sono
automaticamente annullati. L'annullamento e' effettuato alla data del 31
dicembre 2018 per consentire il regolare svolgimento dei necessari
adempimenti tecnici e contabili. Ai fini del conseguente discarico, senza oneri
amministrativi a carico dell'ente creditore, e dell'eliminazione dalle relative
scritture patrimoniali, l'agente della riscossione trasmette agli enti interessati
l'elenco delle quote annullate su supporto magnetico, ovvero in via telematica,
in conformità alle specifiche tecniche di cui all'allegato 1 del decreto direttoriale
del Ministero dell'economia e delle finanze del 15 giugno 2015, pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale n. 142 del 22 giugno 2015».
3. Ancora in via preliminare occorre scrutinare l'eccezione di inammissibilità del
ricorso proposta dal Consorzio di Bonifica n. 5 Toscana Costa, sul rilievo che il
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ricorso per cassazione sarebbe stato notificato oltre il termine perentorio,
atteso che la sentenza di secondo grado risulta notificata ai ricorrenti ai sensi
dell'art. 2888 c.p.c. per la correzione di un errore materiale, notifica avvenuta
il 16 maggio 2014, con la conseguenza che la decisione impugnata sarebbe
passata in giudicato a far data dal 15 luglio 2014.
4.L'eccezione è destituita di fondamento. L'art. 288 IV co cpc prevede, a
chiusura della disciplina del procedimento di correzione dell'errore materiale,
che il termine ordinario per impugnare le parti corrette della sentenza debba
farsi decorrere dal giorno in cui è stata notificata l'ordinanza di correzione,
circoscrivendo in tal modo le ipotesi di estensione della decorrenza del termine
alle parti della sentenza oggetto di modifica ed escludendo implicitamente che
tale dilatazione possa ricomprendere i capi che rimangono non intaccati dal
provvedimento di cui all'art. 288 co II cpc. Nel caso in esame, come dedotto
dallo stesso controricorrente, il provvedimento di correzione riguarda
esclusivamente l'indicazione, nel dispositivo, del soggetto a carico del quale
erano state imputate le spese di lite con la conseguenza che, per le restanti
parti, il termine per la proposizione del ricorso deve farsi decorrere dal giorno
della pubblicazione della sentenza.
5. Parimenti infondata è la seconda eccezione sollevata dal consorzio, secondo
il quale il ricorso sarebbe stato notificato solo ad esso, subentrato nell'Unione
Montana Alta Val di Cecina a titolo particolare nel diritto controverso, ente
montano non soppresso dalla L. Regionale n. 78/2012 che ha disposto
esclusivamente il trasferimento delle funzioni di bonifica e la successione dei
neo costituiti Consorzi nei rapporti patrimoniali attivi e passivi a decorrere dalla
data di insediamento di tutti i loro organi; con la conseguenza che non_
versandosi in fattispecie regolata dall'art. 110 c.p,.c., il ricorso avrebbe dovuto
essere notificato ad entrambi gli enti. Si riscontra nella fattispecie una ipotesi
di successione nel
munus,
considerato che, ai sensi della citata L.R.., il
consorzio è stato istituito
"Per la gestione delle funzioni esercitate dall'Unione
Montana ed in particolare ad esso sono stati trasferiti i relativi rapporti
patrimoniali attivi e passivi".
Di conseguenza i ricorrenti non avevano alcun
onere di integrare il contraddittorio nei confronti dell'unione Montana stante la
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successione del consorzio nella posizione processuale di parte resistente nel
giudizio di merito. Peraltro, in tema di contenzioso tributario, in caso di
litisconsorzio processuale, che determina l'inscindibilità delle cause anche ove
non sussisterebbe il litisconsorzio necessario di natura sostanziale, l'omessa
impugnazione della sentenza nei confronti di tutte le parti non determina
l'inammissibilità del gravame, ma la necessità per il giudice d'ordinare
l'integrazione del contraddittorio, ai sensi dell'art. 331 cod. proc. civ., nei
confronti della parte pretermessa, pena la nullità del procedimento di secondo
grado e della sentenza che l'ha concluso, rilevabile d'ufficio anche in sede di
legittimità (Cass. n. 10934/2015; 2859 del 12/02/2016; n. 14253/2016; n.
457/2018; n. 11156/2018).
6. Con il primo motivo, i ricorrenti lamentano l'omessa pronuncia in ordine
all'eccezione relativa all'omessa notifica degli avvisi bonari ex art. 6 dello
statuto del contribuente ex art. 360 n. 4) c.p.e. in relazione all'art. 112 c.p.c..
Deducono, al riguardo, che l'omessa notifica degli avvisi bonari, in quanto
contenenti pretese ormai definite, integrano dei veri e propri avvisi di
accertamento autonomamente impugnabili, con la conseguenza che
l'inosservanza della procedura avrebbe determinato la nullità degli atti
impositivi impugnati.
7.Con la seconda censura, che prospetta violazione dell'art. 3 L. 241/90 e
dell'art. 7 co. 1 L. 212/2000, nonché degli artt. 23, 24 e 53 Cost, ex art. 360
n. 3 c.p.c., si lamenta che, contrariamente a quanto affermato dalla CTR, gli
atti tributari impugnati non consentissero il necessario controllo sulla
correttezza della imposizione, in quanto gli atti recavano solo "
i nomi dei
proprietari, il piano di classifica e il piano annuale di attività per l'anno 2008
approvati con atti consiliari nell'anno 2007 consultabili presso questo ente".
Ad avviso dei contribuenti, gli atti impositivi difettano della individuazione
della natura delle opere di cui avrebbero beneficiato gli immobili di loro
proprietà, del totale lordo della spesa sostenuta, della quota parte
dell'ammontare imponibile della spesa, del totale della platea di immobili
assoggettati alla contribuzione, dell'indice di beneficio idraulico sulla base del
quale viene calcolato l'indice di beneficio di bonifica, dell'indice di riduzione per
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i fabbricati allacciati alla rete fognaria, della individuazione della natura
manutentiva delle opere o di realizzazione delle opere idrauliche.
Pertanto, la mancata allegazione degli atti amministrativi, sanzionato dall'art.
7 cit. avrebbe cagionato una lesione al diritto di difesa, non avendo posto i
contribuenti nella condizione di esplicitare appieno le loro difese.
Sostenendo, altresì, che la carenza di motivazione dell'atto impositivo non può
essere integrato a posteriori attraverso il deposito in giudizio della
documentazione richiamata dall'atto impositivo. Pur in assenza dei requisiti
minimi motivazionali, il decidente avrebbe violato le norme costituzionali
rubricate ritenendo assolto l'onere motivazionale per il solo fatto che gli atti
impugnati facevano riferimento al piano di classifica e riparto della
contribuenza per l'anno 2008.
8.Con il terzo motivo, che deduce violazione dell'art. 2697 c.c. in relazione
all'art. 860 c.c., nonchè agli artt. 13 e ss della L.R. 34/94 ex art. 360 n. 3)
c.p.c., i ricorrenti censurano la decisione impugnata per avere affermato che
l'ente impositore non aveva l'onere di provare l'esistenza del beneficio
idraulico, stante l'inserimento degli immobili nel perimetro di contribuenza e
che, pur in assenza di trascrizione del piano adottato a titolo provvisorio, l'ente
aveva fornito la prova della contiguità delle opere idrauliche realizzate rispetto
agli immobili gravati, attraverso la produzione di relazione tecnica allegata agli
atti del giudizio. Aggiungono altresì che l'inserimento nel piano di classifica non
poteva essere vincolante per i contribuenti né determinare una inversione
dell'onere della prova, avendo essi " specificatamente contestato" il contenuto
del piano di classifica, chiedendone la disapplicazione, con conseguente
inversione dell'onere della prova del beneficio arrecato a carico dell'ente
impositore. Sostengono ancora che il piano di classifica non contiene una
delimitazione del perimetro di contribuenza all'interno del comprensorio di
bonifica, risultando sovrapponibili i due documenti, mentre la delimitazione del
periodo di contribuenza deve interessare solo una parte del Comprensorio di
bonifica.
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9.
Con medesimo motivo si lamenta l'omessa trascrizione del perimetro di
contribuenza, la quale avendo natura di pubblicità costitutiva, determina il
carattere di onere reale del contributo di bonifica.
10.
Con la quarta censura, si lamenta l'omesso esame di un fatto decisivo per
il giudizio che è stato oggetto di discussione ex art. 360 n. 5) c.p.c.,
denunciando nuovamente l'erroneità della decisione adottata in ordine al
difetto motivazionale degli atti impositivi, giacchè il decidente non avrebbe
considerato che difettavano gli elementi minimi idonei a consentire il pieno
esercizio del diritto di difesa, vale a dire gli estremi del piano di classifica e del
piano annuale di attività dell'anno 2008, reiterando le medesime
argomentazioni già svolte con la seconda censura. Aggiungendo che, in ogni
caso, la relazione tecnica allegata dall'ente impositore era stata contestata dai
ricorrenti in mancanza di prova in ordine alla inerenza del beneficio, avendo
l'ente effettuato solo opere di manutenzione ordinaria avulse e non afferenti ad
opere di bonifica preesistenti, trattandosi invece di opere di bonifica ambientale
per loro natura generiche ed uti cives a carico della fiscalità generale.
11.La prima censura è infondata. L'articolo 6 comma 5 dello Statuto dei diritti
del contribuente testualmente recita
che:"prima di procedere alle iscrizioni a
ruolo derivanti dalla liquidazione di tributi risultanti da dichiarazioni, qualora
sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione, l'amministrazione
finanziaria deve invitare il contribuente, a mezzo del servizio postale o con
mezzi telematici, a fornire i chiarimenti necessari o a produrre i documenti
mancanti entro un termine congruo e comunque non inferiore a trenta giorni
dalla ricezione della richiesta... Sono nulli i provvedimenti emessi in violazione
delle disposizioni di cui al presente
comma".L'avviso bonario risulta dunque
necessario, ai sensi degli artt. 6 e 7 della I. n. 212 del 2000, soltanto per le
cartelle emesse a seguito di controllo della dichiarazione del contribuente, ove
sussistano rilevanti incertezze su aspetti importanti della stessa, mentre
l'obbligo di pagamento del canone consortile deriva dalla mera proprietà di
immobili compresi nel Piano di classifica( Cass. n. 11051/2018). I contributi di
bonifica, peraltro, sono riscossi mediante ruolo secondo le norme che regolano
l'esazione delle imposte dirette in forza dell'art. 21 del r.d. 13 febbraio 1933,
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n. 215, che continua ad essere applicabile ai sensi dell'art. 17 del d.lgs. 26
febbraio 1999, n. 46, dovendosi, per contro, escludere l'applicazione dell'art. 1,
comma 161 e seguenti della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (relativa ai tributi
degli enti locali), che presuppone la preventiva notifica degli atti impositivi,
mentre la riscossione di contributi di bonifica avviene con la sola notificazione
della cartella( Cass. n. 13165/2014).
12.11 secondo motivo di ricorso è inammissibile.
Tale motivo è inammissibile trattandosi di censura sostanzialmente diretta
all'atto impositivo e non alla sentenza impugnata.
Tuttavia esso è altresì destituito di fondamento.
Ricorre, in proposito, quanto stabilito dalle SSUU n. 11722 del 14/05/2010
(proprio in fattispecie di riscossione di contributi consortili, ai sensi dell'art. 21
del r.d. 13 febbraio 1933, n. 215), secondo cui:
"la cartella esattoriale che non
segua uno specifico atto impositivo già notificato al contribuente, ma
costituisca il primo ed unico atto con il quale l'ente impositore esercita la
pretesa tributaria, deve essere motivata alla stregua di un atto propriamente
impositivo, e contenere, quindi, gli elementi indispensabili per consentire al
contribuente di effettuare il necessario controllo sulla correttezza
dell'imposizione. Tale motivazione può essere assolta "per relationem" ad altro
atto che costituisca il presupposto dell'imposizione, del quale, tuttavia,
debbono comunque essere specificamente indicati gli estremi, anche relativi
alla pubblicazione dello stesso su bollettini o albi ufficiali che eventualmente ne
sia stata fatta a sensi di legge, affinché il contribuente ne abbia conoscenza o
conoscibilità e l'atto richiamato, quando di esso il contribuente abbia già
integrale e legale conoscenza per effetto di precedente notificazione o
pubblicazione, non deve essere necessariamente allegato alla cartella -
secondo una interpretazione non puramente formalistica dell'art. 7, comma 1,
della legge 27 luglio 2000, n. 212, (c.d. Statuto del contribuente) - sempre
che in essa siano indicati nella cartella i relativi estremi di notificazione o di
pubblicazione".
Tale motivazione dunque ben può essere adottata per
relationem a un diverso atto che abbia a fondare i presupposti dell'imposizione
e che sia conosciuto o conoscibile dal contribuente, come il piano di classifica
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(v.
sez.
un.
n.
11722-10).
Siffatto principio, che il collegio condivide, induce a sottolineare che, nella
specie, la commissione tributaria regionale ha appunto accertato, con
valutazione di pieno merito a essa istituzionalmente riservata e sindacabile in
cassazione sul solo versante (non dedotto nel motivo) della completezza della
motivazione, che l'avviso di pagamento conteneva
"il richiamo al piano di
classifica, gli elementi identificativi del tributo e l'elenco degli immobili di
proprietà del ricorrente".
La censura dunque, nell'affermare il contrario, devolve alla corte di rielaborare
l'accertamento di fatto, sicché non può trovare ingresso in base ai limiti propri
del giudizio di legittimità. In ogni caso, i requisiti motivazionali necessari e
sufficienti, così come individuati da questo indirizzo giurisprudenziale, sono in
effetti rinvenibili nell'atto impositivo in questione (riportata, nei suoi stralci
essenziali, in ricorso); il quale contiene espresso riferimento: - al piano di
classifica ed al piano annuale delle attività approvate con delibera del 2007,
regolarmente pubblicati, attraverso i quali era possibile individuare i beni
gravati dal contributo e i riferimenti agli atti presupposti e - comunque -
disponibili presso l'ente come riscontrabile dal contenuto dell'atto allegato; fa
inoltre espresso riferimento ai coefficienti di riduzione al suolo e di
adeguamento ai valori di mercato, agli indici di beneficio idraulico attribuiti, ai
dati catastali di ciascuna proprietà immobiliare della società contribuente,
ricompresa nel perimetro di contribuenza in cui al piano di classifica suddetto;
- alla qualificazione del tributo in termini di "contributo di bonifica idraulica".
Vero è che l'atto impositivo non trascrive né allega il piano di classifica con il
relativo perimetro di contribuenza; tuttavia, questi atti sono richiamati dagli
avvisi di pagamento stessi a valere (anche per quanto concerne l'esatta
individuazione del perimetro di contribuenza, e dei criteri di calcolo e
ripartizione del contributo di bonifica tra i vari consorziati) quale motivazione
per relationem.
Ciò con riguardo ad un piano di classifica della cui delibera di
approvazione si fornisce l'anno di approvazione con delibera consiliare e la
messa a disposizione presso gli uffici dell'ente procedente; e che è stato
assoggettato alle forme di pubblicazione e di accesso proprie di tutte le
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Corte di Cassazione - copia non ufficiale
delibere della comunità montana, prodotto unitamente al piano di contribuenza
e di riparto e ad una relazione tecnica nel giudizio di merito.
Peraltro, quanto al rilevato vizio di motivazione degli avvisi di pagamento,
vale osservare che i contribuenti sono stati in grado di far valere le proprie
difese; di modo che trova senz'altro applicazione, nella fattispecie in esame, il
principio di diritto espresso dalle Sezioni Unite di questa Corte 14 maggio
2010, n. 11722, ribadito dalla successiva giurisprudenza conforme, circa
l'impossibilità di pervenire alla declaratoria di nullità della cartella per difetto di
motivazione allorché la parte abbia in sede d'impugnazione dimostrato di avere
avuto piena conoscenza dei presupposti dell'imposizione, specificamente
contestandoli( v. anche Cass. n. 2117/2014; Cass. n. 15580 /2017).
12. Parimenti si ritiene infondata la terza censura del ricorso.
Quanto ai profili di illegittimità asseritamente consequenziali al carattere
provvisorio del perimetro di contribuenza ed alla mancata trascrizione del
medesimo si osserva come non si tratti di profili propriamente riconducibili alla
motivazione della cartella di pagamento, quanto - se mai - alla fondatezza
della pretesa impositiva in quanto tale. In ogni caso, l'adozione di un perimetro
di contribuenza provvisorio rientrava tra le previsioni del quarto comma
dell'articolo 15 L.R. Toscana n.34/1994; mentre la stessa disposizione (al
secondo comma) stabiliva che la trascrizione di quest'ultimo ai sensi del R.D.
215/1933 venisse disposta al fine di darne "notizia al pubblico". Dal che si
evince come la mancata trascrizione del perimetro di contribuenza non possa
rilevare al fine di valutare la congruità motivazionale della cartella, in quanto
necessaria a rendere opponibile alla generalità dei terzi l'inserimento del bene
all'interno del perimetro di contribuenza medesimo; là dove, nel caso di specie,
il rapporto impositivo si svolge nei soli confronti del diretto consorziato, il quale
aveva modo di verificare l'effettiva ricomprensione dei propri immobili
all'interno di esso mediante la semplice consultazione del piano di classifica con
il quale era stato adottato; ed accessibile, pur in difetto di trascrizione, in
quanto portato da una delibera di approvazione regolarmente pubblicata e
depositata.
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Si richiama, in proposito, quanto stabilito da Cass. n. 13167 del
11/06/2014 (così Cass. 7364/12), secondo cui:
"in tema di pianificazione
territoriale degli interventi in materia di bonifica, la trascrizione del
provvedimento di "perimetrazione della contribuenza" prevista dall'art. 10,
secondo comma, del r.d. 13 febbraio 1933, n. 215, derivando l'effetto
dell'opponibilità degli atti ai terzi direttamente dalla legge, che prevede la
costituzione dell'onere reale e la connessa prestazione patrimoniale vincolata
all'utilità fondiaria, assolve esclusivamente alla funzione di mera pubblicità -
notizia, in quanto adempimento di natura meramente dichiarativa, diretto a
soddisfare l'esigenza della localizzazione degli interventi di bonifica ed a
rendere pubblico il perimetro di con tribuenza, e non integra "principio
fondamentale" ai sensi dell'art. 117, terzo comma, Cost.. Ne consegue che la
previsione, con norma regionale, della pubblicazione sul BURL del
provvedimento amministrativo della Giunta regionale del piano di classifica e
riparto, volto alla delimitazione territoriale dei fondi assoggettati a contributo,
costituisce forma legittima di pubblicità legale diversa, idonea al
raggiungimento dello scopo".
Risulta, poi, dallo stesso ricorso che il Consorzio aveva prodotto in giudizio
«il perimetro di contribuenza ed il piano di riparto, le cartografie, il piano degli
interventi ed una relazione tecnica;
e, correttamente, seguendo sul punto
l'ormai costante orientamento di questa Corte, la sentenza impugnata rileva la
decisività delle circostanze della dimostrata adozione da parte del Consorzio del
«prescritto piano di classifica con allegata cartografia relativa al perimetro di
contribuenza» e della mancata contestazione da parte del contribuente che «gli
immobili in questione rientra(ssero) nel perimetro di contribuenza».
13.Sennonchè, questa Corte con sentenza n. 17066/10 ha altresì osservato
che il contribuente è sempre ammesso a provare in giudizio - anche in assenza
di impugnativa diretta in sede amministrativa del piano di classifica -
l'insussistenza del beneficio fondiario; sia sotto il profilo della sua obiettiva
inesistenza, sia in ordine ai criteri con cui il Consorzio abbia messo in
esecuzione le direttive del predetto atto amministrativo per la determinazione
del contributo nei confronti dell'onerato. Con la conseguenza che - soddisfatto
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Corte di Cassazione - copia non ufficiale
l'onere probatorio così posto a carico del contribuente - spetterà al giudice
tributario di disapplicare, ex art.7, 5^ co., d.lgs. 546/92, il piano di classifica
medesimo, in quanto illegittimo. Questo principio è poi stato successivamente
ribadito da Cass. n. 20681/14 e da Cass. n. 21176/14, secondo cui:
"in tema
di contributi di bonifica, il contribuente, anche qualora non abbia impugnato
innanzi al giudice amministrativo gli atti generali presupposti (e cioè il
perimetro di con tribuenza, il piano di contribuzione ed il bilancio annuale di
previsione del Consorzio), che riguardano l'individuazione dei potenziali
contribuenti e la misura dei relativi obblighi, può contestare, nel giudizio
avente ad oggetto la cartella esattoriale dinanzi al giudice tributario, la
legittimità della pretesa impositiva dell'ente assumendo che gli immobili di sua
proprietà non traggono alcun beneficio diretto e specifico dall'opera del
Consorzio.
In tal caso, però, quando vi sia un piano di classifica approvato dalla
competente autorità, l'ente impositore è esonerato dalla prova del predetto
beneficio, che si presume in ragione della comprensione dei fondi nel perimetro
d'intervento consortile e dell'avvenuta approvazione del piano di classifica,
salva la prova contraria da parte del contribuente ( v. anche Cass. n.
9511/2018; Cass. n. 24356/2016).
14.Nella fattispecie, il consorzio ha prodotto in giudizio il "piano di
classifica", per cui è stato esonerato dal dimostrare concretamente í
presupposti del potere impositivo e, in particolare, lo specifico beneficio
conseguito dal fondo onerato; ciò in quanto il presupposto dell'obbligo di
contribuzione è costituito, ai sensi dell'art. 860 c.c., e R.D. 13 febbraio 1933,
n. 215, art. 10, dal vantaggio diretto e immediato per il fondo, che deve
ritenersi presunto in ragione dell'avvenuta approvazione del piano di classifica
e della comprensione dell'immobile nel perimetro di intervento consortile (v.
ancora Cass. n. 17066-10; Cass. n. 4671-12; nonché Cass. n. 13176-14; Cass.
n. 2241/2015). Cosicché, quando l'atto impositivo sia motivato con riferimento
a un piano di classifica approvato dalla competente autorità regionale, nessun
onere probatorio aggiuntivo grava sul consorzio circa l'esistenza di un
vantaggio diretto e specifico derivante agli immobili compresi nel piano dalle
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Corte di Cassazione - copia non ufficiale
opere di bonifica, realizzandosi una presunzione iuris tantum di esistenza del
beneficio, superabile dal contribuente mediante la prova contraria.
Tuttavia il presupposto di tale quadro di principi è dato dalla mancata specifica
contestazione del piano di classifica. La contestazione specifica del piano,
dinanzi al giudice tributario, serve non per disapplicare un atto presupposto
(come qui erroneamente paventato dal consorzio in sede di controricorso), ma
per eliminare la rilevanza della presunzione di esistenza del beneficio, e
consentire di procedere, quindi, secondo la normale ripartizione dell'onere della
prova, all'accertamento dell'esistenza dei vantaggi fondiari - immediati e diretti
- derivanti dalle opere di bonifica per gli immobili di proprietà del consorziato
posti all'interno del perimetro di contribuenza (v. sez. un. n. 26009-08, cui
adde Cass. n. 17066-10).
15.Ebbene, parte contribuente - con l'originario ricorso - si è limitata ad
eccepire che il piano di classifica ed il piano di riparto non contenevano
specificamente i benefici e le utilità per i fondi dei contribuenti, il cui onere a
suo avviso gravava sul Consorzio, eccependo l'erronea adozione della rendita
catastale al fine di determinare il quantum, in mancanza dell'adozione del
Catasto consortile ex art. 18 L.R. n. 34/94. Dacché, eccependo che il consorzio
non aveva provato la sussistenza del beneficio, il consorziato nella sostanza
non aveva contestato il piano di classifica così come predisposto dal consorzio.
16.Non vi è stata, dunque, la contestazione afferente alla mancata
approvazione del Piano generale di bonifica, la sola, effettivamente suscettibile
di essere qualificata, alla stregua della giurisprudenza di questa Corte in
materia (cfr. Cass. sez. 5, 6 febbraio 2015, n. 2241), contestazione specifica,
in via incidentale, dinanzi al giudice tributario, del piano di classifica;
rilevandosi, invece, che in corso di giudizio risultava essere stata superata dalla
documentazione allegata dall'ente l'eccezione relativa alla mancata
delimitazione del perimetro di contribuenza o, di contro, che ad ulteriori
contestazioni, come la mancata dotazione di uno specifico catasto consortile
secondo la previsione dell'art. 18 della citata legge regionale toscana n. 34/94,
stante la finalità repertoriale dello stesso, o come la dedotta mancata
trascrizione del piano, essendo demandata ad essa l'effetto di mera pubblicità
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Corte di Cassazione - copia non ufficiale
— notizia, non erano comunque riconducibili gli effetti paventati dal
contribuente.
In difetto, quindi di puntuale e specifica contestazione della legittimità
stessa del piano di classifica, regolarmente approvato, con conseguente riparto
degli oneri, stante l'incontroversa ricomprensione dei fondi nel perimetro di
contribuenza, la CTR, ha fatto corretta applicazione dei principi costantemente
affermati dalla giurisprudenza di questa Corte (tra le molte, più di recente,
Cass. n. 9511/2018; Cass. n. 18891/2016; Cass.n. 24356/2016; n.
23223/2014; Cass. n. 13167/2014; Cass. n. 2831/2012; Cass. sez. 5, 18
gennaio 2012, n. 656 e 657, dopo gli interventi delle Sezioni Unite con le
pronunce n. 26009 del 30 ottobre 2008 e n. 11722 del 14 maggio 2010), non
ritenendo superata la presunzione che i fondi compresi nel suddetto perimetro
di contribuenza avessero goduto dei benefici diretti e specifici dalle opere
realizzate.
Pertanto il giudice d'appello, decidendo la controversia in senso favorevole
al Consorzio, ha correttamente applicato il principio affermato da questa Corte
secondo cui:
«In tema di contributi di bonifica, ove i fondi siano compresi nel
perimetro consortile, in difetto di specifica contestazione del piano di classifica
e ripartizione da parte del contribuente (come è nel caso di specie), grava sullo
stesso l'onere di superare, mediante prova contraria, la presunzione del
beneficio diretto e specifico derivante dalle opere realizzate dal consorzio»
(Cass. n. 9511 del 2018; nello stesso senso in precedenza Cass. n. 24356 del
2016; Cass. n. 24070 del 2014; Cass. n. 654 del 2012).
Ciò sulla base di quanto in via generale già stabilito da questa Corte di
legittimità secondo cui: - l'adozione del piano di classifica ingenera una
presunzione di vantaggiosità dell'attività di bonifica svolta dal Consorzio per i
fondi ricompresi nell'area di intervento; - qualora il piano di classifica venga
specificamente impugnato dal consorziato, la suddetta vantaggiosità deve
essere provata ad onere del Consorzio che la deduca, secondo la regola
generale di cui all'articolo 2697 cod.civ.; - qualora, invece, non vi sia stata
impugnativa del piano di classifica, la presunzione in oggetto (di natura non
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Corte di Cassazione - copia non ufficiale
assoluta, ma juris tantum) deve essere superata con onere della prova a carico
del consorziato.
17.0nere che parte contribuente non ha assolto, limitandosi a mere
affermazioni di principio non corroborate da elementi probatori tali da
escludere che le opere idrauliche abbiano prodotto un vantaggio per le
proprietà.
18.1 ricorrenti, inoltre, hanno lamentato per la prima volta in questo giudizio -
sotto il profilo della violazione di legge - la coincidenza del piano di classifica
con quello di contribuenza, avendo dedotto in primo grado esclusivamente che
"nell'atto impositivo non risultava l'approvazione di un piano di contribuenza".
Secondo il consolidato orientamento di questa Corte i motivi del ricorso
per cassazione devono investire, a pena d'inammissibilità, questioni che siano
già comprese nel tema del decidere del giudizio d'appello, e prima ancora del
primo grado, non essendo prospettabili per la prima volta in sede di legittimità
questioni nuove o nuovi temi di contestazione non trattati nella fase di merito,
tranne che non si tratti di questioni rilevabili d'ufficio(v. Cass. Sez. 3,
09/01/2002 n. 194; più di recente, v. Cass. Sez. 6 - 1, 09/07/2013 n. 17041;
n. 25319/2017; n. 907/2018). Peraltro, detta nuova doglianza è stata
formulata senza riprodurre il contenuto di detti atti amministrativi, che
sarebbero stati
"erroneamente interpretati dal decidente".
Detta affermazione
si scontra, del resto, con quanto rilevato dal decidente a pagina 4 della
sentenza laddove si legge che è stata "
versata in atti la delibera che individua
il perimetro di contribuenza, di talchè è effettivamente dimostrata la
sussistenza dei presupposti per la legittimità della pretesa".
A tal proposito, vale osservare altresì che, quando nel ricorso per
cassazione è denunziata violazione o falsa applicazione di norme di diritto, il
vizio della sentenza previsto dall'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.,
deve essere dedotto, a pena di inammissibilità, non solo mediante la puntuale
indicazione delle norme asseritamente violate, ma anche mediante specifiche
argomentazioni, intese motivatamente a dimostrare in qual modo determinate
affermazioni in diritto, contenute nella sentenza gravata, debbono ritenersi in
contrasto con le norme regolatrici della fattispecie o con l'interpretazione delle
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Corte di Cassazione - copia non ufficiale
stesse fornita dalla dottrina e dalla prevalente giurisprudenza di legittimità( v.
Cass. n.n. 828/2007; Cass. n. 635
del
15/01/2015).
Sotto altro profilo, qualora una parte assuma che la sentenza di secondo
grado, impugnata con ricorso ordinario per cassazione, è l'effetto di un errore
di fatto risultante dagli atti del giudizio di merito, il ricorso è inammissibile,
essendo denunziato - al di là della qualificazione come "violazione di legge" -
un tipico vizio revocatorio, che può essere fatto valere, sussistendone i
presupposti, solo con lo specifico strumento della revocazione, disciplinato
dall'art. 395 cod. proc. civ.; nè l'impugnabilità in cassazione dell'eventuale
sentenza pronunciata nel giudizio di revocazione (art. 403, secondo comma,
cod. proc. civ.) può essere idonea a trasformare un errore revocatorio in errore
di diritto(Cass. n. 10066 del 2010; Cass. n. 7941/2015).
19. L'ultima censura è inammissibile, in quanto sotto il profilo dell'omesso
esame di un fatto che è stato oggetto di discussione si ripropone la questione
del difetto di motivazione degli atti impositivi, sul quale il decidente si è
pronunciato in conformità ai principi di diritto affermati da questa Corte. La
doglianza non può essere sollevata sotto il profilo dell'omesso esame di un
fatto storico o naturale, in quanto investe manifestamente elementi istruttori di
cui si lamenta il supposto mancato esame (avvisi di pagamento) ma in
sostanza se ne pretende (ancora una volta inammissibilmente) una valutazione
diversa e conforme all'opinione e all'interpretazione della parte contribuente:
elementi che tuttavia erano stati considerati e valutati dal giudice d'appello, il
quale in particolare ha rilevato che le produzioni documentali di parte
ricorrente erano inidonee a «fornire la prova dell'inesistenza o comunque
dell'inadeguatezza del beneficio ricevuto a seguito dell'attività del Consorzio» (
Cass.20776/2019). Nel rigoroso rispetto delle previsioni degli artt. 366, primo
comma, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., il ricorrente deve
indicare il "fatto storico", il cui esame sia stato omesso, il "dato", testuale o
extratestuale, da cui esso risulti esistente, il "come" e il "quando" tale fatto sia
stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua "decisività", fermo
restando che l'omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il
vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in
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Corte di Cassazione - copia non ufficiale
causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la
sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie». Nulla di tutto
questo è rinvenibile nelle argomentazioni formulate nel ricorso a sostegno del
motivo in esame, che peraltro investe manifestamente elementi istruttori di cui
si lamenta il supposto mancato esame (avvisi di pagamento) ma in sostanza se
ne pretende (ancora una volta inammissibilmente) una valutazione diversa e
conforme all'opinione e all'interpretazione della parte contribuente.
20.Parimenti inammissibile è la censura sotto il profilo dell'art. 360 n. 5)
c.p.c., relativa alla valutazione delle contestazioni sollevate dai ricorrenti al
piano di classifica e di contribuenza. Vale osservare, in primo luogo, che
l'esame delle allegazioni difensive, nonché la valutazione delle risultanze della
prova, il giudizio sull'attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che
di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più
idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati
al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione
una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello
di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a
discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive,
dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che,
sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la
decisione adottata (cfr., tra le tante, Cass. 12362/2006 e, più recentemente,
Cass. 21.7.2010, n. 17097; Cass. nn 16986/2013; Cass. Sez. U. n. 24148 del
2013, Cass. n. 8008 del 2014).
In altri termini, il difetto di motivazione legittimante la prospettazione con il
ricorso per cassazione del motivo previsto dall'art. 360, comma primo, n. 5,
cod. proc. civ., non è configurabile, quando vi sia difformità rispetto alle attese
ed alle deduzioni della parte ricorrente sul valore e sul significato attribuiti dal
giudice di merito agli elementi delibati, poiché, in quest'ultimo caso, il motivo
di ricorso si risolverebbe in un'inammissibile istanza di revisione delle
valutazioni e dei convincimenti dello stesso giudice di merito che tenderebbe
all'ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, sicuramente estranea alla
natura e alle finalità del giudizio di cassazione. Merita, altresì, di essere
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Corte di Cassazione - copia non ufficiale
ricordato che oggetto del vizio di cui al novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n.
5, è l'omesso esame circa un "fatto decisivo per il giudizio, che è stato oggetto
di discussione tra le parti". Costituisce, allora, un "fatto", agli effetti della
citata norma, non una "questione" o un "punto", ma: i) un vero e proprio
"fatto", in senso storico e normativo, ossia un fatto principale, ex art. 2697
c.c., cioè un "fatto" costitutivo, modificativo impeditivo o estintivo, o anche un
fatto secondario, vale a dire un fatto dedotto ed affermato dalle parti in
funzione di prova di un fatto principale (cfr. Cass. n. 16655 del 2011; Cass. n.
7983 del 2014; Cass. n. 17761 del 2016; Cass. n. 29883 del 2017); il) un
preciso accadimento ovvero una precisa circostanza da intendersi in senso
storico-naturalistico (cfr. Cass. n. 21152 del 2014; Cass., SU, n. 5745 del
2015); iii) un dato materiale, un episodio fenomenico rilevante, e le relative
ricadute di esso in termini di diritto (cfr. Cass. n. 5133 del 2014); iv) una
vicenda la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali
(cfr. Cass., SU, n. 8053 del 2014). Non costituiscono, viceversa, "fatti", il cui
omesso esame possa cagionare il vizio ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5: I) le
argomentazioni o deduzioni difensive (cfr. Cass. n. 14802 del 2017; Cass. n.
21152 del 2015); II) gli elementi istruttori in quanto tali, quando il fatto storico
da essi rappresentato sia stato comunque preso in considerazione dal giudice,
ancorchè questi non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie
astrattamente rilevanti (cfr. Cass., SU, n. 8053 del 2014); III) una moltitudine
di fatti e circostanze, o il "vario insieme dei materiali di causa" (cfr. Cass. n.
21439 del 2015);iIV) le domande o le eccezioni formulate nella causa di
merito, ovvero i motivi di appello, i quali costituiscono i fatti costitutivi della
"domanda" in sede di gravame.
Nella specie, non ricorrono alcune di dette ipotesi descritte, tanto più chè
le "argomentazioni della parte " non costituiscono fatto storico discusso e preso
in considerazione dai giudici territoriali. La norma, difatti, prevede l'"omesso
esame di "un fatto controverso e decisivo per il giudizio" ossia ad un preciso
accadimento o una precisa circostanza in senso storico - naturalistico, non
assimilabile in alcun modo a "questioni" o "argomentazioni" che, pertanto,
risultano irrilevanti, con conseguente inammissibilità delle censure
17
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
irritualmente formulate. Le medesime considerazioni valgono con riferimento
alla censura secondo la quale la validità della relazione tecnica allegata
dall'ente impositore sarebbe stata contestata dai contribuenti e le relative
difese non prese in considerazione dalla CTR.
19.11 ricorso, in definitiva, deve essere respinto, con aggravio di spese
processuali.
Ai sensi dell'art.13 comma 1 quater del d.p.r. n.115 del 2002, dà atto della
sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente
dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il
ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto
P.Q. M.
La Corte
- rigetta il ricorso;
-
Condanna parte contribuente alla refusione delle spese del giudizio di
legittimità sostenute dal Consorzio, che si liquidano in euro 1.700,00 oltre
rimborso forfettario, iva e c.p.a. come per legge.;
-
Ai sensi dell'art.13 comma 1 quater del d.p.r. n.115 del 2002, dà atto
della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente
dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il
ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione tributaria della
Corte di Cassazione, 1'8.01.2020
Il Consigliere estensore
Milena Balsamo
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