Sentenza Nº 07454 della Corte Suprema di Cassazione, 19-03-2020

Presiding JudgeVIRGILIO BIAGIO
ECLIECLI:IT:CASS:2020:7454CIV
Judgement Number07454
Date19 Marzo 2020
CourtSezioni Unite (Corte Suprema di Cassazione di Italia)
Subject MatterCIVILE
SENTENZA
sul ricorso 21095-2018 proposto da:
RALVAN S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA F. CONFALONIERI 5, presso lo
studio dell'avvocato ANDREA MANZI, rappresentata e difesa dagli
avvocati FERDINANDO MAZZARELLA e GIUSEPPE MAZZARELLA;
- ricorrente -
Civile Sent. Sez. U Num. 7454 Anno 2020
Presidente: VIRGILIO BIAGIO
Relatore: CONTI ROBERTO GIOVANNI
Data pubblicazione: 19/03/2020
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
COMUNE DI TRABIA, in persona del Sindaco pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ROSA RAIMONDI GARIBALDI
44, presso il dott. ANTONIO BELLIA, rappresentato e difeso
dall'avvocato GIOVANNI BELLIA;
- controricorrente e ricorrente incidentale -
contro
RALVAN S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA F. CONFALONIERI 5, presso lo
studio dell'avvocato ANDREA MANZI, rappresentata e difesa dagli
avvocati FERDINANDO MAZZARELLA e GIUSEPPE MAZZARELLA;
azoc-iin 4
AL*:
e
P °
- controrícorrente ggincidentale -
avverso la sentenza n. 82/2018 della CORTE D'APPELLO di PALERMO,
depositata il 17/01/2018.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
11/02/2020 dal Consigliere ROBERTO GIOVANNI CONTI;
udito il Pubblico Ministero, in persona dell'Avvocato Generale
FRANCESCO SALZANO, che ha concluso per il rigetto del ricorso
principale e l'inammissibilità del controricorso e ricorso incidentale.
uditi gli avvocati Ferdinando Mazzarella e Giovanni Bellia.
FATTI DI CAUSA
Il Comune di Trabia, con atto di citazione notificato il
28.3.2001, convenne in giudizio innanzi al Tribunale di Palermo la
società Ralvan s.r.l. chiedendone la condanna alla restituzione delle
maggiori somme versate sulla base di una delibera n.189 del 18
ottobre 1996 con la quale, nell'ambito di una procedura espropriativa
finalizzata alla costruzione di un parco suburbano in località
S.Onofrio, era stata quantificata l'indennità di espropriazione e quella
di occupazione relativa agli immobili della società precisando che
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detta delibera, contenendo un calcolo erroneo dell'indennità, era stata
annullata con la delibera n.472 del 13.4.2000.
La società convenuta, costituitasi in giudizio con atto del 26
maggio 2001, si oppose alla domanda, deducendo che non era
intervenuto alcun negozio di cessione volontaria ai sensi dell'art.12
I.n.865/1971 e dell'art.5 bis D.L. n.333/1992, in ogni caso
sostenendo l'invalidità del procedimento ablativo non concluso con
l'emanazione nei termini fissati cled decreto di espropriazione. Ragion
per cui chiese in via riconvenzionale la condanna al risarcimento del
danno per il periodo di occupazione illegittima e per l'irreversibile
trasformazione del fondo di sua proprietà.
Con sentenza parziale n.2617/04 dei 28/7-18/07/2004 il
Tribunale di Palermo accertò l'inesistenza dell'accordo di cessione
volontaria tra le parti, rigettando la domanda proposta dal Comune di
Trabia concernente la declaratoria di nullità parziale dell'accordo,
altresì dichiarando la propria incompetenza in favore della Corte
d'Appello di Palermo con riferimento alla domanda relativa al
pagamento dell'indennità di occupazione legittima formulata dalla
società Ralvan.
Con separata ordinanza emessa in pari data lo stesso Tribunale
dispose la rimessione della causa sul ruolo per la prosecuzione
dell'istruttoria con riferimento alle domande risarcitorie della società
Ralvan.
All'esito dell'istruzione, con sentenza resa nei 12/5-9/12/2008,
il Tribunale di Palermo condannò il Comune di Trabia a pagare alla
società Ralvan, a titolo di risarcimento del danno per l'accessione
invertita dell'immobile oggetto di causa la somma di euro 88.539,30,
quale differenza tra l'ammontare già versato a titolo di indennità di
espropriazione e di occupazione legittima e quello dovuto a titolo di
risarcimento del danno, oltre interessi dalla data della decisione sino
all'effettivo pagamento.
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Avverso tale sentenza propose appello il Comune di Trabia,
chiedendone la riforma.
La Corte di appello di Palermo, con sentenza n.133/2018 del
17.1.2018, in riforma della sentenza impugnata, dichiarò il difetto di
giurisdizione del giudice ordinario in ordine alla domanda
riconvenzionale di risarcimento del danno proposta dalla società
Ralvan e determinò l'indennità di occupazione legittima del terreno in
euro 85.832,03, condannando la società appellata a restituire al
Comune di Trabia la complessiva somma di euro 522.033,33, detratti
gli interessi legali dalla data di deposito presso la cassa DD.PP., con
decorrenza dalla scadenza delle singole annualità dell'indennità di
occupazione legittima, compensando integralmente tra le parti le
spese del giudizio di appello.
Per quel che qui ancora rileva la Corte di appello ritenne che,
rispetto alla domanda risarcitoria relativa al periodo di occupazione
illegittima e per la perdita della proprietà del terreno in conseguenza
dell'accessione invertita, la giurisdizione apparteneva al giudice
amministrativo, avuto riguardo alla giurisprudenza formatasi in
materia presso questa Corte rispetto alle ipotesi di perdita della
proprietà dell'immobile occupato d'urgenza per l'esecuzione di un
intervento di pubblica utilità in forza della correlativa dichiarazione
ancorché illegittima perché priva dei termini iniziali e finali dei lavori e
delle procedure di espropriazione. A giudizio della Corte di appello la
sentenza parziale del 18 agosto 2004 resa dal Tribunale di Palermo
non aveva riconosciuto implicitamente la giurisdizione del giudice
ordinario sulle domande risarcitorie, non potendosi quindi ipotizzare
che si fosse formato il giudicato in punto di giurisdizione del g.o. Il
Tribunale si era limitato ad accertare l'inesistenza di un accordo di
cessione volontaria tra le parti dichiarando l'incompetenza sulla
domanda di determinazione dell'indennità di occupazione legittima,
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senza in alcun modo pronunziarsi, neppure implicitamente, sulla
domanda di risarcimento del danno, rimessa invece in istruttoria.
Dall'accertata insussistenza di un accordo di cessione volontaria
del bene oggetto della procedura ablatoria la Corte di appello fece
poi derivare la natura indebita della percezione delle somme riscosse
dalla società appellata a titolo di indennità di espropriazione, con
conseguente obbligo di restituzione delle stesse a carico della società
Ralvan.
Quanto alle somme versate dal Comune di Trabia a titolo di
indennità di occupazione legittima, la Corte ritenne di essere investita
della determinazione del relativo importo per effetto della sentenza
parziale già ricordata, avendo il Comune di Trabia legittimamente
revocato la delibera n.189/1996. Tale annullamento aveva dunque
privato di efficacia la determinazione dell'indennità provvisoria
precedentemente effettuata dall'amministrazione comunale,
rimanendo ad essa Corte devoluta la decisione sulla pretesa relativa
alla determinazione dell'effettiva entità delle somme eventualmente
da restituire al Comune in quanto percepite indebitamente.
Quanto alla determinazione dell'indennità anzidetta la Corte di
appello rilevò che il CTU, in relazione alla destinazione delle aree ad
attrezzature sportive e
Gni
da gioco, aveva quantificato il prezzo a
metro quadrato di £.18.000 al mq prendendo a base il valore agricolo
della superficie, al quale aveva poi aggiunto l'incremento dell'aliquota
del 40 °A) in considerazione delle caratteristiche intrinseche ed
estrinseche dell'area e delle possibilità di sfruttamento del fondo
ulteriori rispetto al mero utilizzo per fini agricoli e le possibilità di
utilizzazioni intermedia tra quella agricola e quella edificatoria, così
determinando il valore dell'area in euro 340.603,32, in virtù della
concreta suscettibilità di sfruttamento per finalità
intermedie(parcheggio, deposito, ecc.). Da ciò conseguiva che
l'indennità di occupazione legittima per il periodo compreso fra il
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15.1.1993 ed il 15.1.1998 andava determinata in euro 85.832,03, in
ragione di euro 17.166,40 per ogni anno di occupazione. La Corte,
operato lo scomputo di quanto già corrisposto dal Comune di Trabia a
titolo di indennità di occupazione temporanea per il periodo
decorrente dal 15.1.1993 al 1115.7.1996, pari a £.549.148,485, pari
ad euro 283.611,28 giusta la delibera n.189 del 128.10.1996,
condannò quindi la società Ralvan alla restituzione della differenza,
pari ad euro 197.779,25, detratti gli interessi legali dalla data di
deposito presso la Cassa DD.PP.
La società Ralvan ha proposto ricorso per cassazione, affidato a
cinque motivi
1: CO9 1
-
4,
Il Comune di Trabia
r
egEnn= con controricorso e ricorso
incidentale, affidato a due motivi.
La società Ralvan ha quindi depositato controricorso avverso il
ricorso incidentale.
Entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative.
La causa, assegnata alle Sezioni Unite in ragione dell'esistenza
di motivi di ricorso attinenti la giurisdizione, è stata posta in decisione
all'udienza pubblica dell'Il febbraio 2020.
Il Procuratore generale ha concluso per il rigetto del ricorso
principale e per la declaratoria di inammissibilità del ricorso
incidentale.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.Va preliminarmente, esaminata l'eccezione d'improcedibilità
ricorso incidentale sollevata dalla ricorrente principale, perché
tardivo.
1.1 Ed invero, consta dall'esame degli atti che il ricorso della
società Ralvan è stato consegnato al Comune di Trabia, a mani
proprie
/
al difensore Avv. Giovanni Bellia, il 6 luglio 2018, e che detto
Comune ha, poi, proceduto alla notifica del ricorso incidentale con
atto consegnato all'ufficiale giudiziario martedì 18 settembre 2018,
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quando il termine di 40 giorni, di cui agli artt. 371, e 369 c.p.c., era
spirato, il precedente giorno 17 settembre, ex art. 155, co 5 c.p.c.,
cadendo la scadenza dei quaranta giorni il precedente sabato 15
settembre .
1.2 Né giova, ai fini della positiva valutazione della tempestività
del ricorso incidentale- che alla stregua dell'art.371 4 comma c.p.c.
soggiace alla disciplina di cui all'art.369 1^ comma c.p.c., per quel
che qui rileva- la circostanza che la ricorrente abbia proceduto alla
notifica del medesimo ricorso principale più volte nei confronti del
detto Comune rilevando comunque, ai fini della decorrenza del
termine, la prima delle notifiche effettuata nei confronti della parte
intimata, non potendosi infatti ritenersi che in caso di reiterazione
della notifica al medesimo soggetto intimato, il termine per la
proposizione del controricorso e/o del ricorso incidentale decorre
dall'ultima delle notifiche.
1.3 Invero, questa Corte (Cass. 22 giugno 2006, n. 14456) ha
statuito che il termine, di complessivi quaranta giorni, di cui all'art.
369 c.p.c. e art. 370 cod. proc. civ., per la proposizione del
controricorso decorre, nel caso di notifica reiterata nei confronti della
medesima parte, dalla data della prima notifica, a meno che detta
notifica non debba considerarsi viziata da nullità, nel qual caso il
termine stesso decorrerà dalla data della seconda notifica. Ne
consegue che la reiterazione della notifica del ricorso per cassazione
alla stessa parte, una volta che il procedimento notificatorio si sia già
completato con una valida notifica, non vale a segnare una nuova
decorrenza del termine per la proposizione del controricorso (Cass.,
n.8704/2016;ckt.anche Cass., n.2861/2019 e Cass., n.24304/2019,
secondo le quali la reiterazione della notifica del ricorso per
cassazione alla stessa parte, una volta che il procedimento
notificatorio si sia già completato con una valida notifica, non vale a
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segnare una nuova decorrenza del termine per la proposizione del
controricorso).
1.4 Conclusione, quest'ultima, del resto in piena sintonia con
l'indirizzo secondo il quale il termine di deposito del ricorso per
cassazione previsto a pena di improcedibilità dall'art. 369, comma 1,
c.p.c., decorre, nell'ipotesi di reiterazione della notifica alla stessa
parte, dalla prima notificazione validamente eseguita, essendo le altre
superflue - cfr. Cass., n. 20543/2017, Cass., n.4539/2009, Cass.,
n.9967/2008-.
1.5 Resta solo da dire che non può dubitarsi dell'idoneità della
notifica effettuata nelle mani del difensore presso il domicilio diverso
da quello eletto dal Comune di Trabia, dovendo disattendersi la
prospettata inefficacia della notifica anzidetta ai fini del decorso del
termine per il deposito del controricorso e ricorso incidentale, essendo
sufficiente ricordare che la regola stabilita dall'art. 138, comma 1,
c.p.c., secondo cui l'ufficiale giudiziario può sempre eseguire la
notificazione mediante consegna nelle mani proprie del destinatario,
ovunque lo trovi, è applicabile anche nei confronti del difensore di una
delle parti in causa, essendo questi, dopo la costituzione in giudizio
della parte a mezzo di procuratore, l'unico destinatario delle
notificazioni da eseguirsi nel corso del procedimento (art. 170,
comma 1, c.p.c.), sicché risulta valida la notifica della sentenza
effettuata a mani proprie del procuratore costituito, ancorché in luogo
diverso da quello in cui la parte abbia, presso il medesimo, eletto
domicilio-cfr.Cass.n.15326/2015-.
2. La ricorrente principale ha dedotto, con il primo motivo di
ricorso, la violazione dell'art.2909 c.c. e 324 c.p.c., in relazione
all'esistenza di un giudicato esterno ed interno sulla giurisdizione del
giudice ordinario rispetto alla domanda di risarcimento del danno per
occupazione illegittima. La sentenza impugnata avrebbe omesso di
considerare il giudicato implicito sulla giurisdizione in seguito alle
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statuizioni contenute nella sentenza non definitiva resa nel giudizio
con contestuale ordinanza per la prosecuzione del giudizio finalizzata
alla quantificazione del risarcimento del danno per accessione
invertita e per occupazione illegittima, nemmeno considerando il
giudicato formatosi tra le stesse parti in seguito alla decisione resa fra
le stesse parti dal Tar Sicilia con sentenza n.701/2013, dei
28.2/26.3.2013.
3.
Con il secondo motivo la ricorrente deduce la violazione delle
norme sul riparto di giurisdizione in materia di risarcimento del danno
da occupazione illegittima ed apprensione del bene. La ricorrente
rammenta che in seguito alle sentenze della Corte costituzionale
nn.204/2004 e 191 del 2006, alla data del maggio 2001 nella quale
era stata proposta la domanda - rilevante ai sensi dell'art.5 c.p.c. -, il
riparto di giurisdizione era affidato unicamente all'originario criterio di
riparto diritti soggettivi-interessi legittimi, essendo stato l'art.34
d.lgs.n.80/1998, come modificato dall'art.7, comma 1, lett.b) della
I.n.205/2000, dichiarato incostituzionale nella parte in cui aveva
esteso la giurisdizione esclusiva del g.a. ai comportamenti delle
pubbliche amministrazioni e dei soggetti ad essa equiparati in materia
urbanistica, ed edilizia. Da ciò conseguirebbe che nella vicenda
processuale, nella quale l'attività provvedimentale si era arenata, non
essendo stato adottato il decreto di esproprio, l'esistenza di meri
comportamenti del Comune lesivi del diritto di proprietà radicherebbe
la giurisdizione del giudice ordinario.
4.
Con il terzo motivo la ricorrente deduce la violazione
dell'art.362, comma 2 c.p.c. ritenendo che la decisione del Tar Sicilia
già sopra ricordata, che aveva declinato la giurisdizione del g.a. con
sentenza passata in giudicato, avrebbe determinato un conflitto
negativo di giurisdizione in relazione alla pronunzia della Corte di
appello di Palermo che aveva parimenti escluso la giurisdizione del
giudice ordinario, imponendo l'intervento di queste Sezioni Unite al
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fine di dichiarare la giurisdizione del giudice ordinario o comunque
quella di uno dei giudici che avevano entrambi ritenuti9di negarla.
5. Con il quarto motivo di ricorso si deduce, infine la violazione
degli artt.22 bis e 50, nonché 42 bis e 37 del dPR 8.6.2001 n.327, in
relazione agli artt.360 c.1, n.3 e 5 c.p.c.
5.1 La Corte di appello avrebbe errato nella determinazione
dell'indennità di occupazione considerando che un terreno con indice
di edificabilità di 3 mc/mq non potesse non essere ritenuto edificabile.
La ricorrente evidenzia che la CTU, nel corso del giudizio di primo
grado, aveva determinato il valore dell'area in £.40.000 al mq. tri
relazione alla sua natura di area edificabile e che il Tribunale di
Palermo, con ordinanza dei 9.12 febbraio 2007, aveva invitato il CTU
ad effettuare una seconda ipotesi di quantificazione del risarcimento
dovuto basata sulla considerazione del fondo come legalmente non
edificabile adoperando la quantificazione secondo i criteri propri delle
aree agricole, pur tenendo nel debito conto l'ubicazione del terreno e
la sua vicinanza ad aree urbanizzate ed edificate e la potenziale
utilizzazione del bene anche ai fini diversi da quelli prettamente
agricoli, non edificatori ma comunque remunerativi.
5.2 Ora, a fronte di tale supplemento istruttorio il CTU aveva
rilevato che un terreno avente indice di cubatura pari a 3 mc/mq
giustificava la realizzazione di opere edificatorie, in tal modo
smentendo l'affermazione della Corte di appello secondo la quale
l'area non poteva considerarsi edificabile, correlata alla destinazione
urbanistica impressa ed alla possibilità di edificazione anche da parte
dell'intervento di privati. Secondo la ricorrente, parte del terreno
interessato dal procedimento ablatorio, oltre a ricadere in una zona
C3 a villini e destinata ad attrezzature di piano regolatore generale,
avrebbe avuto un indice di edificabilità pari a 3 mc/mq ben superiore
a quello previsto per le zone residenziali, potendo essere realizzate
attrezzature varie. Da ciò sarebbe dovuto conseguire che il valore
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venale dell'area ascendeva a £.50.000 mq., come peraltro ritenuto
dalla stima operata dallo stesso Comune di Trabia nel 1991, in
coerenza con quanto affermato da Corte cost.n.181/2011. La
riconduzione del valore dell'area a quello venale, del resto, sarebbe
una diretta conseguenza delle pronunzie rese dalla Corte edu che
avevano determinato l'introduzione di meccanismi normativi-art. 43
del Testo unico espropriazioni poi sostituito dall'art.42 bis)-volte a
salvaguardare in maniera piena il proprietario ablato in modo da
garantirgli pur sempre il valore venale del bene nei casi di
occupazione acquisitiva o accessione invertita.
6.
Con il quinto motivo la ricorrente ha prospettato la violazione
dell'art.91 c.p.c., avendo il giudice di appello omesso di applicare il
principio della soccombenza all'atto di compensare le spese del
giudizio di appello. Chiedeva altresì la condanna ai sensi dell'art.96,
ult. comma, c.p.c.
7.
Ciò posto, occorre passare all'esame del primo motivo.
7.1 Giova premettere che questa Corte ha avuto modo di
rilevare che il giudicato interno sulla giurisdizione si forma tutte le
volte in cui il giudice di primo grado abbia pronunciato nel merito,
affermando anche implicitamente la propria giurisdizione, e le parti
abbiano prestato acquiescenza a tale statuizione, non impugnando la
sentenza sotto questo profilo, sicché non può validamente
prospettarsi l'insorgenza sopravvenuta di una questione di
giurisdizione all'esito del giudizio di secondo grado, perché tale
questione non dipende dall'esito della lite, ma da due invarianti
primigenie, costituite dal
petitum sostanziale
della domanda e dal tipo
di esercizio di potere giurisdizionale richiesto al giudice (da ultimo
Sez. Un., 27/04/2018, n. 10265)-ta.Cass.n.27078/2019-.
/
7.2 In definitiva, il giudicato esplicito o implicito può dirsi
formato tutte le volte che la causa sia stata decisa nel merito, con
esclusione per le sole decisioni che non contengano statuizioni che
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implicano l'affermazione della giurisdizione- Cass.S.U. 20932/2011,
Cass.S.U.24883/2008-.
7.3 Resta inteso che in tanto può formarsi un giudicato in
quanto la sentenza non definitiva su una domanda di risarcimento del
danno da occupazione acquisitiva si sia pronunciata sull'an
debeatur
e
"in concreto" anche sul pregiudizio sofferto dal proprietario
dell'immobile in conseguenza della condotta illecita
dell'amministrazione, "commisurandolo alla diminuzione patrimoniale
corrispondente al valore, ad una certa data, del bene sottrattogli"
(Cass. n. 21143/2007, n. 4395/2006).
7.4 Orbene, la preclusione per effetto del giudicato sostanziale
può scaturire solo da una statuizione che abbia attribuito o negato "il
bene della vita" preteso e non anche da una pronuncia che non
contenga statuizioni al riguardo, pur se essa risolva questioni
giuridiche strumentali rispetto all'attribuzione del bene controverso
(Cass. n. 2038/1996). Solo a queste condizioni può valere il principio
secondo cui il giudicato si forma su (e la sua autorità copre) tutto ciò
che abbia formato oggetto della decisione, compresa la soluzione di
questioni costituenti antecedente logico necessario e presupposto
essenziale della decisione medesima (tra le tante, Cass. n.
1497/1987), con esclusione delle enunciazioni puramente incidentali
(Cass. n. 1815/2012).
7.5 Fatte le superiori premesse in diritto, non può dunque
dubitarsi del fatto che queste Sezioni Unite hanno il potere-dovere di
valutare direttamente le statuizioni contenute nella sentenza non
definitiva resa dal Tribunale di Palermo, al fine di giudicarne la
portata decisoria, di accertare se si sia formato il giudicato nel
processo e, quindi, di stabilire se la funzione giurisdizionale si sia
esaurita per effetto della mancata impugnazione- Cass.n.6301/2014-.
7.6 Ciò posto, reputano queste Sezioni Unite che la sentenza
parziale resa dal Tribunale di Palermo del 18 agosto 2004 non
Ric. 2018 n. 21095 sez. SU - ud. 11-02-2020
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contenga, in realtà, alcuna statuizione che accerti, in modo definitivo,
l'an
del diritto al risarcimento del danno per accessione invertita e per
occupazione illegittima.
7.7 II giudice di primo grado, infatti, si limitò a ritenere non
perfezionata la cessione volontaria dell'area e conseguentemente a
rigettare la domanda attorea di nullità parziale dell'accordo di
cessione volontaria, poi dichiarando la propria incompetenza per
materia a decidere sulla domanda di pagamento dell'indennità di
occupazione legittima ed altresì disponendo la rimessione della causa
sul ruolo "al fine di quantificare il risarcimento del danno per
accessione invertita e per occupazione illegittima"-cfr.pag-9 sent.Trib.
Palermo n.2617/04-. Lo stesso Giudice monocratico del Tribunale di
Palermo, con separata ordinanza pronunziata in pari data, dispose
coerentemente la rimessione della causa sul ruolo per la prosecuzione
dell'istruttoria con riferimento alle domande risarcitorie proposte dalla
Ralvan srl.
7.8 Alla luce degli elementi sopra ricordati va esclusa la
presenza di un giudicato implicito sulla giurisdizione del giudice
ordinario rispetto alla domanda risarcitoria che il giudice di primo
grado non ha esaminato nemmeno al fine di ritenere sussistente il
diritto reclamato dalla società. Sicché la censura sul punto spiegata
dalla ricorrente principale è destituita di giuridico fondamento.
7.9 Nemmeno fondata appare la censura prospettata dalla
ricorrente con riferimento all'esistenza di un giudicato esterno
rappresentato dalla sentenza resa dal Tar Sicilia che, esaminando il
ricorso proposto dalla società Ralvan srl proposto avverso la
determina sindacale n.472 del 13 aprile 2000 relativa alla revoca in
via di autotutela amministrativa della determina sindacale n.189 del
18 ottobre 1996 avente ad oggetto il pagamento diretto dell'indennità
di espropriazione e di occupazione temporanea degli immobili occorsi
per i lavori di costruzione di un parco suburbano in località
Ric. 2018 n. 21095 sez. SU - ud. 11-02-2020
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Corte di Cassazione - copia non ufficiale
Sant'Onofrio, ha dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice
amministrativo.
7.10 L'atto impugnato, infatti, atteneva alla rideterminazione
dell'indennità di espropriazione e di occupazione d'urgenza.
7.11 Orbene, deve escludersi che la pronunzia del Tar Sicilia
abbia la capacità di incidere con forza di giudicato sulla domanda
proposta innanzi al Tribunale di Palermo sulla quale la Corte di
appello ebbe a declinare la giurisdizione in favore del g.a. Il
procedimento promosso dalla società Ralvan innanzi al TAR Sicilia,
invero, aveva come
petitum
formale la declaratoria di illegittimità
della determinazione comunale con la quale erano stati rideterminati
sia l'indennità di esproprio che quella di occupazione legittima, in ciò
nettamente differenziandosi dalla domanda posta innanzi al Tribunale
di Palermo, correlata alla condanna al risarcimento del danno
nascente da comportamenti sussumibili nello stigma dell'occupazione
illegittima. Tale diversità di domande, del resto trova precipua
conferma nella diversità di
causa petendi
fra i due giudizi,
controvertendosi innanzi al TAR della legittimità di un provvedimento
adottato nell'ambito della procedura ablatoria ritualmente iniziata,
teso a definire il procedimento espropriativo con un atto di
determinazione dell'indennizzo ed invece discutendosi innanzi al
Tribunale di Palermo prima, e successivamente della Corte di appello
di Palermo, dell'illecita apprensione del bene da parte del detto
Comune attraverso un comportamento adottato al di fuori dello
schema legale del procedimento ablatorio.
7.12 Anche in tale prospettiva l'eccezione di giudicato formulata
dalla società ricorrente è destituita di fondamento.
8. Passando all'esame del secondo motivo, lo stesso è
infondato, risultando corretta la statuizione della Corte di appello in
punto di determinazione della giurisdizione del giudice amministrativo
sulla domanda di risarcimento del danno da occupazione illegittima
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Corte di Cassazione - copia non ufficiale
proposta dalla società Ralvan con comparsa di risposta depositata in
data 26 maggio 2001.
8.1 Ed invero, questa Corte a Sezioni Unite ha ormai affermato
con principio consolidato che le controversie risarcitorie, promosse in
epoca successiva al 10 agosto 2000, relative alle occupazioni
illegittime preordinate all'espropriazione e realizzate in presenza di un
concreto esercizio del potere (riconoscibile come tale in base al
procedimento svolto ed alle forme adottate, anche se l'ingerenza
nella proprietà privata sia poi avvenuta senza alcun titolo o
nonostante il venir meno di detto titolo) sono attribuite alla
giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia
urbanistico-edilizia ai sensi dell'art. 7 della legge n. 205 del 2000,
giacché l'apprensione, l'utilizzazione e l'irreversibile trasformazione
del bene in proprietà privata da parte della pubblica amministrazione
sono riconducibili ad un concreto esercizio del potere autoritativo che
si manifesta con l'adozione della dichiarazione di pubblica utilità,
senza che assuma rilevanza il fatto che quest'ultima perda
successivamente efficacia o venga annullata-cfr.Cass.S.U.
n.23102/2019-.
8.2 A tale conclusione si è giunti evidenziando che il riparto
della giurisdizione è regolato, ratione temporis
in relazione all'epoca
della domanda giudiziale spiegata dalla società Ralvan (26 maggio
2001) dal D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, art. 34, come sostituito dalla
L. 21 luglio 2000, n. 205, art. 7, lett. b), che devolve alla
giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo "le controversie
aventi per oggetto gli atti, i provvedimenti e i comportamenti delle
amministrazioni e dei soggetti alle stesse equiparati in materia
urbanistica ed edilizia" e che va interpretato e applicato in conformità
a quanto statuito dalla Corte costituzionale con le sentenze n. 204 del
2004 e n. 191 del 2006, contenenti declaratorie di parziale
incostituzionalità, rispettivamente, dell'art. 34 cit., e dell'analoga
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disposizione di cui al D.P.R. n. 327 del 2001, art. 53, nel testo
all'epoca vigente. In particolare, Corte cost.n.191/2006 ha
puntualizzato il senso della declaratoria d'incostituzionalità delle
disposizioni di cui trattasi, nella parte in cui devolvono alla
giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo anche le
controversie
relative
ai
"comportamenti"
delle
pubbliche
amministrazioni, osservando che "nelle ipotesi in cui i
"comportamenti" causativi di danno ingiusto - e cioè, nella specie, la
realizzazione dell'opera - costituiscono esecuzione di atti o
provvedimenti amministrativi (dichiarazione di pubblica utilità e/o di
indifferibilità e urgenza) e sono quindi riconducibili all'esercizio del
pubblico potere dell'amministrazione, la norma si sottrae alla censura
di illegittimità costituzionale, costituendo anche tali "comportamenti"
esercizio, ancorché viziato da illegittimità, della funzione pubblica
della pubblica amministrazione". Ai fini, dunque, della devoluzione al
giudice amministrativo delle controversie relative ai comportamenti in
questione è sufficiente il collegamento della realizzazione dell'opera
fonte di danno con una dichiarazione di pubblica utilità, ancorché
illegittima, senza che rilevi la qualità del vizio da cui sia affetta tale
dichiarazione, viceversa valorizzata dalla giurisprudenza anteriore alla
richiamata pronuncia della Corte costituzionale - Cass.S.U. 29
maggio 2003 n.8701, Cass.S.U. 31 ottobre 2007, n.23018, Cass.S.U.
25/7/2016, n. 15284-.
8.3 Non si è poi mancato di sottolineare che l'esistenza di una
dichiarazione di pubblica utilità è condizione imprescindibile per
ritenere che l'apprensione, l'utilizzazione e l'irreversibile
trasformazione del bene in proprietà privata da parte della pubblica
amministrazione siano riconducibili a un concreto esercizio del potere
autoritativo, quale condizione necessaria per affermare la sussistenza
della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, a norma
dell'art. 133, comma 1, lett. g), c.p.a. e tale dichiarazione deve
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esistere al momento dell'apprensione dei beni privati-cfr.Cass.S.U.
n.31028/2019-. In definitiva, quando si prospetta una condotta
illecita correlata allo schema dell'occupazione appropriativa - salvo a
farne derivare le conseguenze rivisitate alla luce dei principi espressi
da queste Sezioni Unite nella sentenza n.735/2015 - la lesione che
sta a base dell'azione e che si sostanzia nella trasformazione del bene
immobile del privato da parte di soggetto che non è il titolare incide
sul diritto (soggettivo ) di proprietà ma è il collegamento, indiretto,
all'esercizio del potere espropriativo (in presenza di una dichiarazione
di pubblica utilità) a giustificare l'attribuzione alla giurisdizione
esclusiva del giudice amministrativo (Cass.S.U., 22 aprile 2008
n.10446).
8.4 Detto orientamento è stato ribadito anche più di recente da
queste Sezioni Unite che hanno ritenuto essere devolute alla
giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ex art. 133,
comma 1, lett. g), c.p.a., le controversie nelle quali si faccia
questione, anche a fini risarcitori, di attività di occupazione e
trasformazione di un bene conseguenti a una dichiarazione di
pubblica utilità, ancorché il procedimento nel cui ambito tali attività
sono state espletate non sia sfociato in un tempestivo atto traslativo
o sia caratterizzato da atti illegittimi - Cass., S.U., 29 gennaio 2018,
n. 2145 e Cass., S.U., 16 aprile 2018, n. 9334 -.
8.5 Orbene, a tale radicato indirizzo giurisprudenziale si è
pienamente conformata la Corte di appello di Palermo, declinando la
propria giurisdizione in favore di quella del giudice amministrativo
rispetto ad una domanda risarcitoria correlata all'occupazione di un
cespite immobiliare operata dall'amministrazione comunale sulla base
di una dichiarazione di p.u. legalmente data - delibera di G.M. n.341
dell'8 giugno 1981, rinnovata con delibera di G.M. n.1 dell'Il gennaio
1996-v.pag.4 e 5 sent. Trib.Palermo n.6586/2008 - ancorché alla
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stessa, dopo il compimento dei lavori, non sia seguita l'adozione nei
termini fissati del decreto ablatorio.
9.
L'esito dei primi due motivi di ricorso principale ed il
conseguente giudicato formatosi sul punto della giurisdizione del
giudice amministrativo rispetto alle domande risarcitorie promosse
dalla società Ralvan determina l'assorbimento del terzo motivo di
ricorso, con il quale la ricorrente principale aveva come già ricordato
prospettato un conflitto negativo di giurisdizione.
10.
Anche il quarto motivo di ricorso, depurato dalle censure
che introducendo elementi fattuali non presi in esame dalla Corte di
appello ed attinenti al merito - come tali non sindacabili in questa
sede anche in relazione alla censura in diritto prospettata dalla
società ricorrente - è nel resto destituito di fondamento.
10.1 Ed invero, questa Corte è ferma nel ritenere che per la
determinazione del pregiudizio correlato alla perdita di godimento di
aree determinato dall'occupazione di un'area da parte della p.a. sulla
base di un provvedimento legalmente dato assume valore decisivo la
suddivisione tra aree edificabili e aree agricole (cui sono equiparate
quelle non classificabili come edificatorie) su cui è impostato il
sistema previsto dall'art. 5 bis, d.l. n. 333 del 1992, definito dalla
Corte costituzionale non irrazionale né arbitrario. A tale fine occorre
quindi riferirsi ai principi espressi sulla rilevanza delle possibilità legali
ed effettive di edificazione, in particolare sulla priorità (e sulla relativa
necessità di una verifica preliminare) delle qualità attribuite al suolo
dalla disciplina urbanistica-Cass.n.16531/2009-.
10.2 Va aggiunto che le possibilità legali di edificazione vanno
escluse tutte le volte in cui, per lo strumento urbanistico vigente
all'epoca in cui deve compiersi la ricognizione legale, la zona sia stata
concretamente vincolata ad un utilizzo meramente pubblicistico
(verde pubblico, attrezzature pubbliche, viabilità ecc.) in quanto dette
classificazioni apportano un vincolo di destinazione che preclude ai
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Corte di Cassazione - copia non ufficiale
privati tutte quelle forme di trasformazione del suolo che sono
riconducibili alla nozione tecnica di edificazione, da intendere come
estrinsecazione dello
ius aedificandi
connesso al diritto di proprietà,
ovvero con l'edilizia privata esprimibile dal proprietario dell'area-
Cass., 7 marzo 2017, n.5686, Cass., 10 maggio 2017, n.11445,
Cass.n.14186/2016-. In definitiva, ove una zona sia stata
concretamente destinata ad un utilizzo meramente pubblicistico
(verde pubblico, attrezzature pubbliche, viabilità) la classificazione
apporta un vincolo che preclude ai privati tutte quelle forme di
trasformazione riconducibili alla nozione tecnica di edificazione, come
tali soggette al regime autorizzatorio previsto dalla vigente
legislazione edilizia, con la conseguenza che l'area va qualificata
come non edificabile, restando irrilevante la circostanza che la
destinazione richieda la realizzazione di strutture finalizzate
unicamente alla realizzazione dello scopo pubblicistico (cfr.Cass.28
settembre 2016 n.19193;Cass.24 settembre 2016, n. 13172; Cass.13
gennaio 2010, n. 404, Cass.7 settembre 2018, n.21914).
10.3 Questa Corte è poi ferma nel ritenere che per effetto della
sentenza della Corte costituzionale n. 181 del 2011, che ha dichiarato
l'illegittimità costituzionale del D.L. 11 luglio 1992, n. 333, art. 5-bis,
comma 4, convertito con modificazioni dalla L. 8 agosto 1992, n. 359,
in combinato disposto con la L. n. 865 del 1971, art. 15, comma 1,
secondo periodo, e art. 16, commi 5 e 6, come sostituiti dalla L. 28
gennaio 1977, n. 10, art. 14, che commisuravano l'indennità al valore
agricolo medio, la stima dev'essere effettuata in base al criterio del
valore venale pieno, previsto in via generale dalla L. 25 giugno 1865,
n. 2359, art. 39, con la conseguente possibilità di dimostrare che, pur
senza raggiungere il livello dell'edificatorietà, il fondo presenti
caratteristiche che ne consentono lo sfruttamento per fini ulteriori e
diversi da quello agricolo, e quindi di attribuire allo stesso una
valutazione di mercato tale da rispecchiare la possibilità di
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utilizzazioni intermedie tra quella agricola e quella edificatoria (cfr.
Cass.,S.U., 3 luglio 2013, n. 17868; Cass., S.U., 7 maggio 2019 n.
11930; Cass.19 luglio 2018 n.19295,Cass.8.3.2018 n.5557; Cass.,17
ottobre 2011, n. 21386).
10.4 Orbene, a tale indirizzo si è pienamente uniformato il
giudice di appello, in considerazione dell'esistenza di un compendio
immobiliare nel quale l'area interessata dall'attività di trasformazione
risultava destinata ad attrezzature sportive, campi da gioco e
attrezzature varie, in base al Piano regolatore generale approvato
dall'Assessore Regionale al Territorio e ambiente con D.A. n.185 del
10.11.1979-cfr.pag.16 sent. Trib. Palermo n.6586/2008 e pag.11
sent. Corte di appello Palermo, n.82/2018 qui impugnata-.
10.5 Ed è appena il caso di evidenziare che siffatta modalità di
quantificazione dell'indennità di occupazione legittima, parametrata
sul valore "reale" del bene, si sottrae alle critiche pure prospettate
dalla società ricorrente a proposito del
vulnus
al paradigma
convenzionale rappresentato dall'art.1 Prot.n.1 annesso alla CEDU.
10.6 Una volta esclusa la natura
lato sensu
espropriativa dei
vincoli pubblicistici conformativi correlati alle previsioni di piano
destinate alla zonizzazione di una parte del territorio comunale
destinata a parco urbano, sì da incidere su di una generalità di beni,
nei confronti di una pluralità indifferenziata di soggetti, va parimenti
abbandonata l'idea che la sussunzione della superficie nell'ambito
delle aree agricole determini la violazione del parametro
convenzionale sopra ricordato-cfr.Cass.16 dicembre 2019 n.33229-
risultando pienamente coerente con la protezione del diritto
dominicale la quantificazione dell'indennizzo parametrata al valore
concretamente risultante dallo sfruttamento dell'area secondo le sue
caratteristiche intrinseche ed ulteriori rispetto a quelle agricole.
10.7 Ciò, del resto, in sintonia con quanto già chiarito da Corte
cost.n.181/2011 a proposito della necessità di estendere anche alle
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Corte di Cassazione - copia non ufficiale
aree agricole i principi espressi dalla Corte edu a proposito delle aree
edificabili, riferendosi l'art.1 del primo protocollo della CEDU "...con
previsione chiaramente generale ai beni, senza operare distinzioni in
ragione della
qualitas rei"-cfr.
par.6.4, Corte cost.n.181/2011-.
10.8 Le superiori considerazioni escludono, dunque, in radice il
vizio prospettato dalla società ricorrente, mettendo al riparo la
liquidazione dell'indennità di occupazione anche dal prospettato
vulnus
rispetto al parametro convenzionale. La soluzione espressa
dalla Corte di appello, infatti, si pone in piena sintonia con quanto
chiarito dalla Corte dei diritti umani a proposito della necessità di
parametrare il valore della superficie ablata alla situazione concreta
del terreno ed alle sue caratteristiche reali - Corte dir .uomo, 17
novembre 2015, Preite c. Italia-.
11. Anche il quinto motivo di ricorso è destituito di fondamento.
11.1 Giova ricordare che la statuizione in punto di
compensazione delle spese processuali, tanto in primo che in secondo
grado, è stata adottata dalla Corte di appello in ragione del parziale
accoglimento della domanda proposta dall'appellante Comune di
Trabia quanto alla restituzione delle somme corrisposte in eccedenza
alla società Ralvan ed all'accoglimento parziale delle domande
proposte dalla società anzidetta in punto di determinazione
dell'indennità di occupazione legittima.
11.2 Ora, mette conto rilevare che l'art. 92, comma 2, cod.
proc. civ., dispone per quel che qui importa che «Se vi è
soccombenza reciproca [...] il giudice può compensare, parzialmente
o per intero, le spese tra le parti.». La norma, pertanto, consente al
giudice di compensare, in tutto o in parte, le spese di lite tra le parti
in caso di reciproca soccombenza, sicché anche nell'ipotesi di
soccombenza reciproca, il limite di fronte al quale si arresta la
discrezionalità del giudice riguardo alla distribuzione dell'onere delle
spese di lite - altrimenti non soggetta a sindacato di questa Corte - è
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rappresentato dall'impossibilità di addossarne, in tutto o in parte, il
carico alla parte interamente vittoriosa, poiché ciò si tradurrebbe in
un'indebita riduzione delle ragioni sostanziali della stessa, ritenute
fondate nel merito. Si è infatti ritenuto che in tema di condanna alle
spese processuali, il principio della soccombenza va inteso nel senso
che soltanto la parte interamente vittoriosa non può essere
condannata, nemmeno per una minima quota, al pagamento delle
spese stesse. Con riferimento al regolamento delle spese, il sindacato
della Corte di cassazione è pertanto limitato ad accertare che non
risulti violato il principio secondo il quale le spese non possono essere
poste a carico della parte vittoriosa, con la conseguenza che esula da
tale sindacato, e rientra nel potere discrezionale del giudice di merito,
sia la valutazione dell'opportunità di compensare in tutto o in parte le
spese di lite, tanto nell'ipotesi di soccombenza reciproca, quanto
nell'ipotesi di concorso con altri giusti motivi, sia provvedere alla loro
quantificazione, senza eccedere i limiti - minimi, ove previsti e -
massimi fissati dalle tabelle vigenti-
cfr.Cass.n.19613/2017;Cass.n.26918/2018 -.
11.3 Orbene, nel caso di specie, per le considerazioni sopra
esposte non può ritenersi che detto limite sia stato violato, né tanto
meno risulta provata la violazione dell'art.96 c.p.c. pure reclamata
dalla ricorrente principale.
12.
Conclusivamente, vanno rigettati il primo, secondo quarto e
quinto motivo di ricorso principale, assorbito il terzo, mentre devono
essere dichiarati improcedibili il controricorso con ricorso incidentale
proposti dal Comune di Trabia.
13.
Ricorrono i presupposti, in relazione all'esito del giudizio,
per compensare le spese fra le parti.
14.
Si dà atto, ai sensi dell'art. 13, comma
1-quater
del d.P.R.
n.115 del 2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte della ricorrente principale e del ricorrente
Ric. 2018 n. 21095 sez. SU - ud. 11-02-2020
-22-
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari
a quello previsto, rispettivamente, per il ricorso principale e per il
ricorso incidentale, a norma del comma 1-
bis
dello stesso articolo 13,
se dovuto.
P.Q.M.
Rigetta il primo, secondo, quarto e quinto motivo di ricorso
principale, assorbito il terzo.
Dichiara improcedibile il controricorso ed il ricorso incidentale
proposti dal Comune di Trabia.
Compensa le spese del giudizio.
Dà atto, ai sensi dell'art. 13, comma
1-quater
del d.P.R. n.115
del 2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte della ricorrente principale e del ricorrente
incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari
a quello previsto, rispettivamente, per il ricorso principale e per
quello incidentale, a norma del comma 1-
bis
dello stesso articolo 13,
se dovuto.
Così deciso 1'11 febbraio 2020 in Roma dalle Sezioni unite civili
della Corte di Cassazione.
Il cons.rel.
Il Presidente
2
I
Corte di Cassazione - copia non ufficiale

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