Sentenza Nº 07024 della Corte Suprema di Cassazione, 12-03-2019

Presiding JudgeGORJAN SERGIO
ECLIECLI:IT:CASS:2019:7024CIV
Date12 Marzo 2019
Judgement Number07024
CourtSeconda Sezione (Corte Suprema di Cassazione di Italia)
Subject MatterCIVILE
2018
3686
Civile Sent. Sez. 2 Num. 7024 Anno 2019
Presidente: GORJAN SERGIO
Relatore: FEDERICO GUIDO
Data pubblicazione: 27/11/2018
SENTENZA
sul
ricorso
3·'((1-28:_4
propo~;to
da:
DAPHNE
G::AMPl
::T=zl),
in
qualità
di
erede
di
ALESSANDRO
GIAMPIETFO,
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domiciliata
in
ROMA,
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POMPEJ
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oresso
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studio
dell'avvocato
ANDREA
ZINCONE,
che
a
rapo:~esenta
Eo
difende;
.r:Lcor:t:"Emte e
controricorrente
al.
ricorso
incidental.e-
contro
DI
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ANTONIO,
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MICHELE
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persona
dell'Amministratore
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legale
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entante
pro
tempore,
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GICVANNI SEVERANO
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presso
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av\ocato
SILVIO
AGRESTI,
che
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rappreserta
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~ifende
unitarrente
all'avvocato
ANTONIO
ACTTILIO;
-
CClJ"i:t:t:oricorrenti
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nonchè
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DOr~
I
ANNA
FRANCESCA, DOTI
ROBERTO PNTOl· O.
qua:_
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eredi
di
DOTI CARMELA;
-
intimati
-
avverso
Ja
s::
Yt-::1Za
n.
291/2013
della
CORTE
D'APPELLO
di
POTENZA,
c[
ò:)
il
21/10/2013;
udita
la
re
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::ione
della
causa
svolta
nella
pubblica
udienza
c
el
;:
·
/:
1/2J:_8
dal
Consigliere
GUIDO
FEDERICO;
udito
il
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in
persona
del
Sosti
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Procuratore
Generale
Dot
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~TO
CELESTE
che
ha
concluso
per
l'
accoglimenr
del
primo
motivo
del
ricorso
principale,
~~sorbiti
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restanti
motivi
e
per
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ina:nmi~
sib:
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d-2
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r~~corso
incidentale;
udito
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Avv
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Z
incone
Andrea,
difensore
della
ricorrem:e
cl
Jlct
ch:_esto
l'accoglimento
del
ricorso;
udito
l
'Avv,:.:::at:J
lmtilio
Antonio,
difensore
del
resistente
cl
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ch
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esto
il
rigetto
del
ricorso;
RG
18340-14
RITENUTO
IN
FATTO
1
Giampietro
Alessandro conveniva innanzi
al
Tribunale di
Potenza Doti Carmela,
la
Cogema snc e Nicola Antonio
Di
Marco
esponendo che:
nel
1909,
alla
morte
di suo nonno, Giampietro Alessandro,
gli
erano
succeduti
ab
intestato i figli Maria Isabella,
Maria Lucrezia, Isabellina,
Giambattista,
Domenico
Antonio e Giuseppe, suo padre e dante causa;
con
atti
del
18.9.1910,
10.1.1910
e
15.2.1920,
regolarmente
trascritti,
le
tre
figlie (Maria Lucrezia, Maria
Isabella
ed
Isabella)
avevano ceduto
tutti
i loro
diritti
ereditari
al
fratello
Giuseppe,
il
quale, deceduto il
17.7
.1962,
aveva lasciato come erede universale
l'attore;
l'attore
aveva a sua volta acquistato da
Giampietro
Giambattista
e
Giampietro
Domenico Antonio, con
atto
del
12.9
.1968,
tutti
i
diritti
su
terreni
e fabbricati
si
ti
in
Marsicotevere,
Tramutola
e Viggiano, che essi avevano
ereditato
dal
defunto
Giampietro Alessandro; in
precedenza tali beni ( posto che i cedenti risiedevano
negli Usa) erano
stati
amministrati
dal
nipote
Giuseppe
Ponzio ( a
partire
dal
1952,
rectius
1953)
ad
esclusione di
alcuni appezzamenti, specificamente
individuati,
che
erano
stati
lasciati coltivare a Giampietro Maria Isabella
ed alla figlia Carmela
Doti;
di tali
ultimi
beni
l'attore
non
era riuscito a
riottenere
il
possesso;
Carmela Doti,
peraltro,
prima dell'instaurazione del giudizio,
previa dichiarazione di
aver
acquistato
per
usucapione
la
proprieta'
dei
terreni
siti in contrada Pedale
La
Grotta di
Villa d'Agri (Marsicotevere)
li
aveva
venduti,
con
atto
pubblico del
20.11.1990,
alla Cogema ed
al
signor
Di
Marco.
Tanto premesso,
l'attore
chiedeva
la
condanna di Cogema e del
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RG
18340-14
Di
Marco al rilascio di
detti
immobili,
l'annullamento
del su
menzionato
atto
di vendita del
20.11.1990,
per
la
parte relativa
alla cessione di tali beni,
la
condanna dei convenuti in solido
al
pagamento
dei
frutti,
nonche' al risarcimento dei danni.
Costituitasi in giudizio, Carmela Doti opponeva di
aver
utilmente
posseduto i
terreni
in Villa D'Agri
per
oltre
trent'anni
e spiegava
pertanto
domanda riconvenzionale di usucapione; in subordine
deduceva
l'invalidita'
ed inefficacia
dell'atto
18.9.1910,
di
rinuncia dei
diritti
ereditari
da parte della
madre,
Giampietro
Maria Isabella in
favore
del padre
dell'attore
Giampietro
Giuseppe, disconoscendo
altresì'
la
sottoscrizione della
scrittura
del
1910;
la
convenuta sosteneva, dunque, di avere
diritto
alla
quota
ereditaria
sui beni
relitti
di Giampietro Alesandro (nonno
dell'attore)
e chiedeva disporsi
la
divisione dei beni e
la
formazione di quota di propria competenza, pari
ad
1/5
dell'intero,
con inclusione dei
terreni
in Villa d'Agri,
oltre
a
frutti,
interessi e
rivalutazione
monetaria.
Si
costituivano
in giudizio pure Cogema snc ed
il
Di
Marco, i quali
chiedevano
il
rigetto
delle domande ed, ove le stesse dovessero
essere accolte,
la
condanna della convenuta alla garanzia
per
evizione dei
terreni
oggetto
della
compravendita
del
20.11.1990.
Il
Tribunale di Potenza accoglieva
la
domanda di rivendica di
Giampietro
Alessandro, dichiarando che lo stesso era
proprietario
dei
terreni
siti
in
contrada Pedale
la
Grotta,
in Villa d'Agri
(Marsicotevere),
facenti
parte
degli
immobili
oggetto
del
contratto
di
compravendita
intercorso
tra
la
signora Doti Carmela
da una
parte
e Cogema snc e
Di
Marco Antonio dall'altra del
20.11.1990,
in forza dei seguenti
titoli:
atti
di cessione dei
diritti
ereditari
delle
tre
sorelle
Giampietro
in
favore
del padre
dell'attore;
l'acquisto per successione dal padre;
l'acquisto dei
diritti
ereditari
residui da
Giampietro
Domenico
Antonio
e
Giampietro
Giuseppe.
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RG
18340-14
Il
Tribunale annullava per
l'effetto
l'atto
di vendita del
20.11.1990
e condannava i convenuti
al
rilascio dei
terreni
per
cui
e'
causa in
favore
dell'attore;
rigettava
altresì'
la
domanda di
garanzia
per
evizione
formulata
da Cogema e dal
Di
Marco nei
confronti
di Doti Carmela, condannando gli eredi di questa, Doti
Maria
Immacolata,
Doti Francesca Anna e Doti Roberto Antonio,
a
rimborsare
a Cogema
ed
al
Di
Marco quanto da essi pagato in
occasione
dell'atto
pubblico di compravendita.
La
Corte d'Appello di Potenza , in revoca della sentenza di
primo
grado,
rigettava
sia
la
domanda principale di Giampietro
Alessandro, di rivendicazione e di rilascio dei
terreni,
sia le
domande
riconvenzionali spiegate dalle eredi di Doti Carmela,
nonche' dalla Cogema e dal
Di
Marco.
La
Corte
territoriale,
in particolare,
affermava
l'invalidita'
dell'atto
con cui
Giampietro
Maria Isabella aveva ceduto i propri
diritti
ereditari
:
la
stessa era
minore
emancipata ed era coniugata con
Stanislao Doti, e tale
atto
-qualificato come alienazione di
diritti
ereditari e non di rinuncia
all'eredita'
-eccedeva l'ordinaria
amministrazione
ed essendo
privo
di autorizzazione del consiglio di
famiglia o di
tutela
e dell'omologazione del
tribunale
era
affetto
da
nullita'·
'
tale
nullita'
era stata
ritualmente
fatta
valere dalla erede Doti
Carmela.
La
Corte
territoriale,
peraltro,
confermava il
rigetto
della
domanda di usucapione spiegata dagli eredi di Doti Carmela, non
essendo stata acquisita
la
prova che
la
Doti fosse
entrata
nel possesso
dei beni
ereditari;
in particolare, secondo
il
giudice di appello, solo con
la
lettera
del
27.7.1972
Giampietro
Maria Isabella aveva contestato a
Giampietro Alessandro
la
proprieta'
dei beni controversi, con
la
conseguenza che solo da tale data era possibile
ritenere
che
la
mera
detenzione fosse
mutata
in possesso,
peraltro
uti
condominus (e non
uti
dominus),
seppur
esercitato
mediante
la
figlia Doti Carmela, non
risultando agli
atti
la
prova di un
ulteriore
mutamento
in possesso
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RG 18340-
14
esclusivo.
In
ogni caso, essendo stata
la
presente controversia
instaurata
con
atto
di citazione
notificato
alla Doti
il
12.9.1991
poteva ritenersi
accertato
il
mancato
decorso del
ventennio
necessario ad usucapire.
La
Corte
territoriale
affermava
inoltre
che non risultava
provato
che i
terreni
in
questione
fossero
situati
in Comuni classificati come
"montani"
onde non era applicabile
al
caso di specie
la
disposizione
dell'art
1159 bis c.c. ; confermava
pertanto
il
rigetto
della domanda
proposta dalla Cogema e dal
Di
Marco.
Per
la
cassazione di
detta
sentenza
ha
proposto ricorso, con
quattro
motivi,
Daphne
M.
Giampietro,
quale erede di Alessandro
Giampietro.
Cogema snc e Nicola Antonio Di Marco resistono con
controricorso e propongono ricorso incidentale condizionato,
affidato
a
tre
motivi.
Roberto Antonio, Maria
Immacolata
e Francesca Anna Doti , quali
eredi di Carmela Doti non hanno svolto, nel presente giudizio,
attivita'
difensiva.
CONSIDERATO
IN
DIRITTO
Deve
preliminarmente
darsi
atto
che,
in
conseguenza della
mancata
impugnazione
da
parte
degli eredi di Doti Carmela, Doti Maria
Immacolata,
Doti Francesca e Doti Roberto Antonio, sono
divenuti
definitivi,
i capi della sentenza che hanno
affermato
:
che Doti Carmela non poteva qualificarsi come erede e non
era
legittimata
a chiedere
la
divisione dell'eredità del
nonno Alessandro;
che
la
medesima non poteva
vantare
nessun
diritto
di
proprietà
sui
terreni
per
cui è causa a
titolo
di acquisto
martis
causa dal nonno Alessandro, non sussistendo i
presupposti
per
l'acquisto per rappresentazione della
madre.
La
pronuncia di
rigetto
della domanda di acquisto di
detti
terreni
per usucapione in capo a Doti Carmela, è stata invece
impugnata
dalla
4
RG 18340-14
Cogema e dal
Di
Marco, i quali, in
qualità
di
aventi
causa di Doti
Carmela,
oltre
a spiegare domanda di evizione nei
confronti
di
quest'ultima,
hanno chiesto in via principale
il
rigetto
della domanda di
rivendicazione.
Ciò premesso, assume rilievo logicamente pregiudiziale l'esame
dei
primi
due
motivi
di ricorso incidentale, con i quali
la
Cogema ed
il
Di
Marco censurano
il
capo della sentenza
impugnata
che
ha
accertato
la
mancanza di un possesso
ad
usucapionem dei beni per cui è causa.
Con
il
primo
motivo
i ricorrenti incidentali denunciano violazione
e falsa applicazione
dell'art.
1168 c.c. in relazione
all'art.
360
n.3)
cpc,
nonché
l'errata
e
contraddittoria
valutazione di un
fatto
decisivo per
il
giudizio,
lamentando,
in particolare, l'errata valutazione della
lettera
del
27/7/1972
con
la
quale, secondo
la
corte
territoriale,
Giampietro
Maria Isabella
avrebbe
mutato
la
mera
"detenzione"
in "possesso",
stante
il
carattere
oppositivo
della missiva nei confronti di Alessandro
Giampietro,
dante
causa dell'odierna ricorrente.
In
particolare, i
ricorrenti
incidentali
lamentano
che
la
Corte,
pur
rilevando che i
terreni
in questione erano rimasti nella disponibilità di
Doti Carmela, aveva
desunto
dal contenuto della missiva
su
menzionata che per
la
Doti non poteva configurarsi possesso ma mera
detenzione, essendovi un
implicito
riconoscimento della comunione
ereditaria sui beni e non anche del
diritto
esclusivo sui beni
medesimi;
tale missiva,
peraltro,
redatta
dalla
madre
della Doti, Maria Isabella
Giampietro, che all'epoca viveva negli Usa, non poteva ritenersi
sintomatica del
fatto
che
la
Doti,
la
quale viveva
stabilmente
in Villa
d'Agri
ed
aveva sempre utilizzato tali
terreni
in
via esclusiva, avesse
una situazione di detenzione e non di possesso di
detti
beni:
la
Doti
infatti
da diversi anni non aveva alcun
rapporto
di convivenza con
la
madre.
Il
secondo
motivo
del ricorso incidentale denuncia violazione
dell'art.1159
bis c.c., della 1.657/57, degli
artt.
3-4-13
1.1102/1971,
nonche' degli
artt.
4-5
legge Regione Basilicata
n.9/2003,
in relazione
agli
artt.
360
n.3)
e 360
n.5)
cpc, deducendo
la
configurabilità del
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presupposto di cui all'
art.
1159
bis c.c.
per
essere i
terreni
in
oggetto
situati in Comuni classificati come
montani.
Il
primo
motivo
è
inammissibile
in quanto, a
parte
l'improprio
riferimento
alla violazione
dell'art.
1168
c.c., che non risulta in alcun
modo circostanziato, non consiste nella denuncia di omesso esame di
un
fatto
decisivo, ma
si
risolve nella sollecitazione
ad
una diversa
valutazione degli
elementi
istruttori,
incompatibile con il giudizio di
legittimità.
La
Corte
territoriale
ha
accertato che
la
Doti non aveva
fornito
alcuna prova di un valido possesso
ad
usucapionem dei
terreni
per cui
è causa,
ritenendo
che
su
tali beni Maria Isabella
Giampietro,
la
figlia
avevano
un possesso esclusivo, ma una mera detenzione.
Anche in relazione alla missiva del 27 luglio 1972,
la
sentenza
impugnata
affermava
che da tale data sarebbe stato possibile
ritenere
che
la
mera detenzione
si
fosse
mutata,
per Giampietro Maria Isabella,
in possesso, possesso
peraltro
uti
condominus e non
uti
dominus, e
dunque
non esclusivo e
pertanto
inidoneo
ai
fini dell'acquisto della
proprietà esclusiva dei
terreni
per
cui è causa (Cass.
4.5
.2018 n.
10734).
l
Secondo
la
sentenza
impugnata,
tale possesso
uti
condominus ,
~
veniva esercitato, in via
mediata,
tramite
la
detenzione della figlia e ""'\
non risultava che successivamente vi fosse stato alcun
mutamento
in
possesso esclusivo.
A
fronte
di tale
accertamento
non risulta specificamente
dedotto
alcun
fatto
decisivo
ai
fini della prova di
un
possesso esclusivo,
protrattosi
per
oltre
vent'anni,
direttamente
in capo a Doti Carmela,
che contraddica
la
ricostruzione della Corte
territoriale,
di una mera
detenzione da
parte
della medesima e di un possesso uti condomina
da
parte
di
Giampietro
Maria
Isabella:
i ricorrenti
si
limitano
a
denunciare
la
incompletezza e
contraddittorietà
della motivazione,
vizio non più censurabile in forza della nuova formulazione
dell'art.
360
n.5)
cpc, applicabile alla fattispecie in esame.
Il
rigetto
del
primo
motivo
e
la
conseguente
definitività
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RG
18340-14
dell'accertamento
della mancanza di un possesso
uti
dominus , ma
al
più
uti
condominus, assorbe l'esame del secondo
motivo,
in relazione
al
minor
lasso
temporale
richiesto per l'usucapione ai sensi
dell'art.
1159 bis c.c.
In
mancanza di un possesso dei
terreni
in via esclusiva da
parte
di Doti Carmela e considerato che l'eventuale possesso della di lei
madre
di cui ella avrebbe
potuto
giovarsi ex art.
1146
c.c., in caso di
accettazione
dell'eredità,
integrava
un possesso
uti
condomina, il
relativo
atto
di
vendita
non avrebbe
potuto
in ogni caso avere efficacia
traslativa
in favore dei
ricorrenti
incidentali.
Si
osserva, in ogni caso, che a parte
la
classificazione del
Comune come
"montano"
non risultano
provati
gli
altri
requisiti cui è
subordinata
l'operatività
della disposizione dell'art. 1159 bis c.c.
Per l'applicazione dell'usucapione speciale di cui
all'art.
1159-bis
c.c. -
introdotta
dalla
l.
n.
346
del
1976
con
la
finalità di incoraggiare
lo sviluppo e
salvaguardare
il
lavoro agricolo -non è
infatti
sufficiente
che
il
fondo sia
iscritto
nel catasto rustico, ma è necessario che esso,
quanto
meno
all'atto
deWinizio della "possessio
ad
usucapionem", sia
destinato
in concreto
all'attività
agraria, atteso che
tale
usucapione
può avere
ad
oggetto
soltanto
un fondo rustico inteso come
entità
agricola ben
individuata
ed organizzata, che sia destinata ed ordinata a
una propria vicenda
produttiva
(Cass.
20451/2017).
Passando all'esame del ricorso principale,
il
primo
motivo
di
ricorso denuncia
la
violazione degli
artt.
319 e 322 CCRI ( Codice civile
del Regno
d'Italia)
del 1865 e
dell'art.
100 cpc, nonchè l'omesso
esame di un
fatto
decisivo
per
il
giudizio e
la
nullità della sentenza ex
art. 360 n
.4)
cpc, deducendo che
l'atto
compiuto
non era
affetto
da
nullità, sanzione che non era specificamente prevista dalla disposizione
in
oggetto,
ed in ogni caso che,
pur
ritenendo che l'inosservanza dei
requisiti di cui
all'art.
319
del codice civile del 1865 determinasse
la
nullità
dell'atto,
tale nullità
avrebbe
potuto
essere
fatta
valere
soltanto
da
Maria Isabella
Giampietro,
mentre
la
di lei figlia, Doti Carmela, non
poteva
vantare
pretese
sull'eredità
del nonno a
titolo
di
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18340-
14
rappresentazione e
dunque
non aveva un interesse
rilevante
a
far
valere
la
nullità
suddetta.
Infine,
la
ricorrente
deduce che
la
scrittura
privata
del 1910
andava
inquadrata
nel contesto di una più ampia fattispecie.
Il
motivo
è
infondato.
La
Corte
territoriale
ha
affermato
la
nullità
dell'atto
di
disposizione in forza
dell'art.
322
CCRI che sanzionava espressamente
con
la
nullita'
la
violazione delle disposizioni del medesimo
titolo
concernenti l'interesse del minore.
Nel caso di specie,
l'atto
eccedeva l'ordinaria
amministrazione
ed
era
stato
compiuto
da Maria Isabella Giampietro che all'epoca era
minorenne,
in carenza di consenso del
curatore
ed l'autorizzazione del
consiglio di famiglia o di
tutela
e dell'omologazione del
tribunale
ex
art. 319 CCRI.
Tale
nullita',
inoltre,
era stata
legittimamente
fatta
valere
dall'erede di Maria Isabella
Giampietro,
Carmela Doti, risultando
al
riguardo
irrilevante
il
fatto
che
quest'ultima
non fosse succeduta
per
rappresentazione della
madre
nell'eredita'
del nonno.
Inammissibile,
infine,
per
genericita'
ed
in
quanto
tende
ad
un
riesame nel
merito
dell'apprezzamento
del giudice di
merito
nell'attivita'
di
interpretazione
dei rapporti negoziali, estraneo
al
giudizio di
legittimita',
la
censura secondo cui
la
Corte
territoriale
avrebbe omesso di considerare che, sulla base delle carte processuali
l'atto
di rinuncia non poteva essere considerato a se' stante, ma nel
contesto di una
piu'
ampia fattispecie di rapporti e manifestazioni
negoziali in
favore
della
minore
, con
la
conseguenza che
l'atto
non
ricadeva
nell'ambito
di applicazione
dell'art.
319 CRRI.
Il
secondo mezzo denuncia l'omesso esame di un
fatto
decisivo e
la
nullità della sentenza ex
art.
360 n
.4)
cpc, poiché
il
giudice ha
omesso di rilevare che
il
titolo
del
dante
causa della
ricorrente
era
costituito
non
soltanto
dall'atto
di cessione dei
diritti
ereditari,
dichiarato invalido dal
primo
giudice in
quanto
concluso con
la
minore
emancipata Maria Isabella
Giampietro
, ma anche dalla successione
8
RG 18340-14
ereditaria del padre,
Giampietro
Giuseppe, il quale aveva acquistato
diritti
pro
quota
della
proprietà
dei
terreni
di Villa d'Agri da
Giampietro
Isabella e
Giampietro
Maria Lucrezia, e dai negozi
aventi
ad
oggetto
la
cessione dei
diritti
ereditari
conclusi
direttamente
dall'attore
con
Giampietro
Domenico
Antonio
e
Giampietro
Giuseppe.
Secondo
la
prospettazione del
ricorrente
le
controparti
non
avevano mai
contestato
tali
titoli
e
la
loro
idoneita'
a
far
acquistare
al
dante
causa della
ricorrente
la
proprietà
pro quota sui Terreni in Villa
d'Agri, nei quali erano ricompresi quelli
oggetto
della
compravendita
impugnata
ed
oggetto
della domanda di rivendica.
Il
terzo motivo denuncia violazione dell'art.
948
c.c. in relazione
all'art.
360
n.
3) cpc ,
per
non avere
la
corte
territoriale
considerato
che
il
comproprietario
della cosa comune è
legittimato
all'azione di
rivendica; da ciò
la
conseguenza che
la
dedotta invalidità della
scrittura
privata
non faceva
venir
meno
la
legittimazione
ed
il
diritto
del
dante
causa della
ricorrente,
quale
comproprietario,
ad agire
per
la
rivendica dei
terreni
in Villa d'Agri.
Il
secondo e
terzo
motivo
di ricorso , che, in
quanto
connessi,
vanno
valutati
unitariamente,
sono fondati.
E'
pacifico che il padre dell'odierna ricorrente acquistò martis
causa dal
proprio
genitore
i
diritti
dell'eredità del nonno e che lo stesso
acquisto' da
Giambattista
e Domenico Antonio
Giampietro"
tutti
i
diritti
su
in
terreni
e
fabbricati,
siti in agro di Marsicotevere,
Tramutola
e
Vigiano, come
ereditati
dal
defunto
Alessandro Giampietro.
In
conseguenza di tali
atti,
l'attore
era dunque
divenuto
titolare
di una quota consistente dei beni
immobili
siti in Marsicotevere,
Tramutola
e Vigiano che facevano
parte
dell'originario
patrimonio
del
nonno,
pur
escludendo
la
quota
trasferita
da
Maria Isabella a suo
padre.
Orbene,
la
nullità
dell'acquisto della quota
ereditaria
di Maria
Isabella
Giampietro
non esclude
la
legittimazione
di Alessandro
Giampietro ad esercitare l'azione di rivendica e
la
fondatezza della
stessa, posto che il
comproprietario
ben può esperire l'azione di
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RG
18340-14
rivendica nei
confronti
del terzo.
Alessandro
Giampietro
aveva
certamente
acquistato
la
titolarità
di buona parte delle
quote
dell'eredità
del nonno, nel cui
ambito
erano
ricompresi i
terreni
per
cui è causa
ed
era dunque
legittimato,
quanto
meno
in
qualita'
di
comproprietario,
all'esercizio dell'azione di
rivendicazione in relazione
ai
beni
oggetto
di causa.
Il
quarto
motivo
denuncia violazione e falsa applicazione degli
artt.
522
del c.c.
vigente
e
dell'art.
946
del
CCRI
del
1865
, e con esso
si
deduce che
la
sentenza
impugnata,
dopo
aver
accertato
la
mancata
accettazione
dell'eredità
di
Giampietro
Alessandro da parte di
Giampietro Maria Isabella, non
ha
applicato
l'istituto
dell'
"accrescimento"
della relativa quota ereditaria in
favore
del
dante
causa dell'odierna
ricorrente,
che aveva acquistato le
quote
residue
dell'eredità del nonno sia in
virtù
dell'acquisto martis causa dal padre
sia per
aver
direttamente
acquistato i
diritti
ereditari
dagli
altri
coeredi.
Il
motivo
è
inammissibile,
trattandosi
di questione che non
risulta
prospettata
nei giudizi di
merito,
onde nessuna pronunzia
risulta emessa al
riguardo
dal
Tribunale
dal giudice di appello.
Ciò
comporta
che
trattandosi
di questione nuova,
il
relativo
scrutinio in sede di
legittimità
non è ammissibile.
E'
infatti
giurisprudenza pacifica di questa Corte che i
motivi
del
ricorso per Cassazione devono
investire,
a pena di
inammissibilità,
questioni che siano già comprese nel
tema
del decidere del giudizio di
appello, non essendo
prospettabili
per
la
prima volta in Cassazione
questioni nuove o nuovi
temi
di contestazione non
trattati
nella fase
del
merito
e non rilevabili
d'ufficio
(Cass.
4787/2012).
Come questa Corte
ha
già
affermato,
infatti,
il
ricorrente,
al
fine
di
evitare
una
statuizione
di
inammissibilità
per novità della censura,
ha
1•onere non solo di allegare 1•avvenuta deduzione della questione
avanti al giudice del
merito,
ma anche di indicare in quale
atto
del
precedente giudizio lo abbia
fatto,
onde
dar
modo
alla Corte di
cassazione di
controllare
llex actis
11
la veridicità di tale asserzione,
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lO
RG 1
8340
-1
4
prima di
esaminarne
il
merito
(Cass.
2140/2006).
Passando all'esame dei
motivi
residui del ricorso incidentale,
il
terzo motivo denuncia violazione
dell'art.
1483 c.c.
ed
insufficiente e
contraddittoria
motivazione,
in relazione
all'art.
360 nn .3) e 5) cpc.
Deve
preliminarmente
rilevarsi
l'inammissibilità
del vizio di
carenza
motivazionale,
non più censurabile in
virtù
della nuova
formulazione
dell'art.
360 n.S) applicabile ratione temporis
al
caso di
specie.
E'
invece fondata
la
censura relativa
al
capo della sentenza
impugnata
che
ha
escluso
la
sussistenza dei presupposti della garanzia
per evizione.
Ed
invero, secondo il consolidato indirizzo di questa corte
l'operatività
della garanzia
per
evizione presuppone
l'esperimento
positivo da parte di un
terzo
dell'azione di rivendica e cioè
la
privazione del
compratore,
dopo
la
stipula del
contratto,
in
tutto
o in
parte del bene
acquistato
(Cass.
12947/1999).
Orbene, in presenza di
detto
presupposto, vale a dire
dell'accoglimento della domanda di rivendicazione da parte della
ricorrente, va accolta
la
domanda di evizione nei
confronti
degli eredi
della Doti, con i conseguenti
diritti
risarcitori nei
confronti
delle aventi
causa della
venditrice.
In
conclusione, va respinto
il
primo
motivo
del ricorso principale,
accolti
il
secondo
ed
il
terzo
e
dichiarato
inammissibile
il
quarto
motivo.
Vanno invece respinti
primi
due
motivi
del ricorso incidentale;
accolto
il
terzo.
La
sentenza
impugnata
va
dunque
cassata in relazione ai
motivi
accolti e
la
causa va
rinviata
alla corte d'Appello di Potenza in diversa
composizione, anche per le spese del presente giudizio.
P.Q
.
M.
La
Corte, respinto
il
primo
motivo
del ricorso principale, accoglie
il
secondo e
terzo
motivo;
dichiara inammissibile
il
quarto
motivo.
Rigetta
il
primo
e secondo
motivo
del ricorso incidentale;
l l
RG
18340-14
accoglie
il
terzo
motivo.
Cassa
la
sentenza
impugnata
in relazione
ai
motivi
accolti e
rinvia, anche
per
le
spese del presente giudizio, alla corte d'Appello di
Potenza in diversa composizione.
C~~~
defiso
in Roma il 27 novembre 2018 7
l
12

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