n. 142 SENTENZA 19 - 28 maggio 2014 -

ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 39, comma 5, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 15 luglio 2011, n. 111, promosso dalla Commissione tributaria provinciale di Campobasso nel giudizio vertente tra Candela Anna e l'Agenzia delle entrate - Direzione provinciale - Ufficio Controlli Campobasso, con ordinanza dell'11 novembre 2013, iscritta al n. 276 del registro ordinanze 2013 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 1, prima serie speciale, dell'anno 2014. Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 26 marzo 2014 il Giudice relatore Aldo Carosi. Ritenuto in fatto 1.- Con ordinanza dell'11 novembre 2013, la Commissione tributaria provinciale di Campobasso ha sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art. 39, comma 5, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 15 luglio 2011, n. 111, in riferimento agli artt. 3, 53 e 104 della Costituzione. La norma censurata prevede che: «I compensi corrisposti ai membri delle commissioni tributarie entro il periodo di imposta successivo a quello di riferimento si intendono concorrere alla formazione del reddito imponibile ai sensi dell'articolo 11 del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917». 1.1.- Il rimettente, dopo aver escluso la sussistenza degli estremi dell'astensione obbligatoria in ragione dell'oggetto della questione, riferisce che la ricorrente nel giudizio principale, giudice della Commissione tributaria provinciale di Campobasso, ha percepito nel dicembre del 2012 compensi arretrati di competenza dell'anno 2011 (per un importo lordo di euro 5.932,75 e netto di euro 3.951,70, con ritenute per un ammontare di euro 1.981,05) assoggettati a tassazione ordinaria (aliquota massima) in base all'art. 39, comma 5, del d.l. n. 98 del 2011 invece che a tassazione separata, come in precedenza previsto dall'art. 17, comma 1, lettera b), del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, recante «Approvazione del testo unico delle imposte sui redditi» (TUIR). Secondo quest'ultima disposizione, «L'imposta si applica separatamente sui seguenti redditi: [...] b) emolumenti arretrati per prestazioni di lavoro dipendente riferibili ad anni precedenti, percepiti per effetto di leggi, di contratti collettivi, di sentenze o di atti amministrativi sopravvenuti o per altre cause non dipendenti dalla volonta' delle parti, compresi i compensi e le indennita' di cui al comma 1 dell'articolo 47» (ora art. 50), comma 1, lettera f), che annovera tra i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente anche «i compensi corrisposti ai membri delle commissioni tributarie». Deducendo l'illegittima applicazione dell'art. 39, comma 5, del d.l. n. 98 del 2011 anche ad emolumenti arretrati maturati prima della sua entrata in vigore e l'illegittimita' costituzionale della norma per contrasto con gli artt. 53 e 3 Cost., la ricorrente - che aveva vanamente chiesto all'Agenzia delle entrate il rimborso di quanto indebitamente trattenuto, anche esperendo reclamo, ai sensi dell'art. 17-bis del decreto legislativo 21 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione delle delega al Governo contenuta nell'art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413), avverso l'originario diniego - ha proposto ricorso al giudice a quo, chiedendo l'annullamento del provvedimento e che fosse dichiarato l'obbligo dell'Agenzia delle entrate di assoggettare gli emolumenti relativi all'anno 2011 a tassazione separata con applicazione dell'aliquota media e conseguente condanna al rimborso di quanto trattenuto in eccesso, oltre interessi e spese di lite. Costituitasi in giudizio, l'Agenzia delle entrate ha sostenuto di aver fatto corretta applicazione della norma censurata, ritenendone la conformita' a Costituzione. 1.2.- Il rimettente evidenzia che, ai sensi dell'art. 51 (gia' art. 48) del TUIR, per il reddito di lavoro dipendente - cui e' assimilato il compenso del giudice tributario, in base all'art. 50 (gia' art. 47), comma 1, lettera f), del medesimo testo unico - vige il principio di cassa, secondo cui le somme debbono essere assoggettate ad imposizione nel medesimo anno in cui sono corrisposte, con la sola eccezione rappresentata dalla cosiddetta "cassa allargata", per la quale e' imputato al periodo d'imposta precedente il reddito percepito entro il 12 gennaio successivo. Il rimettente sostiene che, per evitare che il sistema della progressivita' delle aliquote possa condurre, per i redditi percepiti con ritardo, ad un carico fiscale eccessivamente elevato, l'art. 17 del TUIR prevede che l'imposta sia applicata separatamente dagli altri redditi dello stesso periodo con il limite, dettato da finalita' antielusive, che il ritardo avvenga «per effetto di leggi, di contratti collettivi, di sentenze o di atti amministrativi sopravvenuti o per altre cause non dipendenti dalla volonta' delle parti». Tra queste ultime non rientrerebbe, secondo la circolare dell'Agenzia delle entrate n. 23/E del 5 febbraio 1997, il ritardo cosiddetto "fisiologico", che si avrebbe quando, per la complessita' della procedura di liquidazione, i tempi di erogazione risultino conformi a quelli necessari per analoghe procedure di liquidazione da parte di altri sostituti d'imposta rientranti nella prassi comune. Nel caso di specie, tuttavia, ad avviso del rimettente non si verserebbe in un caso di ritardo fisiologico, trattandosi di compensi liquidabili sulla base di prospetti in larga parte predisposti nell'anno di maturazione ma corrisposti solo l'ultimo mese di quello successivo. Peraltro, il Ministero dell'economia e delle finanze - proprio a fronte della nota n. 48710 dell'11 marzo 2004 con cui l'Agenzia delle entrate aveva ritenuto ritardo fisiologico la corresponsione nel mese di maggio dell'anno successivo a quello di maturazione dei compensi variabili dei giudici tributari maturati nel secondo semestre dell'anno precedente - avrebbe stabilito scansioni ben precise per l'erogazione degli emolumenti spettanti ai giudici tributari, l'ultima delle quali sarebbe costituita dal 15 gennaio dell'anno successivo a quello di maturazione, con solo qualche altra settimana per gli ulteriori adempimenti. In questo contesto sarebbe intervenuta la norma censurata. Il rimettente evidenzia che, fra tutti i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente in base all'art. 50 (gia' art. 47) del TUIR, solo per gli emolumenti arretrati riferibili all'anno precedente corrisposti ai giudici tributari, il censurato. 39, comma 5, del d.l. n. 98 del 2011 prevede la tassazione ordinaria (aliquota massima) se corrisposti entro il periodo d'imposta successivo a quello di riferimento. In tal modo esso, quand'anche dettato dalla necessita' di rispettare le esigenze di bilancio e di contenere la spesa pubblica, si paleserebbe discriminatorio - considerato che il principio espresso dall'art. 3 Cost. si estenderebbe all'uguaglianza tributaria, per cui a situazioni uguali dovrebbero corrispondere regimi impositivi uguali - e scollegato dalla capacita' contributiva di cui all'art. 53 Cost., che andrebbe intesa come idoneita' del soggetto a soddisfare l'obbligazione d'imposta, desumibile dal presupposto economico al quale la prestazione risulti connessa. Infatti, ad avviso del rimettente, sebbene possano ravvisarsi differenze tra gli emolumenti dei giudici tributari e quelli degli altri percettori di redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, tale diversita' qualitativa potrebbe rilevare solo ove la capacita' contributiva di coloro che sono assoggettati a tassazione separata (ossia, ad un minor tributo) sia di gran lunga inferiore quantitativamente rispetto a quella dei contribuenti assoggettati alla tassazione ordinaria...

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