n. 194 SENTENZA 3 - 17 luglio 2013 -

ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale degli articoli 1, comma 2, 2, 4, commi 1, 2 e 3, della legge della Regione Lombardia 31 luglio 2012, n. 16 (Valorizzazione dei reperti mobili e dei cimeli appartenenti a periodi storici diversi dalla prima guerra mondiale), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso spedito il 2 ottobre 2012, notificato il 3 ottobre 2012 e depositato in cancelleria il 9 ottobre 2012 ed iscritto al n. 134 del registro ricorsi 2012. Visto l'atto di costituzione della Regione Lombardia;

udito nell'udienza pubblica del 4 giugno 2013 il Giudice relatore Paolo Grossi;

uditi l'avvocato dello Stato Alessandro De Stefano per il Presidente del Consiglio dei ministri e l'avvocato Piera Pujatti per la Regione Lombardia. Ritenuto in fatto 1.- Con ricorso spedito per la notificazione il 2 ottobre 2012 e depositato il successivo 9 ottobre, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dalla Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato gli articoli 1, comma 2, 2 e 4, commi 1, 2, 3, della legge della Regione Lombardia 31 luglio 2012, n. 16 (Valorizzazione dei reperti mobili e dei cimeli appartenenti a periodi storici diversi dalla prima guerra mondiale), per contrasto con l'articolo 117, terzo comma, e 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione. Le disposizioni impugnate - sottolinea il ricorrente - demandano alla Regione le attivita' di ricerca, raccolta e conservazione dei reperti e cimeli storici che si trovano sul territorio regionale, e stabiliscono che del rinvenimento venga data comunicazione al sindaco territorialmente competente, il quale, a sua volta, trasmette le comunicazioni ricevute alla Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici della Lombardia per gli atti di sua competenza. Tali disposizioni eccederebbero la competenza concorrente in materia di valorizzazione dei beni culturali, attribuita alle Regioni dall'art. 117, terzo comma, Cost., invadendo la competenza statale esclusiva in materia di tutela dei beni culturali, di cui all'art. 117, secondo comma, lettera s), della stessa Carta (si rievocano, al riguardo, le sentenze n. 9 del 2004 e n. 94 del 2003 della Corte costituzionale). Si sottolinea, infatti, come i compiti di tutela dei beni culturali siano stati tradizionalmente riservati allo Stato e come la disciplina di questa funzione sia attualmente contenuta nel codice dei beni culturali, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137): il quale, agli articoli 10 e 88, attribuisce al Ministero per i beni e le attivita' culturali «le opere per il ritrovamento» di tutte le cose «che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico», stabilendo, all'art. 90, procedure connesse alla denuncia di scoperte diverse da quelle previste dall'art. 4, commi 2 e 3, della legge impugnata. Ne' varrebbe in contrario la disposizione dell'art. 2, comma 2, della medesima legge impugnata, secondo la quale restano esclusi dalla relativa disciplina i beni culturali di cui al citato art. 10, dal momento che tutte le cose mobili rinvenute nel territorio regionale sono suscettibili di ricadere nella disciplina dei beni culturali e devono pertanto essere valutate dalla amministrazione statale, unica dotata di competenza in materia, per accertarne la riconducibilita' o meno entro quella categoria di beni. 2.- Nel giudizio si e' costituita la Regione Lombardia, depositando memoria nella quale ha chiesto dichiararsi inammissibile e comunque infondata la questione di legittimita' costituzionale proposta dal Governo. Il ricorso sarebbe inammissibile, in quanto sarebbe stato indicato il parametro costituzionale ma non le ragioni della sua violazione. Nel merito, la questione sarebbe infondata, in quanto la normativa impugnata si porrebbe al di fuori del perimetro applicativo del codice dei beni culturali, mirando a «completare e anticipare una forma di tutela che non viene, per il resto, minimamente scalfita». L'art. 2 della legge regionale, infatti, sarebbe chiaro nell'escludere dal proprio ambito applicativo tutti i cimeli e reperti mobili di cui all'art. 10 del codice dei beni culturali. D'altra parte, alle Regioni competerebbero le funzioni amministrative di tutela dei beni culturali, da esercitare secondo il principio di leale collaborazione con lo Stato. Se e', pertanto, necessario che vi siano «degli standard di tutela minimi su tutto il territorio regionale», cio' non escluderebbe «che le Regioni possano prevedere ulteriori forme di tutela». Nella specie, la legge impugnata si sarebbe posta «al di fuori degli standard di tutela minimi», dichiarando di voler valorizzare reperti diversi da quelli che rientrano nell'ambito dell'art. 10 del codice dei beni culturali: in tale prospettiva si collocherebbero le disposizioni in tema di ricognizione, catalogazione, studio e ricerca, che valorizzano i beni che potranno anche successivamente essere sottoposti al regime di cui al d.lgs. n. 42 del 2004. Lo stesso dovrebbe dirsi per le attivita' di manutenzione, restauro, conservazione, raccolta e pubblicazione dei relativi dati: attivita', in se', del tutto legittime, anche se riguardanti una «categoria di beni residuali». La...

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