N. 249 SENTENZA 20 - 27 luglio 2011

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: Alfonso QUARANTA.

Giudici: Alfio FINOCCHIARO, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI,

Giorgio LATTANZI ha pronunciato la seguente

Sentenza

nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 43, comma 2, del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231 (Disciplina della responsabilita' amministrativa delle persone giuridiche, delle societa' e delle associazioni anche prive di personalita' giuridica, a norma dell'articolo 11 della legge 29 settembre 2000, n. 300), promosso dal Tribunale di Salerno nel procedimento penale a carico di A.R. ed altri, con ordinanza del 20 ottobre 2010, iscritta al n. 31 del registro ordinanze 2011 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 9, 1ª serie speciale, dell'anno 2011.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

Udito nella camera di consiglio del 6 luglio 2011 il Giudice relatore Giorgio Lattanzi.

Ritenuto in fatto 1. - Il Tribunale di Salerno, con ordinanza del 20 ottobre 2010, pervenuta a questa Corte il 1° febbraio 2011 (r.o. n. 31 del 2011), ha sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art. 43, comma 2, del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231 (Disciplina della responsabilita' amministrativa delle persone giuridiche, delle societa' e delle associazioni anche prive di personalita' giuridica, a norma dell'articolo 11 della legge 29 settembre 2000, n. 300) per violazione degli artt. 3, 24, 76, in relazione all'art. 11, comma 1, lettera q), della legge 29 settembre 2000, n. 300 (Ratifica ed esecuzione dei seguenti Atti internazionali elaborati in base all'articolo K. 3 del Trattato sull'Unione europea: Convenzione sulla tutela degli interessi finanziari delle Comunita' europee, fatta a Bruxelles il 26 luglio 1995, del suo primo Protocollo fatto a Dublino il 27 settembre 1996, del Protocollo concernente l'interpretazione in via pregiudiziale, da parte della Corte di giustizia delle Comunita' europee, di detta Convenzione, con annessa dichiarazione, fatto a Bruxelles il 29 novembre 1996, nonche' della Convenzione relativa alla lotta contro la corruzione nella quale sono coinvolti funzionari delle Comunita' europee o degli Stati membri dell'Unione europea, fatta a Bruxelles il 26 maggio 1997 e della Convenzione OCSE sulla lotta alla corruzione di pubblici ufficiali stranieri nelle operazioni economiche internazionali, con annesso, fatta a Parigi il 17 dicembre 1997. Delega al Governo per la disciplina della responsabilita' amministrativa delle persone giuridiche e degli enti privi di personalita' giuridica), 111 e 117, primo comma, della Costituzione, in relazione all'art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848.

Il rimettente da' atto che nel giudizio principale si procedeva per varie imputazioni di truffa aggravata ai danni dello Stato per l'ottenimento di finanziamenti pubblici formulate nei confronti di numerose societa', i cui rappresentanti erano nella maggior parte dei casi imputati dei medesimi fatti-reato e che il tribunale, alla luce dell'orientamento accolto dalla Corte di cassazione con la sentenza del 19 giugno 2009, n. 41398, aveva invitato le societa' costituite mediante il legale rappresentante/imputato a eliminare la situazione di incompatibilita' in cui versavano ai sensi dell'art. 39 del d.

lgs. n. 231 del 2001. Nella successiva udienza si erano costituite in giudizio due societa', che avevano sollevato diverse eccezioni, lamentando, tra l'altro, che 'i vari avvisi, di conclusione delle indagini o di fissazione dell'udienza preliminare, nonche' lo stesso decreto che dispone il giudizio', erano stati notificati ai rispettivi legali rappresentanti, 'che erano al contempo imputati nello stesso procedimento e quindi incompatibili, nella prospettazione difensiva, anche rispetto alla ricezione degli atti notificati'; sostenevano quindi le due societa' costituite di non avere avuto conoscenza del procedimento, se non tardivamente, e di essere state nell'impossibilita' di difendersi a partire dalla fase delle indagini preliminari. Il tribunale si era pronunciato sulle eccezioni con un'ordinanza che, secondo il rimettente, non aveva risolto il problema posto dall'art. 43, comma 2, del d. lgs. n. 231 del 2001 di verificare l'effettiva conoscenza del procedimento non solo con riguardo alle due societa' costituitesi, ma anche in relazione a tutte le altre societa' rimaste contumaci per le quali la notificazione degli atti (a partire dall'avviso di conclusione delle indagini preliminari) era sempre avvenuta presso il legale rappresentante/imputato. Di qui la rilevanza della questione di legittimita' costituzionale, sollevata d'ufficio, del citato art. 43, comma 2.

Il rimettente muove dal richiamo all'art. 39, comma 1, del d.

lgs. n. 231 del 2001, la cui ratio, cosi' come ricostruita dalla citata sentenza n. 41398 del 2009 della Corte di cassazione, andrebbe individuata nell'esigenza di salvaguardare l'autonomia dell'ente e di evitare l'ingerenza di un terzo nella sua sfera privata, rimettendo all'ente stesso ogni decisione al riguardo, 'nel rispetto della stessa struttura e degli organi del soggetto collettivo', che comunque potra' scegliere se designare un nuovo legale rappresentante, se nominarne uno con poteri limitati alla sola costituzione in giudizio oppure se non costituirsi affatto.

Le problematiche derivanti dalla scelta legislativa indicata sorgerebbero proprio in riferimento al caso in cui l'ente rimanga inerte, dal momento che la norma censurata stabilisce che siano comunque valide le notificazioni eseguite mediante consegna al legale rappresentante, anche se imputato del reato da cui dipende l'illecito amministrativo; ne discende, secondo il rimettente, che 'allorquando la notificazione all'ente, cui e' attribuito l'illecito amministrativo, e' eseguita a mani del legale rappresentante, che sia al contempo imputato nel procedimento per speculari fattispecie criminose penali a lui ascritte, l'inerzia della societa' e' difficilmente valutabile come libera scelta della stessa, apparendo in tal caso arduo stabilire se la decisione della mancata costituzione in giudizio sia da ascriversi agli organi all'uopo deputati a siffatta valutazione o a un difetto di informazione da parte...

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